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Originariamente inviata da Atlas
Nah.
gli introversi si trascinano dietro la noia come una malattia. Non vivono molto e per questo non hanno molto da dire che ripetere quello che hanno letto o visto.
Dopo un pò si capisce che non hanno veramente opinioni proprie. Quando parlano parlano poco o ti addossano un fiume di chiacchere, come una diga frantumata. Non fanno da collante con le persone per cui se te i trascini dietro devi sempre stare attento a intrattenerlo perché lui o lei si chiuderanno nel loro mutismo come se gli altri fossero troppo stupidi per capire i loro pensieri.
Non sono mai presenti in quel che fanno e non hanno idea di quello che faranno.
Le case degli introversi sono magazzini pieni di giocattoli, consumate dal vissuto ossessivo di chi le occupa, le case degli estroversi sono case e vengono usate come case, ci si arriva ci si rimbalza, ma la vita è fuori e fuori vivono.
Forse l'unico che apprezza un'introverso è un'altro introverso, entrambi abitano lo stesso spazio ma vivono gelosamente la loro alienazione privata, così nessuno pretende nulla dall'altro.
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Credo che tu, come tanti qui dentro, stiate confondendo l'introversione con il solipsismo patologico.
Tant'è che secondo la dicotomia che va per la maggiore su FS un introverso non ha amici (a parte internet) né vita sociale (a parte internet), cosa assolutamente non vera.
Come spesso capita, sono gli eccessi a produrre problemi, e indubbiamente uno sbilanciamento nell'introversione tale da provocare totale distacco emotivo dagli altri e alienazione è fonte di disagio, per sé e per il prossimo.
Ma possiamo facilmente immaginare anche un caso opposto di eccessiva estroversione intesa come incapacità di riflettere su sé stessi e di vedere il proprio agito da una prospettiva diversa: se non ci si sa mettere in discussione si rischia di diventare irruenti, maleducati, egoriferiti, ecc.
Poi capisco da dove possano nascere certi pensieri di rifiuto: quando si supera una propria difficoltà (o si inizia comunque a vedere la luce in fondo al tunnel), è naturale provare un certo grado di disgusto verso la condizione precedente che si è vissuta. Ma poi bisogna essere in grado di riequilibrare il tutto e capire che non sempre bianco e nero sono ben evidenti e distinguibili. Che ci sono delle sfumature importanti e capire che ci si può accettare nelle caratteristiche non problematiche, senza doversi rassegnare al mantenimento delle caratteristiche invece dannose.