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Vecchio 24-02-2019, 21:33   #1
Principiante
L'avatar di Tamino
 

Quando sotto ansiolitici avevo qualche amicizia una o due volte ho tentato di aprirmi con qualcuno.
Ho ottenuto la risposta che scommetto anche molti di voi hanno ricevuto: fatti forza, devi darti da fare, devi essere più energico. Oppure, una delle cose peggiori che una persona sola e depressa può sentirsi dire: vuoi solo essere compatito.
La compassione, una parola che come amore ci viene propinata nella letteratura, nei film, nella religione come la più alta virtù, ma che nella vita reale sembra non venire accettata.
Non so se riuscirò a spiegarmi, ma io ci provo.
Io sento un grosso buco nero dentro di me, é dato dal rifiuto, dal sentirsi giudicati, dalla solitudine. Lo sento come parte di me.
Nel avvicinarsi ad un altro nel tentativo di essere accettato, senza maschere, cerchi di esprimere quello che sei, e quel dolore fa parte di te, ed é una delle parte più importanti e invadenti.
Sentire una persona che non solo cerca di capirti, ma addirittura patisce con te, ti compatisce appunto, sarebbe davvero un modo per sentire svanire il rifiuto e il giudizio che hanno creato quel buco nero.
Nella stessa maniera vorrei davvero cercare di compatire un altra persona, sentire la sua parte più oscura.
Lo dico perché é mesi, da quando mi sono trasferito, che tento di mettermi una maschera, di riempire il mio tempo libero con hobby , di andare avanti e mostrarmi come la società ti vuole: felice (che è il consiglio che mi era stato dato).
Ma la verità è che in questo modo mi sento sempre più distante e solo.
Questo fine settimana ho avuto un calo depressivo tremendo dopo un bel po' di tempo che credevo di sentirmi bene, io penso che sia questo il motivo, ed é il motivo per cui quella frase mi fece così male.

Spero di aver spiegato cosa intendo per compassione, Non sto parlando di un piagnisteo continuo ne di elevare la sofferenza a qualcosa di positivo in termini cristiani.

Vi lascio anche un aneddoto tratto dalla biografia di William Blake:
In quel periodo Blake stava riprendendosi dalla fine di una relazione conclusasi malamente, con il rifiuto della sua proposta di matrimonio. Mentre raccontava la storia a Catherine e ai suoi genitori ella gli espresse comprensione, al che il poeta le chiese "Provate compassione per me?" e, quando la ragazza rispose di sì, le disse: "Allora io vi amo!". Blake sposò Catherine - di cinque anni più giovane - il 10 agosto 1782.

Scusate il pippone, sentivo il bisogno di scrivere da qualche parte le mie riflessioni.
Ringraziamenti da
dystopia (26-02-2019), Masterplan92 (25-02-2019), Robin (26-02-2019), SamueleMitomane (24-02-2019), spezzata (26-02-2019), XL (24-02-2019)
Vecchio 24-02-2019, 23:54   #2
Banned
 

Quel che adunque bontà, amore e nobiltà posson fare per altri, è sempre nient’altro che lenimento dei loro mali; e quel che per conseguenza può muoverle alle buone azioni e opere dell’amore, è sempre soltanto la conoscenza dell’altrui dolore, fatto comprensibile attraverso il dolore proprio, e messo a pari di questo. Ma da ciò risulta che il puro amore (agape, caritas) è, per sua natura, compassione. (A. Schopenhauer)
Vecchio 24-02-2019, 23:58   #3
XL
Esperto
L'avatar di XL
 

Penso che hai scritto una delle poche cose che sono riuscite a smuovere qualcosa dentro di me.
Io non avrei saputo esprimermi come hai fatto, hai trovato le parole adatte.
Dopo Schopenhauer magari stona citare uno dei film della Pixar più famosi, ma mi è venuta in mente questa scena qua


tra i commenti del video

"Il senso di questo video??"

"Far capire cosa significhi ascoltare empaticamente l'altro come ha fatto Tristezza, senza giudizi o consigli inopportuni... Comprendendo veramente l'interiorità dell'altra persona per farla sentire accolta e capita"

Ultima modifica di XL; 25-02-2019 a 00:10.
Ringraziamenti da
cancellato15324 (25-02-2019), Guybrush (25-02-2019)
Vecchio 25-02-2019, 00:20   #4
Banned
 

finiti i ringrazia.
Vecchio 25-02-2019, 00:27   #5
Banned
 

direi che mi basta e interessa piu' la comprensione e accettazione, non ho bisogno di tutta sta partecipazione emotiva, che poi spesso nel significato usuale che si da' al termine chi si compatisce e' in posizione di inferiorita' rispetto a chi compatisce che lo fa dall'alto della sua ricchezza, salute, fortuna o altro quindi e' vero che a volte e' il massimo a cui si puo' ambire ma non e' che mi entusiasmi , se la gente compatisce qualcuno significa che pare loro davvero oggettivamente messo molto male, e' come avere una conferma che si e' davvero spacciati o sfigati oltre ogni limite, spesso anche (magari solo implicitamente , inconsciamente) tale gente pensa "poverino/a , menomale che non sono io al suo posto" "io in fondo son fortunato, c'e' chi sta peggio" o quantomeno "non sono il solo a star male" e si sente meglio

Ultima modifica di cancellato2824; 25-02-2019 a 00:48.
Vecchio 25-02-2019, 01:11   #6
Esperto
L'avatar di E. Scrooge
 

"si viva a contatto con malati e persone spiritualmente oppresse - e ci si domandi se l'eloquente lamentarsi e gemere, il mettere in mostra l'infelicità non persegua in fondo lo scopo di far male ai presenti: la compassione che poi questi attestano, intanto è una consolazione per i deboli e i sofferenti, in quanto questi riconoscono da essa di avere per lo meno ancora una forza, nonostante tutta la loro debolezza: la forza di far male. L'infelice ricava una specie di piacere da questo sentimento di superiorità che l'attestazione di compassione risveglia nella sua coscienza; la sua vanità si esalta, egli è ancora abbastanza importante per causare dolore al mondo. Pertanto la sete di compassione è una sete di godimento di sé, e, invero, a spese del prossimo"

Questa perla l'ho trovata in "umano, troppo umano"; Nietzsche ci è andato giù pesante come al solito.

Ultima modifica di E. Scrooge; 25-02-2019 a 02:16.
Vecchio 25-02-2019, 01:23   #7
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da E. Scrooge Visualizza il messaggio
.
Questa perla l'ho trovata in "umano, troppo umano": Nietszche ci è andato giù pesante come al solito.
mah, non condivido questa visione
1. perche' come dicevo su anzi si senton meglio a vedere chi sta peggio (e non nel senso che son sadici e ci godono, anche proprio empatizzandoci) che li distoglie dalle proprie sfortune
2. perche' provare compassione, empatizzare sviluppa la parte umana, forse migliore (al di la' dei limiti di cui detto sopra), insomma l'anima ne esce migliorata... ovviamente dipende da quali obiettivi (personali e sociali) si considerano rilevanti ... mi viene in mente la favola del principe Felice di Wilde

Ultima modifica di cancellato2824; 25-02-2019 a 10:49.
Vecchio 25-02-2019, 02:10   #8
Esperto
L'avatar di E. Scrooge
 

Quote:
Originariamente inviata da ila82 Visualizza il messaggio
mah, non condivido questa visione
1. perche' come dicevo su anzi si senton meglio a vedere chi sta peggio (e non nel senso che son sadici e ci godono, anche proprio empatizzandoci) che li distoglie dalle proprie sfortune
Diciamo che il discorso di Nietzsche vale solamente se per compassione si intende la partecipazione emotiva al dolore dell'altro; in questo caso, quindi, anche colui che prova compassione, empatizzando, percepisce dolore insieme allo sventurato.

D'altronde è vero anche che molti godono dell'altrui miseria, nel senso che riescono ad avere una visione di sé migliore grazie al contrasto fra le proprie fortune e le altrui disgrazie; in tutto questo, però, io credo che la partecipazione emotiva ai sentimenti dei più sfortunati sia al minimo: in fin dei conti è solo un modo per cotonarsi l'ego piluccando dalle carcasse, come fanno gli avvoltoi; perciò non so se sia possibile definire un atteggiamento del genere come veramente "compassionevole".

Ultima modifica di E. Scrooge; 25-02-2019 a 02:19.
Ringraziamenti da
Selenio (25-02-2019)
Vecchio 25-02-2019, 14:11   #9
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Quote:
Originariamente inviata da E. Scrooge Visualizza il messaggio
Diciamo che il discorso di Nietzsche vale solamente se per compassione si intende la partecipazione emotiva al dolore dell'altro; in questo caso, quindi, anche colui che prova compassione, empatizzando, percepisce dolore insieme allo sventurato.
non so e' talmente rara la vera partecipazione emotiva... potrei provarla magari per un figlio, un fidanzato, una sorella (ah ah, tutta gente che non ho XD, va be', mettiamo anche genitori e nonni), l'ho provata anche per qualche animaletto sofferente...
pero' non vedo perche' cotali dovrebbero volere vedermi soffrire anch'io con loro, per loro, penso vogliano il mio aiuto, il mio amore, ma anzi se mi vedono soffrire per loro gli dispiaccia (che poi credo si sentirebbero anche umiliati e imbarazzati)

Ultima modifica di cancellato2824; 25-02-2019 a 15:17.
Vecchio 25-02-2019, 15:01   #10
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da E. Scrooge Visualizza il messaggio
"si viva a contatto con malati e persone spiritualmente oppresse - e ci si domandi se l'eloquente lamentarsi e gemere, il mettere in mostra l'infelicità non persegua in fondo lo scopo di far male ai presenti: la compassione che poi questi attestano, intanto è una consolazione per i deboli e i sofferenti, in quanto questi riconoscono da essa di avere per lo meno ancora una forza, nonostante tutta la loro debolezza: la forza di far male. L'infelice ricava una specie di piacere da questo sentimento di superiorità che l'attestazione di compassione risveglia nella sua coscienza; la sua vanità si esalta, egli è ancora abbastanza importante per causare dolore al mondo. Pertanto la sete di compassione è una sete di godimento di sé, e, invero, a spese del prossimo"

Questa perla l'ho trovata in "umano, troppo umano"; Nietzsche ci è andato giù pesante come al solito.

Leggendo questo cumulo di banalità mi risulta più comprensibile come mai i nazisti lo abbiano preso a ispirazione.
Vecchio 25-02-2019, 15:04   #11
Banned
 

Bellissimo Inside out, spiega molto bene e in modo comprensibile a tutti quello che sono le emozioni e come funzionano.

E' un discorso complesso questo e da quanto vedo intorno a me nel rapporto con le persone più strette, ci sono due tipi di persone, chi cerca risposte e soluzioni immediate andando in un loop di pensieri e pretendendo siano gli altri a risolvere i loro problemi e chi semplicemente cerca ascolto e vicinanza.
Non si può parlare di giusto o sbagliato, servono entrambi, ma dipende dal momento, dal problema, dal contesto, dalla persona.

Io stessa ho alcuni momenti in cui chiedo aiuto quando non capisco qualcosa, quando non so come muovermi, quando ho paura di sbagliare e sono bloccata, allora il mio modo di pormi è più diretto e ricettivo, ma più spesso la risposta razionale la so bene, quello di cui ho bisogno non sono soluzioni facili e immediate, ma ascolto, non serve nemmeno dire chissà che e questa è la cosa che manda sempre in crisi tutti, davanti ai problemi la gente è a disagio, resta spiazzata, non sa che dire e allora giù di frasi fatte, spesso superficiali che hanno il solo compito di far sentire chi sta male ancora peggio, più sola, non ascoltata.
La compassione (che non ha un'accezione negativa, non è pena) è rara, richiede empatia, richiede un mettersi nei panni dell'altro che è tutt'altro che facile.
E' anche vero però che qualcuno ama crogiolarsi nei propri problemi. Ok, succede qualcosa che fa soffrire, si sta male, ci si vuole sfogare, si cerca vicinanza, ma poi si dovrà anche reagire e andare avanti. L'equilibrio è sempre difficile da ottenere, dare uno stop alla lamentela fine a se stessa è necessario.
Ringraziamenti da
Selenio (25-02-2019), XL (25-02-2019)
Vecchio 26-02-2019, 19:52   #12
Intermedio
L'avatar di Robin
 

Quote:
Originariamente inviata da Tamino Visualizza il messaggio
Quando sotto ansiolitici avevo qualche amicizia una o due volte ho tentato di aprirmi con qualcuno.
Io sento un grosso buco nero dentro di me, é dato dal rifiuto, dal sentirsi giudicati, dalla solitudine. Lo sento come parte di me.
Nel avvicinarsi ad un altro nel tentativo di essere accettato, senza maschere, cerchi di esprimere quello che sei, e quel dolore fa parte di te, ed é una delle parte più importanti e invadenti.
Sentire una persona che non solo cerca di capirti, ma addirittura patisce con te, ti compatisce appunto, sarebbe davvero un modo per sentire svanire il rifiuto e il giudizio che hanno creato quel buco nero.
Nella stessa maniera vorrei davvero cercare di compatire un altra persona [...].
Mi ritrovo mlto in quello che scrivi qui, hai dato espressione a qualcosa d'importante con parole migliori di quelle che avrei saputo usare io. Quindi grazie.
Anche io sento "fame" di dialogo profondo, ma nn sono ancora risucito ad avere l'opportunità di frequentare luoghi in cui venga praticato o che mi possano stimolare davvero nel farlo seriamente. Luoghi simili sn rari xke la compassione nn fa ( nn ha mai fatto?), a conti fatti, parte della visione dominante del mondo in cui siamo immersi.
Cmq a mio avviso, più di parte oscura dell'altro per me questa parte è il meglio, imbrigliato e sofferente, dell'altro, anche se si trova fra molta "sporcizia interiore" e nell'oscurità.
Quote:
Ho ottenuto la risposta che scommetto anche molti di voi hanno ricevuto: fatti forza, devi darti da fare, devi essere più energico.
Finora mi sn aperto di rado e solo se sapevo che l'altra persona non mi poteva ferire ( vuoi per mio poco interesse o per fiducia).
Secondo me nn è una csa da fare se mancano queste premesse, xke nel nostro piccolo si è spesso tendenzialmente ( senza accorgersene) nichilisti,affaristi, scissi. Quindi in genere si ricevono, per paura, fretta o disinteresse, sl risposte preconfezionate cm qlle che hai citato.
Quote:
Oppure, una delle cose peggiori che una persona sola e depressa può sentirsi dire: vuoi solo essere compatito.
Succede...una vlta (ero all'estero a fare uno "stress test in grande stile" all'ansia) provai ad aprirmi cn una persona nuova. Sembrava allo mlto aperta al dialogo (diceva di soffrire di depre) e credevo le facesse piacere condividere e sapere che v'erano altri lì cn lei che un po' capivano...
Quello che più m'ha colpito è il modo in cui s'è ritratta, passando dall'interesse nei miei confronti al distacco. Ormai ero abbastanza "solido" psicologicamente e nn ci rimasi trppo male.
Altre vlte andò meglio. Nn mi sentii mlto compreso, ma nn fui rifiutato e quindi nn mi offesi. Anche xke vi furono vlte in cui fui io a nn capire...
Quote:
Lo dico perché é mesi, da quando mi sono trasferito, che tento di mettermi una maschera, di riempire il mio tempo libero con hobby , di andare avanti e mostrarmi come la società ti vuole: felice (che è il consiglio che mi era stato dato). Ma la verità è che in questo modo mi sento sempre più distante e solo.
Ma poi sti qua che parlano di "felicità" sn davvero felici? Nella maschera? (quindi vivendo nella falisità, in primis verso di sé)? Vivendo/pensando/dicendo "come si deve"? Che rapporti veri ci possono mai essere? Sanno quello che dicono?

Bho...

da mlti anni ormai nn mi convince più sta roba...dell'essere "cm si".
Questa convinzione è rafforzata dal fatto che fu proprio iniziando a far l'opposto di qllo che in genere mi veniva propinato per "felicità" che ho fatto, col tempo, progressi notevoli nella fs.
Inoltre nn mi pare (per ql che ho/sto imparando) che le grandi tradizioni sapienziali e il meglio della filosofia occidentale insegnino qllo che è ritenuto valido da chi ha scelto la via del fare/dire/pensare "come si dovrebbe".
Nn so...

Cmq stavo leggendo due libri che parlano anche di questo tema (il guidizio e l'isolamento che esso provoca) e magari ti potrebbero interessare ( o magari ad altri), quindi li condivido:

Mauro Scardovelli:

1) Conoscenza e libertà.
2) Qualità ed inquinanti.

Spero possano essere in qulache mdo utili...

In ogni cso, per ql poco che vale, ti auguro di poter trovare persone che praticano l'ascolto profondo e che ti possano aiutare a stare meglio. Buona fortuna!

Ultima modifica di Robin; 26-02-2019 a 20:03.
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