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Originariamente inviata da Angus
Il malessere raramente dipende dal riso in bianco, tant'è che ci sono non poche persone di successo che cambiano continuamente pietanza (il sesso, il denaro, l'amore, il cibo, le macchine, la spiritualità, ecc.) e continuano ad essere infelici. Non che siano carenze del tutto insignificanti (a parte le macchine ), ma è evidente che non sono il problema.
Il secondo metodo (cambiare cucina) è un palliativo, seppure.
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Possiamo chiudere la questione dicendo che siamo ciò che facciamo, e facciamo ciò che siamo.
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Originariamente inviata da Allocco
Il secondo da solo o non l'ho capito, o non ha senso; perché se puoi cambiare pietanza il problema del mangiare sempre riso non sussiste. Se hai il problema del riso è perché hai solo quello credo, no?
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Personalmente non credo, le scelte ci sono sempre: certo che per ogni scelta c'è da pagare un prezzo.
Cambiare radicalmente rispetto al riso in bianco si può, bisogna vedere quanto però si è disposti a mettere in gioco ( riguardo all' idea di se stessi e sul proprio concetto di "vita" in generale ).
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Se mangi solo riso perché solo quello hai senza possibilità di recuperare altro fai quel che puoi per renderlo più buono, o semplicemente diverso ogni volta (basta ad esempio variare la quantità di acqua per renderlo di consistenza diversa - costo 0 - o usare spezie - costo relativo); puoi mangiarlo in modi diversi (forchetta, cucchiaio, bacchette, mani, pestato, frullato ecc..) eccetera eccetera, l'unico limite è "la fatica di vivere".
Ma se l'impegno iniziale è tendente allo zero (es. mettere meno acqua nella pentola) la fatica si può superare anche se depressi. E poi dai piccoli progressi ricavi nuova ispirazione per avere un riso sempre migliore.
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Sì e no: cioè, in fin dei conti rimane sempre il solito riso, e se si parte con questo pensiero ( disfunzionale? ), si uccide la motivazione in partenza.
La ricetta ( per restare in ambito culinario
) della felicità/soddisfazione/entusiasmo deriva dal bilancio tra energie spese e energie ( di altro tipo ) che si incamerano conseguentemente allo sforzo.
Se spendo 1 per fare qualcosa, se ricavo 1+n sono motivato a rifarla, se ricavo 1 posso tollerarlo, se invece ricavo 1-n perdo progressivamente voglia di farla.
Tu dici che sforzandosi per ottenere un 1+ un "n" molto piccolo piano piano si migliora... secondo me no, dal momento che quando si arriva a questi ragionamenti si è già sprofondati in una fossa, e per uscirne non basta più un passettino alla volta, servono proprio dei salti ...
Comunque grazie a voi Angus e Allocco per gli spunti.