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Vecchio 06-12-2010, 02:41   #1
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Dunque, ecco un tema che volevo trattare già da un po' di tempo e che negli ultimi giorni mi è ritornato prepotentemente alla mente. Come è notorio per gli stessi disturbi mentali esistono molteplici approcci nel campo della psicoterapia: psicodinamica, cognitivo-comportamentale, sistemica, ecc. Come "utente" della psicoterapia non ho potuto fare a meno di trovarmi di fronte a questa variegata proposta, che, se da un punto di vista intellettuale può anche essere stimolante - le ragioni di questa molteplicità risiedono evidentemente nella complessità della mente umana, con la conseguenza che esistono tanti modelli teorici alla base dei diversi approcci terapeutici -, come "utente" invece è soltanto fastidiosa e spiazzante, e rende difficile avere informazioni obiettive: ogni professionista di una certa "scuola" cercherà di portare acqua al suo mulino e affermare che l'approccio che pratica è, almeno sotto certi punti di vista, migliore e più efficace degli altri; così un cognitivista dirà che la sua terapia è più efficace e più pratica, chi fa una terapia del profondo dirà ugualmente che la sua è più efficace e i risultati ottenuti più duraturi. Se quindi questa suddivisione in "scuole" ha perciò anche lo scopo di accaparrarsi fette di mercato (non solo in quanto a pazienti ma anche terapeuti da formare), mi chiedo anche quanto dipenda dalla mancanza di conoscenza degli altri approcci; suddivisioni che finiscono con l'arrivare all'arroccamento in vere e proprie "parrocchie", e in dichiarazioni fattemi personalmente da professionisti del campo del tipo "è quella che faccio perché ci credo", con l'obiettivo probabilmente di convincermi ma facendomi invece allontanare immediatamente da coloro che l'avevano pronunciata ("ci credo"? ma cos'è una scienza o una sorta di religione!?!?). C'è poi, ma da quanto ho potuto riscontrare credo sia ancora una minoranza, chi fa dell'eclettismo teorico-clinico, integrando diverse tecniche di intervento da differenti approcci terapeutici (d'altra parte già la cognitivo-comportamentale è la fusione di due orientamenti distinti). L'ultimo elemento che prendo in considerazione riguarda il fatto che è stato ampiamente dimostrato il ruolo fondamentale che giocano le variabili legate alla persona del terapeuta come fattore curativo. Perché allora si pone così tanto l'enfasi sul tipo di terapia? Io penso, e sono abbastanza convinto, che il problema non sia tanto trovare un tipo di terapia, quanto un terapeuta.

Volevo sapere la vostra sulla questione, sia dagli "utenti" che da chi, a vari livelli, studia o si occupa di psicoterapia.

Ultima modifica di MoonwatcherII; 06-12-2010 a 13:02.
Vecchio 07-12-2010, 02:17   #2
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L'avatar di Who_by_fire
 

D'accordo con te. (pur non avendo "sperimentato il mercato" più di tanto...)
Vecchio 07-12-2010, 10:27   #3
Esperto
L'avatar di EdgarAllanPoe
 

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Originariamente inviata da moonwatcherII Visualizza il messaggio
Dunque, ecco un tema che volevo trattare già da un po' di tempo e che negli ultimi giorni mi è ritornato prepotentemente alla mente. Come è notorio per gli stessi disturbi mentali esistono molteplici approcci nel campo della psicoterapia: psicodinamica, cognitivo-comportamentale, sistemica, ecc. Come "utente" della psicoterapia non ho potuto fare a meno di trovarmi di fronte a questa variegata proposta, che, se da un punto di vista intellettuale può anche essere stimolante - le ragioni di questa molteplicità risiedono evidentemente nella complessità della mente umana, con la conseguenza che esistono tanti modelli teorici alla base dei diversi approcci terapeutici -, come "utente" invece è soltanto fastidiosa e spiazzante, e rende difficile avere informazioni obiettive: ogni professionista di una certa "scuola" cercherà di portare acqua al suo mulino e affermare che l'approccio che pratica è, almeno sotto certi punti di vista, migliore e più efficace degli altri; così un cognitivista dirà che la sua terapia è più efficace e più pratica, chi fa una terapia del profondo dirà ugualmente che la sua è più efficace e i risultati ottenuti più duraturi. Se quindi questa suddivisione in "scuole" ha perciò anche lo scopo di accaparrarsi fette di mercato (non solo in quanto a pazienti ma anche terapeuti da formare), mi chiedo anche quanto dipenda dalla mancanza di conoscenza degli altri approcci; suddivisioni che finiscono con l'arrivare all'arroccamento in vere e proprie "parrocchie", e in dichiarazioni fattemi personalmente da professionisti del campo del tipo "è quella che faccio perché ci credo", con l'obiettivo probabilmente di convincermi ma facendomi invece allontanare immediatamente da coloro che l'avevano pronunciata ("ci credo"? ma cos'è una scienza o una sorta di religione!?!?). C'è poi, ma da quanto ho potuto riscontrare credo sia ancora una minoranza, chi fa dell'eclettismo teorico-clinico, integrando diverse tecniche di intervento da differenti approcci terapeutici (d'altra parte già la cognitivo-comportamentale è la fusione di due orientamenti distinti). L'ultimo elemento che prendo in considerazione riguarda il fatto che è stato ampiamente dimostrato il ruolo fondamentale che giocano le variabili legate alla persona del terapeuta come fattore curativo. Perché allora si pone così tanto l'enfasi sul tipo di terapia? Io penso, e sono abbastanza convinto, che il problema non sia tanto trovare un tipo di terapia, quanto un terapeuta.

Volevo sapere la vostra sulla questione, sia dagli "utenti" che da chi, a vari livelli, studia o si occupa di psicoterapia.
la psicanalisi è stata una delle prime forme di psicoterapia, poi ne sono venute fuori molte altre, mi viene i dubbio che siano delle pseudoscienze come la religione
Vecchio 07-12-2010, 15:30   #4
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L'avatar di Who_by_fire
 

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la psicanalisi è stata una delle prime forme di psicoterapia, poi ne sono venute fuori molte altre, mi viene i dubbio che siano delle pseudoscienze come la religione
La psicoanalisi non è una psicoterapia.
Vecchio 07-12-2010, 16:11   #5
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La psicanalisi non sarà di per sé una psicoterapia, a grandi linee penso si possa dire che è un metodo per analizzare l'inconscio, però è nata in ambito psichiatrico (Freud era un medico) e quindi come scopo principale ha avuto sin dalle origini quello di analizzare le dinamiche inconsce per curare dei disturbi psichiatrici. Ed è alla psicanalisi che si rifanno i moderni terapeuti che seguono l'indirizzo psicodinamico.

Poi attenzione a non estrapolare una parte del mio discorso! Non sto affermando che la psicologia non è una scienza! Qualunque disciplina potrebbe essere affrontata con metodo poco scientifico, quindi è una questione di metodo.
Vecchio 07-12-2010, 17:27   #6
Esperto
L'avatar di Nick
 

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Perché allora si pone così tanto l'enfasi sul tipo di terapia? Io penso, e sono abbastanza convinto, che il problema non sia tanto trovare un tipo di terapia, quanto un terapeuta.
Per mia esperienza è proprio così.

Quote:
però è nata in ambito psichiatrico (Freud era un medico) e quindi come scopo principale ha avuto sin dalle origini quello di analizzare le dinamiche inconsce per curare dei disturbi psichiatrici
Freud si è occupato quasi esclusivamente di nevrosi, delle psicosi diceva fosse impossibile fare un'analisi.
Detto alla carlona, la nevrosi si basa su una struttura psichica sana che mette in atto dei fisiologici meccanismi di compensazione e difesa. La psicosi si baserebbe invece su un difetto nella struttura psichica rendendo impossibile la terapia analitica, soprattutto per quanto riguarda il transfert medico-paziente.
Altri, anche freudiani, hanno smentito questa impossibilità e la netta demarcazione tra le due condizioni psichiche.

Ciò nonostante in genere la psichiatria si occupa prevalentemente delle psicosi, e la terapia analitica delle nevrosi per quanto la terminologia, l'eziologia e quant'altro ormai dispone di infiniti punti di vista.

Personalmente mi chiedo se non ci avessero visto giusto i mesmeristi o addirittura gli sciamani (e sembra che per quanto sia quasi impossibile confrontare delle statistiche serie sul piano dell'efficacia sia davvero così) le cui terapie si basavano quasi esclusivamente sulla suggestione (anche dello stesso medico) e sull'empatia.

Almeno finchè non si arriverà ad una mappatura totale dei processi neuronali e alla creazione di un modello artificiale di mente che funzioni, mi sa che per le scienze della mente l'analogia più calzante sia quella con l'astrofisica che studia i buchi neri.
Di fatto studiano qualcosa che non possono vedere, osservando gli effetti che produce.
Vecchio 07-12-2010, 17:44   #7
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Ma quindi Freud e Jung non hanno lavorato in ambito psichiatrico?
Vecchio 07-12-2010, 17:51   #8
Esperto
L'avatar di Nick
 

Quote:
Originariamente inviata da moonwatcherII Visualizza il messaggio
Ma quindi Freud e Jung non hanno lavorato in ambito psichiatrico?
Freud aveva un suo gabinetto privato, anche se per un periodo ha lavorato in ambito psichiatrico ma mi sembra prima di arrivare ad una teoria sull'incoscio, sicuramente prima della seconda teoria.
Ad ogni modo, parecchie nevrosi venivano curate in ambito psichiatrico all'epoca, o per meglio dire contenute in ambito psichiatrico.
Vabbè ci finivano anche le persone affette da sidrome di dawn, i gay, i sordomuti...etc non è che andassero molto per il sottile.
Di Jung non saprei, anche se cmq Jung una teoria e un metodo veri e propri non li ha mai elaborati.
Vecchio 07-12-2010, 17:56   #9
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Okok, capito, era anche diverso ciò che veniva trattato in psichiatria allora.
Vecchio 07-12-2010, 19:05   #10
Esperto
L'avatar di MarcheseDelGrillo
 

Discussione interessante.

Tempo fa in tv sentii uno psicoterapeuta sostenere che in futuro, probabilmente, ci sarà una completa integrazione dei modelli di psicoterapia attualmente esistenti sul mercato. Personalmente, pur essendo un profano, non so quanto ciò sia possibile, né quanto sia effettivamente auspicabile.

Vi è, ad esempio, un grande gap fra le psicoterapia i cui modelli epistemiologici si basano su una matrice empirista (realtà vista come oggettiva e conoscenza intesa come progressivo avvicinamento a questa realtà oggettiva) e approcci costruttivisti (realtà soggettiva e conoscenza intesa come processo soggettivo di "costruzione"). Credo che un tale divario teorico risulti difficilmente "ricucibile".

Io, da "costruttivista" quale sono, sostengo la tesi che le cose cambiano a seconda della posizione da cui le guardiamo, quindi che più o meno tutti i modelli teorici di terapia abbiano una parte di verità e di utilità. La differenza la fa unicamente la persona che utilizza tali modelli e le tecniche a questi correlate.

Cito una frase di Karl Popper, a parere mio assai illuminante su una questione come questa: « Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere. »
Vecchio 07-12-2010, 21:21   #11
Esperto
L'avatar di EdgarAllanPoe
 

Quote:
Originariamente inviata da Who_by_fire Visualizza il messaggio
La psicoanalisi non è una psicoterapia.
è stata usata fino ad oggi come psicoterapia analitica
Vecchio 14-12-2010, 21:44   #12
Avanzato
L'avatar di ombromanto
 

Ahimè, Freud diceva che gli irlandesi sono l'unico popolo impenetrabile alla psicoanalisi....io sono di origini irlandesi...
Vecchio 17-12-2010, 19:11   #13
Esperto
L'avatar di barclay
 

Quote:
Originariamente inviata da moonwatcherII Visualizza il messaggio
Interessante anche l'intervento di MarcheseDelGrillo. Peccato non ci siano "addetti ai lavori" che vogliano esprimere la loro opinione in merito.
Ecco un'altra categoria che siamo abilissimi a far scappare, subito dopo le donne: gli psicologi/psichiatri
Vecchio 17-12-2010, 19:14   #14
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Oh, ho espresso anche il mio rammarico perché non si fa sentire, che posso fare di più?
Vecchio 17-12-2010, 21:17   #15
Intermedio
 

Quote:
Originariamente inviata da moonwatcherII Visualizza il messaggio
Oh, ho espresso anche il mio rammarico perché non si fa sentire, che posso fare di più?
Non sempre ho il tempo per leggere e intervenire in tutte le discussioni. Se a qualcuno preme un mio intervento può mandarmi un pm con il link della discussione in questione.
A mio avviso l'integrazione (ovviamente quando è possibile) di alcuni aspetti di diversi approcci può essere un arricchimento. Quanti più strumenti e tecniche sono a disposizione del terapeuta tanto più ampia sarà la possibilità di scegliere la più efficace in base alle circostanze e ai bisogni della persona.
E' chiaro che tale integrazione è possibile solo entro certi limiti e pertanto dubito che un domani si possa arrivare ad un unico approccio integrato. L'auspicio migliore è che ci sia una sempre maggiore specializzazione degli interventi sulla base degli studi di efficacia relativi ai diversi trattamenti.
Qualche volta, parlando con colleghi di formazione diversa, mi è capito che in alcuni casi le differenze fossero più formali che sostanziali. Con questo non sto dicendo che le psicoterapie siano uguali, assolutamente, come non lo sono nemmeno i terapeuti al di là del loro approccio teorico.

Dott. Liverani
Vecchio 17-12-2010, 23:53   #16
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L'idea che mi sono fatta io è che le varie scuole psicoterapeutiche forniscono degli strumenti diversi per raggiungere degli obiettivi similari. L'alleanza terapeutica paziente/terapeuta, è un po' come un vestito. Un vestito che va costruito addosso alla persona, alle sue caratteristiche, alle sue problematica, alla sua storia. E questo abito sarà abbastanza largo da contenere anche il terapeuta . Questa "unione" sarà caratterizzata da autenticità, empatia, accettazione incondizionata, deiezione ideica, assenza di giudizio (cit. Rogers). Questo secondo me deve essere un po' un punto fermo di tutte le relazioni psicoteraputiche, a prescindere dalla scuola di appartenenza.
Hai ragione Moon, è dura, dal punto di vista del fruitore, capire QUALE approccio, a quale psicoterapeuta rivolgersi. E questo è un grosso limite! E come se per le elezioni dovessi scegliere di dare il voto all'uomo politico, senza poterne conoscere il partito. Sarebbe limitante. Io penso che è questo che spinge molti di noi a documentarci prima di scegliere il professionista a cui rivolgerci. I dati scientifici parlano chiaro: alcune forme di psicoterapia si rivelano più efficaci di altre in specifici quadri patologici. La TCC, ad es. sembra essere molto più efficace delle altre nei disturbi di ansia e in molti altri quadri clinici. Secondo me questo approccio rappresenta già di per sè un ottimo esempio di integrazione tra due approcci diversi: quello cognitivo (ristrutturazione cognitiva, destrutturazione di pensieri negativi ed autosvalutanti) e comportamentale (es. automonitoraggio, autovalutazione, autorinforzo etc.).
L'approccio sistemico-familiare, invece, si focalizza su pattern e intarazioni familiari disfunzionali., piuttosto che della psicopatologia individuale, e quindi il trattamento è volto al cambiamento delle strategia di comunicazione e delle interazioni all'interno della famiglia. etc.
I tuoi dubbi Moon sono assolutamente leciti, soprattutto se si pensa che in alcuni casi un tipo particolare di psicoterapia applicata su determinati casi, potrebbe risultare addirittura deletereo e dannoso Ad es. una persona con disturbo narcisistico di personalità in una terapia di gruppo... beh probabilemente non si tratterebbe del luogo terapeutico elettivo per una persona così concentrata su se stessa. O una persona Borderline ad es. Non è consigliabile pensare a ujn approccio gruppoanalitico inserendola in un gruppo teraputico appena istituito! Le sue insicurezze ontologiche, le sue fragilità, il suo vuoto interiore, non potrebbe essere colmate da un gruppo terapeutico senza una storia e i cui membri si conoscono appena! la persona borderline non troverebbe, qui, il supporto di cui ha bisogno. Troverebbe solo incertezze ed insicurezze...
Insomma questo per dire che ci dovrebbe essere molta più informazione su queste cose.
E soprattutto, nella relazione paziente/terapeuta, sta al terapeuta (con la sua scuola di riferimento) avere l'onesta intellettuale e professionale di inviare il proprio paziente da un altro terapeuta, di formazione differente, nel momento in cui si dovesse accorgere che quella forma particolare di psicoterapia non va bene, per quella persona.
Vecchio 18-12-2010, 00:24   #17
Esperto
L'avatar di Nick
 

Quote:
Questa "unione" sarà caratterizzata da autenticità, empatia, accettazione incondizionata, deiezione ideica, assenza di giudizio (cit. Rogers). Questo secondo me deve essere un po' un punto fermo di tutte le relazioni psicoteraputiche, a prescindere dalla scuola di appartenenza.
.
Vecchio 18-12-2010, 02:25   #18
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Grazie al Dott. e alla Dott.ssa, risposte entrambe interessanti.
Vecchio 18-12-2010, 02:27   #19
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Ah! Ma che cribbio è la "deiezione ideica"???
Vecchio 18-12-2010, 09:12   #20
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Quote:
Originariamente inviata da moonwatcherII Visualizza il messaggio
Ah! Ma che cribbio è la "deiezione ideica"???
è un concetto bellissimo, te lo spiego a parole mie
E' come se ognuno di noi guardasse e interpretasse il mondo attraverso un reticolo fatto di cultura, esperienze, dettami religiosi, norme sociali etc. Nel momento in cui io avvio un rapporto conoscitivo con una persona, non posso non essere influenzata da questo "reticolo" che si frappone tra me e lei. Ebbene, lo psicoterapeuta dovrebbe levarsi questo reticolo, guardare la persona a occhi nudi, senza lasciarsi influenzare da pregiudizi e altro. Si, lo so, questa cosa forse è un po' troppo utopica... secondo te moon è possibile?
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