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Vecchio 26-04-2013, 17:10   #1
Intermedio
 

Su un suggerimento di Hinata-Chan che mi ha fatto ascoltare la canzone Shy dei Sonata Artica, sono stato molto colpito da questa frase:

Make sure that you can't see me, hoping you will see me

Mi assicuro che non riesca a vedermi, spero che tu mi vedrai.

Non so se è tradotta bene, ad ogni modo mi ha fatto venire in mente uno stato d'animo che sento caratteristico, veramente mio, e ossia:
- il primo passo è quello di tirarmi indietro dalle situazioni ( molto spesso quelle sentimentali, con chi mi piace di più ), molto più indietro del dovuto, creando quasi degli ostacoli per raggiungere ciò che in realtà più vorrei. Esempio: trovo una ragazza molto attraente ma, invece di cercare di fare qualcosa per conoscerla o per parlarci, mi allontano, mi faccio da parte, se lei per caso si avvicina io di proposito me ne vado, ecc. ( evitamento )
- il secondo passo è quello che, mentre faccio questa cosa, spero che nel mio tirarmi indietro qualcuno venga a prendermi, nell'esempio citato che qualcuno davvero mi tiri per la manica e mi tenga nella situazione e non mi faccia scappare.

Ricordo un episodio della mia vita in cui in un campo estivo stavo stringendo un bel rapporto con una ragazza, poi ad un certo punto sono scappato; lei se ne è accorta e mi ha ripreso, mi ha rimproverato, chiedendomi come mai la stessi evitando e io le ho detto: " no, vai tranquilla, tutto ok, non ti sto evitando " e alle sue insistenze le ho poi risposto male e lei mi ha lasciato stare. Successivamente le ho chiesto scusa, ma ormai il rapporto era rovinato.

Andando ancora più indietro nel tempo ( 4-5 anni di età ) ricordo un altro fatto: succedeva qualcosa che mi faceva arrabbiare e io mi nascondevo in un mobile che avevo a casa, faccia verso il mobile e davo la schiena ai miei genitori. Mia madre con pazienza mi chiamava a tavola a mangiare e, anche se c'erano cose buone, io non rispondevo, non andavo a mangiare. E mia madre, con dolcezza mi chiamava e io rifiutavo, ma ad ogni rifiuto speravo fortissimamente dentro di me che mi richiamasse ancora una volta. Alcune volte è successo che io accettassi, e anche se da una parte ero contento, dall'altra mi sentivo come un perdente, non so bene come spiegare...

Chi mi da una mano a capire? o almeno indirizzarmi a comprendere se questa cosa ha un nome?
Vecchio 26-04-2013, 17:26   #2
Esperto
L'avatar di Kody
 

Roba complessa.

Il fatto delle ragazze penso sia che tu pensi di non essere all'altezza della ragazza che ti piace, quindi scappi, però giustamente vorresti rimanere lì ed affrontare la situazione.

Il fatto di quando eri piccolo mi sembra una ricerca di "essere voluto", di approvazione più in generale. Tu che rimani nel mobile solo per essere chiamato.

Io ci vedo due comportamenti, non sentirsi all'altezza e ricerca di approvazione, tipici della FS.

Più che cercare nomi cerca soluzioni.
Vecchio 26-04-2013, 18:44   #3
Intermedio
L'avatar di Gianluca1981
 

Quote:
Originariamente inviata da Datagram Visualizza il messaggio
Su un suggerimento di Hinata-Chan che mi ha fatto ascoltare la canzone Shy dei Sonata Artica, sono stato molto colpito da questa frase:

Make sure that you can't see me, hoping you will see me

Mi assicuro che non riesca a vedermi, spero che tu mi vedrai.

Non so se è tradotta bene...
Secondo me la traduzione è:
Assicurati di non potermi vedere, sperando che mi vedrai
Vecchio 26-04-2013, 19:27   #4
Avanzato
 

Io amo questa canzone, è stata la canzone del mio approccio sociofobico alle donne, particolarmente ad una ragazza al liceo..

Make sure that you can't see me, hoping you will see me

Faccio in modo che tu non possa vedermi, sperando che tu mi veda.

Il tema della canzone è la timidezza(shy=timido, appunto).
Il protagonista si innamora della cameriera di un ristorante.

Si strugge per lei e non è in grado di approcciarla perchè è timido.
Ma non può far a meno di continuare a tornare in quella tavola calda per poterla rivedere..

I see your beautiful smile
And I would like to run away from
Reflections of me in your eyes
Oh please


Vedo il tuo meraviglioso sorriso e vorrei scappare dai riflessi di me stesso nei tuoi occhi
Per favore

Quando i loro occhi si incrociano lui si spaventa, e non riesce ad essere all'altezza dello sguardo di lei, in qualche modo la teme perchè quello sguardo lo distrugge e lo attira allo stesso tempo

E ancora:

Talk to me
Show some pity
You touch me in many many ways
But im shy, cant you see..


Parlami!
Mostrami un pò di pietà
Mi emozioni in così tanti modi
Ma sono timido.. non vedi?

Lui ha bisogno che sia lei ad approcciarlo, teme di non farcela da solo, le chiede di mostrargli pietà perchè la ama ma non sa come fare..

Sometimes i'm wondering why
You look at me and you blink your eye
*You can't be acting like my Diana


Per tutta la canzone lui ripete:
*Non puoi agire come Diana

Come per sottolineare: non è possibile che tu mi faccia provare le stesse emozioni che mi faceva provare lei..

Una donna che amava e che è lecito supporre abbia perso, forse proprio questo dolore per aver perso il suo primo amore; Diana, lo ha portato ad essere timido e temere le altre donne, sopratutto temere l'amore, dato che l'amore già in passato lo ha ferito.

E ad aver paura che la cameriera possa ferirlo allo stesso modo.


Datagram questa cosa ha un nome preciso, ed è timidezza, l'ho sempre fatta anche io.
Ricordo un episodio in cui ero piccolo, circa 12 anni, d'estate, in un supermercato, c'era questa ragazza che mi piaceva..
Ecco cosa pensavo:
"Guardami! Perchè non mi guardi.. Per favore notami, non ho il coraggio di venire da te.. Mostrami che mi apprezzi, GUARDAMI! NOTAMI!"

E' ancora, al liceo:
"Perfavore mostrami che ti piaccio, fammi capire che ti piaccio, fai tu il primo passo, ho bisogno di essere apprezzato."

E' un classico.

Dal punto di vista psicologico credo che i fattori determinanti siano due:
-Insicurezza
-Necessità di sentirsi necessari, di stabilire un precedente di riconoscimento positivo da parte della ragazza, prima di essere in grado di parlarle!

Ultima modifica di Padawan; 26-04-2013 a 19:31.
Vecchio 26-04-2013, 19:32   #5
Intermedio
L'avatar di BlackCat
 

Non sto a tirarla tanto per le lunghe o scriverei un post astronomico (e a breve dovrò cenare) però anche io ho la stessa identica cosa, solo che non c'è nessuno mai che mi "rincorra" o che mi cerchi quando mi allontano.

Questo mi fa capire molto degli altri e perciò li levo dalla mia testa come amici e diventano conoscenti e basta.
Vecchio 27-04-2013, 10:36   #6
Intermedio
 

Grazie per i vostri contributi, soprattutto a Vale93.

Tuttavia non capisco ancora bene perché continui a scappare e a rifiutarmi anche quando poi l'altro si avvicina a me. E' questo il nodo non banale.

Ci sta che, per timidezza e paura d'amare io abbia paura a fare il primo passo e ci sta. Ma quando poi è invece l'altro a venirmi incontro? Io in quei momenti "scappo" ma allo stesso tempo c'è una voglia che chi mi insegue sia più forte della mia voglia di fuggire e smascheri il mio gioco.
Non si tratta di una violenza che dovrebbero farmi ( in altri casi è capitato che l'approccio fosse sbagliato e questo mi facesse chiudere e incazzare anche di più ). E' una sensazione quasi di dire: vorrei, ma non posso, lasciami perdere, sono uno sfigato. Forse è perché penso che l'altro non sia degno di vedere le mie debolezze, forse perché se non fuggissi dovrei in qualche modo rivelarmi in qualcosa che io ritengo inadeguato. Ma non è tutto, perché ricollegandomi all'episodio dell'infanzia, in quella situazione non c'era nessun timore del giudizio dei miei genitori sul mangiare. Non riesco a ricordare perché non volessi andare a mangiare. Ricordo solo che in un certo senso mi piaceva essere pregato. Forse il cedere avrebbe interrotto quel meccanismo. Come dice Vale93 è forse quella necessità di sentirsi necessari di cui ho bisogno.

Non so, gran casino nella testa.
Vecchio 27-04-2013, 12:24   #7
Esperto
 

mi permetto di correggere Vale93 solo su un'inezia.. è Dana, non Diana.. la donna di A letter to Dana e credo anche altre canzoni

Quote:
Originariamente inviata da Datagram Visualizza il messaggio
Tuttavia non capisco ancora bene perché continui a scappare e a rifiutarmi anche quando poi l'altro si avvicina a me. E' questo il nodo non banale.

Ci sta che, per timidezza e paura d'amare io abbia paura a fare il primo passo e ci sta. Ma quando poi è invece l'altro a venirmi incontro? Io in quei momenti "scappo" ma allo stesso tempo c'è una voglia che chi mi insegue sia più forte della mia voglia di fuggire e smascheri il mio gioco.
Non si tratta di una violenza che dovrebbero farmi ( in altri casi è capitato che l'approccio fosse sbagliato e questo mi facesse chiudere e incazzare anche di più ). E' una sensazione quasi di dire: vorrei, ma non posso, lasciami perdere, sono uno sfigato. Forse è perché penso che l'altro non sia degno di vedere le mie debolezze, forse perché se non fuggissi dovrei in qualche modo rivelarmi in qualcosa che io ritengo inadeguato. Ma non è tutto, perché ricollegandomi all'episodio dell'infanzia, in quella situazione non c'era nessun timore del giudizio dei miei genitori sul mangiare. Non riesco a ricordare perché non volessi andare a mangiare. Ricordo solo che in un certo senso mi piaceva essere pregato. Forse il cedere avrebbe interrotto quel meccanismo. Come dice Vale93 è forse quella necessità di sentirsi necessari di cui ho bisogno.

Non so, gran casino nella testa.
ipotizzo che forse hai un bisogno eccessivo di conferme. vuoi essere sicuro che gli altri, che ti cercano, siano così sicuri di volerti da non rassegnarsi. un po' per scongiurare il rischio che, se ti lasciassi avvicinare troppo facilmente, quelli poi si stanchino di te e ti trascurino. è un comportamento che fa leva sul meccanismo di "volere quello che non si riesce ad avere", solo che poi, una volta ottenuto, anche se è costato sforzi e impegno, capita di rendersi conto di non volerlo più.... secondo me non c'entra il fatto di volersi sentire necessari, perchè puoi essere necessario per qualcuno solo essendoci per quella persona... insomma, secondo me per instaurare un bel rapporto con qualcuno ci si deve venire incontro a vicenda...
Vecchio 27-04-2013, 13:29   #8
Intermedio
 

Quote:
Originariamente inviata da awasted Visualizza il messaggio
"volere quello che non si riesce ad avere", solo che poi, una volta ottenuto, anche se è costato sforzi e impegno, capita di rendersi conto di non volerlo più
Molto interessante. In tanti campi della mia vita mi sono impegnato in maniera feroce, per arrivare ad un risultato che, una volta ottenuto, ha perso ogni sua attrattiva e ho smesso di praticarlo. Evidentemente non era una cosa che volevo veramente...non so.

Ad ogni modo non ho capito bene come questo si riallacci con questi episodi che mi capitano...persone che mi vogliono rendere partecipe e io, pur volendo, rifiuto per un qualche motivo ( che potrebbe essere che io trovi ingiusto essere partecipe di una cosa che non merito, oppure non adeguato per quella cosa )
Vecchio 27-04-2013, 13:59   #9
Intermedio
 

Interessante riflessione, ma non credo che questa si adatti a me.
Provo a spiegare.
Da quello che ho capito, il passivo aggressivo usa dei metodi per dissimulare la sua aggressività di base e quindi essere socialmente accettabile, usando vari di quegli stratagemmi elencati.
Dunque, a livello profondo c'è una aggressività che poi viene mascherata.

A me invece capita qualcosa di opposto. Nel profondo non provo ostilità, ma anzi vorrei tanto essere partecipe di una cosa. All'esterno rifiuto. Mentre se non ho capito male il passivo aggressivo a parole accetta, ma all'interno rifiuta ( semplificando molto )
Quindi io esteriormente rifiuto ( o evito o metto in campo le condizioni che mi fanno stare al sicuro ) ma internamente invece ho un desiderio forte; ogni nuova richiesta o insistenza mi fa in un certo modo soffrire, perché ho davanti a me ho un qualche tipo di paura per accettare o un continuo autogiudicarmi; e profondamente vorrei che in qualche modo dall'esterno arrivasse quella chiave che disinnescasse la mia paura e mi permettesse di partecipare con tutto me stesso.
Dico questo perché:
1) le volte in cui sono stato "forzato" e quindi ho fatto delle cose senza che le mie motivazioni interne di rifiuto fossero realmente ascoltate, sono stato peggio, fino a sfociare in attacchi d'ira o rifiuti ancora più marcati;
2) le volte in cui invece per cose circoscritte sono riuscito a sconfiggere da solo le mie paure, ho prima cercato un certo numero di motivi razionali, dopodiché poco per volta mi sono "esposto" in situazioni simili, ma meno stressanti per adattarmi

Non sempre però ciò è possibile e quindi cercavo di capire meglio questo schema che mi blocca.

Ad ogni modo grazie Zucchina per questo articolo che mi ha permesso di pulire meglio i concetti ed esprimere meglio ciò che mi succede: anche scrivendo poco alla volta le cose vengono alla luce.
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