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15-07-2006, 23:06
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#1
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: in un tunnel arredato in stile minimal
Messaggi: 1,485
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Da tempo immemorabile ho sviluppato una spiccata capacità introspettiva - acuita e perfezionata progressivamente - e allo stesso tempo riesco a cogliere le dinamiche naturali che caratterizzano il comportamento dell'uomo, e ancora più in generale mi ritrovo ad avere una prensione globale - anche se non dettagliata - della realtà.
L'uomo è un animale dotato di un sistema nervoso particolarmente sviluppato, non ha nulla di speciale, è un libro aperto scritto con caratteri comprensibi, per chi indossa un certo tipo di occhiali.
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale.
E neppure le credenze più o meno articolate... Se si passa dalla constatazione dell'esistenza di X e poi si risale fino all'origine di X, X verrà relativizzato, in un certo senso sminuito, verrà accluso tra gli oggetti di cui si ha consapevolezza e da cui sono stati sfilati gli "abiti" che nella fase di pre-consapevolezza li vestivano.
La nostra fobia sociale e la ricerca di reinserimento in micro e/o macrogruppi rispondono a certe logiche inscritte nella nostra natura animale, non c'è niente di *elevato* e *speciale* in tutto ciò.
Si discute di libero arbitrio quando le nostre scelte "più proprie" - apparentemente frutto di autodeterminazione razionale - rispondono in nuce e esigenze istintuali, naturali, in un certo senso meccaniche, ma che razionalmente - e intendo una razionalità priva di consapevolezza - non cogliamo nella loro effettiva estensione e genesi, mentre qualora si cominciasse a indirizzare la nostra ragione in direzione della conoscenza e della consapevolezza potremmo effettivamente incamminarci verso un'ermeneutica lucida e critica di ciò che siamo, e più in generale di ciò che è.
Però questa *conoscenza consapevole* finisce con l'allontanarmi psicologicamente dalla realtà, ma non ontologicamente.
In altri termini io continuo a far parte di una realtà che sono portato a osservare sotto un vetrino.
Sono parte della realtà che indago e mi propongo di conoscere.
Per farvi un esempio pensate all'etologo che studia il comportamento di un animale... Io mi sento così... però nei confronti di tutto ciò che mi circonda.
Questo è un atteggiamento che allo stesso tempo mi allontana da ciò che indago, lo sento estraneo.
Qualsiasi cosa, una volta raggiunta dai tentacoli della consapevolezza, si fa più vicina e allo stesso tempo più lontana.
Io ti conosco, siamo parte della stessa realtà, ma ti sento estraneo.
Così come conosco me stesso e in un certo senso sono portato alle volte a estraniarmi pure da me stesso.
C'è una conoscenza che allontana.
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15-07-2006, 23:51
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#2
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Intermedio
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: Prov. di Varese
Messaggi: 171
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ank'io a volte mi sento così
anche se ora mi sento più calato nel personaggio, più a contatto col mondo...
comunque fare tali pensieri non è cosa da stupidi... l'importante è stabilire con contatto col mondo
ti faccio tanti auguri
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16-07-2006, 00:12
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#3
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
Messaggi: 827
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Ogni acquisizione di conoscenza presupone due soggetti: colui che osserva e l'oggetto dell'osservazione stessa.
Nel momento in cui io cerco di conoscere qualcosa devo per forza separarmi da essa. L'essere immersi nella realtà che si vuole conoscere influenzerebbe negativametnte il processo stesso, rendendolo non obiettivo e perciò imperfetto.
Il voler analizzare una realtà che suscita timore e paura, dalla quale ci si sente rifiutati porta con sè un altro rischio. Quello di evidenziare in maniera involontaria proprio quegli elementi che spaventano, sentendosi irrimediabilmente diversi e incompatibili con questa realtà.
Infine l'aver acquisito maggiori conoscenze appaga un certo sentimento di superiorità ed egocentrismo, in contrasto con una realtà che invece pare non dare importanza alla conoscenza.
Che fare dunque? Ricercare continuamente nuova conoscenza separandosi sempre più dalla società oppure rinunciarvi per entrare a far parte del "gregge"?
Credo che solo riconoscendo la profonda ambiguità dell'essere umano potremmo trovare un punto di equilibrio, seppur instabile. L'uomo è spirito, idee, ma anche corpo ed istinto. Queste dimensioni esistono e coesistono nell'uomo e credo che si debba dare ad entrambe importanza, perchè il tentativo di frustrare una parte del nostro essere non porta ad altro se non alla mortificazione del grande dono dell'uomo, la coscienza di sè.
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16-07-2006, 00:16
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#4
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Esperto
Qui dal: Jan 2005
Ubicazione: Ravenna
Messaggi: 782
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Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Da tempo immemorabile ho sviluppato una spiccata capacità introspettiva - acuita e perfezionata progressivamente - e allo stesso tempo riesco a cogliere le dinamiche naturali che caratterizzano il comportamento dell'uomo, e ancora più in generale mi ritrovo ad avere una prensione globale - anche se non dettagliata - della realtà.
L'uomo è un animale dotato di un sistema nervoso particolarmente sviluppato, non ha nulla di speciale, è un libro aperto scritto con caratteri comprensibi, per chi indossa un certo tipo di occhiali.
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Ti confuto fra poco, se permetti
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
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la meraviglia sta negli occhi dell'osservatore, non nell'osservato
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale.
E neppure le credenze più o meno articolate... Se si passa dalla constatazione dell'esistenza di X e poi si risale fino all'origine di X, X verrà relativizzato, in un certo senso sminuito, verrà accluso tra gli oggetti di cui si ha consapevolezza e da cui sono stati sfilati gli "abiti" che nella fase di pre-consapevolezza li vestivano.
La nostra fobia sociale e la ricerca di reinserimento in micro e/o macrogruppi rispondono a certe logiche inscritte nella nostra natura animale, non c'è niente di *elevato* e *speciale* in tutto ciò.
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vero
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Si discute di libero arbitrio quando le nostre scelte "più proprie" - apparentemente frutto di autodeterminazione razionale - rispondono in nuce e esigenze istintuali, naturali, in un certo senso meccaniche, ma che razionalmente - e intendo una razionalità priva di consapevolezza - non cogliamo nella loro effettiva estensione e genesi, mentre qualora si cominciasse a indirizzare la nostra ragione in direzione della conoscenza e della consapevolezza potremmo effettivamente incamminarci verso un'ermeneutica lucida e critica di ciò che siamo, e più in generale di ciò che è.
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qui invece cadiamo nell'eterno paradosso di un sistema che osserva se stesso: osservatore e oggetto di osservazione coincidono... ma siccome l'osservazione stessa è un processo dinamico, che modifica l'oggetto nel momento in cui è osservato, in questo modo modifica anche l'osservatore, all'infinito.
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Però questa *conoscenza consapevole* finisce con l'allontanarmi psicologicamente dalla realtà, ma non ontologicamente.
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ok...
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
In altri termini io continuo a far parte di una realtà che sono portato a osservare sotto un vetrino.
Sono parte della realtà che indago e mi propongo di conoscere.
Per farvi un esempio pensate all'etologo che studia il comportamento di un animale... Io mi sento così... però nei confronti di tutto ciò che mi circonda.
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e di te stesso
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Questo è un atteggiamento che allo stesso tempo mi allontana da ciò che indago, lo sento estraneo.
Qualsiasi cosa, una volta raggiunta dai tentacoli della consapevolezza, si fa più vicina e allo stesso tempo più lontana.
Io ti conosco, siamo parte della stessa realtà, ma ti sento estraneo.
Così come conosco me stesso e in un certo senso sono portato alle volte a estraniarmi pure da me stesso.
C'è una conoscenza che allontana.
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è l'eterno paradosso della conoscenza umana, che torna su se stessa come un nastro di moebius... trovami una soluzione, filosofo... trovami l'osservazione oggettiva...
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16-07-2006, 01:35
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#5
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
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Quote:
Originariamente inviata da jackal
Ogni acquisizione di conoscenza presupone due soggetti: colui che osserva e l'oggetto dell'osservazione stessa.
Nel momento in cui io cerco di conoscere qualcosa devo per forza separarmi da essa. L'essere immersi nella realtà che si vuole conoscere influenzerebbe negativametnte il processo stesso, rendendolo non obiettivo e perciò imperfetto.
A mio avviso un margine di soggettività esisterebbe ugualmente, però l’emersione dalla fitta rete in cui i più sono quotidianamente intricati può (non è automatico) aprire un orizzonte ampio e articolato al nostro raziocinio per poter dispiegarsi nella direzione in cui lo indirizziamo… in questo caso una ricerca conoscitiva, ma di una conoscenza che non si ferma alla superficie delle cose, bensì le attraversa, le seziona, per finire poi col consegnarci una conoscenza che una volta immagazzinata e appropriata diventa consapevolezza.
Il voler analizzare una realtà che suscita timore e paura, dalla quale ci si sente rifiutati porta con sè un altro rischio. Quello di evidenziare in maniera involontaria proprio quegli elementi che spaventano, sentendosi irrimediabilmente diversi e incompatibili con questa realtà.
Effettivamente è un rischio in cui molti incappano, e cerco di fare un’analogia con il mondo del paranormale. Sono molti a sostenere l’esistenza di una forma di comunicazione telepatica: può capitare effettivamente che io pensi a X e che X mi telefoni. Ma quante volte ho pensato a X e non mi ha telefonato o comunque tra di noi non si è stabilito alcun contatto? Non è il caso di scomodare la sfera del presunto paranormale per spiegare queste vicende, è sufficiente il calcolo delle probabilità.
Dagli errori del passato ho imparato a non ricascarci.
Nel momento in cui vado ad *acquisire informazioni* sulla realtà cerco di mantenere un atteggiamento neutrale, o comunque di scindere il dato in sé dalla mia interpretazione inquinata da qualsivoglia sentimento e/o emozione.
Ovviamente cerco di cogliere tutto il possibile evitando di discriminare arbitrariamente.
Infine l'aver acquisito maggiori conoscenze appaga un certo sentimento di superiorità ed egocentrismo, in contrasto con una realtà che invece pare non dare importanza alla conoscenza.
Stimoli verso la ricerca non vengono affatto lanciati, sta alle inclinazioni del singolo individuo intraprendere un certo percorso oppure no. Riguardo al senso di superiorità e all’egocentrismo effettivamente possono costituire una conseguenza psicologica, ed è bene invece cercare di privarsene, limitarsi alla registrazione di ciò che si è appreso.
Ovviamente non è facile.
Che fare dunque? Ricercare continuamente nuova conoscenza separandosi sempre più dalla società oppure rinunciarvi per entrare a far parte del "gregge"?
Entrare nel gregge ma non “aderirvi”. Anche perché altrimenti verrebbe a mancare il “materiale” da cui attingere conoscenza.
Si può avere una prensione globale pur *mantenendo una certa distanza*, ma per arricchirla, per scomporla nei vari dettagli non ci si può permettere un allontanamento totale, anzi, è bene tuffarsi e riemergere arricchiti.
Credo che solo riconoscendo la profonda ambiguità dell'essere umano potremmo trovare un punto di equilibrio, seppur instabile. L'uomo è spirito, idee, ma anche corpo ed istinto. Queste dimensioni esistono e coesistono nell'uomo e credo che si debba dare ad entrambe importanza, perchè il tentativo di frustrare una parte del nostro essere non porta ad altro se non alla mortificazione del grande dono dell'uomo, la coscienza di sè.
Potremmo affermare che esiste una sorta di dualità e che entrambe le sfere abbiano bisogni da soddisfare.
È anche vero che vi sono bisogni in un certo senso “mascherati”, “vestiti con altri abiti”, “biunivoci”, che nell’immediato ascriveremmo – erroneamente - a una sfera piuttosto che l’altra, oppure solamente a una quando in realtà si verificherebbe la compartecipazione di entrambe.
Sì, è bene soddisfare le esigenze del nostro “corpo” e della nostra “anima”, quel che volevo far intendere, però, è che una volta colta la vera natura di certi bisogni finiremmo in qualche modo col non vederli più con gli stessi occhi, lo svalutarli, e ci porremmo nei loro confronti in modo diverso, e mi riferisco in primo luogo all’amore.
Attenzione, la conoscenza la si deve acquisire mantenendosi neutrali, ma successivamente il nostro quadro sentimentale ed emozionale entrerà in azione, e sarà fisiologico formulare giudizi di valore.
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16-07-2006, 01:43
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#6
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: in un tunnel arredato in stile minimal
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Quote:
Originariamente inviata da Lilith
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Da tempo immemorabile ho sviluppato una spiccata capacità introspettiva - acuita e perfezionata progressivamente - e allo stesso tempo riesco a cogliere le dinamiche naturali che caratterizzano il comportamento dell'uomo, e ancora più in generale mi ritrovo ad avere una prensione globale - anche se non dettagliata - della realtà.
L'uomo è un animale dotato di un sistema nervoso particolarmente sviluppato, non ha nulla di speciale, è un libro aperto scritto con caratteri comprensibi, per chi indossa un certo tipo di occhiali.
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Ti confuto fra poco, se permetti
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
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la meraviglia sta negli occhi dell'osservatore, non nell'osservato
Questo sicuramente, e mi pareva fosse chiaro
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale.
E neppure le credenze più o meno articolate... Se si passa dalla constatazione dell'esistenza di X e poi si risale fino all'origine di X, X verrà relativizzato, in un certo senso sminuito, verrà accluso tra gli oggetti di cui si ha consapevolezza e da cui sono stati sfilati gli "abiti" che nella fase di pre-consapevolezza li vestivano.
La nostra fobia sociale e la ricerca di reinserimento in micro e/o macrogruppi rispondono a certe logiche inscritte nella nostra natura animale, non c'è niente di *elevato* e *speciale* in tutto ciò.
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vero
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Originariamente inviata da filosofo
Si discute di libero arbitrio quando le nostre scelte "più proprie" - apparentemente frutto di autodeterminazione razionale - rispondono in nuce e esigenze istintuali, naturali, in un certo senso meccaniche, ma che razionalmente - e intendo una razionalità priva di consapevolezza - non cogliamo nella loro effettiva estensione e genesi, mentre qualora si cominciasse a indirizzare la nostra ragione in direzione della conoscenza e della consapevolezza potremmo effettivamente incamminarci verso un'ermeneutica lucida e critica di ciò che siamo, e più in generale di ciò che è.
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qui invece cadiamo nell'eterno paradosso di un sistema che osserva se stesso: osservatore e oggetto di osservazione coincidono... ma siccome l'osservazione stessa è un processo dinamico, che modifica l'oggetto nel momento in cui è osservato, in questo modo modifica anche l'osservatore, all'infinito.
Certo, è un problema spigoloso. Io ritengo che però il nostro intelletto, se ben indirizzato, possa offrirci una comprensione globale, a grandi linee, della realtà, dopodiché questa la si può affinare col tempo, anche perché possono cambiare alcuni tasselli del mosaico, ma la struttura generale verosimilmente si conserverà tale.
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Però questa *conoscenza consapevole* finisce con l'allontanarmi psicologicamente dalla realtà, ma non ontologicamente.
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ok...
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Originariamente inviata da filosofo
In altri termini io continuo a far parte di una realtà che sono portato a osservare sotto un vetrino.
Sono parte della realtà che indago e mi propongo di conoscere.
Per farvi un esempio pensate all'etologo che studia il comportamento di un animale... Io mi sento così... però nei confronti di tutto ciò che mi circonda.
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e di te stesso
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Originariamente inviata da filosofo
Questo è un atteggiamento che allo stesso tempo mi allontana da ciò che indago, lo sento estraneo.
Qualsiasi cosa, una volta raggiunta dai tentacoli della consapevolezza, si fa più vicina e allo stesso tempo più lontana.
Io ti conosco, siamo parte della stessa realtà, ma ti sento estraneo.
Così come conosco me stesso e in un certo senso sono portato alle volte a estraniarmi pure da me stesso.
C'è una conoscenza che allontana.
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è l'eterno paradosso della conoscenza umana, che torna su se stessa come un nastro di moebius... trovami una soluzione, filosofo... trovami l'osservazione oggettiva...
Non esiste l’osservazione oggettiva, esiste l’osservazione soggettiva, ma con diverse gradualità. Se si eliminano i sentimenti e le emozioni e ci si limita ad acquisire, registrare, ci si può avvicinare di molto all’obiettività.
Detto questo a mio avviso si possono verificare convergenze qualora ci si incammini tutti nella stessa direzione e con la stessa disposizione d’animo :wink: .
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16-07-2006, 16:58
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#7
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Esperto
Qui dal: Feb 2006
Messaggi: 1,683
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io non c'ho capito un cazzo. :lol:
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16-07-2006, 17:49
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#8
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Esperto
Qui dal: May 2006
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Originariamente inviata da filosofo
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale."
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In che senso dici che la meraviglia è destinata a spegnersi?
E' poi è vero che si vedono le cose in maniera diversa a seconda del tipo di occhiali che si usa...ma ci sono tanti di quei modelli! Affermare che l'amore non ha alcunchè di speciale...merita una spiegazione sul punto di vista dal quale vedi la cosa. Io non mi occupo di filosofia, il tuo discorso l'ho capito ma fino ad un certo punto; ma mi sento di affermare la cosa opposta, cioè che l'amore è molto speciale, al di là di qualunque altra questione che ci può stare dietro.
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16-07-2006, 22:41
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#9
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
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Originariamente inviata da pisendlav
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Originariamente inviata da filosofo
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale."
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In che senso dici che la meraviglia è destinata a spegnersi?
E' poi è vero che si vedono le cose in maniera diversa a seconda del tipo di occhiali che si usa...ma ci sono tanti di quei modelli! Affermare che l'amore non ha alcunchè di speciale...merita una spiegazione sul punto di vista dal quale vedi la cosa. Io non mi occupo di filosofia, il tuo discorso l'ho capito ma fino ad un certo punto; ma mi sento di affermare la cosa opposta, cioè che l'amore è molto speciale, al di là di qualunque altra questione che ci può stare dietro.
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Fammi provare a fare il Socrate della situazione :lol: :lol: :lol: Esponi prima le tue tesi
Io il sasso nel laghetto l'ho gettato, ora fatevi avanti hehe :wink:
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17-07-2006, 01:18
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#10
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Esperto
Qui dal: May 2006
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Originariamente inviata da filosofo
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Originariamente inviata da pisendlav
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Originariamente inviata da filosofo
I suoi bisogni, i suoi desideri possono essere facilmente analizzati, si può risalire alla loro origine, e una volta raggiunta tutta la *meraviglia* è destinata a spegnersi.
Anche l'amore, che viene unanimemente ammantato di scintillanti corollari e sentimentalismi, non ha proprio alcunché di speciale."
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In che senso dici che la meraviglia è destinata a spegnersi?
E' poi è vero che si vedono le cose in maniera diversa a seconda del tipo di occhiali che si usa...ma ci sono tanti di quei modelli! Affermare che l'amore non ha alcunchè di speciale...merita una spiegazione sul punto di vista dal quale vedi la cosa. Io non mi occupo di filosofia, il tuo discorso l'ho capito ma fino ad un certo punto; ma mi sento di affermare la cosa opposta, cioè che l'amore è molto speciale, al di là di qualunque altra questione che ci può stare dietro.
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Fammi provare a fare il Socrate della situazione :lol: :lol: :lol: Esponi prima le tue tesi
Io il sasso nel laghetto l'ho gettato, ora fatevi avanti hehe :wink:
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Questa è una provocazione! Ma non saremmo ad armi pari, scusa, te sei filosofo, io pisendlav?
Già i nomi la dicono lunga!
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17-07-2006, 02:25
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#11
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Esperto
Qui dal: Jan 2005
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Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Non esiste l’osservazione oggettiva, esiste l’osservazione soggettiva, ma con diverse gradualità. Se si eliminano i sentimenti e le emozioni e ci si limita ad acquisire, registrare, ci si può avvicinare di molto all’obiettività.
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a parte l'enorme difficoltà di scindere "sentimenti ed emozioni" dall'osservazione, in ogni caso non si possono eliminare quelle strutture psichiche che agiscono nell'osservazione ed interagiscono con essa, pertanto dovremo sempre accettare che la nostra osservazione sia parziale e soggettiva.
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Detto questo a mio avviso si possono verificare convergenze qualora ci si incammini tutti nella stessa direzione e con la stessa disposizione d’animo :wink:
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Quindi ritieni oggettiva una esperienza cognitiva condivisa o condivisibile?
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17-07-2006, 02:50
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#12
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
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Messaggi: 1,485
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Per pisendav: il nick non fa il monaco...anzi, il filosofo
Per Lilith: Perché questo fortissimo bisogno di oggettività? Una soggettività critica è più che sufficiente ai nostri scopi :wink:
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17-07-2006, 12:35
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#13
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
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Originariamente inviata da cristina
Quote:
Originariamente inviata da luca24
io non c'ho capito un cazzo. :lol:
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:lol:
mi associo luca!!! stanno facendo gli SBORONI!
forse... la conoscenza porta ad una falsa consapevolezza che inquina i sentimenti più eletti e puri....
l'amore non ha bisogno di conoscenza....
è una fiamma anarchica E SELVAGGIA che travolge tutti i 5 sensi TI BRUCIA dentro senza scottare ........
ti accarezza e ti annienta ....
in un vortice di abbandono ...
un illusorio senso di appartenenza..... da quella magia non se nè esce ....
nessuno può morire...
se non ha amato ....
anche solo poche ore....
per quanto concerne le altre conoscenze...
....va tutto bene purchè non si tramutino in sfoggio di erudizione personale ....
aborro la boria e la presunzione.....
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è proprio qua che volevo arrivare: l'amore, i sentimenti, le emozioni, hanno un'origine biologica.
L'amore è la condizione che il nostro sistema evolutivo ha creato per permetterci di realizzare quello che è il fine - più o meno consapevole - della vita: la perpetuazione della specie.
La nostra elevata razionalità paradossalmente innesca il bisogno di irrazionalità, che si dispiega in varie forme, tra le quali quella di dare un certo tipo di interpretazione all'amore, un'interpretazione alla quale non sono in grado di dare un'etichetta.
L'innamoramento, l'instaurazione di una relazione sono mezzi che volgono verso un fine, ma noi non abbiamo consapevolezza di questo.
Se ce l'avessimo l'amore perderebbe tutta la meraviglia, che svanirebbe o verrebbe riconvertita in meraviglia per questo meccanismo complesso, che è ambivalente: ha una dimensione effettiva e una apparente, ma i più conoscono o vogliono conoscere solo quella apparente.
Spero sia chiaro.
Qua non c'è nessuno che vuole fare lo SBORONE (sic!), il borioso (doppio sic!) o il presuntuoso (triplo sic!), c'è gente che vuole mettere alla prova il proprio raziocinio, che lo vuole indirizzare verso la comprensione di ciò che siamo e di ciò che ci sta intorno, senza fermarsi alla all'involucro bensì penetrando al suo interno.
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17-07-2006, 18:02
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#14
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
Messaggi: 827
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Quote:
Originariamente inviata da filosofo
è proprio qua che volevo arrivare: l'amore, i sentimenti, le emozioni, hanno un'origine biologica.
[...]
L'innamoramento, l'instaurazione di una relazione sono mezzi che volgono verso un fine, ma noi non abbiamo consapevolezza di questo.
Se ce l'avessimo l'amore perderebbe tutta la meraviglia, che svanirebbe o verrebbe riconvertita in meraviglia per questo meccanismo complesso, che è ambivalente: ha una dimensione effettiva e una apparente, ma i più conoscono o vogliono conoscere solo quella apparente.
Spero sia chiaro.
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Per essere chiaro, è chiaro, e non è neppure un concetto così sconvolgente. L'attrazione non è altro se non il manifestarsi dell'istinto sessuale, volto principalmente (ma non solo) alla perpetuazione non tanto della specie, quanto alla trasmissione del proprio patrimonio genetico.
Ma vorrei andare oltre. L'istinto sessuale, almeno negli animali più complessi è altresì funzionale al mutuo sostentamento della coppia oltre che all'allevamento dei piccoli.
Nell'uomo l'istinto e l'attività sessuale può essere usato in diversi modi: oltre alla già ricordata trasmissione del patrimonio genetico, può svolgere le funzioni più disparate, dalla ricerca del piacere, alla riduzione delle sofferenze, alla ricerca di consenso tra gli altri uomini.
La tendenza alla formazione di coppie o gruppi più o meno stabili è altresì funzionale al mantenimento della società stessa.
Oltre a questo non capisco dove tu voglia arrivare. Se parte delle persone negano che sotteso al desiderio di avere un'altra persona accanto vi sia un'istinto biologico, non credo che sia poi così grave e scandaloso. Ognuno è libero di credere in ciò che più lo consola.
Ma vorrei farti una domanda, se posso. Avere coscienza di tutto ciò, ti ha reso più soddisfatto di te?
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17-07-2006, 21:24
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#15
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Esperto
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Quote:
Originariamente inviata da jackal
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Originariamente inviata da filosofo
è proprio qua che volevo arrivare: l'amore, i sentimenti, le emozioni, hanno un'origine biologica.
[...]
L'innamoramento, l'instaurazione di una relazione sono mezzi che volgono verso un fine, ma noi non abbiamo consapevolezza di questo.
Se ce l'avessimo l'amore perderebbe tutta la meraviglia, che svanirebbe o verrebbe riconvertita in meraviglia per questo meccanismo complesso, che è ambivalente: ha una dimensione effettiva e una apparente, ma i più conoscono o vogliono conoscere solo quella apparente.
Spero sia chiaro.
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Per essere chiaro, è chiaro, e non è neppure un concetto così sconvolgente. L'attrazione non è altro se non il manifestarsi dell'istinto sessuale, volto principalmente (ma non solo) alla perpetuazione non tanto della specie, quanto alla trasmissione del proprio patrimonio genetico.
Ma vorrei andare oltre. L'istinto sessuale, almeno negli animali più complessi è altresì funzionale al mutuo sostentamento della coppia oltre che all'allevamento dei piccoli.
Nell'uomo l'istinto e l'attività sessuale può essere usato in diversi modi: oltre alla già ricordata trasmissione del patrimonio genetico, può svolgere le funzioni più disparate, dalla ricerca del piacere, alla riduzione delle sofferenze, alla ricerca di consenso tra gli altri uomini.
La tendenza alla formazione di coppie o gruppi più o meno stabili è altresì funzionale al mantenimento della società stessa.
Oltre a questo non capisco dove tu voglia arrivare. Se parte delle persone negano che sotteso al desiderio di avere un'altra persona accanto vi sia un'istinto biologico, non credo che sia poi così grave e scandaloso. Ognuno è libero di credere in ciò che più lo consola.
Lungi da me affermare il contrario, però una volta che si ha coscienza di questi meccanismi credo sia inevitabile guardare le cose sotto un'altra luce...Tutto qui! Io per esempio non sento più questo grande bisogno di avere la ragazza... mentre qualche tempo fa ne facevo un dramma.
Ma vorrei farti una domanda, se posso. Avere coscienza di tutto ciò, ti ha reso più soddisfatto di te?
Ni
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18-07-2006, 16:40
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#16
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
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Originariamente inviata da filosofo
Lungi da me affermare il contrario, però una volta che si ha coscienza di questi meccanismi credo sia inevitabile guardare le cose sotto un'altra luce...Tutto qui! Io per esempio non sento più questo grande bisogno di avere la ragazza... mentre qualche tempo fa ne facevo un dramma.
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Già, anche per me è lo stesso. Credo comunque che l'esigenza di avere qualcuno accanto non sia svanita, ma solo momentaneamente messa in secondo piano. Forse è il modo meno doloroso di affrontare la cosa.
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19-07-2006, 12:57
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#17
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Esperto
Qui dal: May 2006
Messaggi: 614
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Già il titolo "La conoscenza che allontana", esprime un forte coinvolgimento. Conoscere vuol dire interpretare mediante modelli la realtà. L'esigenza che esprimeva Lilith di oggettività, è condivisibile, il rischio è quello di inquinare la ricerca del vero. Il modello finale è tanto migliore quanto più è coerente con la realtà (meravigliosa perfezione irraggiungibile). Ora il mio parere è che il modello che ti sei creato di interpretazione dell'amore sia un po' carente di alcuni aspetti. Ad esempio quando affermi che "La nostra elevata razionalità paradossalmente innesca il bisogno di irrazionalità", probabilmente non poni attenzione al fatto che l'uomo è corpo e anima, materia e spirito, e l'irrazionalità non è innescata dalla razionalità, ma vive di vita propria.
Posso sicuramente non essere condiviso, ma anche solo le conclusioni a cui sei giunto ("Io per esempio non sento più questo grande bisogno di avere la ragazza..."), indicano che non ti sei avvicinato alla realtà (quella che volevi interpretare) piuttosto ti sei allontanato: anche tu fai parte della realtà e il bisogno di avere una ragazza è normale, soffrire per mancanza d'amore è normale. Mi pare che questa affermazione sia un sottilissimo autoinganno, di quelli che quotidianamente inventiamo per riuscire ad andare avanti evitando così le situazioni che temiamo.
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19-07-2006, 16:38
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#18
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Esperto
Qui dal: May 2006
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Originariamente inviata da pisendlav
il bisogno di avere una ragazza è normale, soffrire per mancanza d'amore è normale
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Concordo pienamente con quanto detto da pisendlav!!
Filosofo, quindi per quanto tu cerchi di razionalizzare i sentimenti, a parer
mio è solo per trovare un'escàmotage..e nn serve a molto tutto ciò..
perchè se realmente guardi con gli occhi del tuo cuore (e sò ke in fondo lo fai)..e non con gli occhi della razionalità o della filosofia, saprai meglio di me
che chunque ha bisogno di essere amato..sarebbe inumano nn ammettere tale cosa..no?
Siamo appunto degli animali.dei mammiferi..abbiamo degli istinti, delle sensazioni, dei sentmenti che nemmeno il cervello umano può bloccare,
e nn è quindi possibile andare contro la nostra natura, anke se apparentemente si trovano "rimedi" come la filosofia, o la religione,
per sanare questi vuoti..ma l'uomo è nato per stare in coppia..poi anke i single incalliti..purkè nn l'ammettano, han sempre bisogno di una compagna/o..è la vita..e per fortuna ke sia così..sennò saremmo
stati solo ragione, o solo istinto..l'uomo è la creatura ad immagine e somiglianza di Dio..pur coi suoi limiti ovviamente
però nn parliamo di credere o meno..sennò poi sollevo un vespasian...
ops...un vespaio..ahauahauahaua :P
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19-07-2006, 23:19
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#19
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Esperto
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Originariamente inviata da pisendlav
Già il titolo "La conoscenza che allontana", esprime un forte coinvolgimento. Conoscere vuol dire interpretare mediante modelli la realtà. L'esigenza che esprimeva Lilith di oggettività, è condivisibile, il rischio è quello di inquinare la ricerca del vero. Il modello finale è tanto migliore quanto più è coerente con la realtà (meravigliosa perfezione irraggiungibile). Ora il mio parere è che il modello che ti sei creato di interpretazione dell'amore sia un po' carente di alcuni aspetti. Ad esempio quando affermi che "La nostra elevata razionalità paradossalmente innesca il bisogno di irrazionalità", probabilmente non poni attenzione al fatto che l'uomo è corpo e anima, materia e spirito, e l'irrazionalità non è innescata dalla razionalità, ma vive di vita propria.
L’uomo è solo materia, ti sfido a trovare lo spirito . La credenza nell’esistenza di qualcosa di spirituale è frutto dell’irrazionalità. Proprio perché la nostra razionalità è in grado di condurci a una forte consapevolezza di sé e di ciò che ci sta intorno, il timore della finitudine, che va a cozzare con il nostro istinto di autoconservazione, ma anche la stessa necessità di trasmettere il patrimonio genetico per portare avanti la specie, provocano l’insorgere nell’uomo di credenze e modelli interpretativi "coprenti" (penso proprio all'amore, sarebbe sicuramente meno piacevole viverlo conoscendone il vero fine). L’elevata razionalità conduce al bisogno di irrazionalità, per vivere e morire meglio.
Posso sicuramente non essere condiviso, ma anche solo le conclusioni a cui sei giunto ("Io per esempio non sento più questo grande bisogno di avere la ragazza..."), indicano che non ti sei avvicinato alla realtà (quella che volevi interpretare) piuttosto ti sei allontanato: anche tu fai parte della realtà e il bisogno di avere una ragazza è normale, soffrire per mancanza d'amore è normale. Mi pare che questa affermazione sia un sottilissimo autoinganno, di quelli che quotidianamente inventiamo per riuscire ad andare avanti evitando così le situazioni che temiamo.
Beh, la mia è una conclusione assolutamente personale. Tra i bisogni discrimino, se non mangiassi né bevessi morirei, mentre continuerei benissimo a vivere anche se fossi single. Mi capita di leggere alcuni interventi – e io stesso, quando ero coinvolto/sconvolto da quell’inganno madornale che è l’innamoramento, partecipai attivamente – in genere di ragazzi, ossessionati nella ricerca della ragazza. Ai miei occhi, ma non gli occhi di allora, agli occhi di oggi, questo è assurdo, fuori da ogni logica, degradante ai massimi termini.
Il fatto di aver consapevolezza della propria natura permette anche di allontanarsi da essa, di muoversi controcorrente, e personalmente è una cosa che mi piace fare. È troppo stretta la dimensione che la natura ci propone, ma pur facendo parte della stessa abbiamo un sacco di possibilità inesplorate, di cui ci priviamo per incollarci saldamente ai soliti schemi, e non mi riferisco certo solo all’amore, anzi. Non so se riesco a rendere l’idea…
Detto questo io non sento il bisogno di condividere la mia vita – o più verosimilmente parte della stessa – con una persona, semmai sento un certo genere di bisogni, che qualcuno considererebbe “bassi”, se riuscissi a soddisfare questi sarebbe positivo, ma non morirò certo se non li soddisfo e soprattutto non ho alcuna intenzione di impuntarmi nella loro ricerca e incorrere nel rischio di diventare schiavo di essi. La propria dignità si misura anche nella capacità di trascendere i bisogni non necessari, inseguiti dai più senza sapere davvero il perché, o ignorando le mille strade della vita che si possono percorrere.
Non diamoci limiti che possiamo più fecondamente travalicare. Il materialismo radicale che propugno, paradossalmente permette di rilevare nell’uomo un nugolo di possibilità che nemmeno contempliamo, perché immersi da capo a piedi in una tra le tante configurazioni della realtà. Una configurazione che potremmo agilmente scardinare e rimpiazzare con altre.
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