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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Che la comunità sia interconnessa e il fatto che quel che fa un tizio torni utile alla comunità cosa c'entra col come si sente questo tizio nello svolgerla? :nonso: Gli piace, gli interessa, la fa molto controvoglia? Inoltre Se si fa qualcosa che torna utile alla comunità, questa utilità darà uguale dignità sociale e identico valore ad ogni singolo? A me pare di no. Il lavoro degli schiavi era utile alla comunità, dunque la loro condizione sociale avrebbe dovuto renderli felici come qualsiasi altra persona? Perché mai hanno fatto tanti casini per abolire questa condizione? Io sarò anche cattivo e un po' perfido in certe constatazioni, ma non mi sembra affatto di essere matto o scollato da quel che accade davvero. Il lavoro direi d inquadrarlo nella prospettiva del singolo come un male necessario al quale non riesce a sottrarsi perché altrimenti (secondo il suo punto di vista) starebbe peggio in altri ambiti. Chi non lavora, non lavora perché soggettivamente i costi superano i benefici. Si potrà sostenere come sempre che sia un lavativo e le solite cose, che poi io dico che non è coerente nemmeno questa descrizione qua, del lavativo, con quella del lavoro come bene positivo per il singolo. Se è un bene per il singolo ogni genere di lavoro, il lavativo non dovrebbe esistere proprio. Non riesco a scorgere un'armonia perfetta tra gli interessi del singolo e quelli della comunità, sono interessi in buona misura comunque in conflitto; una comunità può continuare ad esistere tranquillamente anche sacrificando certi singoli, quindi gli interessi di una comunità non coincidono affatto con quelli dei singoli. L'unico filosofo che ci ha capito davvero qualcosa in tal senso è Stirner, in realtà non esistono affatto interessi comuni dai quali discendono quelli dei singoli, è vero casomai l'opposto. In società e secondo certe regole si vive finché conviene al singolo in base a quel che vorrebbe ottenere. Ogni singolo può avere interessi singolari e non condivisi con alcuna classe più ampia, appunto perché è una singolarità diversa da ogni altra. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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A seconda della posizione che occupi ci sono prospettive differenti, se sei in uno scantinato non puoi certo godere della prospettiva e del panorama di chi si trova in un attico. Sono convinto che alcune persone lavorerebbero comunque anche se nessuno le pagasse, ma non sono la norma. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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E con buone probabilità dovrai fare una vita piuttosto solitaria se rifiuti certe dinamiche, non x fobia sia chiaro ma x sensazioni di fastidio e di sentirsi fuori luogo. |
@ DottorHouse:
Figurati, grazie a te. Sicuramente la visione collettivistica può arrecare un certo sollievo ad alcuni, soprattutto in posizioni lavorative in cui il proprio lavoro ha un impatto evidente nell'immediato. Il mondo del lavoro è tuttavia caratterizzato da così tante sottocategorie che è per molti difficile individuare il "bene" che stanno apportando alla comunità. A prescindere da ciò vi è poi da considerare il fatto che,in individui "compromessi", il senso di comunità è pressoché assente. La comunità è cosa astratta per molti ,ma per questi individui lo è ancora di più in quanto vi interagiscono ben poco,la rifuggono o la rifiutano. Non solo,ma è spesso presente un astio ed una misantropia non indifferente, giacché si fanno ricadere le proprie disgrazie in primo luogo proprio alla società,che non è dunque vista come meritevole di un proprio contributo,anzi. È comunque giusto,come hai ricordato,che se esistono distorsioni cognitive in merito vadano affrontate in qualche modo, e nei limiti del possibile decostruite con l'aiuto di un terapeuta. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
@pure_truth2
Mi rendo conto; e anche qui hai svolto delle belle riflessioni. Faccio una nuova considerazione generale: quando c'è ancora un margine di futuro, bisogna che la nostra mente abbia di fronte il problema ed elabori tutte le opzioni di soluzione percorribili. Con ciò intendo dire che prima di "arrendersi" occorre aver pensato a tutto ciò che si può fare per stare un po' meglio. Innanzitutto fare esperienze concrete, ovvero di non rifiutarsi a priori a iniziare una nuova esperienza a causa della convinzione per la quale, a priori, sarà già negativa. Non ci sono mai garanzie sull'esito positivo di un'esperienza, ma pensare e agire concretamente, anche controvoglia e contro i pre-giudizi negativi, è l'unico mezzo. Gli elementi di novità che non conosciamo prima di fare esperienza possono rivelarsi positivi (naturalmente, inutile dirlo, anche non positivi, ma questo non è il punto della discussione se io mio ragionamento/consiglio è stato chiaro). |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
FolleAnonimo:
Mi dispiace che interpreti le nostre riflessioni come "tante chiacchiere"... E nessuno ha la presunzione di "comprendere" fino in fondo chi è dall'altra parte dello schermo... Propongo/proponiamo ragionamenti e punti di vista, condivisibili o non, che possono diventare fonte di ulteriori spunti. I disaccordi e le critiche non sono da prendere sul personale, ma occasioni per confrontarsi. (Personalmente le preferisco alle pacche sulla spalla in cui ci si da ragione). |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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In questo circo folle della società. Di certo sono rarissime le persone che possono comprendere certe dinamiche, la massa rimane pur sempre addormentata nelle sue convinzioni. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ad esempio se io sono convinto in base ad un mio pregiudizio che saltando giù da un palazzo con buone probabilità mi sfracellerò, anche se un altro tizio mi dicesse a parole che non posso esserne sicuro non avendolo mai fatto e che potrebbe accadere qualcosa di positivo (non saprei cosa) difficilmente riuscirò a crederci ed agire in tal senso. Potrei provare a fare altro ma non questo, perché da questa mia azione non mi aspetto che l'esito sarà positivo, ma con buone probabilità che sarà negativo. Lo scenario più probabile per me sarebbe quello di rimanere vivo per un po', fracassato e dolorante passando magari gli ultimi momenti di lucidità in uno stato di agonia. Se devo faticare molto, magari soffrire anche per agire in certi modi e poi dovessi trovarmi con un pugno di mosche in mano finirei in uno stato psicologico-mentale ancora più sofferente di quello attuale che già sopporto a malapena. Solo con qualche garanzia io riuscirei ad agire, ma se nessun discorso e nessuna persona e niente di niente sono capaci di darmela contro quel che ho dentro continuerò ad agire in base a questo perché non possiedo altro di cui fidarmi e di cui mi fido di più. Non sono persuaso, e senza questa cosa a monte non riuscirò ad agire in certi modi. Se io ci credo al pregiudizio negativo lo dovrei mettere in dubbio in base a cosa? Deve esserci un discorso o qualcosa che è più convincente per me di tutto quello che me l'ha fatto creare questo pregiudizio... E se non c'è? :nonso: Non penso che si riesca ad eliminare facilmente. Tutta la conoscenza del mondo di una persona è basata su pregiudizi che la persona si è costruita. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Detto questo, Il dubbio invece si pone quando non hai conoscenze sufficienti per predire come andrà una nuova esperienza. Ad esempio, una persona che è scoraggiata per il fatto che l'ultimo ambiente di lavoro non gli piaceva, potrebbe convincersi che anche nel prossimo lavoro vi sarà un ambiente sgradito. In realtà non può sapere che tipo di ambiente incontrerà prima di farne esperienza, tuttavia è bloccato da scoraggiamento e pregiudizio basato sugli eventi passati. In sintesi se abbiamo dati sufficienti ok, altrimenti riflettiamo bene sui dati che abbiamo prima di formulare giudizi che magari possono sembrare veri, ma spesso più il sentimento che ne abbiamo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Sì, il punto è riuscire a vedere qualcosa che convince e fa superare i pregiudizi negativi... Insomma, non ci sono mezzi termini, o c'è o non c'è. Non ci sono cazzi...c'è solo da cercare se c'è. (Ma quanti "c'è" ho detto in due righe?:mrgreen:, scusate la battutaccia) |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
Voglio solo dirvi che importa.
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Per questo dico che c'è qualcosa di assurdo in tutti i discorsi di questo tipo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Per questo dico che c'è qualcosa di assurdo in tutti i discorsi di questo tipo. Potrebbe cercare di convincerti qualcun altro, ma la tua collaborazione se ti trovi davvero in questo stato non può essere forte. Chiedere a qualcuno di credere in certi assunti quando a monte questo qualcuno è intimamente persuaso che gli assunti sono con maggiori probabilità falsi, anche in assenza di certezza assoluta sarà difficile convincerlo ad investire molte risorse per provare il contrario. Supponi che io sia ateo e ora non è che mi sforzi più di tanto per provare il contrario, in base a cosa dovrei attivarmi? Pensare che se ci fosse qualcuno che si occupa di noi il mondo sarebbe migliore? Sicuramente, ma potrei pensare il mondo in una miriade di modi migliore ma in base a come sto adesso la reputerei una ricerca quasi inutile. Potrei provare ma in base al punto di partenza lo farò senza troppa convinzione, se poi arrivano prove che rafforzano la convinzione contraria va a finire che mi fermo. In questi stati non si può mantenere una forte fiducia se a monte non c'è. Per me non può venire fuori dal nulla la fiducia e la persuasione tramite presunti sforzi di volontà. La volontà è subordinata al sistema di credenze, e non credo sia vero che certe credenze le si può modificare con sforzi di volontà. Se io voglio persuadere qualcuno credo che l'operazione del chiedergli di darmi credito sia nella maggior parte dei casi inutile, o riesco a guadagnarlo questo credito tramite non so cosa o l'altro resterà cosí. Una persona da sola non investirà molte risorse per provare falso quel che crede con maggiori probabilità vero. Potrebbe essere vero che dopo la n-esima testata (con un n abbastanza grande che non ho sperimentato) si andrà in paradiso ma io pur non avendolo mai provato non ci proverei casomai qualcuno mi dicesse che in fondo non sono certo di questa cosa e non la faccio in base a certi miei pregiudizi. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Forse in certi casi sono indispensabili approcci farmaceutici, proprio per riuscire a vedere un mondo diverso da quello che è, e che assomiglia di più a quello che vedono gli altri: un misto di ciò che è e va bene, e di ciò che potrebbe essere se andasse meglio. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Mi si dirà di provarne altri, ma sono anche un po' stufo di sorbirmi disagi senza benefici e non nutro più molta fiducia, ne potevo avere di più prima, ma adesso è quella che è. È come quando muore qualcuno, uno può coltivare mille speranze, che lo vedrà nell'aldilà e cosí via, io non ne ho, mi disturba la cosa ma riesco solo a subirla passivamente perché alle alternative che in linea di principio dovrebbero darmi una formula di salvezza differita in un futuro incerto non mi convincono molto, per farmi star meglio in questo ambito qualcuno dovrebbe fare resuscitare un morto come Gesù Cristo, ma farlo davvero, il resto per me suona sempre come un qualcosa che non salva e mi lascia là dove sono. Ad accettare certe cose non le accetto, a coltivare queste cose qua non riesco, cosa mi resta? Lo star male. Poi si dirà che ci sono affezionato al mio star male e le solite cose, che sono sempre e ancora gli stessi discorsi che si ripetono uguali ed identici nei secoli dei secoli e non mi persuadono comunque perché non ho le prove che siano veri. Se tutto andasse come io desidero, sarei infelice perché attaccato al mio star male? Se vedessi che mi comporto cosí anche quando tutto filasse liscio come l'olio me ne convincerei di questa lettura, ma con tante cose che effettivamente vanno storte, è una lettura azzardata e poco convincente per me. Se certe cose le possedessi non dimostrerei alcun attaccamento allo star male, il male per me è un accidente dovuto a certe circostanze e non una scelta, questa lettura non mi ha mai convinto e difficilmente attecchisce in me. Tutti questi discorsi già li ho fatti tra me con battute e contro battute e non hanno prodotto nulla di nuovo. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
2 allegato(i)
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Perché il mondo dovrebbe proprio assomigliare a quello che vedono gli altri, ovvero un misto non troppo sbilanciato sul lato di negativo di cose che vanno bene e che non vanno bene? Il mondo purtroppo non è per tutti lo stesso: c'è chi si trova in condizioni oggettivamente più favorevoli allo star bene e chi in altre oggettivamente più sfavorevoli. A una persona di 30 anni col CV vuoto vogliamo dire che proponendosi avrebbe buone possibilità di trovare lavori stimolanti? Sarebbe falso, e questo non è certo un semplice pregiudizio. A un disoccupato con duemila euro sul conto in banca vogliamo dire "non ti preoccupare, vedrai che se ti impegni entro un anno riuscirai ad avere i soldi per comprare quella villetta che ti piace tanto"? Meglio non dirlo, la persona in questione ha ragione nell'avere aspettative negative. A un incel 35enne insicuro e senza contatti sociali vogliamo dire che uscendo o scrivendo a qualche ragazza riuscirà a trovare un partner? Ecco, anche nel suo caso lo scoraggiamento è comprensibile e le possibilità di riuscita sono senz'altro sotto il 50%. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ora questo è il punto: se tu hai riflettuto su quello che ho detto (quindi tutto la parte sul non pre-giudicare un'esperienza prima ancora di farla ecc. non mi sto a ripetere) ci hai pensato, e hai valutato che hai dati sufficienti per stabilire che il cambiamento che vorresti apportare alla tua vita (ovviamente io non so quale) non è concretamente realizzabile per ragioni obiettive, allora non c'è un prosieguo della discussione. Come ti ho detto è un bivio, il cambiamento è possibile o impossibile, hai già risposto che per te è impossibile dunque non vedo cosa mai posso aggiungere, è perfettamente plausibile che sia come dici tu. L'unica cosa che conta è che la valutazione sull'impossibilità del cambiamento sia fatta con grande cura e cognizione di causa, non tralasciando nulla di rilevante che possa provare il contrario (su questo dovremmo essere tutti d'accordo) L'esempio della religione non è attinente ai ragionamenti che abbiamo fatto fin qui (i quali riguardano il fare nuove esperienze). Se sei ateo (supposto che tu lo sia) perché mai dovresti cambiare credenze se non credi in Dio? Nulla ti spinge a farlo, dunque il cambiamento non è motivato a monte. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Se poi rischio di non guadagnarci nulla vado di male in peggio. Avendo poche garanzie (in base a quel che so) che agendo in certi modi le cose si accomoderanno difficilmente lo farò visto che l'esperienza accumulata e certe osservazioni fatte mi farebbero scommettere contro. Scommettere sulla squadra sfavorita permette di guadagnare tanto proprio perché le possibilità di perdita sono elevate. È impossibile che la squadra molto molto sfavorita vinca? Direi di no, qualche volta magari lo si è anche osservato effettivamente. Insomma in conclusione farei solo un tentativo poco convinto, se va va, non riuscirei ad impegnare molte risorse. Se già ero convinto di avere ottime possibilità e i disagi perciò sarebbero stati ammortizzati dal guadagno avrei già agito in certi mod ed ora vivevo diversamente se le cose davvero stavano in quest'altro modo e ne ero convinto. Anche rispetto alla questione ateismo scommetterei piú sulla non esistenza che sull'esistenza, ma non sono certo di quasi nulla. Tornando al tema principale io ora nutro una grande sfiducia nei confronti di forme di aiuto e conforto sociali e perciò investirò pochissimo nella speranza di poter ottenere qualcosa di significativo in tal senso. Sono certo che di sicuro non otterrò nulla? no, ma non sono molto motivato ad impegnarmi e sbattermi più di tanto. Se provo e ottengo un'altra porta chiusa in faccia avrò un atteggiamento ancora piú chiuso e diffidente. Insomma non posso partire da un atteggiamento molto aperto e motivato e resistente; se la precondizione per riuscire a cambiare e reinserirsi a chi si trova in questi stati mentali è questa, mi pare paradossale questa cosa, non potrà mai funzionare secondo me. Se uno ha a che fare con un animale diffidente avrebbe senso cercare di spiegargli razionalmente che è una sua costruzione? Secondo me con questo sistema non si va da nessuna parte. L'animale da solo, senza creare segnali appositi e particolari e quindi dando delle forme di garanzia, non si avvicinerà mai ad un essere umano che non percepisce come amico in base ad esperienze pregresse. Non ci si può aspettare che questo animale sarà spontaneamente socievole come altri o chiedergli di diventarlo quando a monte ha un'altra costruzione che non si smonta da sola, e se l'esposizione crea più spesso esperienze negative secondo me poi dal ciclo non riesce ad uscirne. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
Hai scritto un post sincero e aperto, ed è molto chiaro quello che stai dicendo. Il soggetto è sempre il lavoro?
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Essere inseriti lavorativamente per me non equivale ad occupare questo posto, come ho già scritto ci sono persone che lavorano ma egualmente emarginate e svalorizzate socialmente. Ci sono viceversa persone che non hanno una professione ufficiale ma che magari questa forma di inserimento positiva ce l'hanno. Io poi ho l'impressione che siano inserite in qualche modo anche le persone che stanno male, perciò non è l'inserimento lavorativo che permette di ottenere questa forma di benessere. Non credo sia una cosa soltanto mentale, certo è che diversi individui restano in qualche modo emarginati, lavorano ma il loro lavoro diventa una forma di sfruttamento (sono i cosiddetti fantozzi della situazione), è chiaro che un lavoro del genere non nutre umanamente serve solo per poter avere la pagnotta casomai non si riesce ad ottenerla diversamente. Se poi una persona ha solo questo e non trova altre forme di inserimento positive è quasi sicuro che anche lavorando diventerà depressa e si sentirà esclusa e sempre più inaridita anche dal lavoro stesso. Trovare un posto dove star bene in ambito sociale è difficile per me, in base alla mia esperienza sento che uno spazio del genere non c'è per me, penso che mi posso inserire male, in modo conflittuale e frustrato. E' una convinzione mia? Ecco adesso la sento molto molto forte dato che io anche in ambito scolastico non riuscivo ad inserirmi senza ripercussioni negative, e dicono che quello sia una pacchia in confronto ad altre cose. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ecco, non c'è nessun dubbio che inserimento lavorativo non significa benessere sociale. Se essere senza vita sociale vuol dire essere un emarginato allora sono un emarginato in questo senso. Anche se è una parola che non mi piace usare, perché sembra più adatta quando il fatto di non avere una vita sociale dipenda dal rifiuto degli altri, mentre nel mio caso non è così. Dopodiché è evidente che il lavoro può favorire o sfavorire la depressione. Inutile dirlo dipende da varie circostanze, ad esempio un lavoro può anche non piacere ma allo stesso tempo se l'ambiente è buono e i colleghi sono affabili, gentili ecc. la cosa può cambiare radicalmente in positivo. Oppure, se anche non hai una vita sociale, ma svolgi un lavoro che fai volentieri, esso diventa l'unico elemento di benessere sociale di cui l'individuo può godere. E così via. Dico tra parentesi che per me (quindi lo vivo sulla mia pelle) il volontariato che sto svolgendo, sia per il tipo di attività sia per le persone con cui collaboro, è l'unica fonte di benessere sociale che ho. Non è nulla di esagerato o straordinario, ma a volte basta anche poco, specialmente quando non hai praticamente niente (l'unica cosa di rilevante che mi appassiona è leggere e studiare sui libri per conto mio, ma essendo un'attività solitaria, non mi basta affatto per essere felice, neanche lontanamente...anzi, la depressione delle volte può farmi percepire come insignificante anche quest'unica passione). Insomma, occorre trovare una propria dimensione, una giusta omeostasi direbbe un medico. Nonostante gli scompensi. |
Adesso come adesso il solo pensare di fare una famiglia e figli da destinare ad un futuro terribile credo sia davvero egoistico.
Io non destinerei i miei presunti figli ad un futuro di stenti e schiavitù. La societá è peggiorata, a scuola bullismo, violenze varie, tu penseresti di mandare tuo figlio in mezzo a gente idiota che lo picchierà o lo sevizierà o lo traumatizzerà a vita? Io non sarei cosí egoista. Ok magari trovarti una tipa con cui stare ma credo che il futuro sarà sempre peggio. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Ormai sono fuori da anni dai giri...rientrerei solo per compagnie decenti, altrimenti meglio così
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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La vita sociale si può avere, oppure no, anche in assenza dell'iter che hai scritto tu. Non sono due cose collegate tra loro, a mio parere. Inviato dal mio SM-J510FN utilizzando Tapatalk |
Ho visto gente come Galeazzi Franco lauro e Sposini uscire di scena senza riconoscimenti da mamma rai.e sono 3 famosi figurarsi cosa gli e ne frega alla società di gente comune.
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Quando ti senti un verme fin da piccolo, solo come un cane, escluso da tutti e visto come un alieno, scansato sempre da tutti i compagni di elementari e medie, preso per il culo per anni voglio vedere poi che bel 24/25enne diventi, con zero autostima e continue voci nella testa che ho. Che ne sanno i normali...e poi sarà facile per loro attaccare bottone. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
Io ho 47 anni. Mi ricordo che a 20,25,30 dicevo ah ma c'è tempo, prima o poi si risolverà tutto, troverò una che mi apprezza per come sono "...
Invece eccomi qui, a 47 anni, e se penso a rientrare in società, sinceramente non lo vedo possibile, prima cosa per i problemi che ho che più passa il tempo più sono un blocco di cemento armato, secondo perché dove voglio rientrare in società a 47 anni quando gente che ha la metà dei miei anni ha già fatto esperienze e messo su casa e famiglia e hanno una vita ben oliata e impostata? |
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Poi a 30 anni già deve essere un campanello d'allarme secondo me, se a quell'età ancora non è cambiato qualcosa vuol dire quasi sempre che è finita e si è fottuti. C'è qualche caso di 30enne nella merda che ha trovato un lavoro, smuna ragazza, si è rifatto una vita sociale, ma quanti sono? E di sicuro sono i classici tendenti estroverso e bellocci. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
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Impossibile a parere mio rientrare nella società, è un po come suicidarsi, non si torna indietro. |
Re: Rientrare nella società, o forse no...
Le città hanno un ruolo chiave nella società e sono nate quando c'era sufficiente cibo e acqua per tutti con la rivoluzione agricola, quando favoriva gli scambi e far nascere un'economia, con maggior numero di guardie facilitavano la difesa contro i nemici/briganti e con la rivoluzione industriale si sono sviluppate tantissimo per la vasta offerta di impiego offerto e in qualche misura anche per il ritrovo/confronto/scambio culturale.
Se il cibo e l'acqua finiscono, se l'economia recede, gli scambi commerciali regolati/ostacolati/limitati, non ci sono nemici o comunque forte insoddisfazione nelle forze dell'ordine e la giustizia, se non c'è lavoro, se non c'è scambio culturale(es: ormai c'è internet). La città perde il suo scopo. Tuttavia non credo che siamo difronte al collasso della società piuttosto penso che ci sia una trasformazione in atto verso una sorta di virtualizzazione del tutto. Penso che sarà perfettamente normale in futuro spendere quasi tutto il tempo in casa collegati al web dove si farà la spesa, lavorerà, intratterrà. Tutt'altra cosa è la sofferenza di questa condizione. La sofferenza nasce dal confronto del mondo che abbiamo in testa e vorremmo con la realtà delle cose. Come siamo arrivati ad avere il mondo che abbiamo in testa? Tanto ha a che vedere su in che società siamo cresciuti, che valori ci hanno inculcato. La società occidentale bombarda i suoi pupilli di buone intenzioni su come vorrebbero che la società del futuro diventasse ma poco viene mostrato sullo status quo e stato di fatto. Si spendono molte risorse nel mostrare come si vorrebbe un essere umano ideale a cui dobbiamo aspirare ma poco viene mostrato sul com'è veramente ad oggi. Quando il giovane diviene adulto la favola dysneiana si disperde e c'è un momento di transizione che sicuramente comporta delusione che bene o male tutti superano. Le generazioni occidentali di oggi vengono su depresse perché vivono in una società decadente, di nonni che han costruito grandi ricchezze col boom economico e loro che non han futuro o le briciole con la recessione. Questo oltre che ad essere demotivante è non avere le risorse, un ostacolo a tutti gli effetti su ogni aspetto di vita, di sviluppo verso il futuro. Stanno vivendo una transizione, se questo processo non si inverte e ci sarà effettivamente un declino la generazione ancora dopo non me la immagino più triste. Possiamo dire che le persone del terzo mondo sono più tristi di un occidentale? Che nel medioevo regnasse la depressione in tutti? Non ne sono così sicuro penso che sia tutto relativo, tutta una percezione soggettiva. Io sono triste perché non ho la mia villa di 1000mq con piscina? no, non so neanche di che stiamo parlando? se ci fossi cresciuto e c'avessi vissuto tutta la mia vita ad oggi e l'avessi scambiata con monolocale con doccino probabilmente sarei triste. TLDR: Quindi cosa avete in testa? Io non sono mai stato davvero nella società o comunque è passato veramente tanto tempo. Non è più tanto importante. |
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Re: Rientrare nella società, o forse no...
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