Vero è che dietro la timidezza a volte si nasconde l’orgoglio, la presunzione e perfino un’aggressività repressa che poi esplode o si riversa su vittime sacrificali magari famigliari.
Il timido coltiva, come scrisse Emo, il piacere solitario «di non dover essere grato a nessuno». Più spesso però la timidezza è una specie di imene, di velo e di custodia per mantenere la verginità dell’essere, non offrirla al primo che passa, ma serbare l’anima in un tabernacolo come si addice alle cose più sacre o meno futili. È un modo per sorvegliare la propria frontiera, di vigilare sui propri confini.
Perché chi non sa disegnare i suoi limiti, avverte Emo, deve accontentarsi dell’infinito.
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in quell'articolo mi sono ritrovato in molte cose
finalmente un giornale che ne parla