FobiaSociale.com  
     

Home Messaggi odierni Registrazione FAQ
 
Vai indietro   FobiaSociale.com > Off Topic > Off Topic Generale
Rispondi
 
Vecchio 08-09-2008, 01:20   #1
Intermedio
L'avatar di Reverendo_Pride
 

Siamo nel ghetto ebraico di Praga, dove sorgeva un’abitazione molto lussuosa appartenente a Pinchas, un uomo molto ricco, forse il più ricco della comunità. Egli veniva considerato da tutti un uomo avaro che non dava mai nulla a chi gli chiedeva aiuto; era persino soprannominato ‘Pinchas il taccagno’.Un giorno e ‘Pinchas il taccagno’ morì. Nessuno prese a cuore la sua morte e solo poche persone parteciparono al funerale; fu seppellito nell’area del cimitero assieme ai ladri e alle persone che erano state disoneste in vita.Una settimana dopo, davanti alla porta del Rabbino di Praga Rabbi Yom Tov Heller giunsero decine di persone povere che chiedevano aiuto al Rabbino. Rabbi Yom Tov chiese ai poveri come mai non si fossero mai presentati fino a quel momento, ed essi risposero che i negozianti avevano sempre accettato di fare credito, mentre ultimamente si stavano sistematicamente rifiutando. il Rabbino si recò allora all’improvviso dai negozianti per controllare cosa stesse succedendo. Quando i negozianti spiegarono le loro ragioni il Rabbino si fece bianco in volto dallo spavento: «Era Pinchas che di nascosto pagava tutti i loro debiti, ma ci ha fatto giurare di non dire mai a nessuno che era lui a pagarli!».
Rabbi Yom Tov decise di radunare tutta la comunità per raccontare chi si nascondesse realmente dietro a ‘Pinchas il taccagno’, e quando gli ebrei sentirono le parole del loro Rabbi, scoppiarono tutti in lacrime di vergogna per il modo in cui avevano trattato Pinchas.Per rimediare, Rabbi Yom Tov disse di voler essere seppellito accanto a Pinchas in modo tale da dargli il dovuto rispetto."
Vecchio 08-09-2008, 19:11   #2
Intermedio
L'avatar di Innergal
 

Evidentemente al ricco Pinchas non importava di conquistarsi la fama di grande benefattore.
No, a lui stava davvero a cuore la sorte di quei tanti poveri che sopravvivevano grazie all’apparente generosità dei negozianti del ghetto.
Probabilmente egli soffriva al sentire che delle persone non disponevano di cibo, di cure, o perfino di un’abitazione per loro e per la prole; viceversa, Pinchas, nel suo slancio empatico, era al colmo della gioia quando ciascun indigente riceveva le risorse di cui necessitava per condurre un’esistenza perlomeno dignitosa.

Egli poteva ritenersi soddisfatto di sé purché gli altri stessero bene.

Ma aveva compreso che, se avesse personalmente fornito gli aiuti ai poveri, ovvero senza intermediari, rendendo noto a tutti il suo buon cuore, avrebbe rischiato di creare situazioni complesse che potevano sortire l’effetto contrario.
Infatti, se da un lato alle persone caritatevoli vengono tributati tutti gli onori e la stima della comunità, d’altra parte attorno ad esse cresce il numero di bisognosi, chi per circostanze avverse e chi, per convenienza e avidità, desidera approfittarne a piene mani. E questi ultimi, alla stregua di frutti marci, tendono a “guastare” l’umiltà dei primi, i quali finiscono con l’esigere sempre di più.

La decisione di Pinchas di elargire i beni secondo le effettive necessità di ognuno avrebbe potuto scontrarsi con una massa riottosa e pigra, divenuta tale per essersi estromessa dalle responsabilità devolute dalla benevolenza di un solo individuo.
Diversamente, con la mediazione dei commercianti, vincolati dal più rigoroso riserbo, ogni beneficiato doveva giorno dopo giorno conquistarsi con le suppliche ai negozianti il credito che questi gli facevano.

Di solito l’altruismo si manifesta sotto i riflettori, perché serve principalmente ad ottenere rispetto e fama da parte della comunità, oltre alla gratitudine dei beneficiati. Si tratta, in buona sostanza, di egoismo.

E poiché la generosità sbandierata a tutti produce inevitabilmente una corte di “questuanti”, chi per motivi fondati e chi per avidità, il cosiddetto benefattore si trova suo malgrado costretto a districarsi in quei contorti meccanismi sociali che il buon Pinchas ha voluto evitare.
Ma a differenza di quest’ultimo, quel tipo di benefattore, ovviamente, proprio in quanto agisce solo per dare lustro alla propria immagine e non per il bene altrui, non se ne preoccupa, anzi sa approfittarne per ottenere ulteriori vantaggi. Non generosità, quindi, ma contrattazione. Chi sale sul palcoscenico per fare beneficenza ha, spesso, la stoffa del politico. :?

Grazie Pride per questo spunto di riflessione. :wink:
Vecchio 08-09-2008, 21:02   #3
Avanzato
 

Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Evidentemente al ricco Pinchas non importava di conquistarsi la fama di grande benefattore.
No, a lui stava davvero a cuore la sorte di quei tanti poveri che sopravvivevano grazie all’apparente generosità dei negozianti del ghetto.
Probabilmente egli soffriva al sentire che delle persone non disponevano di cibo, di cure, o perfino di un’abitazione per loro e per la prole; viceversa, Pinchas, nel suo slancio empatico, era al colmo della gioia quando ciascun indigente riceveva le risorse di cui necessitava per condurre un’esistenza perlomeno dignitosa.

Egli poteva ritenersi soddisfatto di sé purché gli altri stessero bene.

Ma aveva compreso che, se avesse personalmente fornito gli aiuti ai poveri, ovvero senza intermediari, rendendo noto a tutti il suo buon cuore, avrebbe rischiato di creare situazioni complesse che potevano sortire l’effetto contrario.
Infatti, se da un lato alle persone caritatevoli vengono tributati tutti gli onori e la stima della comunità, d’altra parte attorno ad esse cresce il numero di bisognosi, chi per circostanze avverse e chi, per convenienza e avidità, desidera approfittarne a piene mani. E questi ultimi, alla stregua di frutti marci, tendono a “guastare” l’umiltà dei primi, i quali finiscono con l’esigere sempre di più.

La decisione di Pinchas di elargire i beni secondo le effettive necessità di ognuno avrebbe potuto scontrarsi con una massa riottosa e pigra, divenuta tale per essersi estromessa dalle responsabilità devolute dalla benevolenza di un solo individuo.
Diversamente, con la mediazione dei commercianti, vincolati dal più rigoroso riserbo, ogni beneficiato doveva giorno dopo giorno conquistarsi con le suppliche ai negozianti il credito che questi gli facevano.

Di solito l’altruismo si manifesta sotto i riflettori, perché serve principalmente ad ottenere rispetto e fama da parte della comunità, oltre alla gratitudine dei beneficiati. Si tratta, in buona sostanza, di egoismo.

E poiché la generosità sbandierata a tutti produce inevitabilmente una corte di “questuanti”, chi per motivi fondati e chi per avidità, il cosiddetto benefattore si trova suo malgrado costretto a districarsi in quei contorti meccanismi sociali che il buon Pinchas ha voluto evitare.
Ma a differenza di quest’ultimo, quel tipo di benefattore, ovviamente, proprio in quanto agisce solo per dare lustro alla propria immagine e non per il bene altrui, non se ne preoccupa, anzi sa approfittarne per ottenere ulteriori vantaggi. Non generosità, quindi, ma contrattazione. Chi sale sul palcoscenico per fare beneficenza ha, spesso, la stoffa del politico. Confused

Grazie Pride per questo spunto di riflessione.

Brava. bell'analisi.
Vecchio 08-09-2008, 21:09   #4
Intermedio
L'avatar di Innergal
 

Quote:
Originariamente inviata da JohnReds2
Brava. bell'analisi.
Grassie... ops:
Vecchio 08-09-2008, 21:54   #5
Avanzato
 

E se non si fosse venuta a sapere la verità? Sarebbe davvero cambiato qualcosa? Se anzi, nella realtà fosse tutta una manovra di Pinchas per salvarsi la faccia una volta morto? Il valore della storia (non di Pinchas) sarebbe diverso?

Qual è la differenza fra una storia vera ed una finta, se entrambe sono verosimili, e se un racconto è sempre e comunque una visione soggettiva di qualcosa? Questa domanda mi ha sempre affascinato...

Comunque, segnalo qui questa commovente striscia che ho scoperto poco fa:
http://community.livejournal.com/sca...y/5408800.html
Vecchio 08-09-2008, 23:05   #6
Intermedio
L'avatar di Innergal
 

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
E se non si fosse venuta a sapere la verità? Sarebbe davvero cambiato qualcosa?
Io penso che se la verità non fosse entrata nella coscienza degli individui, resta il fatto che qualcosa era già cambiato:
il bene che i poveri avevano ricevuto oppure, il che è lo stesso, il male che avevano evitato (la morte di un figlio, lo sfratto, gli stenti e quant’altro..)

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
Se anzi, nella realtà fosse tutta una manovra di Pinchas per salvarsi la faccia una volta morto? Il valore della storia (non di Pinchas) sarebbe diverso?
In che senso manovra? Forse era un vero taccagno ma che pagava i debiti degli altri comportandosi da altruista per essere poi ammirato da morto?
Essere disprezzato da vivo per essere poi santificato da morto?
Non è una possibilità da escludere poiché la mente è imprevedibile…

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
Qual è la differenza fra una storia vera ed una finta, se entrambe sono verosimili, e se un racconto è sempre e comunque una visione soggettiva di qualcosa? Questa domanda mi ha sempre affascinato...
Cmq per me una storia è vera se è fonte di fatti concreti, mentre una storia finta non produce niente.
Non è importante che si sappiano i fatti, questi restano in ogni caso.
E non è la conoscenza di un fatto che lo fa essere vero, perché la verità è indipendente dalla coscienza che gli individui hanno di essa.
Quanti detenuti innocenti sono finiti nel braccio della morte, perché la loro verità non è stata creduta?
Il che mi ricorda tanto il film “Le ali della libertà” con Tim Robbins… :roll:
Vecchio 09-09-2008, 00:24   #7
Avanzato
 

Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Cmq per me una storia è vera se è fonte di fatti concreti, mentre una storia finta non produce niente.
Non è importante che si sappiano i fatti, questi restano in ogni caso.
E non è la conoscenza di un fatto che lo fa essere vero, perché la verità è indipendente dalla coscienza che gli individui hanno di essa.
Dici cose giuste, ma quello che mi incuriosisce è la storia in sé e il suo valore, il suo "potere", in relazione alla sua veridicità. Quando una storia viene raccontata, essa è già di per sé in qualche modo non aderente alla realtà, in quanto ne è una versione soggettiva e parziale. Essa è comunque un artefatto portatore di significato, esattamente quanto una storia verosimile, che però non corrisponde a nessun fatto realmente accaduto.
Anche il significato della storia verosimile però, al pari del significato di quella vera, può agire sulle menti di chi l'ascolta e quindi sul reale.

Ho sempre l'impressione che il "potere" (più riduttivamente il credito, la fiducia, ma anche il controllo su di noi) che diamo ad una storia che sappiamo basata su fatti realmente accaduti, sia sproporzionato rispetto a quello che diamo ad una storia perfettamente verosimile, ma non basata su una singola storia realmente accaduta.
Questa potere poi crolla inesorabilmente man mano che la verosimiglianza viene a mancare, senza che però ne venga meno la pretesa. Come se venisse tradito un patto fra il narratore e l'ascoltatore.
Il potere che concediamo alla storia diviene di nuovo più o meno grande quando la verosimiglianza non c'è, ma neppure la pretesa di essa. E' il caso del fantastico e dell'immaginario, dell'invenzione di mondi alternativi.

Faccio un esempio: ci sono stati casi di presunti reduci dai campi di concentramento nazisti, che hanno raccontato le loro storie e scritto toccanti opere, in tutto e per tutto verosimili, per poi venire smascherati come impostori. Prima che la verità venisse a galla però, le loro storie hanno inciso davvero sul reale e sulle menti di chi le ha ascoltate, producendo presumibilmente effetti concreti. Molti per esempio potrebbero essersi interessati alla causa grazie a queste storie.

Il potere di una menzogna è reale, e dato che ogni storia, da un certo punto di vista è una menzogna, in quanto versione soggettiva e parziale, ne consegue che il potere di una storia falsa può essere reale tanto quanto quello di una storia vera. O per lo meno è dello stesso tipo.

Ha senso stabilire il valore di una storia in base al suo grado di verità, quando la verosimiglianza è sufficiente a produrre un'altra storia perfettamente analoga?

Certo, la verosimiglianza si basa sul reale, senza di esso non esisterebbe, ma in ambiti che non hanno dichiaratamente lo scopo di stabilire la verità (giustizia, ricostruzione storica...), perchè dare comunque maggior peso alla verità rispetto all'immaginario verosimile?

Sono divagazioni un po' così, non c'entrano molto col post iniziale...scusate.
Vecchio 09-09-2008, 00:56   #8
Esperto
L'avatar di gattasilvestra
 

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
segnalo qui questa commovente striscia che ho scoperto poco fa:
http://community.livejournal.com/sca...y/5408800.html
Di come la mancanza di un pezzo di sé spinga la sensibilità ai massimi livelli... della rincorsa eterna di una soddisfazione che si potrà donare solo agli altri... della libreria più bella del mondo... e molto altro. Toccante :cry: :cry: :cry:
Vecchio 09-09-2008, 12:19   #9
Intermedio
L'avatar di Phobictower
 

Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Grazie Pride per questo spunto di riflessione. :wink:
Grazie a te per la tua analisi.Sono contento che questa bellissima storia ti abbia interessata.
E grazie anche a Bardamu per aver cambiato le avatar :wink:
Vecchio 09-09-2008, 19:28   #10
Intermedio
L'avatar di Innergal
 

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
Ha senso stabilire il valore di una storia in base al suo grado di verità, quando la verosimiglianza è sufficiente a produrre un'altra storia perfettamente analoga?
La tv ed i giornali ci informano quotidianamente delle catastrofi che avvengono in tutto il mondo, ma se queste notizie sortiscono un qualche effetto sulle nostre coscienze è grazie alle immagini di supporto. Anche così, però, un uragano sulle coste americane ci inquieta assai meno di una ruga che scopriamo guardandoci allo specchio. A volte è necessario enfatizzare il racconto di un fatto reale perché la sua acquisizione nella coscienza dell’ascoltatore abbia la giusta portata. Potrebbe essere il caso della leggenda del cormorano incatramato durante la guerra del golfo.

(Cit.) “Reporter della Cnn prelevarono da uno zoo e poi impeciarono il cormorano intriso di petrolio che commosse tutto il mondo, si fecero riprendere in studio bardati con maschere antigas senza che ci fosse alcun pericolo di contaminazione, mentre fotografi dell'agenzia Reuter misero in vendita fotografie scattate durante la guerra Iran-Iraq del 1983.”

Anche se si trattò di una finzione, l’inquinamento doloso da parte di Saddam del golfo Persico col petrolio avvenne realmente, con ovvie conseguenze sulla fauna locale. Ma tale deduzione logica che chiunque può fare non ha alcun impatto sulla mente di chi non si trova direttamente sul posto.. Occorreva un’immagine simbolo che potesse toccare emotivamente l’opinione pubblica, ma non era possibile ottenerla poiché la zona era teatro di guerra. I reporter, pertanto, ricorsero alla menzogna.

Più frequentemente, però, questo modo di agire è tipico della propaganda dei regimi dittatoriali.

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
ci sono stati casi di presunti reduci dai campi di concentramento nazisti, che hanno raccontato le loro storie e scritto toccanti opere, in tutto e per tutto verosimili, per poi venire smascherati come impostori. Prima che la verità venisse a galla però, le loro storie hanno inciso davvero sul reale e sulle menti di chi le ha ascoltate, producendo presumibilmente effetti concreti. Molti per esempio potrebbero essersi interessati alla causa grazie a queste storie.
Penso che in questi casi sia fondamentale che nella menzogna sia presente una verità di base che abbia le sue radici nel vissuto di chi la dice. E’ probabile che quegli impostori conoscessero in qualche modo la sofferenza che viene dalle privazioni, dall’oppressione e dall’ingiustizia, anche se non era quella dei lager, altrimenti i loro racconti sarebbero stati avulsi dalla realtà, e quindi poco credibili.
Forse è proprio quello che fanno gli scrittori, i cui personaggi ed i fatti che narrano sono semplici trasposizioni ideali della loro realtà quotidiana.

Quote:
Originariamente inviata da Phobictower
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Grazie Pride per questo spunto di riflessione. :wink:
Grazie a te per la tua analisi.Sono contento che questa bellissima storia ti abbia interessata.
Reverendo Pride, ne hai in serbo delle altre?
Vecchio 09-09-2008, 19:53   #11
Esperto
L'avatar di Pride
 

Quando ne troverò altre le posterò immantinente :wink:
Rispondi




Tutti gli orari sono GMT +2. Attualmente sono le 10:57.
Powered by vBulletin versione 3.8.8
Copyright ©: 2000 - 2024, Jelsoft Enterprises Ltd.
Powered by vBadvanced CMPS v3.2.2