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Vecchio 03-09-2009, 18:57   #161
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Originariamente inviata da Carlom Visualizza il messaggio
Mi fa sorridere la tua vicenda legata al ballo. Per anni ho sempre pensato che sia una delle migliori discipline dove uno può veramente lasciarsi andare, liberare tutto se stesso. Me ne dai conferma ed anche in questo mi dai una spinta nel volerci provare.
Si, è una considerazione giusta: io per anni ho avuto una repulsione enorme nel ballare intendendo prima di tutto la discoteca e qualche ballo sociale. Poiché mi sentivo goffo e sgraziato, non vedevo alcun motivo di lanciarmi in un attività che avrebbe accentuato ancora di più questi aspetti e gli avrebbe resi visibili al massimo grado: se immaginavo di osservarmi dall’esterno mi vedevo proprio come una marionetta che si muove a scatti, e l’idea di dar spettacolo davanti a tutti saltellando come un pagliaccio era – e mi sembra ancora – piuttosto sgradevole.
L’aspetto che mi ha aiutato è che questi particolari movimenti sono invece lenti e morbidi, richiedono misura e sensibilità piuttosto che una gestualità esagerata e scomposta. Con il senno di poi tutto si spiega: ero attratto da ciò che non possedevo (euritmia, eleganza, morbidezza, equilibrio) e che desideravo ardentemente avere.
Vecchio 05-09-2009, 14:28   #162
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Qualche aggiunta sull'esperienza che ho raccontato sopra, e in generale sul mio punto di vista per quel che riguarda il problema di cogliere i segnali di interesse femminili:

- Questo che ho descritto è solo un elemento fra tanti del mio personale percorso, non certo la bacchetta magica che risolve ogni cosa. Non dategli quindi più importanza di quanto non possa sembrare dall’esterno, ma soprattutto valutatatelo assieme alle moltissime altre cose di cui ho parlato qui e cercate di vederlo in una prospettiva più ampia;

- L’idea che la nostra realtà finisca per modellarsi sulle aspettative e sulle idee preconcette che abbiamo su di essa non è certo una scoperta mia, piuttosto un campo di studio molto battuto e fecondo. La stessa idea apparentemente paradossale di “guardare senza vedere” sembrerebbe un arido sofisma, ma è invece un fenomeno ampiamente documentato, le cui applicazioni vanno dalla persuasione in pubblicità alla prevenzione degli incidenti sul lavoro. C’è un libro interessantissimo che tratta proprio di questo:

Joseph T. Hallinan, Il metodo antierrore. Perche guardiamo senza vedere, osserviamo senza ricordare e ci facciamo convincere da discorsi privi di fondamento, Roma, Newton Compton, 2009 (Grandi manuali Newton, 149) ;

- Se qualcuna ci dicesse a chiare lettere “Mi piaci!” non c’è vizio di percezione che tenga, ma purtroppo la maggior parte dei segnali non sono affatto di questo tipo. Riconosco che persone dotate di eccezionale bellezza, particolare carisma e grande notorietà possano riceve segnali di attenzione altrettanto fuori dal comune, e cioè ripetuti, costanti, assolutamente chiari ed inequivocabili, ma sfortunatamente nella maggior parte dei casi ciò non succede. I comuni mortali (ed io mi metto fra quelli) sono costretti a confrontarsi con messaggi incerti, contradditori, fumosi, sottili ed ambigui;

- Ci sono dei forti codici culturali per cui una persona – e specialmente una donna - non rivela facilmente le proprie intenzioni, bensì gioca a velarle e ad offuscarle in modo ambiguo, lasciando così spazio alla scoperta ed alla curiosità, che sono per altro delle componenti fondamentali di questo genere di situazioni;

- Proprio perché i messaggi sono obliqui, allusivi, trasversali, velati il problema principale è dunque quello di distinguerli da un “rumore di fondo” inutile costituto da segnali che non hanno particolare rilevanza per i nostri fini. In queste situazioni, anche piccoli miglioramenti delle abilità percettive possono produrre risultati considerevoli per il semplice motivo che tutto su si gioca su sfumature e differenze piuttosto impalpabili. Avere “il radar ben tarato” è quindi un vantaggio considerevole che spesso fa la differenza ;
Vecchio 09-09-2009, 17:31   #163
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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
[/I]: "scappavano come cagnolini"??? Ma le ha usate lei queste parole?
Si, grossomodo disse così. La frase esatta non la ricordo ma comunque eravamo in un ambito ben preciso, quello di una persona molto sicura di sé, assai realizzata, abituata a comandare ed a farsi obbedire, consapevole fin dall’infanzia del suo fascino e del potere che esercita sugli uomini. Un’altra sua memorabile uscita, questa si la ricordo alla perfezione, fu invece: “Io non so cosa voglia dire soffrire per amore perché posso avere tutti gli uomini che voglio e poi sono sempre stata io a lasciare”.

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Originariamente inviata da Winston_Smith;209102 [...
anche perché poi non può lamentarsi se resta sola quando disprezza i suoi corteggiatori (timidi e no). [...] Cavolo, dopo aver letto questo io scapperei ancora più veloce da una del genere...
Proprio la parola “scappare” mi suscita qualche riflessione. A mente fredda, alcuni mesi dopo, ripensai a quell’episodio e lo sintetizzai cosi:

“Ho incontrato una donna con una visione della vita molto differente dalla mia. Non la condivido, ma sono comunque contento di essere riuscito a conquistare la fiducia di una persona così diversa me, e soprattutto per aver costruito un dialogo autentico nonostante le nostre storie personali e le nostre scelte fossero piuttosto quasi agli antipodi. Questa esperienza ha comunque arricchito entrambi: io, in particolare, ho passato dei bei momenti, ed ora so ancora meglio cosa non è adatto a me, ma soprattutto so da quali situazioni è meglio tenersi a distanza. Se, malgrado tutti questi ostacoli, ho vissuto comunque delle emozioni positive e mi rimangono bei ricordi, chissà come tutto sarà appassionante quando l’affinità sarà maggiore? Ora cercherò in una direzione diversa”.

Se, per assurdo, avessi vissuto le stesse cose nel mio stato precedente, avrei invece letto le stesse vicende in una maniera del tutto opposta, e cioè più o meno in questo modo:

“L’ho sempre detto: tutte le donne sono infallibilmente delle vipere isteriche e questa storia lo conferma perfettamente. Di certo non è successo nulla perché il mio tenore di vita è troppo diverso dal mio: se fossi un figo palestrato e mi fossi presentato da lei con il portafoglio ben gonfio invece di mendicare la sua ospitalità, tutto sarebbe andato diversamente. Sicuramente si sarà messa a ridere di me ed avrò fatto la figura dello stupido. Ho solo perso tempo, sprecato soldi e dissipato energie, perlopiù le mie speranze e le mie aspettative sono state infrante. Quest’ennesima esperienza ha logorato ancora di più la mia fiducia già bassa, e poi dimostra perfettamente che proprio non è destino e che quindi ogni sforzo sarà sempre inutile. Se solo le donne fossero diverse! Sono condannato a non essere mai amato e nel mio destino c’è solo la solitudine: tanto vale rassegnarsi”

Visto la differenza? La prima è realistica e serena, non nasconde la delusione ma esprime una posizione ragionevole, formulata in termini fiduciosi. La seconda sintetizza la stessa identica situazione utilizzando un campionario di assoluti e di generalizzazioni, fra cui tutta una teoria di pensieri disfunzionali, pensieri che lascio al vostro (dis)piacere identificare.

Consuntivo: gli stessi identici dati di realtà (ed i relativi insegnamenti) si possono interpretare in modo del tutto diverso a seconda di quale sia il nostro stato interno. Io posso pertanto lavorare sulle mie idee, le mie convinzioni ed i miei modelli (perché questi sono, almeno parzialmente, in mio potere) quindi posso agguantare una quantità sorprendente di felicità e di soddisfazioni semplicemente modificando i miei pensieri, il che è ovviamente molto diverso da fare gli imbonitori di se stessi dicendo che in fondo si può stare bene anche così, che l’isolamento e la solitudine hanno molti vantaggi e che non si ha bisogno degli altri. Questa seconda strada è inoltre molto più efficace, perché stimola a provare, a tentare a mettersi in gioco con fiducia, che sono altrettanti fattori chiave per arrivare a ciò che si desidera ed alimentare una spirale positiva.
Per la cronaca, sono molto affezionato a questo episodio perché si trattò di uno dei primi evidenti e incontestabili risultati che vidi con la terapia. Al di la di tutto quello che ho raccontato, ci conoscemmo in un modo che prima di allora apparteneva semplicemente al mondo dei sogni. Per la prima volta nella mia intera vita entrai da solo in un posto pubblico dove non conoscevo nessuno e ne uscimmo in coppia. Poi, lo sapete, non successe nulla, ma per mesi e mesi mi divertii a pensare cosa potessero aver immaginato i presenti.



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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Comunque, il problema principale per me è che, anche ammesso che riesca a imbastire quelle frasi di apertura che hai riportato dopo, non saprei come far capire il mio interesse di quel tipo senza risultare inopportuno e innaturale.
Questo punto mi riporta alla mente molti ricordi. Una delle mie paure più angosciose era quello di essere percepito come “uno che ci prova”, una persona cioè che non sa mantenere il controllo dei propri bassi istinti, che non sa dominarsi. La prospettiva che certi miei approcci provocassero una reazione disgustata del tipo: “Possibile che voi uomini abbiate in testa solo quello?”, “Che fai, ci stai provando con me?” era uno scenario da incubo. Al solo pensiero che una donna potesse rivolgermi frasi del genere, o anche solo il sospetto che pensieri simili gli attraversassero il cervello, mi venivano i sudori freddi.

La mia idea fissa era invece quella di trovare un sistema che mi consentisse di sedurre una donna senza che lei si accorga di venir sedotta. Nello specifico, farmi accettare prima come persona, costruire lentamente un’amicizia, starle vicino finché quest’amicizia cominciasse a colorarsi di sfumature affettuose sperando infine che su queste basi potesse finalmente sbocciare una storia. Tempo preventivato per tutta l’operazione: da sei mesi ad un anno e mezzo, contrattempi esclusi. Con il senno di poi, faccio fatica scriverlo senza essere travolto dalle risate, ma allora era una posizione serissima, di cui ero persuaso come di una verità inattaccabile.

Come tante altre cose, ne parlai durante la terapia. Non mi furono buttati li né giudizi né valutazioni, ma con molta serenità mi fu chiesto di fare un esperimento mentale assai curioso: mettermi nei panni di una donna e provare a visualizzare il mio alter ego come se fosse davanti ed agisse come avevo agito io in quella circostanza. L’esperienza fu poco meno che impressionante: i messaggi che io trasmettevo (con le parole, certo, ma soprattutto con il linguaggio del corpo) erano grossomodo questi:

- “Sono inerme e assolutamente inoffensivo”;
- “Non ti vedo come essere di sesso femminile, bensì come amica”;
- “Non ho alcun desiderio, sono una persona tutta spirito e sentimenti elevati”;
- “Io sono radicalmente all’opposto rispetto al comportamento medio maschile”;

Ne restai sbalordito. Al di la della variabilità che poteva esserci nelle diverse situazioni, la conclusione era lampante: il primo artefice dei miei fallimenti ero io. Era come se io per anni fossi entrato dal fruttivendolo desiderando pere ma chiedendo (e quindi ricevendo) mele. Per giunta poi ruminando contro il negoziante perché non riusciva a capire un mio desiderio, desiderio che tuttavia io per primo non riuscivo a formulare correttamente. Fuor di metafora: Come posso pretendere che una ragazza comprenda il mio interesse se io per primo mi sforzo di comunicare un messaggio del tutto opposto? Va bene civettare, giocare un po’ a fare i preziosi, farsi garbatamente desiderare che sono altrettanti ingradienti del gioco di sedurre, ma se desidero qualcosa devo manifestarlo. Punto.

Il perché avessi costruito questo castello aberrante di pensieri disfunzionali e di idee distorte è un’altra faccenda, che riguarda la mia particolarissima storia individuale, ma in questo momento interessa solo la conclusione a cui arrivai qualche seduta dopo. Se non riuscivo nei miei scopi non era perché mancassi di qualità, ma piuttosto perché non sapevo come usarle e valorizzarle. Per giunta giocavo all’autosabotaggio, ciò mi complicavo da solo il compito piazzandomi davanti ostacoli inutili che avevo realizzato io stesso. Da allora in poi, fu tutto lavoro applicativo e pratico.

Ultima modifica di Clark_Kent; 09-09-2009 a 17:55.
Vecchio 09-09-2009, 17:34   #164
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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Ecco, il prima sono io (ovviamente posso scrivere un manuale per i fallimenti). Il dopo... figlio mio, se non sai dirlo tu come fai, come posso capirlo io? Ti ci trovi in mezzo senza nemmeno saperlo? Ma allora è cu£o... scherzo, eh?
Non c’è nessuna reticenza o ambiguità nel fatto che il fatto che io non riesca a dare una ricetta, un metodo, o una qualsiasi altra indicazione che possa essere comunicabile ed insegnabile. E’ semmai la prova che non si tratta di una conoscenza superficiale, come potrebbero essere ad esempio le strategie che si trovano sui manuali per sedurre o nei numeri estivi dei settimanali, bensì qualcosa che ho definitivamente interiorizzato, che dunque mi appartiene come un’acquisizione strutturale e definitiva.
Proprio per questo motivo non riesco a dare una ricetta, allo stesso modo in cui tu non sei capace di dirmi quali muscoli metti in movimento per articolare questa o quella parola, né per altro sei consapevole di tutte le regole sintattiche e grammaticali che trasformano una sequenza di tasti battuti a caso in una frase che comunica un’idea. Entrambe sono cose di cui hai fatto esperienza ma che ormai domini talmente tanto bene da non esserne più consapevole, tanto che le riproduci senza difficoltà come un automatismo.

L’aspetto chiave non è tanto essere persuasi di doversi mostrare sicuri (che è semplicemente un’idea, una posizione razionale) e nemmeno sforzarsi di recitare una parte, facendo violenza a se stessi ed imponendosi magari di apparire brillante a comunicativo a tutti i costi, che è semplicemente la strada più semplice per fare i pagliacci e rendersi ridicoli. Molto diverso è invece aver interiorizzato quella stessa fiducia, essersi cioè calati nella situazione, averla fatta propria e resa operante, viverla come se fosse una cosa perfettamente naturale ed adatta a se.

Per arrivare a questa condizione non ci sono scorciatoie: provare, provare, provare. Ovvero mettersi in gioco, vedere i risultati, correggere il tiro, imparare dall’esperienza, buttarsi, capire cosa succedere, tentare altri approcci, moltiplicare le occasioni, percorrere strade sconosciute, osservare, provare ancora ecc. in modo che le nostre abilità comunicative e relazionali si affinino, diventino sempre più acute e funzionali ai nostri scopi. Esattamene come si fa per qualsiasi altra cosa nella vita, da parlare una lingua straniera a parcheggiare in una via stretta. Ogni altra strada, per la mia personale esperienza, è come la pretesa di imparare a nuotare senza bagnarsi.

Inoltre, per ma mia esperienza, c’è un enorme differenza fra tante piccole azioni nella direzione giusta, fatte con regolarità e costanza, che non uno singolo ed episodico sforzo di volontà sovrumana, una fiammata di orgoglio che magari si spegne al primo ostacolo per poi ri-sprofondare nell’apatia e nella rassegnazione di sempre.

E qui vengo a questo altro punto:


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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Qui però sono più in disaccordo, Clark; dovresti sapere che per molti (per me sicuramente) buttarsi d'istinto a kamikaze (anche in situazioni "estreme") può essere deleterio, un po' come voler sfondare the wall (cit.) a testate: forse alla 10000esima ci riusciresti pure, ma prima ti ricoverano per trauma cranico (leggi autostima livello fossa delle Marianne per i continui e ininterrotti rifiuti, ed è una cosa che può capitare, anche se dopo ogni rifiuto cerchi di dirti "vabbè, alla prossima andrà meglio").
Verissimo, quella stessa paura che tu descrivi così bene l’ho sperimentata per anni. Per vivere questa situazione in maniera produttiva è necessaria tuttavia una precondizione. Si deve essere cioè in uno stato in cui l’esperienza di provare viene vissuta come una cosa che soddisfa la naturale curiosità umana (non un’esperienza ansiogena e terrificante) mentre l’eventuale insuccesso è si un’eventualità negativa, ma sostanzialmente non fa testo. E’ un occasione per imparare, per scoprire cose nuove, non una mazzata furibonda alla nostra autostima, un evento apocalittico dopo il quale leccarsi le ferite per mesi.

Per poter imparare dagli errori e migliorare con l’esperienza si deve quindi avere prima di tutto una certa serenità di giudizio, il che vuol dire mantenersi ragionevolmente lucidi conservando un minimo di capacità critica. Se ogni insuccesso viene vissuto come una catastrofe esistenziale, se scardina certezze, se mette rischio la propria sicurezza interiore, è molto difficile imparare qualcosa perché si è troppo coinvolti negli eventi per poter ricavavate da essi qualche insegnamento utile. Altrimenti è tutto vano, e si rimane anzi con la sensazione che il distino si diverta a tirarci mazzate dove fanno più male.

In sostanza occorre raggiungere una condizione che io scherzosamente chiamavo “la ginocchiera psicologica”, ovvero la possibilità di cadere (che fa parte della vita), senza però rischiare di sbucciarsi le ginocchia ogni volta, il che non è esattamente un’eventualità desiderabile. Detta in altre parole, è come avere un buon sistema di "paratie stagne" fra diversi campi del proprio io; come una nave resta a galla con un comportamento allagato salvando tutto il resto dello scafo e continuando anzi navigare, così è assai opportuno che i rifiuti restino esattamente quello che sono, semplici dei casi della vita, confinati in un settore molto ben preciso senza pericolo di scatenare ogni volta delle catastrofi che ci buttano in ginocchio a ripetizione.

Il problema è semmai come arrivare a questa condizione così vantaggiosa. Io ho fatto il mio personalissimo percorso, ed anzi nel corso della terapia lo dissi a chiare lettere come uno degli obiettivi che volevo assolutamente raggiungere. Tuttavia non vi propongo la mia storia come l’unica strada possibile. Semplicemente, so per esperienza che questa via ha funzionato per me, e quindi parlo di ciò di cui ho cognizione diretta.
Vecchio 09-09-2009, 17:46   #165
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Clark Kent, mi pare si possa dire che tu conosca a fondo i meccanismi della terapia c.c., compresa la terminologia tecnica, maaaaaaaaa te li spiegava la terapeuta man mano, oppure hai letto delle cose per conto tuo?
Vecchio 09-09-2009, 19:47   #166
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Poche storie, leggere i messaggi di Clark è sempre un piacere enorme, oltre al fatto che riaccende sempre il fuoco della voglia di uscirne fuori.
Ripeto: voglio il libro di Clark Kent!
Vecchio 10-09-2009, 17:06   #167
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Originariamente inviata da moon-watcher Visualizza il messaggio
Clark Kent, mi pare si possa dire che tu conosca a fondo i meccanismi della terapia c.c., compresa la terminologia tecnica, maaaaaaaaa te li spiegava la terapeuta man mano, oppure hai letto delle cose per conto tuo?
Durante tutto questo percorso volevo sì crescere e “guarire”, ma soprattutto capire. Capire cioè quali eventi e condizioni avessero determinato la particolare evoluzione della mia storia personale; capire i fattori che influenzano nel presente il mio comportamento, le mie reazioni, le mie scelte, ma soprattutto capire, in futuro, come avrei potuto cavarmela da solo quando fatalmente ci saranno situazioni nuove e non avrei avuto più la possibilità di confrontarmi.

Quindi, semplicemente, mi facevo spiegare tutto ogni volta che ne avevo la possibilità. Mi facevo ad esempio raccontare perché avevo reagito in quel modo; perché una cosa mi faceva paura ed un’altra era una cosa da nulla; quali meccanismi stavano dietro ai miei comportamenti, come avrei potuto fare per migliorarli. Ovviamente, essendo di natura curiosissimo, leggevo e mi informavo per conto mio, ma la qualità delle informazioni che potevo recuperare da altre fonti era incomparabilmente più bassa di quella che ricevevo in quelle circostanze, proprio perché esattamente tarate su me stesso.
Come potete immaginare c’è stata un’evoluzione: nei primi tempi cercavo semplicemente di farmi dare il pesce, e cioè avere degli input esterni che placassero l’ansia, togliessero un po’ di angoscia, mi rassicurassero, mi dessero fiducia e speranza incoraggiandomi ad andare avanti; verso al fine ero ormai fortemente intenzionato ad imparare a pescare, e cioè ad acquisire degli strumenti che mi rendessero il più possibile autonomo, che è una cosa molto diversa!

La metafora è un po’ forte, ma alla fine di tutto penso che il risultato più grande non sia l’aver risolto questo o quel problema specifico ma avere ottenuto qualcosa - diciamolo così scherzosamente - che potrebbe essere grossomodo definito come: Il manuale di uso e manutenzione della mia personalità. Sapere a grandi linee come “funziono”, e, di conseguenza, saper maneggiare in modo corretto qualche concetto non troppo arcano, non è una cosa di poco conto!
Su un piano generale, è l’ennesima manifestazione di un principio che ho affermato con convinzione diverse volte: le informazioni sono potere, e in particolare le informazioni più preziose in assoluto sono quelle che riguardano me stesso.
Inoltre capire a fondo qualcosa è il metodo più efficace per non averne (troppa) paura, perché si trasforma una forza bruta ed impersonale in qualcosa con un volto ed un’identità precisa, che quindi può essere affrontata.

Nello specifico, può anche diventare un’utilissima marcia in più nella vita di tutti i giorni, perché consente ad esempio di non spaventarsi inutilmente o di farsi abbattere senza motivo da dinamiche interiori che invece diventano perfettamente gestibili quando le si conosce a fondo (andando così sul velluto di fronte alla miriade di piccolo ostacoli che si incontrano nella vita) oppure di prevenire da soli le situazioni a rischio, magari utilizzando delle contromisure adeguate che permettono di evitarle quando sono appena agli inizi.
Provo a spiegarmi a metafore: avete mai visto quei pivellini del PC che si bloccano angosciati e titubanti davanti a qualsiasi messaggio di errore, mentre invece basta essere un po’ più smaliziati per capire esattamente cosa stia accedendo, e quindi valutare a colpo d’occhio quali allarmi possono tranquillamente ignorati (sapendo di conseguenza come tacitarli) e quali situazioni sono invece serie e richiedono quindi attenzione immediata?

Stessa identica cosa, solo immaginatelo nella quotidianità di ogni giorno. La differenza, ancora una volta, è sapere.
Vecchio 17-09-2009, 19:04   #168
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Questo dovrebbe essere il mio ultimo post, anche se forse verrà di necessità spezzato in più messaggi. Credo ormai di aver semplicemente detto tutto quel che avevo da dire, e se restassi qui ancora un po’ finirei fatalmente per ripetermi. Se qualcuno volesse contattarmi in privato può usare [email protected] e risponderò sempre volentieri.
Approfitto dell’occasione per le ultime cose e i saluti finali, riprendendo anche le idee e le riflessioni che in queste ultime settimane ho condiviso con alcuni utenti in vari messaggi privati.

* * *

Mi sono state poste talvolta delle obiezioni che si potrebbero parafrasare così:

“Ciò che hai scritto dimostra chiaramente che possiedi delle buone capacità di auto-analisi, che sei profondamente riflessivo ed analitico. Di conseguenza, il lavoro di trasformazione è qualcosa che avresti potuto fare tranquillamente da solo: la scelta di affidarsi ad un professionista esterno non è stata quindi un fattore determinante. Al massimo, si puà ammettere che la terapia possa dare dei benefici per persone deboli e fragili, per degli irresoluti facilmente influenzabili”.

Paradossalmente, sono profondamente convinto che sia vero l’esatto contrario. La terapia è stata così utile proprio perché una delle principali caratteristiche del mio stato precedente era proprio un eccesso di pensiero, un diluvio incessante di idee razionali, rigide e implacabili, un flusso continuo di razionalizzazioni cerebrali. Ogni momento, anche il più insignificante, era implacabilmente analizzato e sviscerato in tutti i più sottili risvolti, in una continua ed assillante auto osservazione, tanto che a volte il pensiero finiva per alimentarsi da solo senza più contatti con la realtà oppure si trasformava in un veleno che guastava anche le cose più belle!
Questi processi non andavano quindi incoraggiati ed esaltati, bensì smorzati e ricondotti ad una giusta misura. Ho avuto così tanti vantaggi da un aiuto esterno perché una parte del lavoro è servito proprio a spostare le mie attitudini interiori dall’analizzare al sentire. Sgombrata la mente dai pensieri inutili ho cominciato a scoprire le emozioni, a sperimentare i sentimenti e a vivere l’empatia, tutte cose che hanno spianato la strada ai tanti bei frutti che sarebbero venuti dopo. L’ipotesi opposta non sta semplicemente in piedi: a un razionale non si può chiedere di abbandonare la propria razionalità, servendosi dell’unico mezzo che lui conosce, cioè la razionalità stessa. Se avessi per assurdo scelto questa strada, il mio pensiero si sarebbe semplicemente avvitato su se stesso, approdando probabilmente ad una disumana ultra-logica, o ad una glaciale ed arida freddezza, e certi indizi stavano già mostrando molto bene la direzione verso mi stavo per incamminare.

* * *

Qualcuno mi ha anche chiesto come ci si possa affidare ad una disciplina dalle caratteristiche così incerte ed evanescenti, che nella più ottimistica delle ipotesi, è solo una scienza a statuto debole. Non permette cioè di fare previsioni sulla realtà, come ad esempio la chimica o la fisica, ma al massimo un discorso sulla realtà. La mia posizione è che qualsiasi valutazione debba essere di tipo pragmatico; il giudizio su un certo percorso non va fatto in base all’appartenenza ad una certa scuola, all’adesione a certi principi di fondo, o al riconoscimento di questa o quella visione, bensì semplicemente in base ai risultati. Se qualcosa produce i risultati desiderati quella cosa è "vera" (vera in senso filosofico, non in senso logico) e la conseguenza più sensata e semplicemente…. ….godersene i benefici!
Riflettete: si è imparato a fare il pane morbido secoli prima che venisse compresa l'azione dei lieviti. Forse nel XVIII secolo i filoni erano meno buoni perché non si conosceva la biologia molecolare? Certo che no! Proprio per questo motivo la moltiplicazione di scuole e di percorsi diversi non mi sembra affatto un problema, anzi una ricchezza. Data per scontata la professionalità, più sono gli approcci possibili e le varie metodiche individuali, più è facile trovare la migliore combinazione fra tre fattori:
  • lo specifico e personalissimo problema;
  • la personalità (unica ed irripetibile) di chiede aiuto;
  • il metodo, l’intuito e la particolare sensibilità (altrettanto uniche ed irripetibili) di chi conduce la terapia.

Dal lato opposto ci sono ovviamente altre condizioni affinché un lavoro di terapia funzioni bene e dia dei frutti in tempi realistici. Sulla base dell’esperienza mia e di altre persone direi che ci sono sei presupposti, che elenco nell’ordine di importanza che hanno avuto per me:

Motivazione e impegno
Questa è senza dubbio la condizione essenziale, senza la quale tutte le altre sono inutili. Occorre cioè volere intensamente un risultato ed essere pronti ad affrontare un percorso non semplice per ottenerlo, non semplicemente andare lì per svagarsi e fare due chiacchiere.
Sono sì convinto che si tratti di uno dei più straordinari risultati che ho ottenuto, ma allo stesso tempo stata l’esperienza più complessa e difficile. Se ci si aspetta che il terapista faccia tutto lui, che ci muova cioè le gambe per camminare e le mascelle per mangiare, non c’è nulla da fare: è come ingaggiare una guida alpina per salire in vetta e starsene a dormire in albergo. Il terapista non fa lui il lavoro di crescita e di trasformazione personale, ma mette in condizione di farlo attingendo a forze ed energie che spesso nemmeno si sa di possedere: esattamente come la guida alpina non porta in spalla chi chiede la sua collaborazione, ma lo accompagna lungo il sentiero più facile in funzione della particolare vetta che ha deciso di salire. Se l’escursionista si ferma, lui si ferma. I grandi risultati si ottengono quando la motivazione della persona coincide con l’impegno del terapista: questa alleanza da grandi benefici, proprio come un atleta quando trova un allenatore che crede in lui e si da fare per vederlo vincere.
L’aspetto essenziale non è la figura del terapista in sé (che non è certo un salvatore carismatico e nemmeno un personaggio con la bacchetta magica, anche se a volte io per primo ho rischiato di vederlo sotto questi aspetti) bensì la relazione che si sviluppa fra le due parti, la quale può essere più o meno produttiva ed efficace. Riconosco che nel mio particolarissimo caso la cosa ha funzionato perché c'è stato un ottimo "incastro", perché il suo modo di lavoro, il suo atteggiamento, il suo carattere, il suo modo di procedere si sono adattati a meraviglia non solo al mio specifico problema, ma soprattutto alla mia sensibilità. Proprio per questo motivo un professionista può andare magnificamente bene per una persona e non dare nessun giovamento ad un'altra, che magari lo trova umanamente insopportabile.

Fiducia
Su un piano generale, è senza dubbio necessario avere fiducia nella psicoterapia come metodo, nello specifico, è indispensabile fare affidamento sulla persona che abbiamo davanti, contare cioè sinceramente nelle sue capacità di aiutarci e dargli delle reali opportunità di farlo. Un atteggiamento rigido, sospettoso e diffidente rende tutto sterile. Per lo stesso motivo, inutile insistere se chi abbiamo davanti non si comporta in modo professionale o non riesce ad “agganciarci” in qualche modo.

Apertura mentale e duttilità
Quando arriverà il momento, occorre essere pronti a cambiare le proprie vecchie idee per sostituirle con altre più valide ed utili, anche se si era affezionati ad esse e magari ci avevano accompagnato per così tanto tempo da ritenerle ormai parte di noi.

Costanza
Inutile cercare una soluzione miracolosa che agisca in tempi rapidi, il cambiamento si costruisce con la somma di tanti piccoli passi fatti ogni giorno nella direzione giusta, che presi tutti assieme costruiscono un risultato importante e duraturo. Di solito il cambiamento non avviene perché il terapista agisce come un salvatore, una persona carismatica, dotata di una superiore personalità, che usa magari arti di persuasione e di convincimento che lo rendono fascinoso e credibile. Almeno per me (ma non pretendo di dare indicazioni generali) è stato un lavoro molto più dimesso e personale, i cui aspetti principali sono stati la pazienza, la riflessione silenziosa, la dedizione metodica, ma anche una buona dose di umiltà da tutte e due le parti, anche se a volte è stato emotivamente davvero molto intenso. Nell’insieme, acqua cheta che rovina i ponti, non la piena dell'Arno.

Coraggio
Sembra strano ma c’è anche questo. E' la capacità di non farsi spaventare da ciò che si scopre, ad esempio perché ci si potrebbe trovare di fronte a delle cose che non piacciono affatto, che preferiremmo non vedere o che abbiamo tenuto nascosto anche a noi stessi per troppo tempo. Se si molla alla prima difficoltà il lavoro già fatto viene sprecato. Io stesso mi ero presentato li con un' idea abbastanza definita su quello che ritenevo essere il mio problema e le sue origini, salvo poi scoprire che i veri ostacoli erano altrove e che le cause erano ancora diverse. C’erano dei periodi in cui venivano fuori cose a getto continuo ed a volte avevo quasi difficoltà a tener dietro a tutto. Presi il tutto come se fosse un’emozionante avventura e un viaggio in terre ignote, e per fortuna alla fine la mia curiosità naturale mi ha aiutato.

[Continua al prossimo post ...]
Vecchio 17-09-2009, 19:07   #169
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[…. continua dal messaggio precedente]

Tutto ciò che ho vissuto e soprattutto la mia esperienza di dopo può essere anche sintetizzato da un’unica frase:

“Pesce grande mangia pesce piccolo, pesce piccolo si fa furbo”.

Sono oggettivamente un pesce piccolo: non ritengo di essere brutto, ma nell’insieme sono una persona del tutto normale, e se la maggior parte di voi mi incrociasse per strada non mi noterebbe più di mille altre persone comuni. Altrettanto oggettivamente, sono un pesce piccolo che si è fatto furbo. Non mi sono infatti rassegnato alla mia condizione ed ho cercato di migliorarla usando a mio vantaggio tutte le possibili opportunità: sfruttando al massimo grado tutto ciò che avevo già di buono, scovando ogni possibile margine di miglioramento, e da ultimo affinando fino al limite tutti i miei punti deboli.
Nello specifico cerco di usare a mio vantaggio ogni possibile situazione: questo non significa che io faccia il pagliaccio con chiunque mi capiti a tiro, né che mi fiondi automaticamente su qualsiasi cosa respiri, né che io dica “ti amo, sono pazzo di te” alla prima che incontro, né tantomeno che io cerchi di sfruttare ad ogni costo delle situazioni favorevoli, se per questo devo causare del male agli altri: ad esempio con la manipolazione deliberata, l’inganno o la volontà di giocare con i sentimenti altrui.
Semmai cerco di mettermi nelle condizioni più opportune affinché le cose che desidero possano accadere: ovviamente alcuni dei contatti che così nascono sono effimeri, altri durano ma restano superficiali, altri si consolidano e diventano sempre più intensi, altri ancora si trasformano nel tempo ed evolvono in qualcosa di imprevedibili, altri arrivano come imprevedibili fulmini a ciel sereno guidati dal caso. Se queste situazioni vengono gestite con consapevolezza e rispetto, possono tutte dare calore alle mie giornate, arricchire la vita e lasciarmi qualcosa.
Questo grande giro di relazioni, contatti e di vita sociale, inevitabilmente finisce per far succedere qualcosa, anche solo perché è tanto più facile che si manifesti la combinazione giusta fra due persone.Se poi magari qualcuno è rimasto colpito dalla punta dell’iceberg, cioè dai belli e luminosi successi che ho raccolto, non deve dimenticare che sotto la superficie del mare si nasconde un grande lavorio invisibile, proprio come il coronamento di una piramide non potrebbe trovarsi a quella particolare altezza senza i tanti strati di blocchi che lo sostengono.
La cosa è molto diversa da ciò che facevo prima, quando c’erano dei periodi lunghissimi di vuoto assoluto, intervallati da rari momenti dove l’incontro con qualcuna che avesse quel “qualcosa in più” scardinava certezze e provocava una valanga di ansie, mi spingeva ad agire in modo ridicolo, e lasciava di solito peggio di prima, prostrato e umiliato dalle brutte figure. Anche se magari non succede nulla, posso ora arricchire la mia vita con relazioni autentiche e significative, avere ad esempio diverse amiche con cui semplicemente condividere qualcosa di bello, magari confidarsi un po’ i reciproci dispiaceri, darsi sostegno l’un l’altro con messaggi scherzosi, ridere assieme o semplicemente passeggiare l'uno accanto all'altro perché ognuno dei due stima l’altro e ne desidera la compagnia e la vicinanza emotiva. Non è una cosa da poco!

* * *

C’è infine un aspetto particolare e molto profondo, che è emerso prepotentemente dopo la fine della terapia. Avevo infatti bisogno di dare un significato a tutto quello che mi era accaduto negli anni precedenti, capire se tutto quel dolore e quella sofferenza avessero un senso ed un valore.
Perché ho dovuto imparare da adulto quello che le persone normali assimilano naturalmente durante l’adolescenza? Che significato hanno avuto i lunghi anni “leopardiani” (ero un lettore accanito e possedevo, per inciso, più di mille libri ancor prima dei vent’anni. Vi assicuro che non erano graphic novels). Qual è il senso di tutto quello che mi è accaduto e il valore di questo complicato percorso, anche se per fortuna conclusosi nel migliore dei modi?

Non ho idealità politiche ed anzi un senso di leggero distacco per la maggior parte delle ambizioni e dei miti della società contemporanea. Sono sì molto vicino ai valori dello spirito, ma non ho un sistema di credenze in senso trascendente, quindi non mi aspetto un sistema di punizioni e premi per quello che faccio. Ciò che mi appassiona è però la ricerca di senso e di valore. Il modo più profondo ed autentico che ho trovato per dare significato al fatto che io sia venuto al mondo e che abbia vissuto quelle particolari esperienze è proprio la possibilità quello di usare ciò che ora possiedo per portare qualcosa nella vita di altre persone.
Ecco, con questo si è finalmente chiuso il cerchio. Mi sembra un’ idea bella e profonda, legata alla toccante e umanissima prospettiva di far nascere un grande bene da un grande male, e di trasformare l’esperienza del dolore in gioia per gli altri. Certo, sto usando parole grosse, ma mi sembra la miglior etica su cui si possa fondare una vita futura.

Proprio per questo motivo, ho compreso che una delle cose più belle che posso offrire agli altri - e ad una donna in particolare – possa essere proprio la capacità di guardare oltre le apparenze. Non fermarsi quindi di fronte alle maschere, alle convenzioni, alle prime impressioni ma offrire un contatto ed un’intimità emotiva che possa cogliere piani più profondi ed umani al di là di tante manifestazioni esteriori, proprio come avrei voluto che fosse accaduto con me.
E c’è inoltre un’enorme differenza fra trovare una cosa straordinaria già bell’e pronta o piuttosto partecipare alla sua meravigliosa creazione, ad esempio crescendo assieme, cambiando vicendevolmente ed avvicinandosi l’uno all’altro. Né quindi l’attesa probabilmente eterna della “donna perfetta”, né tanto mento l’atteggiamento da “ultima spiaggia” e cioè far violenza a sé stesso accontentandosi a priori di una persona che non ci persuade affatto.
Aver patito il male su di sé è probabilmente la condizione migliore per comprendere la sofferenza emotiva degli altri, ad esempio (ma è solo una situazione fra le tante che sono capitate) intuendo che l’ostentata disinvoltura della fascinosa ragazza che mi sta di fronte è forse una semplice maschera sociale che nasconde insicurezza, fragilità e distimia. Proprio perché viviamo in un mondo imperfetto, la migliore soluzione è dunque quella di riconoscere - e se possibile comprendere ed accettare - tutte le fragilità, le contraddizioni, le miserie che sono proprie della condizione umana, comprese le mie. Magari quella stessa persona ha patito delle esperienze talmente terrificanti al confronto delle quali la mia storia è roba da boy-scout. Forse no, forse non potrò mai saperlo, ma proprio per questo motivo la cosa migliore è non giudicare mai, e confrontarsi con questa realtà usando umanità e rispetto.

E’ arrivato il momento degli addii. Non so cosa mi riserverà il futuro, e mentirei spudoratamente se affermassi con sicurezza che da ora in poi ogni cosa andrà infallibilmente bene. Ma ci sono tanti buoni presupposti e parecchie condizioni favorevoli, un’infinità di cose da immaginare, sognare, sperare e costruire assieme ad altri esseri umani e soprattutto per altri esseri umani. Di certo la speranza è molto più forte della paura e pertanto continuo il mio percorso con fiducia, ma soprattutto con la curiosità gioiosa di scoprire cosa il futuro abbia in serbo per me e le persone che mi saranno vicine.

Il viaggio prosegue.

Felicità a tutti,
c. k.
Vecchio 18-09-2009, 19:40   #170
Intermedio
 

Buon viaggio Clark e grazie di tutto. Per un breve tratto di strada mi sei stato di grande aiuto. E scusa se non ti ho ancora risposto in privato, ma riesco a trovare il tempo solo per risposte brevi.

Lo dedico a te (logicamente sei il personaggio che parla):

YouTube - l'importante e' il tragitto
Vecchio 19-09-2009, 02:08   #171
Esperto
L'avatar di claudioqq
 

Quote:
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intuendo che l’ostentata disinvoltura della fascinosa ragazza che mi sta di fronte è forse una semplice maschera sociale che nasconde insicurezza, fragilità e distimia.
Qua hai proprio cannato caro Clark. Questo che descrivi è puro tirarsela e nessuno può convincermi del contrario
Vecchio 19-09-2009, 04:53   #172
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Semmai cerco di mettermi nelle condizioni più opportune affinché le cose che desidero possano accadere: ovviamente alcuni dei contatti che così nascono sono effimeri, altri durano ma restano superficiali, altri si consolidano e diventano sempre più intensi, altri ancora si trasformano nel tempo ed evolvono in qualcosa di imprevedibili, altri arrivano come imprevedibili fulmini a ciel sereno guidati dal caso. Se queste situazioni vengono gestite con consapevolezza e rispetto, possono tutte dare calore alle mie giornate, arricchire la vita e lasciarmi qualcosa.
Questo grande giro di relazioni, contatti e di vita sociale, inevitabilmente finisce per far succedere qualcosa, anche solo perché è tanto più facile che si manifesti la combinazione giusta fra due persone.Se poi magari qualcuno è rimasto colpito dalla punta dell’iceberg, cioè dai belli e luminosi successi che ho raccolto, non deve dimenticare che sotto la superficie del mare si nasconde un grande lavorio invisibile, proprio come il coronamento di una piramide non potrebbe trovarsi a quella particolare altezza senza i tanti strati di blocchi che lo sostengono.
Eh, ma deve essere proprio enorme il giro di amicizie, perché "inevitabilmente" succeda qualcosa. Mi chiedo se a me basterà una vita per costruirne uno così grande.

Quote:
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La cosa è molto diversa da ciò che facevo prima, quando c’erano dei periodi lunghissimi di vuoto assoluto, intervallati da rari momenti dove l’incontro con qualcuna che avesse quel “qualcosa in più” scardinava certezze e provocava una valanga di ansie, mi spingeva ad agire in modo ridicolo, e lasciava di solito peggio di prima, prostrato e umiliato dalle brutte figure.
Ecco, qui purtroppo quoto.

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Anche se magari non succede nulla, posso ora arricchire la mia vita con relazioni autentiche e significative, avere ad esempio diverse amiche con cui semplicemente condividere qualcosa di bello, magari confidarsi un po’ i reciproci dispiaceri, darsi sostegno l’un l’altro con messaggi scherzosi, ridere assieme o semplicemente passeggiare l'uno accanto all'altro perché ognuno dei due stima l’altro e ne desidera la compagnia e la vicinanza emotiva. Non è una cosa da poco!
Verissimo, ma scommetto che un retrogusto amarognolo te lo avrebbero lasciato queste amicizie femminili se a quest'ora non avessi ancora trovato nessuna che ti volesse come partner.

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Proprio perché viviamo in un mondo imperfetto, la migliore soluzione è dunque quella di riconoscere - e se possibile comprendere ed accettare - tutte le fragilità, le contraddizioni, le miserie che sono proprie della condizione umana, comprese le mie. Magari quella stessa persona ha patito delle esperienze talmente terrificanti al confronto delle quali la mia storia è roba da boy-scout. Forse no, forse non potrò mai saperlo, ma proprio per questo motivo la cosa migliore è non giudicare mai, e confrontarsi con questa realtà usando umanità e rispetto.
Non giudicare e confrontarsi OK, accettare le debolezze proprie e altrui va bene, ma se non si trova nessuna che accetti le nostre?

Quote:
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Felicità a tutti,
c. k.
Felicità anche a te
W. S.

Ultima modifica di Winston_Smith; 19-09-2009 a 07:17.
Vecchio 19-09-2009, 05:10   #173
Esperto
 

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Si, grossomodo disse così. La frase esatta non la ricordo ma comunque eravamo in un ambito ben preciso, quello di una persona molto sicura di sé, assai realizzata, abituata a comandare ed a farsi obbedire, consapevole fin dall’infanzia del suo fascino e del potere che esercita sugli uomini. Un’altra sua memorabile uscita, questa si la ricordo alla perfezione, fu invece: “Io non so cosa voglia dire soffrire per amore perché posso avere tutti gli uomini che voglio e poi sono sempre stata io a lasciare”.
Una che è meglio perdere che trovare, insomma...

Quote:
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Proprio la parola “scappare” mi suscita qualche riflessione. A mente fredda, alcuni mesi dopo, ripensai a quell’episodio e lo sintetizzai cosi:

“Ho incontrato una donna con una visione della vita molto differente dalla mia. Non la condivido, ma sono comunque contento di essere riuscito a conquistare la fiducia di una persona così diversa me, e soprattutto per aver costruito un dialogo autentico nonostante le nostre storie personali e le nostre scelte fossero piuttosto quasi agli antipodi. Questa esperienza ha comunque arricchito entrambi: io, in particolare, ho passato dei bei momenti, ed ora so ancora meglio cosa non è adatto a me, ma soprattutto so da quali situazioni è meglio tenersi a distanza. Se, malgrado tutti questi ostacoli, ho vissuto comunque delle emozioni positive e mi rimangono bei ricordi, chissà come tutto sarà appassionante quando l’affinità sarà maggiore? Ora cercherò in una direzione diversa”.

Se, per assurdo, avessi vissuto le stesse cose nel mio stato precedente, avrei invece letto le stesse vicende in una maniera del tutto opposta, e cioè più o meno in questo modo:

“L’ho sempre detto: tutte le donne sono infallibilmente delle vipere isteriche e questa storia lo conferma perfettamente. Di certo non è successo nulla perché il mio tenore di vita è troppo diverso dal mio: se fossi un figo palestrato e mi fossi presentato da lei con il portafoglio ben gonfio invece di mendicare la sua ospitalità, tutto sarebbe andato diversamente. Sicuramente si sarà messa a ridere di me ed avrò fatto la figura dello stupido. Ho solo perso tempo, sprecato soldi e dissipato energie, perlopiù le mie speranze e le mie aspettative sono state infrante. Quest’ennesima esperienza ha logorato ancora di più la mia fiducia già bassa, e poi dimostra perfettamente che proprio non è destino e che quindi ogni sforzo sarà sempre inutile. Se solo le donne fossero diverse! Sono condannato a non essere mai amato e nel mio destino c’è solo la solitudine: tanto vale rassegnarsi”

Visto la differenza? La prima è realistica e serena, non nasconde la delusione ma esprime una posizione ragionevole, formulata in termini fiduciosi. La seconda sintetizza la stessa identica situazione utilizzando un campionario di assoluti e di generalizzazioni, fra cui tutta una teoria di pensieri disfunzionali, pensieri che lascio al vostro (dis)piacere identificare.
In realtà non condivido nessuna delle due impostazioni; tu magari avrai passato dei bei momenti con lei, ma la mia impostazione è questa:

"Non mi frega niente di conquistare la fiducia di questa persona, perché una che si comporta in questo modo (causando sofferenze psicologiche atroci agli altri) non può godere della mia stima e amicizia, anzi spero che un giorno venga ripagata con la stessa moneta (la superbia e l'insensibilità per me sono peccati mortali); per fortuna che non tutte le donne sono così".

Quote:
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Per la cronaca, sono molto affezionato a questo episodio perché si trattò di uno dei primi evidenti e incontestabili risultati che vidi con la terapia. Al di la di tutto quello che ho raccontato, ci conoscemmo in un modo che prima di allora apparteneva semplicemente al mondo dei sogni. Per la prima volta nella mia intera vita entrai da solo in un posto pubblico dove non conoscevo nessuno e ne uscimmo in coppia.
Sapere come ciò accadde potrebbe interessare a qualcuno, credo...

Quote:
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Questo punto mi riporta alla mente molti ricordi. Una delle mie paure più angosciose era quello di essere percepito come “uno che ci prova”, una persona cioè che non sa mantenere il controllo dei propri bassi istinti, che non sa dominarsi. La prospettiva che certi miei approcci provocassero una reazione disgustata del tipo: “Possibile che voi uomini abbiate in testa solo quello?”, “Che fai, ci stai provando con me?” era uno scenario da incubo. Al solo pensiero che una donna potesse rivolgermi frasi del genere, o anche solo il sospetto che pensieri simili gli attraversassero il cervello, mi venivano i sudori freddi.

La mia idea fissa era invece quella di trovare un sistema che mi consentisse di sedurre una donna senza che lei si accorga di venir sedotta. Nello specifico, farmi accettare prima come persona, costruire lentamente un’amicizia, starle vicino finché quest’amicizia cominciasse a colorarsi di sfumature affettuose sperando infine che su queste basi potesse finalmente sbocciare una storia. Tempo preventivato per tutta l’operazione: da sei mesi ad un anno e mezzo, contrattempi esclusi. Con il senno di poi, faccio fatica scriverlo senza essere travolto dalle risate, ma allora era una posizione serissima, di cui ero persuaso come di una verità inattaccabile.
Capisco le tue motivazioni per la difficoltà nel farsi avanti, eh se le capisco...
Comunque, è vero che la situazione che cercavi di realizzare rischia di rimanere un'amicizia (da parte di lei), ma non mi sembra che sia impossibile che ciò possa accadere; certo, qualcuno (non necessariamente l'uomo, anche se purtroppo nella maggior parte dei casi è così) dovrà a un certo punto fare un passo in avanti...

Quote:
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Come tante altre cose, ne parlai durante la terapia. Non mi furono buttati li né giudizi né valutazioni, ma con molta serenità mi fu chiesto di fare un esperimento mentale assai curioso: mettermi nei panni di una donna e provare a visualizzare il mio alter ego come se fosse davanti ed agisse come avevo agito io in quella circostanza. L’esperienza fu poco meno che impressionante: i messaggi che io trasmettevo (con le parole, certo, ma soprattutto con il linguaggio del corpo) erano grossomodo questi:

- “Sono inerme e assolutamente inoffensivo”;
- “Non ti vedo come essere di sesso femminile, bensì come amica”;
- “Non ho alcun desiderio, sono una persona tutta spirito e sentimenti elevati”;
- “Io sono radicalmente all’opposto rispetto al comportamento medio maschile”;

Ne restai sbalordito. Al di la della variabilità che poteva esserci nelle diverse situazioni, la conclusione era lampante: il primo artefice dei miei fallimenti ero io. Era come se io per anni fossi entrato dal fruttivendolo desiderando pere ma chiedendo (e quindi ricevendo) mele. Per giunta poi ruminando contro il negoziante perché non riusciva a capire un mio desiderio, desiderio che tuttavia io per primo non riuscivo a formulare correttamente. Fuor di metafora: Come posso pretendere che una ragazza comprenda il mio interesse se io per primo mi sforzo di comunicare un messaggio del tutto opposto? Va bene civettare, giocare un po’ a fare i preziosi, farsi garbatamente desiderare che sono altrettanti ingradienti del gioco di sedurre, ma se desidero qualcosa devo manifestarlo. Punto.
Il perché avessi costruito questo castello aberrante di pensieri disfunzionali e di idee distorte è un’altra faccenda, che riguarda la mia particolarissima storia individuale, ma in questo momento interessa solo la conclusione a cui arrivai qualche seduta dopo. Se non riuscivo nei miei scopi non era perché mancassi di qualità, ma piuttosto perché non sapevo come usarle e valorizzarle. Per giunta giocavo all’autosabotaggio, ciò mi complicavo da solo il compito piazzandomi davanti ostacoli inutili che avevo realizzato io stesso. Da allora in poi, fu tutto lavoro applicativo e pratico.
E come? Punto interrogativo...
A volte non dovrebbe servire sparare i fuochi d'artificio per far capire certe cose, se a una donna piaci qualche segnale in tal senso dovrebbe lanciartelo; vero che, specie se impliciti, possono passare "sotto traccia", ma credo che non sia sempre così per tutti.
E come si usano e valorizzano certe qualità (se pure sono sufficienti perché una voglia mettersi con te)?
Vecchio 19-09-2009, 05:26   #174
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Non c’è nessuna reticenza o ambiguità nel fatto che il fatto che io non riesca a dare una ricetta, un metodo, o una qualsiasi altra indicazione che possa essere comunicabile ed insegnabile. E’ semmai la prova che non si tratta di una conoscenza superficiale, come potrebbero essere ad esempio le strategie che si trovano sui manuali per sedurre o nei numeri estivi dei settimanali, bensì qualcosa che ho definitivamente interiorizzato, che dunque mi appartiene come un’acquisizione strutturale e definitiva.
Non ti chiedevo una ricetta universale, so che nessuna esperienza è completamente sovrapponibile o riproducibile in questo campo, non stiamo gettando i pesi dalla torre di Pisa.
Solo vorrei sapere qualche esempio delle situazioni in cui ti sei trovato, magari la prima volta che sei riuscito ad avere successo con una donna, per valutare gli elementi di differenza tra le reciproche esperienze e cercare di capire quali possono essere validi anche nel mio caso (e in quello degli altri che leggeranno).

Quote:
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Per arrivare a questa condizione non ci sono scorciatoie: provare, provare, provare. Ovvero mettersi in gioco, vedere i risultati, correggere il tiro, imparare dall’esperienza, buttarsi, capire cosa succedere, tentare altri approcci, moltiplicare le occasioni, percorrere strade sconosciute, osservare, provare ancora ecc. in modo che le nostre abilità comunicative e relazionali si affinino, diventino sempre più acute e funzionali ai nostri scopi. Esattamene come si fa per qualsiasi altra cosa nella vita, da parlare una lingua straniera a parcheggiare in una via stretta. Ogni altra strada, per la mia personale esperienza, è come la pretesa di imparare a nuotare senza bagnarsi.
Eh, ma in questo particolare campo, io almeno, credo di avere molta difficoltà ad imparare dall'esperienza (e spesso non so neanche come provare); sì, magari qualche errore grossolano col tempo l'ho corretto (più che altro ho imparato a non illudermi mai e a non aspettarmi granché, bella conquista), ma per il resto è ancora notte fonda: se dovessi immaginare una situazione o un tipo di persona nella vita reale tali per cui io possa dire: "Ehi, ma a questa ragazza posso piacere sul serio", non ne avrei la più pallida idea a 30 anni, ti rendi conto?

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Per poter imparare dagli errori e migliorare con l’esperienza si deve quindi avere prima di tutto una certa serenità di giudizio, il che vuol dire mantenersi ragionevolmente lucidi conservando un minimo di capacità critica. Se ogni insuccesso viene vissuto come una catastrofe esistenziale, se scardina certezze, se mette rischio la propria sicurezza interiore, è molto difficile imparare qualcosa perché si è troppo coinvolti negli eventi per poter ricavavate da essi qualche insegnamento utile. Altrimenti è tutto vano, e si rimane anzi con la sensazione che il distino si diverta a tirarci mazzate dove fanno più male.
Un po' difficile non essere coinvolti in eventi che ti riguardano personalmente, e in modo così intimo, a meno di non essere apatici e indifferenti ai colpi della sorte avversa (Amleto, in pratica).

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
In sostanza occorre raggiungere una condizione che io scherzosamente chiamavo “la ginocchiera psicologica”, ovvero la possibilità di cadere (che fa parte della vita), senza però rischiare di sbucciarsi le ginocchia ogni volta, il che non è esattamente un’eventualità desiderabile. Detta in altre parole, è come avere un buon sistema di "paratie stagne" fra diversi campi del proprio io; come una nave resta a galla con un comportamento allagato salvando tutto il resto dello scafo e continuando anzi navigare, così è assai opportuno che i rifiuti restino esattamente quello che sono, semplici dei casi della vita, confinati in un settore molto ben preciso senza pericolo di scatenare ogni volta delle catastrofi che ci buttano in ginocchio a ripetizione.

Il problema è semmai come arrivare a questa condizione così vantaggiosa. Io ho fatto il mio personalissimo percorso, ed anzi nel corso della terapia lo dissi a chiare lettere come uno degli obiettivi che volevo assolutamente raggiungere. Tuttavia non vi propongo la mia storia come l’unica strada possibile. Semplicemente, so per esperienza che questa via ha funzionato per me, e quindi parlo di ciò di cui ho cognizione diretta.
Io continuo a credere che i rifiuti non possano essere considerati "semplici casi della vita" se uno ha ottenuto SOLO quelli; dopo il primo successo (diciamo dopo un po' di successi), allora se ne può parlare. Magari in privato ti chiederò qualche informazione in più su come sei arrivato a considerarli tali.
Vecchio 02-06-2010, 11:04   #175
Esperto
L'avatar di JohnReds
 

uppo questo bel topic per i nuovi utenti
Vecchio 02-06-2010, 16:47   #176
Esperto
L'avatar di Sentry
 

Quote:
Originariamente inviata da JohnReds Visualizza il messaggio
uppo questo bel topic per i nuovi utenti
Grazie mille per averlo uppato.
Non è la prima volta che topic, testimonianze e suggerimenti ottimi come questo sono nascosti alla vista degli utenti più recenti.
Vecchio 03-06-2010, 23:13   #177
Intermedio
L'avatar di White Duke
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Rimane una bella differenza fra il grufolare sul sedile di una macchina parcheggiata dietro una discoteca, galoppando con una persona di cui domani non si ricorderà nemmeno il nome, oppure essere anche solo vicini, sentire che lei sta cercando il tuo contatto e sentirti bisbigliare qualcosa come: “fra le tua braccia mi sento sicura e protetta…”
Gran bella storia Clark, questo è il passaggio che ho apprezzato di più e ovviamente condivido.
Vecchio 03-06-2010, 23:46   #178
Esperto
L'avatar di paccello
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
sentirti bisbigliare qualcosa come: “fra le tua braccia mi sento sicura e protetta…”
Madonna. Forse la prossima vita.
Vecchio 04-06-2010, 12:18   #179
Esperto
L'avatar di Robedain
 

Quote:
Originariamente inviata da JohnReds Visualizza il messaggio
uppo questo bel topic per i nuovi utenti
Grazie John per aver resuscitato questo post, ce ne vogliono di esempi così (anche se poi certo ogni persona e ogni esperienza sono una storia a sè)!
Stimo molto quest'uomo per ciò che ha fatto...
Vecchio 12-06-2010, 00:14   #180
Banned
 

strunzstrunzettinstrunzettacc! CHEZZ ! CHEPDICHEZZ ! PISELLACCIAA !!

Ultima modifica di nick123; 12-06-2010 a 13:50.
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