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Vecchio 09-07-2012, 14:56   #61
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Originariamente inviata da Myway Visualizza il messaggio
Bè Paolo mi pare si chiamasse Saulo e pur essendo ebreo aveva cittadinanza romana, perseguitava i cristiano fino a che venne folgorato sulla via di Damasco, si convertì e si mise a evangelizzare le genti tramite una marea di lettere e di viaggi....
Morì a Roma, la tradizione vuole il 29 giugno insieme a San Pietro, durante le persecuzioni di Nerone...
Decapitato, in quanto cittadino romano, a differenza del primo papa, che morì crocifisso a testa in giù (sempre secondo la tradizione).

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Originariamente inviata da Myway Visualizza il messaggio
Per molti è un evangelizzatore che ha diffuso il messaggio del Cristo, per altri invece a reinterpretato molti concetti a suo uso e consumo, fondando di fatto una religione non del tutto aderente al messaggio originario...
Infatti alcune tesi "revisioniste" vogliono che il vero fondatore del Cristianesimo sia Paolo, e che Gesù in realtà non abbia mai lasciato alcun compito ai suoi discepoli riguardo alla fondazione di una nuova Chiesa che prevedesse il culto di lui come persona divina (il passo su Pietro e sulla pietra su cui sarà fondata la Chiesa ecc. ecc. sembrerebbe dovuto a un'interpolazione posteriore dei Vangeli).

P.S.: Nei suoi pellegrinaggi pare che Paolo, prima di arrivare a Roma, si fermasse a Napoli (da cui l'origine del nome della Mecca del Calcio ).
Vecchio 09-07-2012, 16:06   #62
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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
D



Infatti alcune tesi "revisioniste" vogliono che il vero fondatore del Cristianesimo sia Paolo, e che Gesù in realtà non abbia mai lasciato alcun compito ai suoi discepoli riguardo alla fondazione di una nuova Chiesa che prevedesse il culto di lui come persona divina (il passo su Pietro e sulla pietra su cui sarà fondata la Chiesa ecc. ecc. sembrerebbe dovuto a un'interpolazione posteriore dei Vangeli).
Si ci sono problemi con le traduzioni, oltretutto se avesse voluto fondare una chiesa presumo ne avrebbe parlato più diffusamente, dando maggiori indicazioni, e non limitandosi ad una unica frase ambigua.
E' ovvio che fosse interessato a far diffondere il proprio messaggio, nei suoi vari livelli di lettura, si parla infatti di chiesa di pietro e di chiesa di giovanni, ma quello che è venuto dopo quanto a gerarchie ecc è apputno derivato da dispute tra varie fazioni che si sono avute nei primi secoli d.C.
Vecchio 10-07-2012, 23:45   #63
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Originariamente inviata da Moonwatcher Visualizza il messaggio
Però una domanda ce l'ho: visto che si son citati Enea e San Paolo, e visto che il primo bene o male ricordo chi è, grazie alla lettura obbligata di quel noios... ehm meraaaviglioso poema di Virgilio
Non è noioso più di quanto lo sia il film di cui hai uno dei protagonisti come avatar
Vecchio 28-07-2012, 03:44   #64
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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
E' passato un mese dalla prevista data...
C'è stato di mezzo anche un ban
E poi ultimamente ho avuto la testa parecchio ingombra, più del solito, ora spero di essere più tranquillo e di avere più tempo.

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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
1) Nel recuperare l'amor cortese e la visione stilnovistica della donna-angelo, Dante, secondo me, introduce un nuovo fattore. A differenza dei suoi "precedessori" (in realtà praticamente coevi, ma, se non erro, da un punto di vista stilistico Dante della Commedia aveva in parte superato la poesia del dolce stilnovo) egli descrive Beatrice superando in toto la fisicità: non è più una donna-angelo, è un essere extra-terreno, una creatura quasi divina piena di "virtù" (cristiane, bene inteso).

"Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella"
Sì, almeno per la Beatrice del II canto questo è certamente vero. L'unico accenno davvero "terreno" a me sembra quello, molto poetico, al suo pianto (li occhi lucenti lagrimando volse) con il quale esprime il suo rammarico e il timore per essersi mossa troppo tardi al soccorso di Dante (un rammarico poco consono per un'anima beata che, in quanto tale, dovrebbe poter leggere in Dio il corso degli eventi). Invece, in rappresentazioni successive nel resto del poema, come in quella del Purgatorio, anche la fisicità e soprattutto l’individualità di Beatrice riacquisteranno un loro peso.

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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Winston, che sai sulla scelta de LA stella, piuttosto che una stella generica? è da ricondursi alla stella cometa che aveva guidato i Magi (come lei "guida" Dante alla salvezza)?
Sinceramente non so molto di quest’interpretazione. Di certo lo sguardo di Beatrice come mezzo per condurre a Dio è un topos frequentissimo in Dante, sin dalla Vita Nova. E al Lucevan li occhi suoi più che la stella possono essere affiancati vari passi del Paradiso, come quello in cui Beatrice raccomanda a Dante di doversi ancora abituare a guardarla negli occhi sfolgoranti di luce o quello in cui la salita al cielo viene propiziata dal prolungato sguardo rivolto al sole di entrambi.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Da Guinizzelli:]

Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole:
ella intende suo fattor oltra ’l cielo,
e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
e con’ segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende.

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l’alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza».
Molto bella come citazione, non ricordavo di aver mai letto questa poesia.
Anche qui c’è il motivo dello sguardo della donna come motivo ispiratore dell’azione dell’uomo e della donna come tramite per l’elevazione a Dio. In più c’è il paragone tra la rivoluzione celeste, mossa dallo splendore di Dio (quasi anticipazione del dantesco L’amor che move il sole e l’altre stelle) e lo splendore degli occhi della donna che ispirano talento all’uomo di seguirla. E nel II canto c’è anche il riferimento alla struttura celeste, come hai notato.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
2) Sì, e direi anche rincuorato dalle tre dame che dal Paradiso si preoccupano per la sua salvezza tanto da trovare una guida per il suo percorso di purificazione.

3) Le citazioni classiche, ovviamente, sono notevoli e arricchite dalla tradizione cristiana (dalla Scolatica in poi). Dalle Muse, al viaggio di Enea e San Paolo. L'invocazione, tuttavia, supera la "sudditanza" che caratterizza l'Omero della Iliade o gli Apostoli stessi... Dante non è uno strumento attraverso il quale Muse e alto ingegno compiono la Volontà divina. Ne invoca l'aiuto.
Non solo, ma è consapevole che l’unico modo per essere degno (parola chiave in questo canto) è di accettare di essere salvato in virtù di quello stesso amore per il quale l’umana spezie eccede ogne contento / di quel ciel c’ha minor li cerchi sui e per il quale lui stesso uscì de la volgare schiera.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
In realtà, se non ricordo male (e non ricordo male!) il primo della classe nella lettura era stato il signor Moonwatcher: aspettiamo, dunque, un suo volontario intervento. ahahah
Visto che invece di interventi c’è carenza, direi che possiamo senz’altro darci (darmi? ) appuntamento già fra una settimana. Si comincia a leggere il III canto e lo si commenta da venerdì 3 agosto: entreremo nel vivo dell’azione, lasciate ogni speranza voi ch’entrate (cit.)

Ultima modifica di Winston_Smith; 28-07-2012 a 04:13.
Vecchio 31-07-2012, 20:33   #65
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L'avatar di Rick Blaine
 

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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Non è noioso più di quanto lo sia il film di cui hai uno dei protagonisti come avatar
L'Odissea di Kubrick e l'Eneide sono alcune tra le cose più alte concepite da mente: su ciò non ammetto repliche
Vecchio 31-07-2012, 20:37   #66
Banned
 

mai pensato di scaricare e leggere la DC sull'ebook o sul tablet?
Vecchio 31-07-2012, 20:38   #67
Esperto
 

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Originariamente inviata da Belacqua Visualizza il messaggio
mai pensato di scaricare e leggere la DC sull'ebook o sul tablet?
Vade retro Satàn!

Vecchio 31-07-2012, 20:39   #68
Esperto
 

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Originariamente inviata da Rick Blaine Visualizza il messaggio
L'Odissea di Kubrick e l'Eneide sono alcune tra le cose più alte concepite da mente: su ciò non ammetto repliche
Sì, ma infatti sono d'accordo, infatti le ho messe sullo stesso piano.
E' Moon che voleva squalificare il capolavoro del duca del Sommo
Vecchio 31-07-2012, 20:39   #69
Banned
 

tsk, ormai anche dante si è modernizzato
Vecchio 31-07-2012, 20:40   #70
Esperto
L'avatar di Rick Blaine
 

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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Sì, ma infatti sono d'accordo, infatti le ho messe sullo stesso piano.
E' Moon che voleva squalificare il capolavoro del duca del Sommo
Allora: Shame on him!
Vecchio 31-07-2012, 20:40   #71
Esperto
 

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Originariamente inviata da Belacqua Visualizza il messaggio
tsk, ormai anche dante si è modernizzato
Il Sommo non è moderno, è eterno (rima)
Vecchio 04-08-2012, 08:52   #72
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Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Ah no! Mi son reso conto dell'edit di Winston solo adesso. Quindi mi son perso l'I e il II, che tragedia T_T (xD).

Qualcuno mi fa un sunto dei primi due molto semplicistico? Se siete concisi e chiari a sufficienza, Winston vi mette 7.

E' una trattazione sintetica sui primi due canti.
Non ho capito che senso ha fare un riassunto di quello che è stato scritto nelle pagine precedenti.
Sui primi due canti, dal punto di vista narrativo c'è poco da dire che non sia già abbondantemente reperibile su Wikipedia e per i commenti ci sono le pagine precedenti, non sono argomenti che si possano svolgere in due parole e io non ho il dono della sintesi, sorry Praticamente rischierei di riscrivere per intero i post precedenti

Passiamo invece velocemente al III canto ché qui se non comincio io non scrive nessuno, pare (vabbé che anche dopo... ).
Propongo degli spunti di riflessione sintetici sui quali quei pochi temerari che si avventurano qui saranno i benvenuti se vorranno dare il loro contributo.

1) Questo canto, oltre ad essere il primo che ci introduce in medias res, è anche quello che più risente dell'influsso virgiliano (soprattutto per quanto riguarda l'ingresso nell'Ade di Enea e la raffigurazione di Caronte), ma con ben diversa efficacia plastica e drammatica.
2) La novità più grande (non solo rispetto ai classici, ma anche rispetto alla precedente tradizione cristiana) è rappresentata dalla folla incommensurabile (ch'io non averei mai creduto / che morte tanta n'avesse disfatta) dei vili o pusillanimi (il termine "tecnico" di ignavi è stato sottoposto a diverse critiche, ci si potrebbe aprire un discorso a parte), quelli che non scelsero mai da che parte stare e che non vissero per davvero. La loro rappresentazione è tanto più efficace se confrontata con il modo in cui Dante ha appena superato le proprie, di paure, nel canto precedente (ancora davanti alla porta dell'Inferno Virgilio lo esorta a non avere sospetto, paura, gli dice che ogne viltà convien che sia morta), e a come ha pagato di persona, in vita, per avere preso posizione e avere fatto il proprio dovere.
3) Colui che fece per viltade il gran rifiuto. Chi era costui? (cit.)*










*Warning: fosse per me, su questo punto ci potremmo discutere anche un anno ^^
Vecchio 05-08-2012, 20:28   #73
Principiante
L'avatar di Bourée
 

(Ri) letto anche io... come sempre parto dai punti suggeriti da Winston.

1) l'efficacia plastica e drammatica di Dante rispetto a Virgilio, mi consenta (da leggersi alla cavalleresca maniera), è frutto anche della diversa visione che della morte e dell'al di là i due hanno maturato per cultura. Dante inevitabilmente subisce l'influenza della religione cristiana medioevale (che definì anche le arti figurative con teschi e veli della morte in ogni dove!).
2) Questo è un punto, a mio avviso, davvero molto interessante... il buon Dante nel canto precedente confessa i propri timori dichiarando addirittura di voler rinunciare. Virgilio, quindi, lo mette al corrente dell'intervento di tre donne a suo favore. Ora, mi chiedo, se non vi fosse stato intervento divino, Dante, sponte sua, avrebbe peccato di gran viltade anche egli, no? Il discorso è molto più amplio e sconfina, ahimé, nel solito problema aperto (almeno per me è tale) del libero arbritrio e la volontà divina (provvidenza, fato, destino). Poveri ignavi, insomma... giudicati così severamente da colui che poco prima rischiava di esserlo egli stesso, ignavo.
3) Io studiai a scuola che si trattasse di Celestino V. La questione temo sia aperta... comunque Celestino non me lo doveva banalizzare così, il Dante.

Contributo personale (in parte in risposta ad alcuni punti sollevati da Viridian).

Contestualizzando storicamente Dante, verrebbe da pensare che la critica agli ignavi, a coloro che non hanno scelto in vita fra Bene e Male risultando così "non vivi", non sia solo strettamente religiosa, ma anche politica (riferendomi agli scontri tra le due fazioni guelfe e ghibelline in relazione ai quali Dante scelse, pagando tutte le conseguenze che una scelta inevitabilmente comporta). Dal punto di vista religioso, il tema della Scelta è di particolare interesse e ritorna in diversi filosofi in diverse epoche storiche (si pensi alla vita come scommessa di Pascal o Kierkegaard). Per la Chiesa cattolica credo sia ineluttabile che essa venga compiuta (in particolare durante il medioevo quando i dettami religiosi investivano in toto il vissuto) e, in fondo, concordo con ciò (potrà essere una scelta più o meno cosciente, ma credo che alla fine la si faccia).

Messer Winston, ma come? non mi fa nessun riferimento al contrappasso?? il primo canto in cui viene presentato! Correre dietro una bandiera bianca, senza schieramenti per l'eternità coperti di mosche che lacerano le carni (degradante, no?). Quella del contrappasso è la cosa più innovativa e creativa della Commedia, per me!
Vecchio 05-08-2012, 20:40   #74
Principiante
L'avatar di Bourée
 

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Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
_

Ad ogni modo, mi colpisce molto il modo in cui son intesi gli ignavi e mi è venuto spontaneo un parallelo tra l'ignavia e.. il fatto di non esporsi, circa le difficoltà sociali.


Ravvisate invidia nell'ignavia? Il loro non potrebbe essere comunque visto come uno status super.. anzi no, "ex partibus", volendo rapportare il concetto al mondo attuale?
Nelle difficoltà sociali non è detto che non ci si esponga. O meglio, non si prende una posizione pubblicamente, magari; ma ciò non toglie che una posizione la si possa avere e si possa dimostrare con il vissuto quale sia...

C'è invidia nel senso che gli Ignavi non sono accettati in Paradiso perché non hanno scelto il bene, ma non sono accettati neanche all'Inferno perché non hanno scelto neanche il male. Sono nell'Anti-inferno... in quest'ottica, loro invidierebbero qualunque altra "vita" (o destino). Almeno credo... Winston ci sarà di maggiore aiuto.
Vecchio 11-08-2012, 08:45   #75
Esperto
 

Purtroppo non ho il tempo di rispondere in maniera esaustiva alle questioni poste, dico solo che l'interpretazione di Celestino V non è univoca, anche se è la più "gettonata" per via della contemporaneità con Dante (vidi e conobbi) e delle conseguenze che la sua rinuncia ebbe, con l'ascesa di Bonifacio. Dante invece non rifiuta la chiamata della Grazia, pur avendo paura durante il cammino, una volta assicurato da Virgilio che effettivamente lui è stato scelto a compiere quel percorso per l'amore di Beatrice e in pro del mondo che mal vive. Personalmente avrei trovato più giusta la condanna di Pilato al posto di Celestino, che in fondo non fu altro che un vaso di coccio sottoposto alle tremende pressioni dei vasi di ferro degli interessi temporali (gli Angioini a Napoli in particolare) che cercavano di condizionare la vita della Chiesa.

Detto questo, per me iniziano le ferie e vado giù nella terra natìa in vacanza. Non credo di potermi connettere, per cui il forum sarà liberato della mia presenza per un paio di settimane. Se qualcuno vorrà dare qualche altro contributo al topic, nel frattempo, è il benvenuto.
Non strappatevi troppo i capelli in mia assenza, eh
Vecchio 01-09-2012, 00:09   #76
Esperto
 

OK, è ora di riprendere il cammino

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Sono arrivato al versetto () 51, continuerò a leggerla dopo.

Ci son sempre stati gli studenti che fan domande intelligenti e quelli che pongono domande idiote - quindi siete avvisati.
_
Ma no, figurati, non è questione d'intelligenza, è semplicemente che non avevo capito la domanda, e magari qualcun altro sarebbe stato in grado di fare una sintesi meglio di me.

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Ad ogni modo, mi colpisce molto il modo in cui son intesi gli ignavi e mi è venuto spontaneo un parallelo tra l'ignavia e.. il fatto di non esporsi, circa le difficoltà sociali. Si lo so, non c'entra niente con gli intenti critico-letterari ma:



..sono parole molto forti.
C'era già un topic (ormai necropostizzato) che tracciava questo parallelo. Personalmente, come già detto allora, penso che la fobia o timidezza non sia necessariamente legata all'indifferenza etica dimostrata dagli ignavi, quanto piuttosto alla lentezza nell'operare dimostrata dagi accidiosi (di cui Dante parlerà in seguito). E' vero che gli ignavi (che tra l'altro non vengono mai chiamati con questo nome, per cui alcuni critici preferiscono indicarli come pusillanimi o vili) sono affetti dalla viltà da cui Virgilio esorta Dante stesso a liberarsi all'inizio del canto e in quello precedente, però io penso che la socializzazione e il fare del bene non siano necessariamente sinonimi, o che la prima sia condizione indispensabile per il secondo (l'ascetismo contraddice un tale assunto, per dire).

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Gli angeli che non furono ribelli: sono angeli, che in quanto tali ci si sarebbe aspettato fossero fedeli a Dio.

Eppure, gli angeli son solo uno strumento concettuale per riferirsi a persone mortali. Si sta parlando delle voci di persone decedute, in particolare - non di angeli.
Che io sappia, si tratta proprio di angeli, ed è un'invenzione molto probabilmente del tutto attribuibile al Sommo (che genio ). In tale maniera, anche la storia biblica viene a corrispondere a quella umana, e come il Male viene creato dalla ribellione di Lucifero e degli angeli suoi seguaci, così la (non) scelta di evitare sia il bene che il male e di restare concentrati solo su sé stessi viene fatta derivare da quegli angeli che rimasero a guardare la lotta.

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Nell'epoca di Dante ci si aspettava che ogni "mortale", che ogni uomo/donna avesse una forte posizione nei riguardi della religione? Il disinteresse circa il sacro e profano era motivo d'ignavia?

L'ateismo comportava la "discesa" negli inferi?

_
Non credo che si arrivasse a concepire l'agnosticismo come forma d'ignavia, anche perché ci si può macchiare di azioni nefande o compiere gesti virtuosi pur senza porsi il problema della fede (Dante presenterà a suo tempo alcuni esempi).
L'ateismo invece, la negazione dell'immortalità dell'anima, è condannata come eresia, anzi è l'unico tipo di eresia di cui si incontreranno due esponenti (Farinata degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti) nel meraviglioso X canto.

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Questo è quel che più mi spaventa.

Ravvisate invidia nell'ignavia? Il loro non potrebbe essere comunque visto come uno status super.. anzi no, "ex partibus", volendo rapportare il concetto al mondo attuale?
Non nego di aver visto anch'io in quella parole, più volte, un monito anche personale. L'invito all'impegno personale, all'esporsi con il coraggio delle proprie idee c'è tutto, ed è difficile da seguire, viste le conseguenze che se ne possono pagare.
Invidia non direi che ce ne sia, se non nel senso che la loro sorte è la peggiore o meglio la più degradante che possa toccare in assoluto, paragonabile solo forse a quella degli ultimi peccatori dell'Inferno (i traditori dei benefattori), per i quali Dante userà la stessa concisione (anzi, di più) ed eviterà qualunque incontro diretto.
Vecchio 01-09-2012, 00:23   #77
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Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Per venire incontro alla richiesta di Bourée, posto uno schizzo della struttura dell'Inferno, riservandomi poi di entrare maggiormente nei dettagli della concezione dantesca a suo tempo. Se qualcuno vuol far domande o discuterne già adesso, comunque, per me no problem.

Solo un errore:I suicidi vanno in paradiso.




Lo dice Faber

Ultima modifica di Sverso; 01-09-2012 a 00:29.
Vecchio 01-09-2012, 00:51   #78
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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
(Ri) letto anche io... come sempre parto dai punti suggeriti da Winston.

1) l'efficacia plastica e drammatica di Dante rispetto a Virgilio, mi consenta (da leggersi alla cavalleresca maniera), è frutto anche della diversa visione che della morte e dell'al di là i due hanno maturato per cultura. Dante inevitabilmente subisce l'influenza della religione cristiana medioevale (che definì anche le arti figurative con teschi e veli della morte in ogni dove!).
Concordo anch'io, ma aggiungerei che il realismo descrittivo di Dante è peculiare anche rispetto alla sua epoca e alle precedenti "visioni" dell'oltretomba, che risultavano nettamente più ingenue e che comunque facevano prevalere le esigenze teologiche ed edificanti su quelle poetiche e figurative.

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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
2) Questo è un punto, a mio avviso, davvero molto interessante... il buon Dante nel canto precedente confessa i propri timori dichiarando addirittura di voler rinunciare. Virgilio, quindi, lo mette al corrente dell'intervento di tre donne a suo favore. Ora, mi chiedo, se non vi fosse stato intervento divino, Dante, sponte sua, avrebbe peccato di gran viltade anche egli, no? Il discorso è molto più amplio e sconfina, ahimé, nel solito problema aperto (almeno per me è tale) del libero arbritrio e la volontà divina (provvidenza, fato, destino). Poveri ignavi, insomma... giudicati così severamente da colui che poco prima rischiava di esserlo egli stesso, ignavo.
E' vero che Dante viene spronato da Virgilio a non lasciarsi fermare dalla viltade (la stessa parola usata a proposito del gran rifiuto), come un cavallo quando crede di vedere un'ombra, e senz'altro il contrasto con la rappresentazione degli ignavi e con il concetto di magnanimità che verrà attribiuta a Virgilio e agli altri spiriti magni del Limbo è voluto. C'è però da dire che il viaggio di Dante è anche una presa di coscienza dei propri limiti e dei propri errori, la catarsi riguarda tutta l'umanità ma lui per primo. I personaggi più importanti del poema potranno essere visti, oltre che nella loro individualità, anche come aspetti della personalità di Dante, quasi dei suoi alter ego da cui egli si distacca man mano, prendendo coscienza di quanto di errato c'è stato nel loro e nel suo operare. E per intraprendere il viaggio il primo ostacolo da lasciarsi alle spalle, ancora prima dei peccati e delle cattive inclinazioni, è proprio la viltade (dalla quale in verità Dante in vita non dovette faticare a liberarsi, visto il suo percorso personale).
L'appoggio celeste al suo viaggio serve più che altro a giustificarlo, per come la vedo io, perché oltre al peccato di viltade c'è anche quello di follia, intesa come arrogante presunzione nei propri mezzi (quella di cui si macchiò Ulisse con il suo folle volo, che tentò di compiere lo stesso viaggio del Sommo, ma non con le stesse finalità e senza accettare umilmente di farsi strumento della volontà divina). Il coraggio di Dante sta proprio nell'accettare quest'atto d'amore incondizionato di Dio (tramite le tre donne benedette), indipendentemente da quanto lui stesso o altri si reputi degno di ciò (me degno a ciò né io né altri crede).

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Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Contributo personale (in parte in risposta ad alcuni punti sollevati da Viridian).

Contestualizzando storicamente Dante, verrebbe da pensare che la critica agli ignavi, a coloro che non hanno scelto in vita fra Bene e Male risultando così "non vivi", non sia solo strettamente religiosa, ma anche politica (riferendomi agli scontri tra le due fazioni guelfe e ghibelline in relazione ai quali Dante scelse, pagando tutte le conseguenze che una scelta inevitabilmente comporta). Dal punto di vista religioso, il tema della Scelta è di particolare interesse e ritorna in diversi filosofi in diverse epoche storiche (si pensi alla vita come scommessa di Pascal o Kierkegaard). Per la Chiesa cattolica credo sia ineluttabile che essa venga compiuta (in particolare durante il medioevo quando i dettami religiosi investivano in toto il vissuto) e, in fondo, concordo con ciò (potrà essere una scelta più o meno cosciente, ma credo che alla fine la si faccia).
Concordo sulla motivazione politica, tanto più che, se ben ricordo, alcuni suggerivano che negli ignavi venissero rappresentati anche alcuni dei fiorentini che assistettero al colpo di mano dei Neri e all'esilio di Dante e di altri senza muovere un dito (Poscia che v'ebbi alcun riconosciuto). Come ho già detto, l'epoca difficilmente concepiva un non schierarsi, un non essere irreggimentati in qualche categoria o gruppo etnico-cittadino-religioso, per cui si può anche dire che la nullificazione degli ignavi nell'aldilà rispecchia la loro non-esistenza nel mondo terreno.

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
Messer Winston, ma come? non mi fa nessun riferimento al contrappasso?? il primo canto in cui viene presentato! Correre dietro una bandiera bianca, senza schieramenti per l'eternità coperti di mosche che lacerano le carni (degradante, no?). Quella del contrappasso è la cosa più innovativa e creativa della Commedia, per me!
Pensavo fosse un tema fin troppo noto.
Anche l'invenzione del contrappasso fa parte, a mio parere, dell'esigenza di realismo che Dante tenta di soddisfare per rendere più "vero" il proprio racconto.
In questo caso l'insegna anonima rappresenta un qualsiasi ideale che i vili sono costretti a seguire, mentre lacrime e sangue che mai spesero in vita a lottare per un nobile fine, sono ora pasto di immondi vermi e gli stimoli ad agire che mai sentirono sono ora provvisti da mosche e vespe. Il contrappasso è del tipo per contrasto (rappresentazione iperbolica del comportamento contrario al peccat punito), alternativo a quello per analogia (ripetizione di un comportamento simile a quello tenuto in vita).
Anche dal tipo di pena, a me sembra che l'ignavia sia piuttosto una forma di egoismo, di eccessivo risparmio di sé stessi di fronte alle questioni della vita (soprattutto morali), certo dettato anche da una forma di paura delle conseguenze e da una considerazione eccessivamente modesta di sé stessi (da qui la possibile interpretazione di viltà o pusillanimità... e di fobia/scarsa autostima proposta da Viridian).

Quote:
Originariamente inviata da Bourée Visualizza il messaggio
C'è invidia nel senso che gli Ignavi non sono accettati in Paradiso perché non hanno scelto il bene, ma non sono accettati neanche all'Inferno perché non hanno scelto neanche il male. Sono nell'Anti-inferno... in quest'ottica, loro invidierebbero qualunque altra "vita" (o destino). Almeno credo... Winston ci sarà di maggiore aiuto.
Anche i dannati, seppure nel male, si possono considerare uomini "veri", che in qualche modo hanno vissuto e che per certi aspetti della loro personalità si sono dimostrate anche persone apprezzabili, anzi da ammirare (c'è più di un esempio in questo senso, si pensi solo al maestro di Dante, Brunetto Latini).
Invece i pusillanimi non hanno davvero vissuto, perché vivere per l'uomo è lasciare traccia del suo passaggio, è usare le prerogative che la Provvidenza gli ha donato per influire attivamente nella realtà (in un senso o nell'altro). Gli ignavi hanno semplicemente vegetato, non agito. Le loro energie sono state spese unicamente per la prosecuzione della loro vita materiale e il loro sostentamento, nulla più. Per loro contava solo la propria persona (fisica, non morale), e in questo senso per sé fuoro. Ora invece seguono quanto di più astratto e impersonale vi possa essere (un'insegna anonima) e sostentano le forme più umili e degradate di vita. Il barlume di coscienza che resta loro fa capire lo scarto tragico tra questa condizione e quella di tutti gli altri, e scattare il rimpianto di non aver saputo cambiarla (rimpianto che i dannati riservano invece in genere alla vita terrena, o alla morte, all'annullamento definitivo dell'anima come fine delle sofferenze: ma nessuno di loro desidererebbe di aver vissuto, seppure sanz'infamia, come gli ignavi).

Ultima modifica di Winston_Smith; 01-09-2012 a 01:29.
Vecchio 01-09-2012, 00:53   #79
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Sverso Visualizza il messaggio
Solo un errore:I suicidi vanno in paradiso.

Lo dice Faber
Ci sono comunque 7 secoli di differenza, eh

Comunque non è la categoria di dannati che Dante guarda con occhio più spietato, tutt'altro. A due di loro dedica un canto strappalacrime, il bellissimo XIII.
Vecchio 01-09-2012, 01:49   #80
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Viridian Visualizza il messaggio
Dubbio1:



"Misericordia e giustizia": perché è utilizzata la forma "(egli) li sdegna (3a persone singolare)..?

E' sottinteso Dio? E' una forma retorica?


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Che io sappia, si tratta semplicemente di una concordanza con l'ultimo soggetto, di cui mi pare vi siano altri esempi in Dante. Forse si può immaginare un'identificazione talmente spinta tra i due attributi divini da farli coincidere in una cosa sola, ma non la vedo come una spiegazione necessaria.

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Dubbio2: c'è una simbologia particolare che giustifichi l'immaginario delle punture di vespa/mosconi, per gli ignavi? I vermi che strisciano in qualche modo parlano da soli, ma le vespe proprio non le ho capite.

L'insegna che gira di continuo è parimenti forte, sembra proprio richiamare alla mente l'idea di un'incapacità decisionale.

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Le vespe personalmente le vedo, come ho detto prima, alla stregua di stimoli che furono assenti nella vita degli ignavi o da cui essi si guardarono bene dal farsi motivare all'azione.
Interessante l'interpretazione dell'incapacità decisionale, anche se personalmente ritengo che gli ignavi non fossero tanto paralizzati dal dubbio, quanto decisi a... non decidere per preservare il loro tranquillo status quo.
Il girare in continuo assume anche la funzione di costringere gli ignavi a un'attività perenne, al contrario di quanto fecero in vita.


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Dubbio2 bis (come quello di prima):



Qui è ripreso il problema precedente di cui parlavo: l'ignavia è veramente sinonimo di non-vita?

La vita è dunque vista come un percorso fatto di scelte. E la scelta di non aderire a nessuna delle due fazioni di un ipotetico schieramento bipolare (non parlo necessariamente di politica) dunque è "peccato"?

Addirittura una versione in parafrasi che consulto per mia sicurezza, dice:



Sarà forse troppo libera come 'traduzione' o era proprio quel che intendeva Dante? In questo caso, la fobia s'inserirebbe proprio bene. :|

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Credo che "personalità" non vada intesa nel senso moderno del termine. Non credo che Dante volesse fare troppa psicologia, specie in questo canto dove predominano i grandi gruppi di anime sui singoli individui (Caronte a parte).
Come ho detto prima, la peculiarità dell'uomo, di ogni uomo, è per Dante l'agire in un modo o nell'altro nella realtà che lo circonda: questo può essere inteso come il modo per esplicare la propria "personalità". Ma un termine come la fobia sociale non impedisce necessariamente l'agire.

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Dubbio3:



..Una cosa che mi son sempre chiesto. Questa frase mi è sempre piaciuta, addirittura è stata riciclata nel doppiaggio dei Cavalieri dello Zodiaco, ha una risonanza molto potente.

Però mi chiedo: aldilà del fatto che la Divina Commedia l'avesse fatta Dante (quindi più "potestate" di quella dell'autore che giostra il suo scritto, di sicuro non c'è) - c'è un motivo particolare per cui questo viaggio sia giustificato, permesso e voluto (vuolsi) dall'Empireo?

Dico, una motivazione che sia in conformità con la trama dell'opera.

Probabilmente dovrei saperlo prima ancora di leggere ma non mi ricordo, e lo chiedo a voi.


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Come ho detto prima, il motivo non sembra risiedere in particolari meriti di Dante (che nega esplicitamente di averne e non fa sì che Virgilio gliene indichi alcuno). Egli è un uomo come tutti gli altri, che si fa partecipe del dolore e della speranza di riscatto dell'intera umanità e che accetta liberamente la "missione" che dall'alto gli viene affidata, conscio della sua importanza e umile nell'accettare che la direzione viene dal cielo (più avanti dirà Da me stesso non vegno). L'intervento delle tre donne benedette, attraverso le quali si esplica l'impulso divino, è "gratuito" e dettato da carità e amore cristiano, seppure in Beatrice ci possa essere un residuo di quello terreno (Amor mi mosse, che mi fa parlare). Si potrebbe dire che le motivazioni siano le stesse che portarono all'incarnazione di Cristo, e del resto l'intervento divino in favore dell'umanità non può che rivelarsi un gesto d'amore puro.

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Mi son fermato al 111. Alla prossima.
Facci sapere, prima che passiamo al IV canto

Ultima modifica di Winston_Smith; 06-09-2012 a 11:05.
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