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E giunse alfin la frustrazione
Ricordo di essere stato un bravo guagliuncello soddisfatto della propria miseria esistenziale fino all'età di circa 20 anni. La mia nicchia personale era un mondo fittizio di idoli cartacei, personaggi irradiati da un monitor e discorsi estratti da pagine di libri. Fumetti, tv e libri erano appunto i capisaldi di questo cantuccio in cui amavo crogiolarmi per sfuggire agli attacchi veementi dell'ansia. A parte quei momenti in cui c'era da temere qualcosa (compiti in classe, esami, riunioni forzate coi parenti) mi consideravo tutto sommato un ragazzo tranquillo e di poche pretese, sazio di una non-vita che lo portava a tenersi in disparte da quella folle giostra che è il mondo fuori dalle pareti di casa.
Poi qualcosa è successo, il giocattolo si ruppe e l'ingranaggio si inceppò: dapprincipio fu l'interesse per le ragazze a generare in me i primi germi di frustrazione, susseguentemente si aggiunse l'osservazione della vita altrui, delle dinamiche sottese ai rapporti interpersonali che avevo sempre ignorato nonché dalla constatazione delle enormi difficoltà e sforzi che avrei dovuto mettere in atto per allinearmi agli standard esistenziali dei "normali". Cercare di capire cosa poteva funzionare per rendersi interessanti agli occhi delle ragazze mi portò a sviscerare minuziosamente discorsi, atteggiamenti, sguardi e ogni altro appunto che avrebbe potuto permettermi di recuperare anni e anni di non vissuto. Lo shock iniziale fu enorme: gli altri si muovevano con disinvoltura in labirinti di cui conoscevano a menadito il percorso...e come da titolo, la frustrazione causata dal non capire, dal non afferrare i taciti meccanismi della socialità non tardò a presentarsi. Ho passato almeno 2 anni e mezzo (dal momento in cui iniziai ad accarezzare l'idea di relazionarmi con l'altro sesso al momento in cui trovai la fidanzata) a svegliarmi ogni mattina con un senso di nausea e oppressione alla bocca dello stomaco perché non sapevo come fare, non capivo come muovermi e il futuro mi appariva incerto e scevro di opportunità. A ciò bisogna aggiungere l'azione nefasta e proibizionista dei miei genitori (soprattutto di mia madre) che vedevano ogni mio tentativo di riscatto come ostacolo alla carriera universitaria, al fatto di vivere in un paesino microbico sprovvisto di stimoli e opportunità relazionali appaganti. In questo quadro desolante non potevo avere fiducia in me stesso, pur con tutta la buona volontà di questo mondo sapevo che sarei stato sfavorito da un contesto svantaggioso. Iniziai a magnificare la vita di città, i grossi numeri, le possibilità di selezione infinite dei grandi centri urbani...e intanto viaggiavano la fantasia e l'immancabile frustrazione. A distanza di anni non sono ancora riuscito ad ottenere quel sollievo e quelle soddisfazioni conseguibili solo col raggiungimento di certi obiettivi, tuttavia i tempi dell'immane frustrazione e del rancore eterno sono lontani. Non ho potuto vivere i miei 20 anni, sempre per colpa del summenzionati genitori, in ogni caso ebbi la fortuna di conoscere una persona che mi volle bene, seppur a modo suo (ovvero in maniera passionale e melodrammatica, lontano dai canoni che una persona diplomatica e amante del quieto vivere come il sottoscritto si era prefissato) e di riuscire a laurearmi (in ogni cosa la fortuna gioca sempre un ruolo anche marginale). In più il processo di continua autoanalisi a cui vado sottoponendomi, mi sta insegnando a scardinare quei presupposti di indispensabilità che da sempre costituiscono la base di ogni frustrazione. In sostanza sono più sereno, anche se non ho ancora trovato quello che cerco (cit.). Ho notato che la maggioranza dei nuovi iscritti al forum ha un'età oscillante tra i 20 e i 25 anni, ovvero il periodo universitario, quando si avverte con maggior forza l'inconciliabilità del vivere appartati con la realizzazione di certi desideri. Tutti vorremmo avere una persona che ci voglia bene al proprio fianco, attività appaganti e soddisfazioni a lungo termine, ma non possiamo realizzare nulla di tutto questo se non confidiamo un po' negli altri e non diamo loro la possibilità di entrare nelle nostre vite. Ovviamente non dobbiamo fidarci di tutti, ma il tempo dell'isolamente prima o poi deve avere fine. L'adolescenza è forse l'ultimo rimasuglio di un'età "dorata", in cui il chiudersi a riccio può ancora essere considerata una condizione giustificabile dalla giovane età, dal "tanto c'è tempo" e "sono ancora giovane, posso farcela in qualsiasi momento". Ma quando si esce dal letargo, ci si accorge che la volontà da sola non basta, servono anche gli altri. Spero che chi si sente frustrato ora possa non esserlo più in futuro o, al limite, esserlo un po' di meno (compreso il sottoscritto). |
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Re: E giunse alfin la frustrazione
In parte condivido, anche se mi sono chiuso per altri motivi la sensazione è più o meno quella. Ora sto iniziando a non sopportarlo più...
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Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Io ringraziare il destino che mi fatto iniziare a lavorare un annetto fa, perché mi ha aperto gli occhi, purtroppo e per fortuna...purtroppo perché ho avuto un risveglio traumatici che non so se ha causato più problemi o benefici, per fortuna perché ora so cosa vuol dire farsi il chiul e venire pagati un tozzo di pane
.. .. Secondo me bisognerebbe iniziare a lavorare a 15 anni e a 20 riprendere a studiare, perché a quel punto ho capito com'è dura e preziosa la vita, mi do una svegliata e la smetto di fare il perdigiorno. |
Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
solo un lavoro fulltime a tempo indeterminato può salvarti
ps ma lo sai che i rancorosi sono riusciti in tutto ciò in cui tu hai fallito? :p |
Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Trovare un posto fisso è solo il primo passo, e non è nemmeno il più difficile (cit.) :D
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Re: E giunse alfin la frustrazione
dillo a muttley :D
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Il posto fesso è il male (cit.)
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Re: E giunse alfin la frustrazione
la precarietà è per chi non vuole assumersi responsabilità (rima)
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Ma la precarietà la decidono dall'alto, quelli come Emma Marcegaglia e compagnia. E poi io preferisco parlare di flessibilità, che è un'altra cosa.
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Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
la flessibilità è solo a senso unico, e non è il senso del lavoratore
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Re: E giunse alfin la frustrazione
I padroni sono contrari al posto fisso perchè va contro i loro interessi, vorrebbero precarizzare l'intera classe lavoratrice. Se sei per il posto fesso non puoi essere dalla parte dei padroni, ergo sei un sovversivo :D
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Re: E giunse alfin la frustrazione
il segreto è diventare (come) i padroni ;)
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Bisogna essere estroversi abbestia per diventare come i padroni. Riunioni, ricevimenti, pranzi, cene, viaggi, camere d'hotel, conferenze, tradimenti, corna...
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Re: E giunse alfin la frustrazione
non ti manca niente, che aspetti? :D
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Mi sono comprato un libro sulla Programmazione Neuro Linguistica al lavoro, per imparare a comportarsi con i colleghi in modo vincente...mah, poi vi so dire...
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Ho paura dell'aereo: non potrei mai fare il megadirigente che si sorbisce un viaggio intercontinentale di lavoro ogni settimana!
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Re: E giunse alfin la frustrazione
ci son diversi livelli, non per forza devi fare il silvio
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Eh no, o amministratore delegato o niente!
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Re: E giunse alfin la frustrazione
In questo campo sei per o tutto o niente? :rolleyes:
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Re: E giunse alfin la frustrazione
ma guarda che ti ci vedrei anche bene, alla fine quella gente non fa sostanzialmente nulla, parla parla e poi tanto sono gli esperti a dire in 4 parole quello che si deve fare, loro si prendono solo il merito e ci mettono l'immagine
ti vesti un po' meglio e sei perfetto :D |
Re: E giunse alfin la frustrazione
Il fatto è che non amo molto incravattarmi, se non per occasioni speciali
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Re: E giunse alfin la frustrazione
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Mi ritrovo nelle sensazioni, ma personalmente il motivo per cui sento la necessità di comprendere i meccanismi sociali e imparare a muovermi nel mondo (in tutti i sensi!) non come uno che è vissuto su marte per 20 anni quale sono ma come una persona seminormale, senza farmi soffocare dalle mie paure, fobie e inadeguatezze dovute ad un evitamento decennale... è per affrontare il lavoro. Già da più piccolo avvertivo che prima o poi avrei dovuto affrontare il mondo dei 'normali' per questo motivo, ma l'orologio ha corso e la mia secchiata di acido in faccia è sempre più vicina. Se non ci fosse il lavoro penso che nemmeno mi porrei il problema di migliorare socialmente in senso lato ma rimarrei nel mio guscio di interessi solitari limitandomi a cercare la compagnia di persone simili.
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Re: E giunse alfin la frustrazione
anke io sono un frustrato
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Re: E giunse alfin la frustrazione
como mai leopardi? sei alto, che vuoi di più dalla vita?
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Re: E giunse alfin la frustrazione
Ed anche per me è alfin giunta la frustrazione...
Dato che mi son svegliato nel cuore della notte in preda ad atroci tormenti, ne approfitto per raccontare il mio percorso esistenziale, fatto di analogie con quello di Muttley, ma anche di sostanziali differenze. L'ho già raccontato altrove, ma repetita juvant, e poi serve per chi ha cambiato solo ora canale... :D Anch'io fino ad una certa età sono stato un ragazzo sazio della propria non-vita appartata e dei propri interessi solitari, fatti di libri, fumetti, ma soprattutto di idoli di celluloide. Amavo vedere la vita scorrere sullo schermo cinematografico e credevo che mai e poi mai avrei potuto prendere parte a quella vita e che mi sarei dovuto accontentare per sempre di guardarla da fuori. E mi sentivo tutto sommato soddisfatto e appagato. La differenza sostanziale rispetto al percorso di Muttley è che mentre per lui la presa di coscienza di questa non-vita si colloca nel periodo universitario, per me invece quel periodo è stato quello durante il quale ho raggiunto il non plus ultra dell'evitamento e della vita appartata. Mentre nella scuola ero costretto ad avere delle relazioni, nell'ambito universitario potevo vivere di evitamento. Credevo in questo modo di soddisfare una mia esigenza interiore di solitudine, che in precedenza mi era stata negata. Ma mai avrei potuto commettere errore più grande. Inoltre ero terrorizzato dal lavoro, dalla vita futura, dal dover prendermi delle responsabilità. Al termine degli studi universitari tentai di evitare i colloqui di lavoro. Ricordo che mio padre mi prese di peso e mi ci trascinò. Alla fine venni assunto. Ma le mie paure vennero disattese, mi trovai in un ambiente rassicurante e familiare nel quale le mie capacità erano esaltate e nel quale sia colleghi che clienti mi vedevano come "colui che risolve i problemi". Un po' alla volta acquisii una certa sicurezza. Ma intanto ai soddisfacimenti della vita professionale faceva da sfondo la vuotezza della mia vita privata. Gli "altri" si facevano una vita, andavano avanti, si fidanzavano o si sposavano, o addirittura avevano figli. Ed io intanto restavo indietro. E così ebbe inizio la mia frustrazione. Iniziai a vagheggiare una relazione sentimentale con una lei timida, una lei ideale, uguale in tutto e per tutto a me, che mi potesse capire. Provai a cercare dei contatti su Internet, ma non concretizzai nulla, neppure un incontro. Man mano che il mio processo di auto-analisi andava avanti mi resi sempre più conto di quanto ero inadeguato, di quanto, pur anche nella remotissima probabilità che fossi riuscito a trovare una ragazza siffatta, saremmo stati entrambi infelici. Ne consegue che oggi sono quanto mai frustrato. Il mio percorso è solo iniziato ed il futuro mi appare quanto mai incerto. Ma sono felice di averlo iniziato e la rassegnazione ha quanto meno ceduto il campo a un po' di speranza. :) |
Re: E giunse alfin la frustrazione
bè almeno hai la sicurezza del lavoro e non ti sei adagiato con la scusa della timidezza come fanno molti
il resto verrà, se ti sveglierai un pochino |
Re: E giunse alfin la frustrazione
Per me il periodo di "vita apparttata e tranquilla" è finita a 12 anni! Da quel momento è partito l'evitamento rimandoso...con l'aggiunta che per le prospettive lavorative io sono proprio un disastro...
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