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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Che la comunità sia interconnessa e il fatto che quel che fa un tizio torni utile alla comunità cosa c'entra col come si sente questo tizio nello svolgerla? :nonso: Gli piace, gli interessa, la fa molto controvoglia? Inoltre Se si fa qualcosa che torna utile alla comunità, questa utilità darà uguale dignità sociale e identico valore ad ogni singolo? A me pare di no. Il lavoro degli schiavi era utile alla comunità, dunque la loro condizione sociale avrebbe dovuto renderli felici come qualsiasi altra persona? Perché mai hanno fatto tanti casini per abolire questa condizione? Io sarò anche cattivo e un po' perfido in certe constatazioni, ma non mi sembra affatto di essere matto o scollato da quel che accade davvero. Il lavoro direi d inquadrarlo nella prospettiva del singolo come un male necessario al quale non riesce a sottrarsi perché altrimenti (secondo il suo punto di vista) starebbe peggio in altri ambiti. Chi non lavora, non lavora perché soggettivamente i costi superano i benefici. Si potrà sostenere come sempre che sia un lavativo e le solite cose, che poi io dico che non è coerente nemmeno questa descrizione qua, del lavativo, con quella del lavoro come bene positivo per il singolo. Se è un bene per il singolo ogni genere di lavoro, il lavativo non dovrebbe esistere proprio. Non riesco a scorgere un'armonia perfetta tra gli interessi del singolo e quelli della comunità, sono interessi in buona misura comunque in conflitto; una comunità può continuare ad esistere tranquillamente anche sacrificando certi singoli, quindi gli interessi di una comunità non coincidono affatto con quelli dei singoli. L'unico filosofo che ci ha capito davvero qualcosa in tal senso è Stirner, in realtà non esistono affatto interessi comuni dai quali discendono quelli dei singoli, è vero casomai l'opposto. In società e secondo certe regole si vive finché conviene al singolo in base a quel che vorrebbe ottenere. Ogni singolo può avere interessi singolari e non condivisi con alcuna classe più ampia, appunto perché è una singolarità diversa da ogni altra. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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A seconda della posizione che occupi ci sono prospettive differenti, se sei in uno scantinato non puoi certo godere della prospettiva e del panorama di chi si trova in un attico. Sono convinto che alcune persone lavorerebbero comunque anche se nessuno le pagasse, ma non sono la norma. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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E con buone probabilità dovrai fare una vita piuttosto solitaria se rifiuti certe dinamiche, non x fobia sia chiaro ma x sensazioni di fastidio e di sentirsi fuori luogo. |
@ DottorHouse:
Figurati, grazie a te. Sicuramente la visione collettivistica può arrecare un certo sollievo ad alcuni, soprattutto in posizioni lavorative in cui il proprio lavoro ha un impatto evidente nell'immediato. Il mondo del lavoro è tuttavia caratterizzato da così tante sottocategorie che è per molti difficile individuare il "bene" che stanno apportando alla comunità. A prescindere da ciò vi è poi da considerare il fatto che,in individui "compromessi", il senso di comunità è pressoché assente. La comunità è cosa astratta per molti ,ma per questi individui lo è ancora di più in quanto vi interagiscono ben poco,la rifuggono o la rifiutano. Non solo,ma è spesso presente un astio ed una misantropia non indifferente, giacché si fanno ricadere le proprie disgrazie in primo luogo proprio alla società,che non è dunque vista come meritevole di un proprio contributo,anzi. È comunque giusto,come hai ricordato,che se esistono distorsioni cognitive in merito vadano affrontate in qualche modo, e nei limiti del possibile decostruite con l'aiuto di un terapeuta. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
@pure_truth2
Mi rendo conto; e anche qui hai svolto delle belle riflessioni. Faccio una nuova considerazione generale: quando c'è ancora un margine di futuro, bisogna che la nostra mente abbia di fronte il problema ed elabori tutte le opzioni di soluzione percorribili. Con ciò intendo dire che prima di "arrendersi" occorre aver pensato a tutto ciò che si può fare per stare un po' meglio. Innanzitutto fare esperienze concrete, ovvero di non rifiutarsi a priori a iniziare una nuova esperienza a causa della convinzione per la quale, a priori, sarà già negativa. Non ci sono mai garanzie sull'esito positivo di un'esperienza, ma pensare e agire concretamente, anche controvoglia e contro i pre-giudizi negativi, è l'unico mezzo. Gli elementi di novità che non conosciamo prima di fare esperienza possono rivelarsi positivi (naturalmente, inutile dirlo, anche non positivi, ma questo non è il punto della discussione se io mio ragionamento/consiglio è stato chiaro). |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
FolleAnonimo:
Mi dispiace che interpreti le nostre riflessioni come "tante chiacchiere"... E nessuno ha la presunzione di "comprendere" fino in fondo chi è dall'altra parte dello schermo... Propongo/proponiamo ragionamenti e punti di vista, condivisibili o non, che possono diventare fonte di ulteriori spunti. I disaccordi e le critiche non sono da prendere sul personale, ma occasioni per confrontarsi. (Personalmente le preferisco alle pacche sulla spalla in cui ci si da ragione). |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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In questo circo folle della società. Di certo sono rarissime le persone che possono comprendere certe dinamiche, la massa rimane pur sempre addormentata nelle sue convinzioni. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ad esempio se io sono convinto in base ad un mio pregiudizio che saltando giù da un palazzo con buone probabilità mi sfracellerò, anche se un altro tizio mi dicesse a parole che non posso esserne sicuro non avendolo mai fatto e che potrebbe accadere qualcosa di positivo (non saprei cosa) difficilmente riuscirò a crederci ed agire in tal senso. Potrei provare a fare altro ma non questo, perché da questa mia azione non mi aspetto che l'esito sarà positivo, ma con buone probabilità che sarà negativo. Lo scenario più probabile per me sarebbe quello di rimanere vivo per un po', fracassato e dolorante passando magari gli ultimi momenti di lucidità in uno stato di agonia. Se devo faticare molto, magari soffrire anche per agire in certi modi e poi dovessi trovarmi con un pugno di mosche in mano finirei in uno stato psicologico-mentale ancora più sofferente di quello attuale che già sopporto a malapena. Solo con qualche garanzia io riuscirei ad agire, ma se nessun discorso e nessuna persona e niente di niente sono capaci di darmela contro quel che ho dentro continuerò ad agire in base a questo perché non possiedo altro di cui fidarmi e di cui mi fido di più. Non sono persuaso, e senza questa cosa a monte non riuscirò ad agire in certi modi. Se io ci credo al pregiudizio negativo lo dovrei mettere in dubbio in base a cosa? Deve esserci un discorso o qualcosa che è più convincente per me di tutto quello che me l'ha fatto creare questo pregiudizio... E se non c'è? :nonso: Non penso che si riesca ad eliminare facilmente. Tutta la conoscenza del mondo di una persona è basata su pregiudizi che la persona si è costruita. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Detto questo, Il dubbio invece si pone quando non hai conoscenze sufficienti per predire come andrà una nuova esperienza. Ad esempio, una persona che è scoraggiata per il fatto che l'ultimo ambiente di lavoro non gli piaceva, potrebbe convincersi che anche nel prossimo lavoro vi sarà un ambiente sgradito. In realtà non può sapere che tipo di ambiente incontrerà prima di farne esperienza, tuttavia è bloccato da scoraggiamento e pregiudizio basato sugli eventi passati. In sintesi se abbiamo dati sufficienti ok, altrimenti riflettiamo bene sui dati che abbiamo prima di formulare giudizi che magari possono sembrare veri, ma spesso più il sentimento che ne abbiamo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Sì, il punto è riuscire a vedere qualcosa che convince e fa superare i pregiudizi negativi... Insomma, non ci sono mezzi termini, o c'è o non c'è. Non ci sono cazzi...c'è solo da cercare se c'è. (Ma quanti "c'è" ho detto in due righe?:mrgreen:, scusate la battutaccia) |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
Voglio solo dirvi che importa.
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Per questo dico che c'è qualcosa di assurdo in tutti i discorsi di questo tipo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Per questo dico che c'è qualcosa di assurdo in tutti i discorsi di questo tipo. Potrebbe cercare di convincerti qualcun altro, ma la tua collaborazione se ti trovi davvero in questo stato non può essere forte. Chiedere a qualcuno di credere in certi assunti quando a monte questo qualcuno è intimamente persuaso che gli assunti sono con maggiori probabilità falsi, anche in assenza di certezza assoluta sarà difficile convincerlo ad investire molte risorse per provare il contrario. Supponi che io sia ateo e ora non è che mi sforzi più di tanto per provare il contrario, in base a cosa dovrei attivarmi? Pensare che se ci fosse qualcuno che si occupa di noi il mondo sarebbe migliore? Sicuramente, ma potrei pensare il mondo in una miriade di modi migliore ma in base a come sto adesso la reputerei una ricerca quasi inutile. Potrei provare ma in base al punto di partenza lo farò senza troppa convinzione, se poi arrivano prove che rafforzano la convinzione contraria va a finire che mi fermo. In questi stati non si può mantenere una forte fiducia se a monte non c'è. Per me non può venire fuori dal nulla la fiducia e la persuasione tramite presunti sforzi di volontà. La volontà è subordinata al sistema di credenze, e non credo sia vero che certe credenze le si può modificare con sforzi di volontà. Se io voglio persuadere qualcuno credo che l'operazione del chiedergli di darmi credito sia nella maggior parte dei casi inutile, o riesco a guadagnarlo questo credito tramite non so cosa o l'altro resterà cosí. Una persona da sola non investirà molte risorse per provare falso quel che crede con maggiori probabilità vero. Potrebbe essere vero che dopo la n-esima testata (con un n abbastanza grande che non ho sperimentato) si andrà in paradiso ma io pur non avendolo mai provato non ci proverei casomai qualcuno mi dicesse che in fondo non sono certo di questa cosa e non la faccio in base a certi miei pregiudizi. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Forse in certi casi sono indispensabili approcci farmaceutici, proprio per riuscire a vedere un mondo diverso da quello che è, e che assomiglia di più a quello che vedono gli altri: un misto di ciò che è e va bene, e di ciò che potrebbe essere se andasse meglio. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Mi si dirà di provarne altri, ma sono anche un po' stufo di sorbirmi disagi senza benefici e non nutro più molta fiducia, ne potevo avere di più prima, ma adesso è quella che è. È come quando muore qualcuno, uno può coltivare mille speranze, che lo vedrà nell'aldilà e cosí via, io non ne ho, mi disturba la cosa ma riesco solo a subirla passivamente perché alle alternative che in linea di principio dovrebbero darmi una formula di salvezza differita in un futuro incerto non mi convincono molto, per farmi star meglio in questo ambito qualcuno dovrebbe fare resuscitare un morto come Gesù Cristo, ma farlo davvero, il resto per me suona sempre come un qualcosa che non salva e mi lascia là dove sono. Ad accettare certe cose non le accetto, a coltivare queste cose qua non riesco, cosa mi resta? Lo star male. Poi si dirà che ci sono affezionato al mio star male e le solite cose, che sono sempre e ancora gli stessi discorsi che si ripetono uguali ed identici nei secoli dei secoli e non mi persuadono comunque perché non ho le prove che siano veri. Se tutto andasse come io desidero, sarei infelice perché attaccato al mio star male? Se vedessi che mi comporto cosí anche quando tutto filasse liscio come l'olio me ne convincerei di questa lettura, ma con tante cose che effettivamente vanno storte, è una lettura azzardata e poco convincente per me. Se certe cose le possedessi non dimostrerei alcun attaccamento allo star male, il male per me è un accidente dovuto a certe circostanze e non una scelta, questa lettura non mi ha mai convinto e difficilmente attecchisce in me. Tutti questi discorsi già li ho fatti tra me con battute e contro battute e non hanno prodotto nulla di nuovo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
2 allegato(i)
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Perché il mondo dovrebbe proprio assomigliare a quello che vedono gli altri, ovvero un misto non troppo sbilanciato sul lato di negativo di cose che vanno bene e che non vanno bene? Il mondo purtroppo non è per tutti lo stesso: c'è chi si trova in condizioni oggettivamente più favorevoli allo star bene e chi in altre oggettivamente più sfavorevoli. A una persona di 30 anni col CV vuoto vogliamo dire che proponendosi avrebbe buone possibilità di trovare lavori stimolanti? Sarebbe falso, e questo non è certo un semplice pregiudizio. A un disoccupato con duemila euro sul conto in banca vogliamo dire "non ti preoccupare, vedrai che se ti impegni entro un anno riuscirai ad avere i soldi per comprare quella villetta che ti piace tanto"? Meglio non dirlo, la persona in questione ha ragione nell'avere aspettative negative. A un incel 35enne insicuro e senza contatti sociali vogliamo dire che uscendo o scrivendo a qualche ragazza riuscirà a trovare un partner? Ecco, anche nel suo caso lo scoraggiamento è comprensibile e le possibilità di riuscita sono senz'altro sotto il 50%. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ora questo è il punto: se tu hai riflettuto su quello che ho detto (quindi tutto la parte sul non pre-giudicare un'esperienza prima ancora di farla ecc. non mi sto a ripetere) ci hai pensato, e hai valutato che hai dati sufficienti per stabilire che il cambiamento che vorresti apportare alla tua vita (ovviamente io non so quale) non è concretamente realizzabile per ragioni obiettive, allora non c'è un prosieguo della discussione. Come ti ho detto è un bivio, il cambiamento è possibile o impossibile, hai già risposto che per te è impossibile dunque non vedo cosa mai posso aggiungere, è perfettamente plausibile che sia come dici tu. L'unica cosa che conta è che la valutazione sull'impossibilità del cambiamento sia fatta con grande cura e cognizione di causa, non tralasciando nulla di rilevante che possa provare il contrario (su questo dovremmo essere tutti d'accordo) L'esempio della religione non è attinente ai ragionamenti che abbiamo fatto fin qui (i quali riguardano il fare nuove esperienze). Se sei ateo (supposto che tu lo sia) perché mai dovresti cambiare credenze se non credi in Dio? Nulla ti spinge a farlo, dunque il cambiamento non è motivato a monte. |
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