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Vecchio 26-09-2012, 10:31   #101
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Io son tornato al secondo canto dell'edizione commentata da Sermonti.

Un giorno, forse, non so quando, vi raggiungerò di nuovo.
Vecchio 26-09-2012, 10:37   #102
Esperto
 

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Io son tornato al secondo canto dell'edizione commentata da Sermonti.

Un giorno, forse, non so quando, vi raggiungerò di nuovo.
Perché ti sei rimesso a leggere i canti precedenti?
Vecchio 26-09-2012, 10:41   #103
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E quando lo leggevo il commento di Sermonti dei primi tre canti, alla fine di tutto L'inferno?
Vecchio 04-10-2012, 13:37   #104
Esperto
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Ho letto fino al quarto canto, sono in ritardo ma meno degli altri! ahahah!

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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Intanto una domanda al volo
Dante ha appena finito di leggere le memorabili terzine scolpite, secondo l'uso medioevale per le città, sulla porta dell'Inferno e dice:

Queste parole di colore oscuro
vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro".


Perché duro? Non sembrano di difficile comprensione...
Secondo me ha messo "duro" perché non gli veniva in altro modo la rima.



Quote:
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Virgilio, secondo voi, per la sorte di chi impallidisce a inizio canto?
Per la sorte dei sapienti, tra cui era lui, che son destinati in eterno al Limbo e non possono ambire al Paradiso?

-

Comunque, scherzi a parte, volevo dire che il commento di Sermonti lo sto trovando davvero interessante e capace di catturare l'attenzione (che è tanto meritevole su una materia così pall... ehm difficile)!

-

Poi ho trovato questa descrizione dell'Inferno, con tanto di immagini a scomparsa, che mi sembra davvero ben fatta!

http://saintseiyags.altervista.org/i...ic,1948.0.html

Ultima modifica di Moonwatcher; 04-10-2012 a 13:43.
Vecchio 06-10-2012, 00:48   #105
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Winnuccio che voto dai a questa sintesi di questo tizio/a? Non è malaccio, no?

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Vecchio 06-10-2012, 03:31   #106
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Secondo me ha messo "duro" perché non gli veniva in altro modo la rima.



Meno male che ho già risposto prima...

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Per la sorte dei sapienti, tra cui era lui, che son destinati in eterno al Limbo e non possono ambire al Paradiso?

-
Sì, anche se un'altra interpretazione poteva essere che le genti di cui parla Virgilio fossero tutti i dannati. Ma verso alcuni di costoro l'atteggiamento suo e di Dante sarà tutt'altro che pietoso.

Quote:
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Comunque, scherzi a parte, volevo dire che il commento di Sermonti lo sto trovando davvero interessante e capace di catturare l'attenzione (che è tanto meritevole su una materia così pall... ehm difficile)!

-
Sì, si discosta dalle interpretazioni critiche classiche (pur non rinnegandole e anzi prendendole come base) nel senso che limita al minimo indispensabile il nozionismo e il dato pedante per tentare di coinvolgere il lettore nel cuore del messaggio dantesco.

Quote:
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Poi ho trovato questa descrizione dell'Inferno, con tanto di immagini a scomparsa, che mi sembra davvero ben fatta!

http://saintseiyags.altervista.org/i...ic,1948.0.html
Non male, dice proprio il minimo essenziale ma almeno lo dice bene e come schematizzazione di riferimento è una delle migliori che abbia mai visto.

Non ce la faccio a dilungarmi oltre e lascio un ulteriore spunto di riflessione a qualche coraggioso volontario: l'andamento del rapporto tra Dante e Virgilio, da quando il secondo zittisce il primo per la sua curiosità prematura prima di arrivare all'Acheronte a quando la sorte del poeta latino commuove quello moderno fino a fargli provare gran duol e a far sì che egli gli si rivolga col duplice appellativo di reverenza (Dimmi maestro mio, dimmi segnore) e con quella ripetizione del dimmi che è espressione di un'ansia derivante dall'affetto incondizionato che Dante nutre per il mondo classico, per le altissime potenzialità dell'uomo (Onorate l'altissimo poeta) che però da sole non bastano ad assicurargli la salvezza (e questo dilemma tormentò il Poeta per anni, fino alla risoluzione dell'abbandono nella fede). Tutto questo, nella cornice di un canto "virgiliano" anche per la ripresa di motivi dell'Eneide (specie per quanto riguarda la descrizione dei Campi Elisi nel viaggio di Enea all'oltretomba), così come lo era stato quello precedente (legato a questo anche per contrapposizione, vista la natura e la sorte ultraterrena praticamente antitetiche dei vili e degli spiriti magni).
Vecchio 07-10-2012, 18:28   #107
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Winston hai visto l'ultima pubblicità della Tim?
Vecchio 08-10-2012, 01:48   #108
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Non l'ho vista in TV, sono andato a cercarmela su Youtube e...
Vecchio 01-11-2012, 02:12   #109
Esperto
 

Questo topic non può cadere nell'oblio, dovessi portarlo avanti da solo

Il IV canto inizia con una notazione praticamente speculare a quella con cui era terminato il III. Lì un lampo, una luce vermiglia che fa perdere conoscenza a Dante, qui un greve truono che rompe il suo sonno profondo e lo desta. Quanta efficacia, anche onomatopeica, in quel ruppemi posto ad inizio canto! Esso segna il riavvio dell'azione e pone uno stacco con la situazione del canto precedente, confinando nell'immaginaria zona del non detto tra i due canti nientemeno che il passaggio dell'Acheronte e lasciando alla fantasia del lettore la modalità con cui esso è avvenuto (Quinci non passa mai anima buona diceva Virgilio poco prima, eppure...).
Tale "omissione" non resterà caso isolato nel Poema, anzi se ne avranno diversi esempi, di cui uno in questo stesso canto IV. Nel caso specifico personalmente immagino che Dante abbia voluto lasciarsi trasportare dall'elemento fantastico del racconto, lasciando un'aura di mistero intorno al suo attraversamento del fiume. Alcuni interpreti inquadrano questa scelta nella presunta tendenza generale dei primi canti dell'Inferno, almeno fino al VII, di essere relativamente poco approfonditi dal punto di vista della psicologia dei personaggi (Francesca e in parte Ciacco sembrerebbero essere delle eccezioni in questo) e scarsamente articolati nella costruzione narrativa, tanto è vero che lo stesso mancamento della fine del canto III si ripeterà alla fine del V, al termine dell'incontro con Paolo e Francesca. Ma a me sembra che un uomo già capace di descrivere con pochi tocchi un ritratto che resta così potentemente impresso come quello di Caronte, per fare solo un esempio, non abbia bisogno di mezzucci come quello di inventarsi un venir meno dei sensi in mancanza di un modo migliore per segnare il passaggio da una zona all'altra e da un episodio all'altro: è probabile che certe scelte siano dovute anche ad esigenze di variatio nella descrizione potenzialmente ripetitiva dei vari passaggi da cerchio a cerchio; inoltre, per le successive occorrenze di tali "omissioni", sarà anche da tenere in conto la particolare enfasi che il Poeta vuole attribuire ad alcuni momenti del suo viaggio, o al contrario la dimensione non necessariamente legata al fine iniziatico e salvifico di esso, che è caratteristica di altri momenti e che egli vuol comunque riportare per conferire maggiore realismo alla sua esperienza, come se fosse un viaggio vero e proprio di cui traduce in versi i passaggi salienti e riassume brevemente il resto.

Ultima modifica di Winston_Smith; 01-11-2012 a 02:14.
Vecchio 23-11-2012, 22:29   #110
Esperto
L'avatar di Pluvia
 

Sono passate più di due settimane, continuo io dunque. Forse ho scritto troppo, è un riassunto praticamente, ma in ogni caso

Dante è giunto nel secondo Cerchio, che attornia uno spazio minore ma tanto più dolore che stimola al lamento, alla cui entrata sta Minosse, conoscitore dei peccati, che ringhiando come un animale esamina le colpe dei dannati e avvolge tante vote la coda quanti gironi spettano ai malcapitati. Vedendo il poeta, lasciato il suo ufficio, prova a ostacolare il suo cammino: "Guarda come entri e colui di cui ti fidi; non t'inganni l'estensione dell'entrata!". Virgilio non sarebbe la guida adatta, Minosse intacca la fiducia di Dante nella ratio interpretata dall'illustrissimo sommo poeta, suo maestro.
Proprio costui ammutolisce il demone infernale: "Perchè continui a gridare? Non impedire il suo cammno voluto da Dio: si vuole così là dove si può ciò che si vuole, e più non domandare". (espressione già usata nei confronti di Caronte, e che poi verrà ripetuta con qualche variazione, anche a Pluto, guardiano del quarto Cerchio).
Quivi sono dannati i peccatori carnali, i lussuriosi, che la ragione sottomettono al capriccio e alla materialità, i quali sono travolti e menati da una bufera infernale che non si arresta mai, e li tormenta voltandoli e percuotendoli. Con strida pianti e lamenti bestemmiano la forza divina, quando giungono davanti alla rovina (cos'è questa rovina? Quella che porta a loro la virtù divina, il roteare continuo della bufera, oppure il terreno franato quando Cristo fu crocifisso?).
La partecipazione emotiva di Dante ai travagli di costoro è marcata già al verso 25: "Ora incomincian le dolenti note a farmisi sentire, or son venuto là dove molto pianto mi percuote". Vedendoli cantare i loro lamenti come gru facendo nell'aria una lunga fila, Dante chiede a "lo" suo maestro la loro identità: Semiramide (regina assira sposa di Nino che rese lecita la libidine per togliere il biasimo in cui era caduta, ossia una relazione col figlio. Le fonti convalidano la sua lussuria, in particolare Paolo Orosio che scrisse l' "Historiarum adversos paganos"), c'è colei che si uccise per amore tradendo il giuramento alle ceneri di Sicheo (Didone), Cleopatra, Elena di Troia, Achille (pare che, innamorato della troiana Polissena, si recò al tempio di Apollo per averla e colà fu ucciso dalle frecce di Paride), Paride, Tristano (cavaliere della Tavola Rotonda che s'innamorò di Isotta, già sposata con suo zio, che scopertili, li uccise entrambi).
All'udire i nomi loro, pietà gli giunge e quasi sviene: anch'egli ha infatti sofferto di pene d'amore e sentendosi ad essi vicino, li compatisce.
Vedendo due anime che procedono insieme leggere al vento (perchè leggiadre o perchè non riescono a resistere al vento?), il poeta manifesta al venerabilissimo e spettabilissimo duca suo la volontà di dialogare con esse: per tale motivo Dio concede loro una tregua nella pena ("Noi udiremo e parleremo a voi, mentre che'l vento come fa, ci tace"). Francesca è la portavoce del racconto. Francesca da Polenta nacque nel 1260 e sposò Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, detto "lo zoppo"; s'innamorò del fratello Paolo, e il marito intorno al 1285 scopre e uccide entrambi.
"L'amore che velocemente si attacca al cuore gentile, prese costui della bella persona che mi fu tolta; e il modo ancora mi offende (la ferisce ancora il modo in cui si manifestò tale amore, oppure il modo in cui la vita le fu tolta?). L'amore che non permette a nessuna persona amata di non riamare, mi prese della bellezza di costui, che come vedi ancora non mi abbandona. L'amore condusse noi ad un'unica morte. La Caina (sezione dell'Inferno dei traditori dei parenti) attende chi la vita ci spense (Gianciotto appunto, fratello di Paolo)".
Al pensare ai dolci pensieri e al desiderio che spinse costoro al peccato, il poeta china il viso e lo tiene basso; esorta poi Francesca, le cui sofferenze lo fanno addolorato e pietoso al punto di lagrimare, a narrare per quale ragione e come l'amore concesse di conoscere i dubbiosi desideri. Per ella nessun dolore è più grande che ricordarsi del tempo felice nell'infelicità, e ciò lo sa pure Virgilio (fu infatti egli celebrato e osannato in vita, ma ora è nel Limbo). Essi leggevano un giorno per divertimento di Lancillotto, uno dei Cavalieri del ciclo bretone al servizio di re Artù, il quale s'innamorò di Ginevra, sua regina; quando lessero il desiderato sorriso essere baciato da cotanto amante, Francesco la baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.
Galleaut è un personaggio del ciclo di re Artù, era al servizio di Ginevra e fu determinante nel far manifestare l'amore di Lancillotto per Ginevra. Fece da tramite, e così "galeotto" è venuto a significare "mezzano di turpi amori"; la letteratura d'amore di quest'epoca è responsabile di questo desiderio d'amore leggero, che non tende a Dio.
Al termine del discorso di Francesca e del pianto di Paolo, per la pietà Dante viene meno e cade come corpo morto cade.

Avendo adunque fatto lo bravo bambino, sia permessomi molestar l'utenza...

Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Lo snobbone Petrarca
Ah, adesso lo chiami così, eh?

Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Questo topic non può cadere nell'oblio, dovessi portarlo avanti da solo
"Non puoi cambiare il tuo destino, nessun uomo puo'". (cit)

E 'l duca lui: "Winstòn non ti crucciare,
vuolsi così colà ove non si puote
ciò che si vuole e più non rimandare".

Sarà per un'altra volta allora...o meglio...
Fia per un'altra fiata allotta...


Ultima modifica di Pluvia; 05-01-2013 a 01:05.
Vecchio 09-12-2012, 16:13   #111
Esperto
L'avatar di Labocania
 

Ho trovato questa interessantissima pagina sul più celebre verso del V canto:

http://www.odanteobenigni.it/?p=1254
Vecchio 05-01-2013, 00:46   #112
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da dany91 Visualizza il messaggio
Sono passate più di due settimane, continuo io dunque. Forse ho scritto troppo, è un riassunto praticamente, ma in ogni caso
Ringrazio Dany91 per il suo contributo, ma mi pare che non avessimo ancora finito col IV canto, o almeno non se qualcosa da dire ancora io ho (cit.)

(Petrarca era uno snobbone che non capiva l'evoluzione della lingua, ripeto )

Ultima modifica di Winston_Smith; 10-05-2013 a 11:46.
Vecchio 05-01-2013, 01:47   #113
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Ho trovato questa interessantissima pagina sul più celebre verso del V canto:

http://www.odanteobenigni.it/?p=1254
Notevole l'originalità dell'interpretazione:

l’amore (che quindi deve già essere nutrito) come sentimento, non come forza astratta, o addirittura come divinità, non permette a nessuno, che lo nutra, di sottrarsi all’oggetto d’amore che si dimostra a sua volta innamorato

In effetti il verso nell'interpretazione più consueta è evidentemente troppo semplicistico e poco realistico. Si dimostra ancora una volta che è necessario leggere a fondo anche le fonti più note (lo stesso trattato De amore di Cappellano non sembra essere così perentorio nell'affermare ciò che viene riportato comunemente nei commenti critici). Indipendentemente dall'interpretazione del singolo passo, però, che può comunque lasciare qualche dubbio (l'amor di cui si parla nel verso è effettivamente già nutrito nel cuore di chi viene amato?), credo sia abbastanza innegabile che la concezione esposta da Francesca, come interpretazione più o meno strumentale della poetica cortese, sia negata da Dante, pur con tutta la comprensione umana per la fragilità di chi è soggetto al peccato, e a un peccato a cui hanno contribuito anche esperienze letterarie di cui lui stesso era stato partecipe o molto legato. Non l'amore come passione è quello che nobilita l'uomo, ma l'amore come virtù, quello che seppur nascendo dalla bellezza sensibile del creato, si eleva verso ciò che è incorruttibile (Beatrice è appunto definita come donna di virtù già nel canto II). E' quello l'Amor che move il sole e l'altre stelle, checché se ne dica in certi contesti dove sembra che quasi Dante concordi o lasci fare a Francesca un'esaltazione dell'amore passionale contro tutto e tutti, come un'eroina romantica.

Ultima modifica di Winston_Smith; 05-01-2013 a 02:28.
Vecchio 05-01-2013, 02:12   #114
Esperto
 

Torniamo finalmente al IV canto, dopo una lunga pausa purtroppo non voluta. Questo topic non può cadere nell'oblio (cit.)

Un altro aspetto che volevo mettere in evidenza, in attesa di eventuali altri contributi, è quello psicologico, del rapporto tra Dante e Virgilio. Nel canto precedente Dante è stato rimproverato dal maestro per aver fatto domande intempestive e fuori luogo, ora invece Virgilio appare, forse per la prima volta, sotto una luce più umana.
Virgilio diventa smorto per la pietà che gli ispira l'angoscia de le genti che son qua giù (con ogni evidenza i suoi compagni di pena del Limbo, non i dannati in generale, visto che nel prosieguo del poema Virgilio non mancherà di ricordare a Dante che specie con certi tipi di peccatori qui vive la pietà quand'è ben morta), e quella pietà è comprensibilmente scambiata da Dante per timore, lo stesso che il poeta provava all'inizio del viaggio.
Virgilio diventa sollecito nel presentare a Dante la condizione degli abitanti del primo cerchio, anzi gli chiede perché non fa domande su di essi (verosimilmente perché teme di intervenire di nuovo a sproposito) e gli anticipa con delicatezza la risposta.
Infine è Dante stesso a sentire dolore per la condizione del suo maestro e della gente di molto valore che è con lui (un problema, quello dell'insufficienza dei meriti terreni a raggiungere la salvezza, che lo aveva angosciato per lungo tempo, come dirà anche più avanti nel poema) e finalmente è lui a porre una domanda a Virgilio, non a caso relativa all'eventualità che qualcuno sia mai stato tratto fuori dal Limbo alla beatitudine eterna, rivolgendosi a lui con un doppio appellativo di rispetto e quasi di affetto consolatorio: "Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore".

Ultima modifica di Winston_Smith; 05-01-2013 a 02:28.
Vecchio 05-01-2013, 12:49   #115
Esperto
 

Continuo con un altro spunto di riflessione: il problema della (non) salvezza di coloro che hanno operato bene durante la vita e non si sono macchiati di peccati, almeno non tali da meritare la dannazione, ma non hanno avuto fede in Cristo.
Per Dante questo problema è stato fonte di lunghe meditazioni e perplessità, come dirà egli stesso più avanti nel Paradiso. Un uomo che come lui ammirava il modo in cui gli spiriti magni dell'antichità avevano portato al massimo grado le virtù morali e intellettuali dell'uomo (in ciò realizzando l'essenza più propria dell'uomo stesso, che è quella di seguir virtute e canoscenza) non poteva restare indifferente di fronte alla sorte ultraterrena di simili personaggi, né accontentarsi delle spiegazioni dei teologi che, pur come S. Tommaso con alcune riserve e ammettendo la possibilità di eccezionali interventi della Grazia, sostanzialmente propendevano per la dannazione di coloro che erano vissuti senza battesimo, in quanto la mancata assistenza della Grazia porta inevitabilmente a peccare e a perdersi.
Gli unici a non rientrare in questa condanna erano i patriarchi ebrei e comunque coloro che erano vissuti nell'attesa del Messia seguendo i precetti della legge di Mosé (di cui Dante fa raccontare a Virgilio l'uscita dal Limbo dopo la resurrezione di Gesù) e i bambini morti prima del battesimo. Per Dante, invece, anche tanti adulti che hanno vissuto acquisendo mercedi, meriti per il loro corretto operare, non meritano di subire, oltre alla pena della privazione della visione di Dio, anche quelle che derivano dalle punizioni a cui sono sottoposti gli altri dannati. Perciò immagina che anche tutti questi uomini e queste donne siano destinati al Limbo.
Ma non si ferma qui: ipotizza che tra costoro vi sia un gruppo di persone che si è distinta in modo particolare durante la vita: filosofi, artisti, poeti, condottieri. E a queste persone dedica un luogo speciale, fuori dall'aura che trema di sospiri, in cui sia reso loro il dovuto onore (parola chiave del canto, più volte ripetuta e declinata). Questi magnanimi sono l'esatto opposto dei vili o ignavi del canto precedente, dato che si sono impegnati nella vita terrena fino al massimo grado concesso alle capacità umane e sono ben consapevoli dell'onore a cui legittimamente un uomo deve aspirare a seguito delle sue capacità intellettuali e morali (ovviamente non si sta parlando di onorificenze materiali). I vili invece hanno rinunciato a questo compito assegnato all'uomo e perciò mai non fuor vivi.
Verso i magnanimi dell'antichità si rivolgerà anche l'ammirazione di tanti intellettuali della stagione successiva (Umanesimo e Rinascimento), con la differenza che la prospettiva sarà centrata sull'uomo e farà venire meno, almeno in parte, il contrasto che invece agita Dante e che deriva dalla necessità di conciliare l'eccellenza umana con la sua insufficienza a penetrare nel mistero divino e a raggiungere la salvezza.
Vecchio 05-01-2013, 13:28   #116
Principiante
L'avatar di Bourée
 

Ho trovato questo...


Alla fine il tempo l'ho trovato adesso per rileggere il quarto canto. Il tema del limbo e della non salvezza di coloro che non hanno avuto modo di ricevere il battesimo, credo abbia posto perplessità in diversi momenti e a diversi esponenti del cattolicesimo. Nel vicinissimo 2007, il Papa dichiarò ufficialmente abolito il Limbo che rappresentava una visione troppo restrittiva della salvezza: la grazia, quindi, domina sul peccato. Purtroppo non sono preparata sui meccanismi che portarono originariamente all'istituzione del Limbo... se non erro lo stesso Sant'Agostino teorizzava la non salvezza per chi non avesse ricevuto il battesimo.
Tornando al canto, il pallore di Virgilio l'avevo sempre visto come un simbolico anticipo per il cerchio che si stava per descrivere (di cui egli stesso fa parte): un po' con la stessa funzione drammaticamente anticipatoria che alcuni drappi rossi sulla scena delle tragedie greche svolgevano quasi a voler preparare lo spettatore all'evento culminante della morte.
Winston, c'è un motivo particolare per cui Dante presenta quei quattro poeti e non altri? Omero autore dei poemi per eccellenza (e mi sembra evidente la citazione), Orazio (per le Satire), Ovidio (Metamorfosi) e Lucano (Bellum civile).
Vecchio 15-03-2013, 12:35   #117
Esperto
 

Grazie, Bourée
Sentivo la mancanza di questo topic (e di altri), dovrò darmi un po' da fare per rimetterli in pista.
Vecchio 24-03-2013, 23:10   #118
Banned
 

"Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente."


Vecchio 25-03-2013, 16:01   #119
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Sverso Visualizza il messaggio
"Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente."


Eh, magari andasse nell'aldilà pure quell'altro
Vecchio 12-04-2013, 09:27   #120
Esperto
 

Riprendiamo il cammino interrotto

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Ottimo, ci mancava una lettura di Sermonti in questo topic

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Alla fine il tempo l'ho trovato adesso per rileggere il quarto canto. Il tema del limbo e della non salvezza di coloro che non hanno avuto modo di ricevere il battesimo, credo abbia posto perplessità in diversi momenti e a diversi esponenti del cattolicesimo. Nel vicinissimo 2007, il Papa dichiarò ufficialmente abolito il Limbo che rappresentava una visione troppo restrittiva della salvezza: la grazia, quindi, domina sul peccato. Purtroppo non sono preparata sui meccanismi che portarono originariamente all'istituzione del Limbo... se non erro lo stesso Sant'Agostino teorizzava la non salvezza per chi non avesse ricevuto il battesimo.
Sì, salvo pochissime eccezioni, credo. Del resto non si diceva extra ecclesiam (intesa come comunità dei fedeli) nulla salus per nulla.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Tornando al canto, il pallore di Virgilio l'avevo sempre visto come un simbolico anticipo per il cerchio che si stava per descrivere (di cui egli stesso fa parte): un po' con la stessa funzione drammaticamente anticipatoria che alcuni drappi rossi sulla scena delle tragedie greche svolgevano quasi a voler preparare lo spettatore all'evento culminante della morte.
Interpretazione originale, devo dire che non ci avevo mai pensato. In effetti mai come in questo cerchio Virgilio fa da guida in un contesto che conosce benissimo.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Winston, c'è un motivo particolare per cui Dante presenta quei quattro poeti e non altri? Omero autore dei poemi per eccellenza (e mi sembra evidente la citazione), Orazio (per le Satire), Ovidio (Metamorfosi) e Lucano (Bellum civile).
Credo che facessero parte del personale "canone" di Dante e che fossero tra i poeti più letti e studiati da lui (Omero, ovviamente, tramite la mediazione dei latini).
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