Originariamente inviata da st:3
E anche oggi è finita. Anche oggi, 10 giugno 2012, se n'è andato e non tornerà mai più. Non so se è una bella o una brutta cosa. Perchè tutto sommato in questi giorni ero di buon umore, giornate piene, università, palestra, i viaggi a Milano. Fare tante cose per tenere occupata la mente, cercare di non pensare perchè ogni volta che penso mi vien da piangere, solo pensieri negativi e autodistruttivi. Buon umore per me vuol dire non pensare. Forse penso troppo, tutte cose egoistiche poi: io non sto bene, io mi sento solo, io sono a disagio in mezzo alla gente, io io io.
Ma anche se faccio tante cose mi sembrano tutti palliativi per distrarmi dalla vita quotidiana che mi appare così noisosa, superficiale, monotona. Credo sia così anche per gli altri, tutti omologati, con valori morali deviati, tutti ad accumulare amicizie come figurine da inserire nell'album, a rincorrere l'agognato posto fisso da 1000 euro al mese con cui sopravvivere e, se avanza qualcosa, metterli da parte per comprarsi cose che non servono ma che la società ci dice sono indispensabili, la macchina potente, il megaschermo, l'ultimo gadget tecnologico, la serata figa con gli amici in discoteca. Ma è tutta qui la vita? Forse sì. Dovrei imparare da loro e fregarmene, adattarmi a questo mondo, mandare a quel paese tutte le paranoie di una mente malata, impossibile per me, dovrei imparare a conviverci, ad accettarmi per quello che sono perchè più di tanto non si può cambiare, e chi pensa il contrario si fa solo del male.
Invidio la semplicità con cui gli altri affrontano la vita, si comportano come diligenti formichine che fanno girare gli ingranaggi ben oliati di una società da cui mi sento sempre più estraniato. Magari se ne rendono conto di far parte di qualcosa di finto, di costruito, ma non si fanno questi complessi, vivono la loro vita, tutto sommato tranquilla, nel loro piccolo mondo, conoscono persone, alcune rimangono, altre escono di scena, ma loro proseguono per la loro strada, come se avessero un obiettivo che si sono prefissati fin dal giorno della nascita, che vedono chiaramente davanti a sè, e che sono intenzionati a raggiungere a tutti i costi. Tutti sicuri, tutti con uno scopo per cui vivere.
Ieri ho preso il treno due volte per venire a Milano. La mattina pieno di gente, tutti che conversavano allegramente e io che me ne stavo con lo sguardo perso fuori dal finestrino ad osservare il paesaggio che scorre, sempre uguale, ogni giorno, mentre nel fondo dei miei pensieri mi chiedevo se qualcuno mi stesse osservando, se riuscivano a cogliere la tristezza che molto probabilmente trasmettevo. Giornata piovosa poi, che rende ancora tutto più grigio e triste. Eppure la gente intorno a me sembrava così felice, che gliene importava se il tempo era brutto, era una giornata come tante altre, tutte senza ombre perchè avevano qualcuno con cui condividerla. Secondo viaggio di sera, treno deserto, carrozza tutta per me, sempre a fissare fuori dal finestrino, è il tramonto, il cielo si è aperto, persino nell'aria inquinata di Milano si respira quel profumo di natura tipico delle notti d'estate. La metropolitana pullula di coppiette felici, mano nella mano che ridono e scherzano senza badare agli altri, si abbracciano, si baciano, e io come un perdente che li fisso nel riflesso del finestrino. Vorrei tanto essere una di loro. E mentre mi incammino verso casa vedo le luci alle finestre delle case che si accendono una dopo l'altra, tutti a cena con la famiglia o gli amici, chi più felice, chi meno, però tutti con qualcuno al loro fianco. Mi infilo le cuffie, M83, we own the sky, mi vengono i brividi tanto è bella, alzo il volume per non sentire l'assordante rumore della solitudine. Un paio di ragazze carine mi passano a fianco, mi guardano, vorrei andare a parlargli non saprei cosa dire, giro l'angolo e proseguo per la mia strada.
Questo pomeriggio guardavo la finale femminile del Roland Garros, tra la Sharapova e la nostra Sara Errani, che putroppo ha perso. Finita la partita hanno suonato l'inno russo, inquadrano la Sharapova con la coppa in mano che non riesce a smettere di sorridere, prova a contenersi ma dura un attimo, il sorriso torna ad allargarsi sul suo bel viso. E io riesco a stento trattenere le lacrime vedendo una persona così felice, che ha raggiunto il suo scopo nella vita, essere la tennista più forte del mondo. Vorrei tanto provare la sua stessa gioia di quel momento, sentirsi realizzati per qualcosa che si è fatto e non per qualcosa che ti hanno detto andava fatto, capire qual'è la direzione da prendere, anzichè trascinarmi stancamente giorno dopo giorno senza una meta precisa cercando di non pensare a quello che sto facendo, perchè non so perchè lo sto facendo. Avrei bisogno di contatto fisico, di qualcuno che mi abbracci, che mi dica che per lui o lei sono importante, che mi faccia sentire apprezzato. Mi si scioglierebbe il cuore come neve al sole. Invece mi sembra di essere diventato sempre più freddo, di non riuscire a provare nessuna emozione, positiva o negativa. Meglio sentirsi male che non sentire nulla, altrimenti tanto vale essere morti.
Settimana scorsa se n'è andato un mio compagno delle superiori, si chiamava come me, era alto come me, se ne stava sempre per i fatti suoi come me. L'ho saputo solo dopo il funerale, eppure ai tempi della scuola ci conoscevamo abbastanza bene, anche se lui era piuttosto stralunato. Aneurisma celebrale. Un attimo sei vivo e dopo un secondo ti si annebbia la vista e sei morto, fine, non si torna indietro, tutte le cose belle o brutte della tua vita, i pensieri, le esperienze, spariscono in quel momento, rimane solo il tuo ricordo nella memoria di chi ti voleva bene. Aveva pochi amici, più che altro conoscenti, temo che fra pochi giorni tutti si dimenticheranno di lui, giusto i suoi parenti non lo dimenticheranno per una questione puramente biologica. Quando se ne andranno anche loro di lui rimarrà solo una triste lapide in uno sconfinato cimitero, una in mezzo a mille, tutte uguali. E la vita continua per gli altri, come succede da milioni di anni, uno in più o uno in meno che differenza fa. Siamo gocce in un fiume che va a morire in mezzo al mare.
Non voglio arrivare alla vecchiaia, se mai ci arriverò, guardare indietro alla mia vita e pentirmi di tutto quello che ho fatto, o meglio che non ho fatto. Il mio cuore non reggerebbe il dispiacere. Perchè quando non riuscirò più ad alzarmi dalla sedia senza il bastone, quando sarò costretto a mangiare omogeneizzati a pranzo e pastina a cena, a lamentarmi per ogni minimo dolore, anche se in quel momento volessi recuperare tutte le cose che mi sono perso durante la vita, non ci sarà più tempo, il fisico mi avrà abbanndonato e forse anche la mente. Ho paura di rendermene conto troppo tardi. Bisogna agire subito, ma non so come. Oggi è passato, sì è solo un giorno, ma è un altro giorno verso la fine.
Buonanotte e scusate lo sfogo.
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