Winston_Smith |
04-04-2013 15:45 |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Originariamente inviata da muttley
(Messaggio 902965)
Partiamo da punti di osservazione differenti: tu fai del mio discorso una lettura ontologica con implicazioni etiche, quando l'intento soggiacente all'intera discussione riguarda tutt'altro...
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Eh beh, le implicazioni etiche possono seguire anche da sole. Vedi il seguito.
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Originariamente inviata da muttley
(Messaggio 902965)
a me interessa demistificare la tendenza a incasellare le persone a seconda dei rispettivi caratteri e ad insegnare sin dall'infanzia a identificarsi in tratti comportamentali predefiniti.
Faccio un discorso totalmente riferito a me e alla mia esperienza: allo stato attuale delle cose non mi interessa che la gente mi giudichi in un determinato modo, non voglio essere giudicato negativamente ma nemmeno desidero essere riconosciuto come una persona dotata di determinate caratteristiche piuttosto che di altre.
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Già il solo desiderare di non essere giudicato negativamente implica voler rifiutare certe caratteristiche legate alla tua persona, ergo non è vero che si tratta di "nessun sé" (il negativo non è assoluto, ma varia da individuo a individuo, altra personalizzazione). Per non parlare del fatto che a qualcun altro potrebbe interessare essere giudicato in un determinato modo, per cui eticamente dovrai o vorrai interfacciarti con lui/lei considerandolo come persona singola, altro che "nessun sé".
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Originariamente inviata da muttley
(Messaggio 902965)
E ritengo anche più utile, nell'affrontare persone e situazioni, un approccio volto ad avvicinarsi il più possibile ad un'ideale di depersonalizzazione...un esempio? Devo fronteggiare un colloquio di lavoro ma anche un semplice tentativo di avvicinamento con scopi amicali/sentimentali ad una persona: se io mi affaccio a dette situazioni con un'idea di carattere (e tutto ciò che essa comporta, dai pregi ai difetti, dalle potenzialità alle debolezze) troppo definita, finirò per far deviare l'intero percorso dell'evento secondo quelli che sono i miei pregiudizi di conferma. Penso di non essere abbastanza preparato per affrontare quel colloquio o per ottenere l'amicizia/affetto di quella persona? Probabilmente finirò per dare vita a situazioni di fallimento da me stesso autogenerate.
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Solo se ci si condanna in partenza, pretendendo che il futuro sia già scritto univocamente. Ma una coscienza "sana" dei propri limiti personali e individuali non è di ostacolo alla realizzazione dei proprio obiettivi, anzi aiuta a calibrarli secondo la propria personalità.
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Originariamente inviata da muttley
(Messaggio 902965)
E la ricetta per ovviare a tutto è, secondo me, affrontare quello che dobbiamo affrontare solo ponendoci un obiettivo, senza pensare a come siamo fatti (resta poi da considerare che noi non siamo fatti in un modo, ma ci sentiamo fatti in un modo), all'immagine che siamo soliti affibbiarci e quant'altro.
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Non basta porsi un obiettivo, bisogna anche pensare a come raggiungerlo e a quante possibilità si hanno di raggiungerlo (evitando certezze metafisiche estreme, in un senso o nell'altro).
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