Il fatto è che non si sta mai meglio. Al massimo si può aver la fortuna di riuscire a non pensarci.
E' terribile, è angosciante. Ma se ci pensate ha più senso questo del contrario.
Siamo uno scherzo della natura, un paradosso della fisica. Mentre ogni osservazione possibile e immaginabile ci dice che tutto dovrebbe tendere al disordine e all'aumento di entropia, migliaia di miliardi di cellule sono (quasi) perfettamente sincronizzate per riuscire a preservare quest'ordine e perfino riprodurlo.
Certi fenomeni depressivi rendono questo tipo di consapevolezza estremamente chiara, al punto da essere dolorosamente accecante. Ma non c'è nulla di "normale" a stare bene. In effetti, se volessimo ragionare in maniera iperrazionale, la cosa migliore sarebbe cessare di esistere.
Le probabilità di sopravvivere, sul lungo termine, sono ovviamente zero. E pure quelle di tutte le opere, strutture, pensieri. Tutto finirà.
Mentre ci sono probabilità non trascurabili di finire in un modo orribile. In un letto d'ospedale, consumati da un male indicibile, o con la perdita del senno, o l'impossibilità di controllare i propri bisogni corporali.
Iperrazionalmente ha più senso ammazzarsi in un modo non doloroso (non fatelo però).
L'alternativa c'è, ed è quella di cercare un senso alla propria esistenza, iniziando ad assumersi la responsabilità di questa. A cominciare dai bisogni primari, direi.
E come al solito, visto l'orario a cui sto postando, predico bene e razzolo male.
Vorrei fosse facile. Comunque potremmo iniziare a darci una mano decidendo di non perseverare nella sciocchezza di pretendere che altri possano darci risposte che noi stesso dovremmo facilmente conoscere.