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30-08-2015, 02:55
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#1
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,470
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Le persone che stanno male, in genere, hanno una psicologia impastata di recriminazioni, rabbie, desiderio di conformarsi, obblighi autoimposti, disprezzo per sé e per gli altri.
Ma, in fondo, gli uomini non hanno e non possono avere "diritti" e "doveri" oggettivi, fondati su altro che non siano i desideri degli uomini stessi. Se attribuiamo all'essere "adulti" il significato di sopportare da soli, come individui, il peso dell'esistenza (il che non esclude ricevere il conforto altrui, ma solo il non averne necessità), il senso del nostro malessere non è nel fuggire tale responsabilità?
Faccio un esempio: una persona nasce grassa, ed è per questo poco apprezzata dai potenziali partner. Perché mai dovrebbe incolpare sé stessa, disprezzandosi (come se avere uno scarso valore, in questo caso peraltro relativo, fosse una colpa, e cioè si avesse il dovere di essere diversi da quello che si è), oppure coloro che la disprezzano, che pure, da persone libere, non hanno alcun obbligo di non farlo? Se lo fa, non significa che si rifiuta di accettare il dolore della propria condizione, trincerandosi dietro facili (per quanto sterili) difese?
Ancora: un ragazzo nasce con genitori problematici. Li odia, e li incolpa di essere stronzi. Va da uno psicoterapeuta, che gli spiega che sono quello che sono a causa del percorso di vita che hanno fatto. Il ragazzo continua ad incolparli. Il terapeuta gli fa presente che essi sono, a loro volta, vittime dei loro genitori. Il ragazzo incolpa questi ultimi. Ma questi ultimi, gli dice il professionista, sono a loro volta... Il ragazzo incolpa il sistema. Le diseguaglianze. L'indifferenza sociale degli altri. La cultura. Ultimo anello della catena: il mondo fa schifo, vivere fa schifo. in alternativa, cambia verso: sono io che sono sbagliato. La realtà è, semplicemente, che lui e i suoi genitori sono stati incompatibili, senza che sia colpa di nessuno.
Se essere vivi significa essere distinti dal circostante (ex-sistere: differenziarsi), e dunque essere "limitati", il che comporta la possibilità di soffrire, il nostro non è, in ultima analisi, un tentativo di negare il nostro stare al mondo?
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Ultima modifica di Angus; 30-08-2015 a 03:02.
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30-08-2015, 06:38
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#2
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Volevo rispondere ma non ho capito. Mi viene quasi da piangere, c'è qualcosa di struggente in questo post.
Negare lo stare al mondo perché non si accetta la sofferenza?
O ostinarsi alla sofferenza pur di non andare incontro al resto?
O meglio, ostinarsi all'isolamento o all'incapacità di stare con gli altri pur di non dover andare incontro al resto?
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Ultima modifica di ~~~; 30-08-2015 a 06:41.
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30-08-2015, 08:47
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#3
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Esperto
Qui dal: Jul 2014
Ubicazione: Moana, Brunner lake (sì, come no)
Messaggi: 12,954
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
[...] Se essere vivi significa essere distinti dal circostante (ex-sistere: differenziarsi), e dunque essere "limitati", il che comporta la possibilità di soffrire, il nostro non è, in ultima analisi, un tentativo di negare il nostro stare al mondo?
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Hai proprio centrato il problema, ho sempre apprezzato la profondità del tuo pensiero e vedo che non mi sbagliavo.
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30-08-2015, 09:53
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#4
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,470
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Quote:
Originariamente inviata da ~~~
Negare lo stare al mondo perché non si accetta la sofferenza?
O ostinarsi alla sofferenza pur di non andare incontro al resto?
O meglio, ostinarsi all'isolamento o all'incapacità di stare con gli altri pur di non dover andare incontro al resto?
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Negare la possibilità di soffrire, illudendoci di avere un qualche potere al riguardo, sopportando una sofferenza "finta", causata da noi, per evitare quella vera.
Come quando si è ammalati, di notte, e dobbiamo vomitare, ma invece di alzarci, farlo, e dormire poi quel magnifico sonno ristoratore passiamo le nostre ore a macerarci tra le coperte dicendoci "se aspetto un altro po', magari passa".
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Ultima modifica di Angus; 30-08-2015 a 10:17.
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30-08-2015, 10:43
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#5
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 7,855
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Se essere vivi significa essere distinti dal circostante (ex-sistere: differenziarsi), e dunque essere "limitati", il che comporta la possibilità di soffrire, il nostro non è, in ultima analisi, un tentativo di negare il nostro stare al mondo?
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Bè, comporta la possibilità non vuol dire la necessità (no, ma dico potevo anche differenziarmi piuttosto in quanto cantante famosa o altre cose positive, ci sta che uno si scocci se è andata all'opposto)
Rifiutarsi di accettare il dolore della propria condizione...bè, ma che significa? Se ci ho perennemente febbre alta, nausea ecc. posso anche accettare tutto (che non capisco bene che voglia dire) e pensare - l'essere vivi comporta la possibilità di ammalarsi- ma la situazione resta di m. uguale (rabbia) e mi stufa anche il non poter uscire come fanno gli altri (desiderio di conformarsi) anche perchè magari è l'unico modo per avere amicizie . Se poi è la gente che mi evita perchè mi son venuta delle pustole che gli altri pensano contagiose e che invece non c'entano nulla mi scocceranno i loro pregiudizi e superficialità (disprezzo per gli altri) e inizierò anche a odiare la mia faccia pustolosa (disprezzo per me stesso). Il fatto che non è colpa nè mia nè altrui (ma a volte una colpa di qualcuno può esserci) alla fine non mi migliora poi tanto la situazione o l'umore... (comunque nel caso di una persona grassa -come di altre condizioni- si cercano scuse quasi per "scusarsi" di fronte agli altri visto che la gente prova un certo disprezzo e immagina che chissà che cosa facciano per ritrovarsi così e che a loro non potrebbe mai capitare).
Se invece quello che intendi è non siamo noi vittime, e nella merda lo sono un pò tutti, è un discorso diverso.
Quote:
Originariamente inviata da Angus
Ultimo anello della catena: il mondo fa schifo, vivere fa schifo. in alternativa, cambia verso: sono io che sono sbagliato. La realtà è, semplicemente, che lui e i suoi genitori sono stati incompatibili, senza che sia colpa di nessuno.
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Bè sicuramente il mondo non è perfetto e quasi tutti se ne addossano una parte di colpa (e di giustifica ritrovandosi lì immersi), alcuni più e alcuni meno. Capire almeno cosa c'è che non va nella società (almeno per quanto riguarda l'impatto su di sè) sembrerebbe il primo passo per eventualmente attivarsi per cercare di migliorare un minimo le cose.
Quote:
Originariamente inviata da Angus
Negare la possibilità di soffrire, illudendoci di avere un qualche potere al riguardo, sopportando una sofferenza "finta", causata da noi, per evitare quella vera.
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ovvio, soffrire per soffrire, preferisco almeno sentire di avere le cose sotto controllo.
Quote:
Originariamente inviata da Angus
Come quando si è ammalati, di notte, e dobbiamo vomitare, ma invece di alzarci, farlo, e dormire poi quel magnifico sonno ristoratore passiamo le nostre ore a macerarci tra le coperte dicendoci "se aspetto un altro po', magari passa".
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eh, ma non è detto che una volta si affronti quella che chiami sofferenza vera poi diventi tutto bello e roseo
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30-08-2015, 11:21
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#6
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Esperto
Qui dal: Aug 2011
Messaggi: 2,410
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forse ho capito male io, quindi secondo te il disagio è causato dal rifiuto di accettare la sofferenza...
mettiamo che sia così...
si da per scontato che il mondo sia sofferenza, il che non è necessariamente vero, c'è sofferenza c'è felicità, in fattore degli eventi e dei propri percorsi di vita
tuttavia è impossibile negare che c'è qualcuno che per un motivo o per un altro, soffre più della media
a questo punto rifiutare il proprio stato di sofferenza è assolutamente logico e naturale, a nessuno eccetto qualche masochista piace soffrire
quindi si cerca di correggere gli aspetti della propria vita in modo da diminuire questa sofferenza
purtroppo non sempre si riesce... allora una strada potrebbe essere l'accettazione di quella sofferenza
quindi tu proponi di interiorizzare la sofferenza accettarla e conviverci, ma che vita sarebbe, non è vita, non ha senso continuare a vivere sapendo che soffrirai vita natural durante, non c'è dignità a vivere così
piuttosto c'è molta più dignità nel rifiutare la vita stessa e le sue sofferenze
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30-08-2015, 11:25
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#7
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Esperto
Qui dal: Sep 2013
Ubicazione: Infinitamente nel tuo pensiero.
Messaggi: 3,181
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Negare la possibilità di soffrire, illudendoci di avere un qualche potere al riguardo, sopportando una sofferenza "finta", causata da noi, per evitare quella vera.
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La vera sofferenza sarebbe la vita in quanto portatrice di questo destino (sofferenza insita).
Questo è un discorso esistenzialista che fai, ma ti chiedo; è giusto che noi non diamo delle responsabilità a chi non abbia commesso degli sbagli, non credo, responsabilità è anche sapere che gli altri o noi facciamo errori anche voluti e prenderne atto e reagire a questi quando è possibile, di conseguenza.
Non si vive pensando alla sofferenza insita dell'esistenza perché è come un rassegnarsi a tutto.
Sarebbe sempre "colpa" della vita.
Osservare la realtà in senso pratico o esistenziale. Personalmente dipende, anche dai problemi da affrontare.
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Ultima modifica di Noriko; 30-08-2015 a 11:35.
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30-08-2015, 11:35
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#8
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Banned
Qui dal: Apr 2013
Ubicazione: where the sky is made of amethyst
Messaggi: 1,669
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La sofferenza va compresa. La rabbia è insita nel processo e fa parte della vita come il resto...
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30-08-2015, 11:58
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#9
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Esperto
Qui dal: Aug 2011
Messaggi: 2,410
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Quote:
Originariamente inviata da shady74
Gettati nel mondo? io sono stato gettato come un Gladiatore nell'Arena.
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questo vale per tutti, chi di noi ha scelto di vivere?
nessuno, ci è semplicemente toccato
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30-08-2015, 13:56
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#10
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Banned
Qui dal: Jul 2009
Ubicazione: Prov. Milano
Messaggi: 1,187
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Le persone che stanno male, in genere, hanno una psicologia impastata di recriminazioni, rabbie, desiderio di conformarsi, obblighi autoimposti, disprezzo per sé e per gli altri.
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Negare la possibilità di soffrire, illudendoci di avere un qualche potere al riguardo, sopportando una sofferenza "finta", causata da noi, per evitare quella vera.
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A chi ti riferisci con le parole in grassetto? Agli utenti del Forum oppure a persone qualunque, timide e non timide, che per essere accettate si conformano a forza ai canoni estetici e di pensiero in voga?
Bisogna fare delle distinzioni in base all'origine del malessere psicologico. In alcune persone timidezza e i problemi psicologici sono la conseguenza delle loro stranezze (gusti o aspetto fisico). Qui ti do ragione perché il disagio dipende dal non riuscire ad accettarsi (quindi coincide con la persona stessa). Mentre in altre persone i problemi psicologici hanno origine indipendente dalle convenzioni sociali derivando da genetica o da traumi (come nel tuo esempio del ragazzo). In questo caso il malessere non coincide con la persona interessata; sono due entità ben diverse. Al limite ci si può vergognare del proprio male (che comunque può essere estirpato) e dello stile di vita ci costringe a seguire ma non necessariamente del proprio corpo e modo di pensare. Tanto è vero che qua, diversi utenti sembrano condividere spontaneamente i gusti della massa.
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Ultima modifica di Nothing87; 31-08-2015 a 13:53.
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30-08-2015, 16:58
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#11
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,197
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Se essere vivi significa essere distinti dal circostante (ex-sistere: differenziarsi), e dunque essere "limitati", il che comporta la possibilità di soffrire, il nostro non è, in ultima analisi, un tentativo di negare il nostro stare al mondo?
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Mi sembra ovvio che qualcosa la si vorrebbe negare se si sta male in qualche senso. Togliere quel che disturba, negarlo... Ovvio.
Però non credo che si neghi lo stare al mondo in sé, si negano solo certi aspetti del proprio stare al mondo.
In realtà poi spesso non li si riesce nemmeno a negare effettivamente, quel che succede è che si vorrebbe negarli o vivere in un mondo in cui siano negati questi aspetti quando si sta male, ma questo tentativo spesso fallisce e si continua a star male, tutto qui, se si fosse riusciti nell'intento non si starebbe più male (e non è detto comunque che sia necessario fallire).
Ad essere differenziati, già lo siamo, non credo sia qualcosa che si può creare, o c'è o non c'è. Non capisco cosa c'entri l'essere differenziati col fatto che a noi certi aspetti della nostra esistenza non ci stanno bene: che sia l'acne, il peso, il fatto che non veniamo presi in considerazione dagli altri, il rapporto coi genitori e così via.
Si cerca di negare solo una modalità di stare al mondo (quella che si è realizzata e magari sta ancora in piedi), non ogni nostro possibile modo di stare al mondo. Il nostro modo di stare al mondo è ben più ampio di quel che si è realizzato (e si realizzerà), in genere si nega o cerca di negare solo questo, non ogni possibile vita (e non abbiamo alcuna idea o conoscenza di quanto possa essere ampio questo ventaglio di preciso). Anche il suicida non nega magari l'esistenza o ogni possibile esistenza con il suo atto, si sottrae solo ad un suo sviluppo nefasto ma magari è vero allo stesso tempo che ne avrebbe desiderato un altro... Non nega sé stesso insomma.
Che questo "altro" che non si è realizzato non poteva essere "suo" secondo me è sempre discutibile. Negare o cercare di negare qualcosa di accidentale non significa negare ogni possibile modo di stare al mondo.
Proprio perché limitati possiamo negare altro, qualcosa di distinto da noi, senza dover negare anche la nostra stessa essenza. Se i nostri genitori fossero stati in parte diversi, noi non saremmo stati più noi?
Certo degli aspetti della nostra vita sarebbero stati diversi, ma noi avremmo continuato ad essere noi stessi e magari avremmo accettato la nostra esistenza più volentieri. Se è vero questo, e cioé che in un'altra situazione avremmo accettato la vita che adesso per noi risulta opprimente, allora non è vero che è la nostra esistenza in sé che vogliamo negare, non è il nostro essere al mondo in ogni suo declinarsi il problema, si tratta di qualcosa di molto più parziale ed accidentale, e fino a prova contraria è accidentale perché nessuno è mai riuscito a provarne la necessità.
"Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev'essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com'è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è."
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Ultima modifica di XL; 30-08-2015 a 23:34.
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31-08-2015, 00:37
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#12
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Banned
Qui dal: Jul 2014
Messaggi: 7,102
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Il discorso sul non attribuire la colpa, o rivolgere il disprezzo, a sè o agli altri, penso sia corretto da un punta di vista prettamente razionale, ma chi nella propria vita non ha provato momenti di rabbia e di ostilità verso se stesso o gli altri? Secondo me ha comunque a che fare con un istinto di sopravvivenza: se uno sente di essere danneggiato in qualche modo, istintivamente risponderà con un certo grado di aggressività.
Il rancore, la rabbia, ecc. sorgono in un certo senso per amore verso se stessi (o verso la propria felicità), ci si sente feriti e un certo di grado di non sopportazione verrà rivolto verso ciò che è ritenuta la causa del danno, come a voler prendere le distanze da ciò che ci condanna.
Secondo me è giusto muoversi nella direzione di una maggiore accettazione del mondo e dei mali insiti negli essere viventi, però ad esempio il ragazzo che a causa di gravi problematiche fisiche viene escluso, pur accettando la sua condizione e non colpevolizzando gli altri perchè magari intuisce perchè si comportano in un certo modo, resta comunque solo quando magari vorrebbe stare con gli altri e vede nella sua immagine il motivo della propria infelicità, e questa immagine spesso finirà per odiare quando sta male perchè da lì deriva quel male.
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Ultima modifica di alien boy; 01-09-2015 a 18:59.
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31-08-2015, 00:58
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#13
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Esperto
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Nella mia testa, e occasionalmente nel mondo reale.
Messaggi: 2,679
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Mi si è aggravigliato il cervello.
Anche io vorrei rispondere ma non so cosa.
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31-08-2015, 03:17
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#14
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Principiante
Qui dal: Aug 2013
Ubicazione: Sardegna
Messaggi: 50
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La rabbia e il dare la colpa ad altri o a se stessi sono naturali, almeno da quando esiste la società, e solo chi può definirsi un virtuoso può riuscire ad accettare tutto ciò che gli ha portato sofferenza, senza indagarne le colpe ed andando avanti. Nella teoria il discorso fila, insomma, accettando la vita si va avanti.
Ma nella pratica? è che la sofferenza passata ormai non si cancella, forse ci si può autoimporre di lasciar perdere la rabbia e le rimuginazioni, ma non equivale comunque allo stare male?
Con la vita di oggi, e la coscienza che abbiamo, è praticamente impossibile. Inoltre gli esseri umani non sono sempre stati civilizzati, non avevano il bisogno di "accettare" la propria esistenza.. bisogna solo esistere, noi stiamo qui a porci queste domande ma se nella vita ci deve capitare qualcosa ci capita e basta. Forse è difficile da accettare perchè siamo arrivati al punto di credere di poterlo accettare
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31-08-2015, 10:44
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#15
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Negare la possibilità di soffrire, illudendoci di avere un qualche potere al riguardo, sopportando una sofferenza "finta", causata da noi, per evitare quella vera.
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Di cui forse si ha già avuto abbastanza...
Quote:
Originariamente inviata da Angus
Come quando si è ammalati, di notte, e dobbiamo vomitare, ma invece di alzarci, farlo, e dormire poi quel magnifico sonno ristoratore passiamo le nostre ore a macerarci tra le coperte dicendoci "se aspetto un altro po', magari passa".
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Magari fosse sempre garantito il "sonno ristoratore" dopo il "vomito", nella problematica di cui stiamo parlando...
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31-08-2015, 12:49
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#16
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,470
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Quote:
Originariamente inviata da ila82
ovvio, soffrire per soffrire, preferisco almeno sentire di avere le cose sotto controllo.
eh, ma non è detto che una volta si affronti quella che chiami sofferenza vera poi diventi tutto bello e roseo
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Appunto. Il controllo non ce l'hai, ti stai solo illudendo di averlo, fuggendo dal peso della consapevolezza della tua impotenza.
Non è detto. Non è detto neanche il contrario, però. Senza rischiare, si escludono sia la potenziale sofferenza che la potenziale felicità.
Quote:
Originariamente inviata da sato
forse ho capito male io, quindi secondo te il disagio è causato dal rifiuto di accettare la sofferenza...
mettiamo che sia così...
si da per scontato che il mondo sia sofferenza, il che non è necessariamente vero, c'è sofferenza c'è felicità, in fattore degli eventi e dei propri percorsi di vita
tuttavia è impossibile negare che c'è qualcuno che per un motivo o per un altro, soffre più della media
a questo punto rifiutare il proprio stato di sofferenza è assolutamente logico e naturale, a nessuno eccetto qualche masochista piace soffrire
quindi si cerca di correggere gli aspetti della propria vita in modo da diminuire questa sofferenza
purtroppo non sempre si riesce... allora una strada potrebbe essere l'accettazione di quella sofferenza
quindi tu proponi di interiorizzare la sofferenza accettarla e conviverci, ma che vita sarebbe, non è vita, non ha senso continuare a vivere sapendo che soffrirai vita natural durante, non c'è dignità a vivere così
piuttosto c'è molta più dignità nel rifiutare la vita stessa e le sue sofferenze
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Non ho detto che i problemi nascono dal tentativo di evitare la sofferenza, ma dal rifiuto di accettare la propria capacità di soffrire. Rinunciando al proprio squilibrio, al proprio essere vivi, ci alieniamo la possibilità (non la certezza) di provare sia dolore che gioia. Pensa alla timidezza: cos'è questa se non vergogna di sé, e cosa la vergogna se non espressione della volontà di nascondere qualcosa? E perché nascondiamo qualcosa di noi se non perché non vogliamo accettare di poter non piacere? Per via della timidezza che ci costringe a rifuggire i rapporti, però, rinunciamo non solo al dolore dei rifiuti, ma anche alla potenziale gioia dell'incontro.
Quote:
Originariamente inviata da Nothing87
A chi ti riferisci con le parole in grassetto? Ali utenti del Forum oppure a persone qualunque, timide e non timide, che per essere accettate si conformano a forza ai canoni estetici e di pensiero in voga?
Bisogna fare delle distinzioni in base all'origine del malessere psicologico. In alcune persone timidezza e i problemi psicologici sono la conseguenza delle loro stranezze (gusti o aspetto fisico). Qui ti do ragione perché il disagio dipende dal non riuscire ad accettarsi (quindi coincide con la persona stessa). Mentre in altre persone i problemi psicologici hanno origine indipendente dalle convenzioni sociali derivando da genetica o da traumi (come nel tuo esempio del ragazzo). In questo caso il malessere non coincide con la persona interessata; sono due entità ben diverse. Al limite ci si può vergognare del proprio male (che comunque può essere estirpato) e dello stile di vita ci costringe a seguire ma non necessariamente del proprio corpo e modo di pensare. Tanto è vero che qua, diversi utenti sembrano condividere spontaneamente i gusti della massa.
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Mi riferisco agli esseri umani in generale. Parli di traumi: ma cos'è che impedisce di prendere atto di averne subiti, ed andare avanti?
Quote:
Originariamente inviata da XL
Mi sembra ovvio che qualcosa la si vorrebbe negare se si sta male in qualche senso. Togliere quel che disturba, negarlo... Ovvio.
Però non credo che si neghi lo stare al mondo in sé, si negano solo certi aspetti del proprio stare al mondo.
In realtà poi spesso non li si riesce nemmeno a negare effettivamente, quel che succede è che si vorrebbe negarli o vivere in un mondo in cui siano negati questi aspetti quando si sta male, ma questo tentativo spesso fallisce e si continua a star male, tutto qui, se si fosse riusciti nell'intento non si starebbe più male (e non è detto comunque che sia necessario fallire).
Ad essere differenziati, già lo siamo, non credo sia qualcosa che si può creare, o c'è o non c'è. Non capisco cosa c'entri l'essere differenziati col fatto che a noi certi aspetti della nostra esistenza non ci stanno bene: che sia l'acne, il peso, il fatto che non veniamo presi in considerazione dagli altri, il rapporto coi genitori e così via.
Si cerca di negare solo una modalità di stare al mondo (quella che si è realizzata e magari sta ancora in piedi), non ogni nostro possibile modo di stare al mondo. Il nostro modo di stare al mondo è ben più ampio di quel che si è realizzato (e si realizzerà), in genere si nega o cerca di negare solo questo, non ogni possibile vita (e non abbiamo alcuna idea o conoscenza di quanto possa essere ampio questo ventaglio di preciso). Anche il suicida non nega magari l'esistenza o ogni possibile esistenza con il suo atto, si sottrae solo ad un suo sviluppo nefasto ma magari è vero allo stesso tempo che ne avrebbe desiderato un altro... Non nega sé stesso insomma.
Che questo "altro" che non si è realizzato non poteva essere "suo" secondo me è sempre discutibile. Negare o cercare di negare qualcosa di accidentale non significa negare ogni possibile modo di stare al mondo.
Proprio perché limitati possiamo negare altro, qualcosa di distinto da noi, senza dover negare anche la nostra stessa essenza. Se i nostri genitori fossero stati in parte diversi, noi non saremmo stati più noi?
Certo degli aspetti della nostra vita sarebbero stati diversi, ma noi avremmo continuato ad essere noi stessi e magari avremmo accettato la nostra esistenza più volentieri. Se è vero questo, e cioé che in un'altra situazione avremmo accettato la vita che adesso per noi risulta opprimente, allora non è vero che è la nostra esistenza in sé che vogliamo negare, non è il nostro essere al mondo in ogni suo declinarsi il problema, si tratta di qualcosa di molto più parziale ed accidentale, e fino a prova contraria è accidentale perché nessuno è mai riuscito a provarne la necessità.
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Bel commento. Appunto. Si nega il proprio essere nel mondo, in balia di forze che sfuggono al nostro controllo. Si dice: le cose avrebbero dovuto essere diverse. Ma così non è stato.
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Ultima modifica di Angus; 31-08-2015 a 13:57.
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31-08-2015, 12:59
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#17
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,470
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Quote:
Originariamente inviata da Noriko
La vera sofferenza sarebbe la vita in quanto portatrice di questo destino (sofferenza insita).
Questo è un discorso esistenzialista che fai, ma ti chiedo; è giusto che noi non diamo delle responsabilità a chi non abbia commesso degli sbagli, non credo, responsabilità è anche sapere che gli altri o noi facciamo errori anche voluti e prenderne atto e reagire a questi quando è possibile, di conseguenza.
Non si vive pensando alla sofferenza insita dell'esistenza perché è come un rassegnarsi a tutto.
Sarebbe sempre "colpa" della vita.
Osservare la realtà in senso pratico o esistenziale. Personalmente dipende, anche dai problemi da affrontare.
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"Giusto" in base a quali criteri, decisi da chi? Il mio discorso comunque non nega la possibilità di attribuire responsabilità, anzi. Attribuire "colpa" alla vita è una manifestazione estrema dell'atteggiamento che volevo mettere in luce. Non ci sono "colpe" (concetto diverso da quello di responsabilità): le cose, semplicemente, accadono.
Quote:
Originariamente inviata da FolleAnonimo
Personalmente sento di voler rispondere che alcune volte leggendo queste profonde riflessioni sento di dover meritare maggiore sofferenza, la mia vita è agiata e le vere sofferenze sono molto distanti da quelle che reputo tali, credo allo stesso modo che più la sofferenza crescerà più la vita si farà sentire, come premere una propria ferita per ricordarsi cos'è il vero dolore e la sofferenza oppure patendo più spesso la fame e non avendo la possibilità di soddisfare le proprie voglie arrivando ad apprezzare le piccole cose, tantissimi altri esempi che personalmente mi fanno sentire perso alcune volte, cercare la sofferenza per guadagnare un proprio personale senso di nobiltà ed realtà.
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Senti di avere il "dovere" di soffire di più? In che modo soffrire dovrebbe renderti più "nobile"?
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31-08-2015, 13:08
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#18
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Intermedio
Qui dal: May 2013
Messaggi: 129
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Odiamo solo quelli che sono come noi, proiettiamo i nostri difetti su altri e per questo li odiamo.
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31-08-2015, 13:13
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#19
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Esperto
Qui dal: Sep 2013
Ubicazione: Infinitamente nel tuo pensiero.
Messaggi: 3,181
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
"Giusto" in base a quali criteri, decisi da chi?
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Bella domanda.
A criteri individuali e oggettivi, quest'ultimi creati dalla società e dal buon senso.
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31-08-2015, 15:15
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#20
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Banned
Qui dal: Jul 2009
Ubicazione: Prov. Milano
Messaggi: 1,187
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Parli di traumi: ma cos'è che impedisce di prendere atto di averne subiti, ed andare avanti?
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è possibile guarire ma la strada, anche con l'aiuto di specialisti, spesso è lunga e ardua. Parlo di guarigione e non di accettazione perché, in questo caso, l'atteggiamento che la persona tiene è indotto dal male e non dal suo fisico e mentalità, eccentrici o meno che possano essere. Non si tratta di negare se stessi ma di negare la patologia. Il Penso dunque sono di Cartesio per questi vale al 100% perché pensano con la loro testa.
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