I giorni si ammassano uno dietro l'altro. Attendono quatti quatti in fila. Ma il tempo non è veloce. E' bastardo. Non aspetta nessuno. Chi s'è visto s'è visto. E non importa ciò che stai facendo. O ti dai una mossa, o rimani nel tuo mondo. Gli altri corrono poi; li vedi che corrono, sembrano ammattiti, impazziti, fuori di senno. Eppure vivono una parvenza di vita, almeno sembra. E' quello che percepiscono i miei occhi. Ma ormai è come se non me ne importasse. E non è facile da spiegare. Non lo è per niente. Perchè sembra tutto fermo, per me. Come se non camminassi nemmeno. Avoglia a rimanere indietro. Io non competo proprio. Sono una specie di galassia distante e anonima che non partecipa: se ne sta lì, muta, assorta. Non reagisce, non parla, non comunica. E' una lastra di ghiaccio frizzante. Ma pronta ad esplodere da un momento all'altro. Boom. E finisce lo spettacolo.
Mi metto a correre. Pensa se lo facessi davvero. Pensa se mi mettessi a correre davvero. Chissà cosa succederebbe. Probabilmente niente. Mi scontrerei con altri corridori, perderei l'equilibrio, inciamperei e cadrei. Rovinosamente. E di schiena. E rialzarsi di nuovo, ricomporsi e disegnare un altro cerchio. All'infinito. Come non vi fosse altro da fare.
Perchè se mi fermo muoio, ma se non mi fermo precipito.
E' tutto un girotondo, ragà.