Vent'anni passati in un bozzolo, rinchiuso come un baco spaurito.
Mi hanno detto che ero brutto e stupido e probabilmente inutile, e tanto valeva non mi facessi vedere troppo in giro; e io ci ho creduto. Tutto qua. Vent'anni passati senza amici, vent'anni senza mai aver giocato una volta a pallone in strada, o aver passato una notte fuori, senza fare un viaggio, senza andare a un concerto, senza baciare una ragazza. Li rimpiango? No. Non rimpiango nulla, non mi piace mai farlo. Non poteva andare altrimenti. Io ero fatto in quel modo, chi mi circondava era fatto in un altro. Non saremmo andati d'accordo comunque.
Poi spacco il bozzolo, ci riesco, timidamente, magari, ma in un modo o nell'altro ce la faccio. Inizio a riconoscerlo: anch'io ho dei sentimenti. Lo scopro cominciando a scrivere. Mi sento più libero. Ho meno paura degli altri, e capisco anzi di averne bisogno. Mi innamoro come non mi succedeva dalla terza elementare, come un ragazzino; e quasi non mi importa se poi non mi va bene, mi basta quello, provare qualcosa per qualcuno, uscire dal mio egoismo, soffrire e gioire per i dolori e le gioie di un'altra persona. E penso che non ci vorrà molto, ce la farò, alla fine romperò tutte le barriere e diventerò non come gli altri, ma come io ho sempre voluto essere. Mi sono lasciato il bozzolo alle spalle, penso. E invece inciampo nell'ultimo, maledetto filo di seta.
Una sera sono davanti alla TV. Muovo un po' la testa da un lato e dall'altro, per sgranchire il collo: le vertebre schioccano un po'. Sento una strana sensazione di umido che scorre in fondo alla gola. Un po' di muco. Solo quello, di sicuro, penso. E se non lo fosse? Sono sempre stato una persona dalla fantasia fervida, purtroppo, mi verrebbe da dire. Mi immagino cose impossibili: mi immagino sangue in gola, o forse midollo spinale, che fuoriesce da vertebre misteriosamente spezzate. All'improvviso divento di ghiaccio. Svengo.
Dalla paura.
All'ospedale mi dicono che tutto è a posto. Io mi tranquillizzo, ma è solo l'inizio. Adesso basta qualcosa, qualunque cosa, per farmi suonare un allarme nella testa. E ogni nuovo neo, ogni puntino sulla pelle magari è un melanoma. Ho paura a guardarmi allo specchio. Studio a lungo e faticosamente per un esame, parto per andare a sostenerlo: di notte, in treno, mi assale il panico. Ho un collasso, il cuore perde un colpo. Il braccio sinistro formicola. Resto fino alla mattina successiva col terrore di avere avuto un infarto che tarda a manifestarsi; e mi servono giorni, visite mediche ed ecografie per convincermi che il mio cuore sta benissimo.
Posso stare giorni interi a pensare di essere afflitto da qualche esotica malattia. Non guardo mai su internet, me lo sono proibito, alimenterebbe solo la fobia, questo lo so. Ma non basta. Me le immagino tutte, tutte le malattie mortali di questo mondo, quando invece ne ho solo una, che non mi ucciderà ma mi rovina la vita giorno dopo giorno, e si chiama ipocondria. Perché tanta paura, poi? Non temo la morte così tanto. Temo forse di più di morire sapendo di dover morire: temo quello che verrebbe prima. O forse è che prima non mi importava un granché della mia vita, e adesso invece mi importa eccome, ci sono attaccato con violenza, voglio fare tutto quello che mi sono perso e ancora di più, e quindi non voglio vedermi tutto questo rubato, e senza volerlo me lo rubo da solo. Io cerco di resistere, tengo duro; le crisi mi vengono solo quando sono solo, quando non ho nulla da fare e troppo tempo per pensare. Come oggi.
La mia storia è molto simile a tante altre che ho letto sul sito. Oggi sono un ragazzo di 23 anni. Ho scritto questo topic un po' per distrarmi io stesso e sfogarmi, ne avevo bisogno, un po' per condividere le mie sensazioni con gli altri, un po' per cercare aiuto. Sono una persona molto orgogliosa e abbastanza solitaria, nonostante tutto, e non chiedo quasi mai appoggio agli altri perché temo di diventare un fastidio; forse anche perché non ho nessuno che mi sia abbastanza vicino (a parte la mia famiglia). Però oggi ho deciso che non potevo più continuare così. Ho la bocca che mi brucia e le mucose un po' arrossate. Probabilmente, razionalmente, tutta colpa della cena mostruosamente piccante di ieri sera (a base di cibi principalmente calabresi. Vedete un po' voi). In un angolo buio e malefico della mia mente, però, colpa certamente di qualche sindrome orrenda. Non lo sopporto più, sono arrabbiato con me stesso perché cedo a questa stupida fobia. Posto questa discussione come utente non registrato solo perché ancora non mi hanno abilitato l'account. Comunque, ciao a tutti: spero di trovare qui un posto dove condividere le mie riflessioni, trovare aiuto e aiutare a mia volta.