Vero. Per quanto riguarda la miseria e la sofferenza mostrate in TV, oltre alla frequenza desensibilizzante con cui vengono esposte certe immagini, credo esista un problema di fondo concernente la distanza. Io giuro che non riesco a provare nulla guardando un bimbo africano denutrito che appare sullo schermo del mio televisore, non lo so, lo percepisco come un problema distante, non mio; mentre invece quando un paio di anni fa, passeggiando per Corso Vittorio Emanuele, prima di andare in uni, mi imbattevo tutte le mattine nel solito barbone che per scaldarsi si faceva la pipì nei pantaloni, mi prendeva una tristezza agghiacciante; lo percepivo quasi come un conoscente o qualcosa di simile, nonostante non avessi scambiato con lui nemmeno una parola. Effettivamente è abbastanza difficile capire perché in certi casi scatta l'empatia e in altri no. Credo ci siano parecchi fattori da considerare.

Credo di essere abbastanza egoista ma con i miei momenti di altruismo. Comunque non è che l'altruista per dirsi tale debba soffrire nel fare il suo gesto, anzi. Gli altruisti sono proprio quelli che si sentono bene nell'aiutare gli altri, che poi devono affrontare delle perdite o delle sofferenze, queste sono compensate dalle motivazioni positive, tra cui ci sono quelle egoistiche ('vengo considerato buono'), ma anche quelle dovute al piacere di far del bene agli altri. Queste non mi sono molto note ma comunque esistono. Ad esempio mi viene da pensare all'istintiva partecipazione con un sorriso sentito all'osservare un bambino piccolo che gioisce per qualche motivo.