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Vecchio 20-12-2005, 23:02   #1
odi
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Per te cristina , uno dei libri di De Crescenzo che preferisco 8)


tratto da: Il Dubbio - Luciano De Crescenzo

...
Barbieri, più che un professore di lettere, amava considerarsi un "aio", ovvero un educatore globale. Il suo mestiere ideale sarebbe stato quello di passeggiare su e giù per il bosco di Capodimonte, con una dozzina di discepoli intorno («benestanti, altrimenti non li voglio»), ai quali insegnare l'arte sottile del Dubbio positivo. Purtroppo per lui gli abitanti del Mercato erano tutte persone dedite al commercio all'ingrosso e, come tali, amanti delle certezze assolute e dei pagamenti in contanti. Ciò premesso, il professore si ridusse a dare ripetizioni a due ragazzini pestiferi che ricambiavano in pieno il suo odio.

«Continuo a tenerli», mi disse un giorno «perché sono rispettivamente figli del salumiere e del fruttivendolo. La dignità, nel mio caso, abdica in favore dell'appetito e induce il cervello alla rassegnazione».

Di Barbieri mi parlò per la prima volta un farmacista, in treno, durante uno dei miei tanti viaggi Milano-Napoli.

«Lei deve assolutamente conoscerlo: le assicuro che non se ne pentirà. Poi tra voi napoletani sono certo che vi capireste a volo. Pensi che io, grazie al suo aiuto, ho imparato anche ad ascoltare. Un tempo non ero così: volevo sempre parlare io. Parlavo e non imparavo mai nulla. Per forza: non davo mai il tempo agli altri d'insegnarmi qualcosa!»

Non avendo Barbieri un telefono, fui costretto a presentarmi a casa sua senza preavviso. Suonai il campanello e un vocione m'invitò a entrare. La porta era aperta. Dentro faceva più freddo che fuori. Lui stava seduto dietro a una scrivania e mangiava un piatto di pasta e ceci fra cataste di libri e di carte. Indossava un cappotto e sotto il cappotto un pigiama.

«Disturbo?» chiesi io, alquanto imbarazzato.

«Francamente sì, ma dal momento che siete già entrato, accomodatevi».

«Siete voi il professor Barbieri?».

«Forse» rispose lui e così dicendo, con una sola parola, mi anticipò tutte le sue idee.

In seguito, quando entrai più in confidenza, fu lui stesso a darmi una spiegazione di quella prima risposta dubitativa.

«Il saggio non nega e non afferma, non si esalta e non si abbatte, non crede né all'esistenza di Dio, né alla sua non esistenza. Il saggio non ha certezze, ha solo ipotesi più o meno probabili».

«E allora che fa?» chiedevo io.

«Aspetta».

Presi l'abitudine di andare a fargli visita la prima domenica di ogni mese. Arrivando in treno da Milano, mi facevo prestare la macchina da mia sorella e lo portavo a pranzo, a Torre del Greco, alla Casina Rossa. In cambio di una zuppa di pesce e di un litro di Gragnano, lui m'insegnava il Dubbio positivo.

Il suo pensatore preferito era Brisone, un filosofo del tutto introvabile sui manuali di filosofia.

«Brisone di Eraclea? Mi meraviglio che non lo conosciate! Fu il fondatore dello zeticismo: ebbe come allievi Pirrone di Elide e Anassarco, e tanto vi dovrebbe bastare».

«E che cos'è lo zeticismo?»

«La scuola di pensiero di coloro che "cercano sempre e non trovano mai". Zetetes infatti, in greco, vuol dire "cercatore"».

«Ma che gusto c'è a cercare e a non trovare?» obiettavo.

«La gioia non sta sulla vetta ma nella salita, altrimenti gli scalatori si farebbero depositare dagli elicotteri direttamente sul cocuzzolo delle montagne».

«E qual era l'insegnamento di Brisone?».

«Primo l'epochè o sospensione del giudizio, secondo l'afasia o rifiuto del parlare, e terzo l'atarassia o assenza dell'angoscia».

Con un capo famiglia che non prendeva decisioni per nessun motivo al mondo, a mandare avanti la casa pensava la signora Assunta, la moglie, una sarta specializzata in abiti da prima comunione. I rapporti tra i due erano ormai di pura coabitazione: in pratica si sopportavano a vicenda. Di tanto in tanto lei cercava di giustificarlo.

«Non pensatene male», mi diceva «fa l'ateo solo per spaventare la gente, ma è di animo buono. Purtroppo gli piace meravigliare il prossimo e così facendo finisce col farsi prendere in giro. Una volta invece, credetemi, era una persona tanto intelligente».

«Mia moglie non distingue gli atei dagli agnostici» ribatteva lui un po' schifato. «Ho tentato più volte di spiegarle la differenza tra chi non crede e chi non sa, ma quando quella lì non vuole capire una cosa non c'è niente da fare: lei considera atei perfino i musulmani».

A proposito di Fede, un giorno il professore mi portò in camera da letto a vedere il ritratto del suo Santo protettore. Si trattava di una cornice a cassettone, stile impero, con all'interno un punto interrogativo fatto tutto di lampadine colorate. Più sotto, su una mensoletta, due lumini sempiterni, di quelli che si usano nei cimiteri. Barbieri pigiò un pulsante e le lampadine di un punto interrogativo cominciarono ad accendersi e a spegnersi.

«Chiedo scusa», disse la signora Assunta «ma io quel tabernacolo ce l'ho sullo stomaco! Anzi, se proprio debbo dire la verità: lo odio!».

«Non datele retta, ingegnè, piuttosto non distraetevi e seguitemi» intervenne Barbieri. «Il Punto Interrogativo è il simbolo del Bene, così come quello Esclamativo è il simbolo del Male. Quando sulla strada vi imbattete nei Punti Interrogativi, nei sacerdoti del Dubbio positivo, allora andate sicuro che sono tutte brave persone, quasi sempre tolleranti, disponibili e democratiche. Quando invece incontrate i Punti Esclamativi, i paladini delle Grandi Certezze, i puri dalla Fede incrollabile, allora mettetevi paura perché la Fede molto spesso si trasforma in violenza. E badate bene che io qui non sto parlando solo di Fede religiosa, ma anche di Fede politica e di Fede sportiva, di qualsiasi tipo di Fede insomma. Gli integralisti islamici, i tifosi di calcio, i brigatisti neri o rossi, appartengono tutti a una stessa razza, quella che ritiene di essere la sola a possedere la Verità, come se poi potesse esistere davvero una Verità unica e incontrovertibile. Il Dubbio invece è una divinità discreta, è un amico che bussa con gentilezza alla vostra porta. Il Dubbio espone con calma le sue idee ed è pronto a cambiarle radicalmente non appena qualcuno gli dimostrerà che sono sbagliate».

«Perdonatemi il gioco di parole, professore, ma ho qualche dubbio sul dubbio» risposi io. «Prendiamo per esempio Cristoforo Colombo: solo la certezza di trovare le Indie al di là dell'Atlantico lo indusse a partire. E fu proprio questa certezza a dargli la forza di procedere sino in fondo. Poco importa poi che i calcoli fossero sbagliati: lui partì lo stesso e finì con lo scoprire l'America. Io credo che nessuna conquista sia mai possibile senza un minimo di fede».

«E perché mai?»replicò Barbieri. «Non è il Dubbio la molla di ogni curiosità? A proposito: la parola Dubbio, io la pronuncio con la D maiuscola, voi invece usate la minuscola».

«E chi ve l'ha detto che uso la minuscola?».

«Lo capisco dal tono: voi dite "dubbio", moscio moscio, senza nessun entusiasmo, non dite "Dubbio" così come lo dico io, forte e chiaro. E badate bene che la D è una lettera da non sottovalutare; Dio, il Diavolo, il Dubbio, il Dopo sono tutti concetti che cominciano per D».

«Il Dopo? Che cos'è il Dopo?».

«Il Dopo è la domanda numero uno, quella che ci angoscia. A proposito, ingegnè: anche Domanda incomincia per D. Ma sentiamola questa Domanda: che cosa accadrà Dopo? Vivremo una nuova vita Dopo? O ci annienteremo nel Nulla?».

«E qual è la risposta?».

«La risposta è "non lo so"».

«Un po' deludente!».

«Perché mai? Che senso ha credere alla cieca, quando basta aspettare qualche anno per conoscere la verità? Perché aver Fede in qualcosa che Dopo potrebbe rivelarsi non vera?».

«Perché anche la Fede presenta i suoi vantaggi, toglie l'ansia ad esempio, e perché, alla fin fine, pure il Dogma comincia per D».

Un giorno, dopo aver pranzato come sempre alla Casina Rossa, andammo a farci una passeggiata al Vesuvio. La vista dell'Osservatorio era di quelle che facevano venire voglia di piangere. Ogni cosa sembrava che fosse stata tirata a lucido solo per noi: il panorama ci appariva come una cartolina ricordo, i mammelloni vesuviani sembravano pezzi solidificati di panna montata di colore rossastro, e Capri, Ischia e Procida galleggiavano felici.

«Come si fa a non credere in Dio di fronte a uno spettacolo simile?» esclamai. «È mai possibile che a costruire tutta questa roba sia stato solo il Caso e nient'altro che il Caso?».

«Il problema non si pone» rispose Barbieri. «Il Caso o il Destino, il Big Bang o Nostro Signore, non fa alcuna differenza. Un giorno lo verremo a sapere. Quando io combatto la Fede, non lo faccio perché non credo all'esistenza di Dio, ma perché desidero "non riposarmi" sul dogma. Preferisco vivere dubitando piuttosto che archiviare Dio come un dato acquisito. Vivo più io in compagnia dell'idea di Dio che non un cattolico osservante».

«E si può vivere senza certezze?».

«Sì se si è capaci di sperare. D'altra parte voi siete in grado di nominarmi una sola cosa della cui esistenza possiate essere certo?».

«Non ho capito la domanda» risposi io, non sapendo dove volesse arrivare.

«Mi potete citare un solo episodio, per quanto piccolo, che secondo voi sia realmente accaduto?» ripeté Barbieri. «Non lo so... per esempio, che oggi, a tavola, tutti e due abbiamo mangiato una spigola...».

«Perché lei se l'è già dimenticata?» chiesi io a mia volta, visto che, non solo se l'era mangiata tutta, ma si era anche fatto portare la testa per spolparsela con l'abilità di un chirurgo.

«Certo che non l'ho dimenticata! E colgo l'occasione per ringraziarvi. Ma siamo davvero sicuri che abbiamo mangiato una spigola?».

«Perché non dovremmo esserlo?».

«Voi prima mi avete detto di credere in Dio...?».

«Sì, ci credo».

«Immagino che il vostro Dio sia Onnipotente».

«Se è Dio, è anche Onnipotente».

«Ebbene, un Dio Onnipotente, volendo, non potrebbe aver creato un mondo già in funzione?».

«In che senso "già in funzione"?».

«Insomma», ribatté Barbieri un po' spazientito «il nostro mondo, il cielo, il mare, l'universo, tutto questo spettacolo che ci sta intorno, non potrebbe essere stato creato proprio in questo preciso momento? Supponiamo per un attimo che ognuno di noi sia nato adesso: alle 15,32 di oggi, con una memoria prememorizzata nel cervello, grazie alla quale "crediamo" di aver già vissuto».

«In questo caso la spigola...».

«... crediamo di averla mangiata, ma nella realtà non è mai esistita: è solo una delle tante immagini che la nostra memoria ha avuto in dotazione nel momento di nascere».

«Ma è impossibile!».

«Nossignore, è improbabile».
Vecchio 21-12-2005, 22:06   #2
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[quote="cristina"]Alla fine di tutto quello che ci siamo scritti...dove trovi l'incongruenza? Dove noti un netto disaccordo? [quote]

Non mi sono mai trovato in nessun netto disaccordo e non ho mai risposto neppure nell'ottica del contrario o dell'io ho ragione , ho sempre e solo esposto la mia idea , cio' che ho dentro in modo neutro. credo sia l'unico modo per riuscire a trovare e valutare le proprie convinzioni.
e proprio la congiunzione fra i due parametri quello che mi interessa , il resto è superficialita' , non ci vorrei badare ma ovviamente non posso prescidere da cio' appare.
Le parole servono per esprimere un concetto , colto il concetto metti da parte le parole. Le parole sono solo uno strumento , i concetti sono universali , cosa ovvia ma spesso dimenticata.
Forse siamo troppo intrisi di pregiudizio che troppo spesso usiamo , inconsciamente , per valutare.

[quote="cristina"]Avrei tante cose ancora da dirti ma non vorrei annoiarti.
[quote]

con chi stavi parlando? 8)
Vecchio 22-12-2005, 21:37   #3
odi
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L'avatar di odi
 

Quote:
Originariamente inviata da cristina
Ieri ho cancellato il post...perchè non valeva la pena di creare inutili polemiche....

tu scrivi
Forse siamo troppo intrisi di pregiudizio che troppo spesso usiamo , inconsciamente , per valutare.

.....già...
forse sarebbe più costruttivo ascoltare....
invece che altezzosamente voler insegnare al nostro prossimo ,concetti che nemmeno siamo in grado di capire.Se poi deve risultare un monologo per capire se stessi...esistono i diari....in questo caso non ci sarebbero valutazioni esterne...


poi scrivi
Le parole servono per esprimere un concetto , colto il concetto metti da parte le parole. Le parole sono solo uno strumento , i concetti sono universali , cosa ovvia ma spesso dimenticata.

Ovvia e dimenticata da chi?
Da noi poveri e comuni mortali?
Ci vorrebbe più umiltà!
Sono d'accordo con te sui concetti Universalissimi e noiosissimi... da mettere assolutamente da parte insieme alle parole che pappagallescamente li ripetono!!
Fidati...nessuno se lo dimentica!
Risulta ovvio per tutti !!!
Tranne che per chi li declama!

poi termini con la battuta ...
con chi stavi parlando?

In effetti me lo sto domandando anch'io! Forse con un nuovo Siddharta!8O



non ne dubitavo
anche se non mi aspettavo certamente una reazione simile.
io non voglio insegnare nulla a nessuno cristina, ci mancherebbe pure , dico solo quello che mi passa per la testa ( senza filtri ) , e almeno in un forum ci riesco bene , nella realta' miglioro.

con chi stavi parlando! era solo un modo per dirti che non mi annoi affatto , mi piace "ascoltarti" , anche se trovo molto limitante farlo su un forum. ma siccome ormai mi avevi gia' "catalogato" nel modo in cui si
evince dal tuo post era impossibile chiederti di azzeccare quella battuta , per di piu' senza ironia!

Ieri sera ti ho vista cancellare in fretta e furia i post che avevi scritto prima di leggere questo , chissa' che ti ha frullato in testa , poi ti ho chiesto perche' ma anche qui chissa' che hai pensato , io volevo solo parlare con te , per conoscerti , senza per forza parlare dichissa' quale concetto filosofico. ma forse a te questo non interessa.

.... cosa spesso dimenticata ..... da "tutti" perche ti valutano per quello che dici senza capire quello che vuoi dire!

hai ragione per il diario , ma quello lo tengono le donne no?


e non declamare siddharta! 8)
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