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26-11-2015, 18:20
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#1
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Voglio aprire una discussione che forse non è mai stata aperta.
Qual'è il vostro rapporto con la lettura?
Non vi sto chiedendo necessariamente quali libri leggete o quali avete letto ultimamente, ne che generi frequentate.
La mia domanda è più sensibile e vi chiede di riflettere sul perchè leggete.
Qual'è la vostra fenomenologia personale della lettura?
Nel senso: leggete perchè trovate questa pratica necessaria, come il respirare, oppure dietro questa attività apparentemente passiva si nasconde un vostro incofessato (o scoperto) utilitarismo che vi fa credere che più leggete, più sarete, potenzialmente, intelligenti e/o colti.
Leggete per evadere dalla vita, per dimenticare la realtà, oppure al contrario per incontrare la vita, la realtà, dato che alcuni grandi romanzi, specie antici e classici, si pongono appunto come esempi luminosi di una possibile visione profonda nei confronti della realtà.
Leggete per passare il tempo o perchè magari avete l'impressione di guadagnarlo?
Io ho sempre letto sin da bambino.
Compravo settimanalmente i libri per ragazzi che uscivano con l'espresso, e mica erano solo per ragazzi, anzi: David Copperfield, Zanna Bianca, Il libro della giungla, Il giro del mondo in 80 giorni. Insomma i migliori.
Poi verso i 15 anni, ho cominciato a leggere diversi saggi, specie di psicologia, e anni più tardi mi sono interessato alle filosofie orientali leggendo un libro che possiedo felicemente e di cui ho un buon ricordo: La via dello zen, di Alan Watts.
Adesso sto cercando di leggere i tre testi principali del taoismo filosofico, che ho scaricato gratuitamente da Internet, in PDF, ma vado lento perchè essi sono molto difficili. Al confronto, Nietzsche è una lettura veramente per bambini.
Comunque, ho notato che ultimamente rifuggo istintivamente dai romanzi, specie da quelli pubblicati recentemente. Certo, ho nel cuore alcuni romanzi, che mi incendia rileggere di tanto in tanto, anche solo qualche pagina: Delitto e Castigo, Il grande amico, di Alain Fournier; Norwejan Wood di Murakami; Stella Meravigliosa, di Mishima; e poi ancora Il grande Gatsby, Fitzerald; Avventure di una ragazza cattiva, di Vargas Llosa. E come si fa a non amare il picaresco Don Chisciotte, scritto da quella grande intelligenza libera che fu Cervantes? Però questi sono romanzi che in qualche modo travalicano e trascendono la finzione che li compone rivelando la funzione di cui sono intessuti: il sasso provocante lanciato al lettore che li incontra come amici intelligenti e loquaci.
Però un uomo che legge sempre è come un'ameba, non trovate? Un uomo del genere non vive di realtà, di esperienza, ma di parole, e magari non vorrà accettare la vita che non sarà stata filtrata da filosofi o sopravvalutati intelligentoni. Noto che nel letterato o nel cosidetto intellettuale c'è sempre la volontà di appartarsi dalla vita, dallo spontaneo fluire dell'esperienza, parafrasando l'affascinante e antichissima dottrina del Tao.
La vita non è fatta di parole ma di vita, e cercare di ghermirla, di afferrarla con le parole, confodendo la sua essenza con la descrizione che se ne da di essa, è un pò come cercare di afferrare dell'acqua con un retino per pesci. La vita, forse, è al di là di ogni filosofia, di ogni descrizione che se ne dà di essa.
So di aver toccato argomenti alti, che riguardano il miglior Buddismo Zen, la filosofia del linguaggio come la intendeva Wittgeinstein, il primo costruttivismo di Hume, e che sinceramente non saprei trattare nella loro complessità, eccetto forse il Buddismo Zen, di cui ho letto qualche libro, ma non che ne parlava in termini scioccamente New Age, bensì scritto da professori di filosofia: Alan Watts, Pasqualotto, Arena, Suzuki, Humprey e così via.
Ma sto divagando. Non volevo divagare ma adesso che rileggo non ho voglia di cancellare ciò che ho scritto. Avrete capito il mio discorso. Ringrazio anticipatamente il lettore eventuale che mi abbia coraggiosamente seguito fino a questo punto, parola per parola, e lo esorto a domandarsi se il termine cultura oggigiorno - la cultura: questa dea istituzionalizzata - non sia forse troppo sdognato magari attribuendola a persona che di cultura ne hanno veramente poca, ma che recitano il personaggio dell'uomo con tanta cultura. Lo sapete che cultura originariamente significava coltivazione di se? E non vi sembra che la pratica della lettura, e quindi della cultura, sia più ostentata che effettivamente praticata? Forse la lettura è come il sesso: più viene praticata, meno viene esibita. Altro che sterili giornate dedicate alla lettura. Talvolta la lettura è un vizio nevrotico, e legge solo chi ha voglia: perchè si deve obbligare un uomo a leggere? Che non legga...La lettura deve essere coltivata solo se un uomo la incontra felicemente e spontamente durante la sua strada.
Ma...
Ho parlato sin troppo. Mi piacerebbe che continuaste questa riflessione analizzando, senza seriosità s'intende, il vostro rapporto con la lettura, con la cultura quotidiana, con la generica accezione che si dà di essa, sulla sua mancanza. Vi prego, se non leggete, siate orgogliosamente sinceri: la lettura non fa sempre bene. A volte tormenta, da domande che non si possono risolvere, ed è anche uscito un saggio credo irriverente, che non ho letto, di un professore di liceo in francese, che ha scritto questo libro: contro la lettura.
Lascio a voi la palla della discussione.
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26-11-2015, 19:02
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#2
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 2,976
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Io leggo perchè il mondo da solo non è completo senza il pensiero. E leggere i pensieri di grandi uomini completa la realtà del mondo. Mondo esteriore e pensiero sono due facce della realtà. Pertanto la lettura non la considero una fuga dalla realtà, almeno non più di quanto non lo sia dedicarsi eccessivamente al mondo esteriore,senza fermarsi a riflettere e magari a nutrirsi delle riflessioni altrui.
Quote:
Originariamente inviata da mike21
Però un uomo che legge sempre è come un'ameba, non trovate? Un uomo del genere non vive di realtà, di esperienza, ma di parole, e magari non vorrà accettare la vita che non sarà stata filtrata da filosofi o sopravvalutati intelligentoni. Noto che nel letterato o nel cosidetto intellettuale c'è sempre la volontà di appartarsi dalla vita, dallo spontaneo fluire dell'esperienza, parafrasando l'affascinante e antichissima dottrina del Tao.
La vita non è fatta di parole ma di vita, e cercare di ghermirla, di afferrarla con le parole, confodendo la sua essenza con la descrizione che se ne da di essa, è un pò come cercare di afferrare dell'acqua con un retino per pesci. La vita, forse, è al di là di ogni filosofia, di ogni descrizione che se ne dà di essa.
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Hai compresso in poche righe argomenti che occuperebbero tranquillamente decine di volumi, ti rispondo così di getto su alcune cose...
Ci sono persone che non leggono e fuggono dalla vita ugualmente.
Una persona che legge molto,per contro,può avere una fine sensibilità, e possono essergli sufficienti pochi stimoli di vita per percepire e assimilare ciò che altri non assimilano neanche con moltissimi stimoli.
Sicuramente ci può essere qualcuno che fugge dalla vita rifugiandosi nella lettura. Ma che dire di chi fugge dalla vita rifugiandosi in una qualsiasi altra passione,magari in un'attività artistica o magari in una volgare passione sensuale.
Voglio dire chi dice che uno che sta a casa a leggere è meno connesso alla vita di chi magari nello stesso tempo è in mezzo ad un sacco di gente a godere di alcool,donne e quant'altro?
Non credo che il cosa uno sta facendo determini la misura in cui fugge o meno dalla vita, ma ciò che conta è il come: il rapporto in cui si trova con la cosa che sta facendo.
Ma credo che siano discorsi che potrebbero continuare per ore articolandosi all'infinito.
Quote:
Originariamente inviata da mike21
Ma sto divagando. Non volevo divagare ma adesso che rileggo non ho voglia di cancellare ciò che ho scritto. Avrete capito il mio discorso. Ringrazio anticipatamente il lettore eventuale che mi abbia coraggiosamente seguito fino a questo punto, parola per parola, e lo esorto a domandarsi se il termine cultura oggigiorno - la cultura: questa dea istituzionalizzata - non sia forse troppo sdognato magari attribuendola a persona che di cultura ne hanno veramente poca, ma che recitano il personaggio dell'uomo con tanta cultura. Lo sapete che cultura originariamente significava coltivazione di se? E non vi sembra che la pratica della lettura, e quindi della cultura, sia più ostentata che effettivamente praticata?
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Sicuramente il 99% delle persone considerate colte non lo sono, sono soltanto erudite.
E' colto solo colui che la cultura la fa. L'artista è colto,non il critico d'arte. Il letterato è colto, non il professore di letteratura e così via. Se sfrondi in questo modo ti accorgi che alla fine i Colti sono(e sono sempre stati) un'elite.
Ho notato rileggendo che su qualcosa mi sono ripetuto, ma come te non ho voglia di correggere e riscrivere.
Hai toccato sicuramente argomenti alti,ti mando un messaggio con alcuni testi che secondo me riguardano in qualche modo ciò di cui hai scritto.
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26-11-2015, 19:07
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#3
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Banned
Qui dal: Apr 2013
Ubicazione: where the sky is made of amethyst
Messaggi: 1,669
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Mi è sempre piaciuto leggere, ma ho iniziato a leggere tanto sopratutto nel periodo delle medie.Era il mio modo di passare il tempo, di evadere la realtà, di non annoiarmi...per me all'epoca leggere era quasi come vedere un film, riuscivo quasi a vedere le scene...alla fine il mio rapporto con la lettura non è cambiato più di tanto. Nell'ultimo anno soltanto ho iniziato a leggere dei saggi su argomenti che volevo approfondire, ma non mi viene spontaneo leggere per farmi una cultura, per me leggere è una forma d'intrattenimento, voglio leggere principalmente cose che mi assorbano e mi facciano emozionare e riflettere...anche se ora mi emoziono molto di meno
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26-11-2015, 19:27
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#4
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Esperto
Qui dal: Oct 2015
Messaggi: 3,954
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ho iniziato a leggere per conto mio in seconda elementare perché mi annoiavo con gli altri bambini e mi serviva qualcosa per passare il tempo e da allora fondamentalmente non è cambiato nulla
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26-11-2015, 19:33
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#5
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: I'll remain unperturbed by the joy and the madness that I encounter everywhere I turn.
Messaggi: 1,955
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Questo è il primo rapido pensiero che vorrei fissare qui, e che si riferisce soprattutto alla parte conclusiva del tuo bellissimo post di apertura (che spero avrà un ottimo seguito), dal momento che prima di questa sera non sarò sufficientemente libero per intervenire come vorrei. Sul "perché", o sulla "utilità" della lettura non si possono dare formule dal valore assoluto, perché anche (e soprattutto) per questo ambito, come hai fatto giustamente notare, tradurre in parole, e quindi simboli, lo scorrere della vita, e uno strumento atto a rappresentarla come la letteratura, finirebbe per limitare l'uno e l'altra. Ho sempre pensato che la realtà attorno a noi non possa prescindere dalla sua "rappresentazione", sia in termini di percezione soggettiva che di "traduzione" di essa attraverso i simboli che le parole costituiscono. In altri termini, essendo le parole lo strumento più immediato ed efficace che abbiamo a disposizione per appropriarci di questa realtà, farla veramente nostra e con ciò restituirla a noi stessi e agli altri, è materialmente, fisicamente impossibile separare la letteratura dalla vita. E questo nonostante l'evoluzione del linguaggio, sempre più semplificato e comunicativo piuttosto che espressivo, e il conseguente impoverimento contenutivo, mirino a darci un'immagine sempre più "visiva" dei concetti e delle loro tecniche di esposizione, nell'illusione che uno slogan possa rappresentare, come una sorta di istantanea, le sfumature di quello che ci circonda. Ed è questo il punto: la letteratura e la lettura non sono in sé indispensabili al nostro vivere nel mondo e alla nostra crescita, perché esse sono attorno a noi sempre, in ogni oggetto, parola, atteggiamento, situazione, e non c' bisogno di prendere un libro in mano per accedervi. Letteratura posso farne e goderne parlando con chi mi sta davanti senza ripetergli una minestra riscaldata di impressioni estemporanee e aneddoti quotidiani sul più e sul meno; letteratura è ciò che organizza e presiede al mio pensiero, quando ad esso, e con ciò a me stesso, accordo un rispetto che gli imponga di non essere il semplice compendio delle mie azioni del momento; lettura e letteratura è l'osservazione attiva del mondo, la sua interiorizzazione, la voglia di raccontarlo e raccontarcelo non solo in termini di contingenza e casualità, ma di motivi, principi, eccezioni. Il libro è solo il veicolo attraverso il quale si accede con più immediatezza al vero cuore di ogni letteratura, e cioè l'interiorizzazione del mondo operata dall'autore, alla quale si deve accompagnare la nostra.
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Ultima modifica di Josef K.; 26-11-2015 a 19:38.
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26-11-2015, 20:26
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#6
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,449
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tl;dr.
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26-11-2015, 22:12
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#7
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Avanzato
Qui dal: Oct 2015
Messaggi: 376
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Vi riporto un paio di passi da L'arte di insultare di Schopenhauer e poi qualche mia breve considerazione.
"Gli eruditi. La parrucca è il simbolo ben scelto dell'erudito puro in quanto tale. Essa è un ornamento del capo, formato da un'abbondante massa di capelli altrui, in mancanza dei propri; parimenti, l'erudizione consiste nel provvedere il capo d'una gran massa di pensieri altrui che, per la verità, non lo coprono in modo sufficiente e naturale, né sono adatti a tutti i casi e gli scopi, né hanno radici abbastanza salde, né, quando sono logori, possono essere sostituiti da altri della stessa origine, come avviene per quelli nati dal proprio terreno.
Per colui che studia per raggiungere l'intelligenza delle cose, i libri e gli studi sono meri pioli della scala, sulla quale egli sale al vertice della conoscenza: non appena un piolo lo ha sollevato di un passo, egli se lo lascia indietro. I molti invece che studiano per riempirsi la memoria, non utilizzano i pioli della scala per salire, ma li raccolgono e se ne caricano per portarli con sé, rallegrandosi per il crescente peso del carico. Essi rimangono eternamente in basso, perché sono loro a portare ciò che avrebbe dovuto portarli.
L'erudito puro e semplice, per esempio un ordinario di Gottingen, guarda al genio all'incirca come noi guardiamo alla lepre, che soltanto dopo morta è buona da mangiare a da cucinare: perciò come a qualcuno sul quale, finché è vivo, bisogna sparare".
"L'erudizione. L'erudizione mi sembra paragonabile a una pesante corazza, che rende bensì l'uomo forte assolutamente invincibile, ma che per il debole è un peso sotto il quale egli alla fine soccombe".
I "citazionisti" come me, in questo caso, sono proprio simili a quegli eruditi di cui parla Schopenhauer, che invece di riportare un proprio pensiero pensano di far loro la riflessione di un altro. Esatto, ho riportato una citazione per parlar male di chi fa troppe citazioni. Ma del resto esistono anche gli amanti del calcio che non necessariamente sanno giocare a pallone ma ricordano a memoria tutti le più belle azioni della loro squadra del cuore.
Per quanto riguarda il mio rapporto con la cultura e la lettura, ho cominciato ad appassionarmi alla letteratura relativamente tardi e la considero solo un modo per tenermi compagnia (come si cerca la compagnia di una persona che si ritiene interessante), sia quando si tratta di leggere un romanzo che una poesia, un saggio di psicologia, sociologia, o un passo filosofico, preferendo la profondità filosofica e poetica, ma senza troppa astrusità, a una bella narrazione.
Me ne sono sempre altamente fregato della cultura generale: conosco pochissimo i grandi classici greci e latini, ma magari amo uno scrittore conosciuto da un minor numero di persone. Oppure, per ritornare a Schopenhauer, non ho letto la sua opere principale, che mi sembra essere Il mondo come volontà e rappresentazione, perché la trovo un po' pesante, ma mi sono divertito molto a leggere le sue invettive contro il mondo intero nel libro di cui sopra.
Mi dà fastidio anche quando qualcuno si lamenta troppo del fatto che in Italia - giusto per parlar male del nostro Paese - si legge poco, come se quelli che non sono minimamente portati per la lettura dovessero ingozzarsi di libri per migliorare una statistica invece che per voglia di farlo.
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Ultima modifica di Bernardo Soares; 26-11-2015 a 22:15.
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26-11-2015, 22:45
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#8
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Ariamente: eh la madonna. Addirittura da incorniciare? Ariamente ma tu sei donna o uomo?
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26-11-2015, 22:48
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#9
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Messaggi: 4,598
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Quote:
Originariamente inviata da mike21
Ariamente ma tu sei donna o uomo?
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Cit. Professor Oak
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26-11-2015, 22:53
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#10
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Io sono il nipote del professor Oak. Però non perdo più tempo a classificare i pokemon. Invece raccolgo informazioni sugli utenti di fobia sociale: c'è molta più varietà
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26-11-2015, 23:16
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#11
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Esperto
Qui dal: Mar 2013
Messaggi: 3,825
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Leggo se è un argomento che mi interessa.
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26-11-2015, 23:20
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#12
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Ariamente sei donna. Attenta ariamente, se non stai attenta ti broccolerò con i miei pensieri profondi senza che tu neanche te ne accorga.
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26-11-2015, 23:21
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#13
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Welsmertch(mi sa che l'ho scritto male ) è stato il più sintetico ed essenziale
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26-11-2015, 23:22
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#14
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: I'll remain unperturbed by the joy and the madness that I encounter everywhere I turn.
Messaggi: 1,955
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26-11-2015, 23:37
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#15
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Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 568
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Mi correggo: il più essenziale è stato Joseph K., però quello col nome in tedesco è stato il più sintetico.
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27-11-2015, 00:22
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#16
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: I'll remain unperturbed by the joy and the madness that I encounter everywhere I turn.
Messaggi: 1,955
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Quote:
Originariamente inviata da mike21
Mi correggo: il più essenziale è stato Joseph K., però quello col nome in tedesco è stato il più sintetico.
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Thanks. Questo topic merita di essere approfondito direttamente in chat, tanti sono gli spunti che fornisce. Intendo affrontarli tutti man mano che si dipanerà anche il punto di vista altrui, così da non costruire muri di testo scoraggianti e tediosi.^^
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27-11-2015, 00:26
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#17
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Banned
Qui dal: Feb 2015
Messaggi: 1,665
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Quote:
Originariamente inviata da Josef K.
Thanks. Questo topic merita di essere approfondito direttamente in chat, tanti sono gli spunti che fornisce. Intendo affrontarli tutti man mano che si dipanerà anche il punto di vista altrui, così da non costruire muri di testo scoraggianti e tediosi.^^
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Aspettiamo i muri di testo scoraggianti e tediosi
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27-11-2015, 00:31
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#18
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: I'll remain unperturbed by the joy and the madness that I encounter everywhere I turn.
Messaggi: 1,955
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Quote:
Originariamente inviata da Ippocrates
Aspettiamo i muri di testo scoraggianti e tediosi
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E invece arrivò un muro di questi:^^
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27-11-2015, 01:18
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#19
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Esperto
Qui dal: Oct 2013
Messaggi: 13,447
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Non c'è un motivo per cui leggo. Niente di quello che faccio ha un significato.
Leggo, mi alleno, scrivo senza sosta cose che nessuno leggerà, ma niente di ciò ha un'utilità concreta, un riscontro tangibile nel mondo reale. Non c'è minuto che passi senza che abbia la coscienza di quanto ogni mio sforzo sia assurdo e privo di senso. Eppure mi sta bene così, accetto la vita nella sua assurdità e vado avanti.
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27-11-2015, 01:25
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#20
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: I'll remain unperturbed by the joy and the madness that I encounter everywhere I turn.
Messaggi: 1,955
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Quote:
Originariamente inviata da Varano
Non c'è un motivo per cui leggo. Niente di quello che faccio ha un significato.
Leggo, mi alleno, scrivo senza sosta cose che nessuno leggerà, ma niente di ciò ha un'utilità concreta, un riscontro tangibile nel mondo reale. Non c'è minuto che passi senza che abbia la coscienza di quanto ogni mio sforzo sia assurdo e privo di senso. Eppure mi sta bene così, accetto la vita nella sua assurdità e vado avanti.
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Condivido parola per parola.
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