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Esperto
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Ricordo che al ginnasio mi ero messo a riflettere il più possibile, specialmente verso la fine del biennio, perché sapevo che nei tre anni successivi avrei dovuto affrontare la filosofia, e mi dicevo che dovevo arrivare a delle mie conclusioni personali, con le mie sole forze, prima che il pensiero filosofico altrui le "contaminasse", le deviasse, le rendesse meno genuine, meno mie. Da una parte questo esprime il senso di atterrimento che provavo alla prospettiva di affrontare la materia specifica, ma dall'altra c'era, da parte mia, un timore generalizzato di mescolarmi con le idee altrui, timore che a quel tempo era forte in me, sentivo un dovere di tenermi separato dalla società per quel che era, dal Mondo e le sue cose. Poi, dopo una grave depressione nel terzo e quarto anno causata anche da queste ossessioni, alla fine le superai, me ne liberai, e mi dissi che questa tensione verso una sorta di purezza mentale non aveva alcun senso, alcun fondamento.
Nel frattempo il confronto con la filosofia al liceo procedeva con una mescolanza di delusione e frustrazione, perché a tratti mi sembrava di trovare nella materia idee puerili, che non capivo davvero come si potessero sostenere o prendere sul serio, ed idee astruse, che non riuscivo a penetrare in alcun modo, e allora mi dicevo che fossero le mie capacità mentali a essere insufficienti.
Solo dopo molto tempo mi resi conto che questo era causato innanzi tutto da un professore di filosofia che era tutto nozioni e pochissima capacità di afferrare i concetti, di coglierne le sottigliezze, i doppí fondi, le trappole che obbligavano a una grande cautela nel procedere del pensiero: in pratica stavo studiando sotto una persona scarsamente competente. Ma c'era anche il problema che la filosofia dominante in Italia (e nel continente europeo) viene assai spesso condotta senza rigore, anche dai filosofi considerati più di peso, con gran prosopopea, con un intento fortemente moraleggiante, tendente al nozionismo e all'idea che per "far filosofia" basti conoscerne il decorso storico che ha avuto. Tutto questo mi provocava molta frustrazione.
Per anni sono andato avanti e indietro tra la forte tensione a voler capire la filosofia, anche misurandomi coi pesi massimi della materia, seguita dalla frustrazione che provavo nella difficoltà di penetrarli, di capirli, di seguirne i ragionamenti e le argomentazioni.
Ho comunque provato una seconda laurea in filosofia, solo che a un certo punto ho cambiato indirizzo per motivi che qui sarebbero lunghi da raccontare, passando a storia moderna, ma intanto mi mettevo in programma ancora esami di filosofia, e l'ultimo che ho provato a dare era di bioetica, e mi sembrava che questa volta ne stessi ricavano soddisfazione e risultati, solo che (e questo succedeva una decina di anni fa), per motivi esterni che questa volta con lo studio non c'entravano niente, ho subito un tracollo psicologico e ho abbandonato la seconda laurea, finendo per farmi seguire dagli psichiatri per riuscire ad andare avanti.
Alla fine mi sono detto che non aveva senso insistere con una materia per cui provavo interesse ma per cui non ero evidentemente portato o comunque abbastanza intelligente per arrivare al livello che avrei voluto. Intanto, però, ogni tanto finisco di nuovo a leggere libri di filosofia, con risultati misti.
Attualmente sono arrivato alla conclusione che la filosofia ha sì l'apparenza di qualcosa di accessibile a tutti, perché le parole, i concetti e i ragionamenti li usiamo praticamente tutti ogni giorno (a differenza di altre materie come, chessò, l'elettrotecnica, che sono unicamente dominio degli specialisti), ma in realtà è una materia squisitamente tecnica, anche per tutto il retroterra storico che ha avuto, fatto di termini e concetti che, anche se non sembra, sono estremamente specializzati e fortemente gergali, che si sono formati nei secoli, e allora per accedervi bisogna avere tanta pazienza, tanto tempo, e poi soprattutto persone che già ne sappiano e che ti guidino passo passo, con mano sicura e mente chiara, lungo il percorso per farti capire via via come funzionano i meccanismi del ragionare filosofico, salendo di gradino in gradino dal semplice al complesso.
Solo che almeno in Italia sono pochi che hanno questo approccio: docenti, studiosi e filosofi procedono quasi sempre in maniera arruffata, disordinata e poco rigorosa, portando così soprattutto a una gran confusione. E in fondo anche il mio approccio è stato conseguente, disordinato e privo di metodo, e per forza che poi i risultati sono stati quelli che sono stati, cioè abbastanza mediocri.
In questi giorni ho pensato che per raggiungere il livello di conoscenza filosofica da me desiderato (che non si limite al sapere che Platone diceva questo e Cartesio, quell'altro, ma saper valutare anche la fondatezza delle diverse idee), avrei dovuto farne oggetto di uno studio quasi esclusivo, lasciando perdere un sacco di altre cose a cui mi sono dedicato nella vita. E mi dico che forse avrei avuto le capacità per arrivare al livello elevato che desideravo. Ma, purtroppo, a meno che non si sia dei genî, resta una materia che non si può coltivare come hobby. Mi resterà sempre il dubbio di aver scelto il percorso di studio sbagliato, ma mi dico anche che, per come sono fatto, non avrei comunque resistito dal dedicare tutto il mio tempo a una sola cosa, e allora forse ho fatto bene a mettermi a studiare e dedicarmi a qualcosa di meno impegnativo.
Resta il fatto che ogni tanto tornerò sicuramente a leggere libri di filosofia, ben sapendo che generanno comunque in me un misto di frustrazione e rimpianto. Ma non posso farne a meno, né di esserne attratto né di esserne respinto.
(alla fine è venuta una cosa lunghissima)
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