|
|
26-08-2016, 15:17
|
#21
|
Esperto
Qui dal: Dec 2013
Messaggi: 819
|
Quote:
Originariamente inviata da XL
Con la differenza che però comunque consumo risorse e poi divento frustrato quando fallisco, devo mettere in conto anche questo.
Anche se gioco alla lotteria le probabilità sono maggiori di zero di vincere rispetto a quando non gioco proprio però se non vinco praticamente mai poi i soldi investiti li perdo comunque. Finché investi poco ci può anche stare, ma se poi devi investire di più e non guadagni nulla o molto poco (dal tuo punto di vista soggettivo) rispetto a quello che investi, anche se le probabilità di vincere non sono nulle investendo in certi modi, io penso che non convenga neanche più investire nella possibilità di vincere.
In effetti dicono che non conviene giocare proprio a giochi come il superenalotto proprio per questo. Se non giochi non hai la possibilità di vincere (probabilità uguale a 0), se giochi un biglietto questa possibilità c'è (probabilità diversa da 0), e seguendo il tuo ragionamento dovrebbe convenire giocare, ma è proprio questo ragionamento fallace che permette a chi mette su questi giochetti di arricchirsi.
Io se guadagno poco invece poi mi incazzo comunque, forse sto addirittura peggio di quando non investo perché penso che il gioco non valga la candela, non so voi.
Se investi delle risorse in relazione ad un guadagno atteso e il guadagno atteso non c'è non piombi in una posizione psicologica positiva quando questo guadagno è inferiore a quello atteso, anche se non è nullo.
Anche se guadagni qualcosa ma non lo ritieni proporzionale ai tuoi sforzi stai male comunque. Si focalizza sempre l'attenzione sul caso che riesce, ma la situazione in cui c'è un caso che riesce contro un milione è ben diversa dalla situazione in cui c'è un caso che riesce contro due o tre.
Io sono motivato ad agire (perché consumo comunque risorse nel far questo) in relazione al guadagno atteso, se non c'è questo guadagno o risulta inferiore a quello atteso la mia motivazione ad agire va a farsi benedire poi.
Mi sono accorto di funzionare così, quel che investo dipende dalle probabilità con valuto di poter ottenere qualcosa, non semplicemente dal fatto che sia possibile ottenere questo qualcosa. Se dopo un po' non lo ottengo nella misura in cui mi aspetto di ottenerla in base al mio investimento, questo investimento lo ritiro o investo davvero molto meno.
|
Non mi piace la similitudine con il superenalotto. In questi gioco è pura "fortuna". Nella vita sociale invece te la giochi tu, sei tu e le tue azioni a determinare se vinci o perdi.
Ma se parti da zero è normale che all'inizio non potrai vincere, non puoi andare avanti sbagliare. Ancora una volta tutto dipende dal tuo atteggiamento. Se per ogni errore ne fai un macigno, allora il pesa del fallimento ti soffocherà e ti toglierà tutte le energie. Se invece prendi, banalmente, la cosa in maniera positiva(sbagliando si impara) allora potrai andare avanti. Per la nostra natura alla fine imparerai a fare quella cosa, per ovvietà di cose (se questo è il tuo obiettivo).
Ho una persona in famiglia che è l'opposto di me (fobico sociale etc). Pensi che non fallisca mai? Fallisce ogni giorno, e molto più di me. Fallisce, si fa male, soffre e piange. Ma va avanti, impara, ha una vita (a differenza di me), ha le sue vittorie. In verità la invidio molto, perchè eccelle in tutto, ottiene quello che vuole, dove molti altri con molte più possibilità di lei, non arrivano.
La paura è secondo me ciò che ci/mi blocca, paura di sbagliare, paura del giudizio altrui, paura di farmi male, paura di fallire. Ma non si può vivere senza fallire, è la vita. E allora spesso scegliamo erroneamente di non vivere.
|
Ultima modifica di Black_; 26-08-2016 a 15:19.
|
26-08-2016, 16:27
|
#22
|
Intermedio
Qui dal: Jul 2016
Messaggi: 102
|
Quote:
Originariamente inviata da yuiop.
Per le persone deboli, essere se stessi vuol dire essere ciò che gli altri pensano di noi (spero di essermi spiegato bene ).
|
Non credo sia esattamente così.
Più che altro ciò che pensiamo, gli altri, pensino di noi .
Spesso siamo solo noi a credere di essere giudicati male, o a dare troppo peso ai giudizi.
|
|
26-08-2016, 19:45
|
#23
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 854
|
Quote:
Originariamente inviata da bhoo
Non credo sia esattamente così.
Più che altro ciò che pensiamo, gli altri, pensino di noi .
Spesso siamo solo noi a credere di essere giudicati male, o a dare troppo peso ai giudizi.
|
Se su 10 persone tutte ti dicono che sei stronzo, un fondo di verità ci sarà, o no? Eppoi io voglio essere accettato così come sono, non voglio ottenere l'identità di un figobullo, non voglio crearmi nessuna illusione, voglio solo cercare di migliorare i miei difetti. Nessuno mi accetta come sono? Pazienza, morirò solo
|
|
26-08-2016, 20:38
|
#24
|
Avanzato
Qui dal: Mar 2015
Ubicazione: Puglia
Messaggi: 265
|
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
Ma bisogna uscire dall'"inganno". E crearne un altro, favorevole per noi.
Qualcuno si ritrova?
Per me è e sarà durissima, ma voglio provarci. Magari cambio pure nick, non mi aiuta
|
Ho vissuto nell'inganno per anni e anni, poi ho avuto un periodo di ***** e mi sono guardato finalmente allo specchio (metaforicamente, altrimenti lo specchio si sarebbe rotto). Non è stato piacevole!
E da anni che provo a costruire la realtà a noi favorevole, come dici tu, e in parte ci sono riuscito, ma penso che da soli sia complicato, e forse troppo lungo come processo. Ho sempre pensato che sia più utile lavorarci su in terapia, ma non ho mai avuto il coraggio di andare da uno psicoterapeuta, quindi boh...fammi sapere se ci riesci xd
P.S. Si il nome non aiuta
|
|
26-08-2016, 23:41
|
#25
|
Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
|
Quote:
Originariamente inviata da Black_
Non mi piace la similitudine con il superenalotto. In questi gioco è pura "fortuna". Nella vita sociale invece te la giochi tu, sei tu e le tue azioni a determinare se vinci o perdi.
Ma se parti da zero è normale che all'inizio non potrai vincere, non puoi andare avanti sbagliare. Ancora una volta tutto dipende dal tuo atteggiamento. Se per ogni errore ne fai un macigno, allora il pesa del fallimento ti soffocherà e ti toglierà tutte le energie. Se invece prendi, banalmente, la cosa in maniera positiva(sbagliando si impara) allora potrai andare avanti. Per la nostra natura alla fine imparerai a fare quella cosa, per ovvietà di cose (se questo è il tuo obiettivo).
Ho una persona in famiglia che è l'opposto di me (fobico sociale etc). Pensi che non fallisca mai? Fallisce ogni giorno, e molto più di me. Fallisce, si fa male, soffre e piange. Ma va avanti, impara, ha una vita (a differenza di me), ha le sue vittorie. In verità la invidio molto, perchè eccelle in tutto, ottiene quello che vuole, dove molti altri con molte più possibilità di lei, non arrivano.
La paura è secondo me ciò che ci/mi blocca, paura di sbagliare, paura del giudizio altrui, paura di farmi male, paura di fallire. Ma non si può vivere senza fallire, è la vita. E allora spesso scegliamo erroneamente di non vivere.
|
Quel che blocca me non è soltanto la paura è anche la frustrazione e la sensazione di fatica nell'affrontare certe cose. Poi secondo me non è vero in generale che sbagliando si impara, perché se sbagli e non riesci ad individuare cosa va cambiato e corretto risbagli di nuovo.
Io da ragazzino intenzione di imparare a giocare a pallone (faccio un esempio) ce l'avevo, ma sbagliavo e risbagliavo e comunque non è che miglioravo, e giocavo come gli altri, non me ne tornavo a casa o mi occupavo di altro o mi ritiravo, insistevo pure (un po' come Charlie Brown con gli aquiloni).
Alla sera piangevo pensando al fatto che mi prendevano in giro perché ero una schiappa, e in un certo senso soffrivo per la cosa, ma comunque non miglioravo come avrei voluto. Sopportavo più frustrazione di altre persone e ottenevo comunque di meno... E così secondo te poi uno resta soddisfatto?
Mi esponevo ma quel che volevo comunque non lo ottenevo. Sono diventato come sono diventato proprio perché di vittorie non ne ho ottenute, avanti ci vai comunque perché a morire non muori, ma quel che vuoi mica è detto che lo ottieni, quel che si ottiene è una piccola stanzetta di tortura, e va benissimo se sei masochista. Anche quando stavo più a contatto con gli altri io una vita comunque non l'avevo, per me quella vita non era vita. Paradossalmente sono stato meglio dopo, quando mi sono esposto di meno e senza tanto ottimismo, per questo non sono così convinto che eliminare certi tipi di difese da certe forme di frustrazione sia l'idea più geniale se non si riesce a rafforzare prima altro. Il timore che si ripetesse lo stesso copione è sopraggiunta poi in seguito proprio perché quella fiducia che avevo all'inizio non c'è stato più modo di ripristinarla e sinceramente non so mica se sia un bene che ritorni, devo pur difendermi da queste imprese del cavolo che non solo non mi portano a nulla, ma non mi fanno neanche godere di quel poco di cui potrei godere.
|
Ultima modifica di XL; 27-08-2016 a 00:14.
|
27-08-2016, 00:33
|
#26
|
Esperto
Qui dal: Dec 2013
Messaggi: 819
|
Quote:
Originariamente inviata da XL
Quel che blocca me non è soltanto la paura è anche la frustrazione e la sensazione di fatica nell'affrontare certe cose. Poi secondo me non è vero in generale che sbagliando si impara, perché se sbagli e non riesci ad individuare cosa va cambiato e corretto risbagli di nuovo.
Io da ragazzino intenzione di imparare a giocare a pallone (faccio un esempio) ce l'avevo, ma sbagliavo e risbagliavo e comunque non è che miglioravo, e giocavo come gli altri, non me ne tornavo a casa o mi occupavo di altro o mi ritiravo, insistevo pure (un po' come Charlie Brown con gli aquiloni).
Alla sera piangevo pensando al fatto che mi prendevano in giro perché ero una schiappa, e in un certo senso soffrivo per la cosa, ma comunque non miglioravo come avrei voluto. Sopportavo più frustrazione di altre persone e ottenevo comunque di meno... E così secondo te poi uno resta soddisfatto?
Mi esponevo ma quel che volevo comunque non lo ottenevo.
|
Si questo lo so, la storia che sbagliando si impara è una mezza scusa per prendere la cosa positivamente. Ma solo mezza. In verità si sbaglia e si soffre, fallire è sempre doloroso.
Ma io parto di un idea di fondo a cui credo: non c'è niente che non possiamo imparare, non c'è niente a cui non possiamo abituarci, se vogliamo. Le persone di successo, chi eccelle nel proprio settore, chi svolge attività che sembrano chissà cosa, etc, sono sempre persone, sono solamente abituate a fare quello che fanno.
È come quando alcuni ignoranti dicono ai bambini che portano brutti risultati in certe materie che quest'ultimi non sono portati per questa o quella materia. Ma non diciamo scemenze...sono tutti limiti psicologici.
In riferimento al tuo esempio non c'entra il fatto che soffrivi di più per cui dovevi ottenere più risultati. I risultati migliori li ottiene chi sta bene, chi è felice, e non chi si arrabbia o si deprime. Triste ma vero. È, come ho già detto, un circolo virtuoso/vizioso. Dipende da come affrontiamo le situazioni.
L'unico a non sbagliare è chi non prova mai. Ma chi non prova mai non gioca mai.
La sensazione di fatica di cui parli proviene dall'atteggiamento. Evidentemente è una forzatura, non lo vuoi veramente. E il nostro cervello risponde cosi.
Quest'anno ci ho provato con tre ragazze. È stato un fallimento con tutte e tre. Ho sofferto molto per la prima...e anche per la seconda. Meno per la terza. Ad ogni sbaglio ho imparato qualcosa. Alcune giuste altre forse sbagliate...ma poco importa, sono esperienze. E adesso...non mi sono pentito di provarci, anzi. E credimi, in tutti e tre i casi, alla fine non ero certo soffisfatto del mio fallimento.
Non dovrei provarci più? Non diciamo scemenze
Cambiare non è mai semplice e all'inizio è pura tortura, come una doccia fredda. Ma superata questa ci sentiremo diversi, rinati.
Questa è la mia idea.
|
|
27-08-2016, 09:23
|
#27
|
Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
|
Quote:
Originariamente inviata da Black_
Si questo lo so, la storia che sbagliando si impara è una mezza scusa per prendere la cosa positivamente. Ma solo mezza. In verità si sbaglia e si soffre, fallire è sempre doloroso.
Ma io parto di un idea di fondo a cui credo: non c'è niente che non possiamo imparare, non c'è niente a cui non possiamo abituarci, se vogliamo. Le persone di successo, chi eccelle nel proprio settore, chi svolge attività che sembrano chissà cosa, etc, sono sempre persone, sono solamente abituate a fare quello che fanno.
È come quando alcuni ignoranti dicono ai bambini che portano brutti risultati in certe materie che quest'ultimi non sono portati per questa o quella materia. Ma non diciamo scemenze...sono tutti limiti psicologici.
In riferimento al tuo esempio non c'entra il fatto che soffrivi di più per cui dovevi ottenere più risultati. I risultati migliori li ottiene chi sta bene, chi è felice, e non chi si arrabbia o si deprime. Triste ma vero. È, come ho già detto, un circolo virtuoso/vizioso. Dipende da come affrontiamo le situazioni.
L'unico a non sbagliare è chi non prova mai. Ma chi non prova mai non gioca mai.
La sensazione di fatica di cui parli proviene dall'atteggiamento. Evidentemente è una forzatura, non lo vuoi veramente. E il nostro cervello risponde cosi.
Quest'anno ci ho provato con tre ragazze. È stato un fallimento con tutte e tre. Ho sofferto molto per la prima...e anche per la seconda. Meno per la terza. Ad ogni sbaglio ho imparato qualcosa. Alcune giuste altre forse sbagliate...ma poco importa, sono esperienze. E adesso...non mi sono pentito di provarci, anzi. E credimi, in tutti e tre i casi, alla fine non ero certo soffisfatto del mio fallimento.
Non dovrei provarci più? Non diciamo scemenze
Cambiare non è mai semplice e all'inizio è pura tortura, come una doccia fredda. Ma superata questa ci sentiremo diversi, rinati.
Questa è la mia idea.
|
Posso sapere cosa hai imparato nei tre casì? Magari ci torna utile.
Ma per abituarsi come si fa?
Io anche se mi espongo in qualsiasi contesto possibile ed immaginabile non mi abituo a certe cose. In certi contesti specifici invece mi sono abituato ed è per questo che adesso qualche amico ce l'ho, se no non avrei neanche questo. Per questo non mi convince quello che dici.
In base alla mia personale esperienza in generale non è vero che ci si abitua a tutto come qualsiasi altro tipo di persona. Anche i sistemi per imparare a far qualcosa possono risultare scorretti per qualcuno. Piazza una persona in un ambiente e si adatta, piazzane un'altra e il processo non si avvia, la spiegazione "la seconda non voleva adattarsi" secondo me non dà alcuna informazione su come si potrebbe intervenire.
Comunque se non voglio veramente certe cose e da questo dipende la mia sensazione di fatica, qua c'è un problema di motivazione e non più di credenze, il problema non consiste allora nel convincermi che ero capace di giocare come maradona, è ben diverso. Che poi se non vuoi fare qualcosa... Che dovresti fare? Decidere di volerlo? E questa decisione quale cavolo di volontà dovrebbe prenderla visto che la mia pare si opponga? (in base a quel che dici)
Io penso comunque che non c'entri nulla questa cosa e in quel settore i miei margini di miglioramento erano comunque esigui, bisogna scegliere anche come e dove investire per riuscire secondo me e certe persone non lo afferrano o lo afferrano tardi.
Magari ero un talento musicale al pianoforte, ma se nessuno ti ha insegnato da ragazzino a suonare uno strumento del genere la disparità che si viene a creare con gli altri in seguito non la riesci più a colmare. Ora io a 40 anni secondo te posso riuscire ad imparare a suonare il pianoforte e risultare competitivo con le persone impiegate in questo settore?
Basta che mi barcameno e si risolve tutto?
Non mi convince l'idea che ci si abitua a tutto o si impara tutto. Chi dice queste cose magari non si accorge di essere più intelligente di altri in certi settori. Spesso bisogna capire come e dove investire risorse, e io non l'ho capito in tempo, non penso che oggi giocherei come un Maradona e mi ha bloccato la psiche (che poi come doveva cambiare? Prima hai detto che bisogna insistere anche se si soffre, e io ti ho fatto un esempio in cui l'ho fatto per anni), poi se non riesci ad abituarti lo stesso ti viene riscaricato addosso tutto e ti vien detta sempre la stessa e identica cosa da manuale di psicologia di quart'ordine "eri tu che non lo volevi" (scusami se sono così franco) che non dà alcuna informazione su che cosa si dovrebbe fare o pensare in pratica.
In quel settore magari avevo davvero margini di miglioramento esigui, forse mi avrebbe aiutato qualcuno che avesse compreso dove farmi investire risorse, visto che io non riuscivo a capirlo bene allora.
Se si riuscivano ad individuare i settori in cui potevo riuscire (se ben indirizzato in tempo) magari i feedback positivi ci sarebbero stati e si sarebbe andato a creare il circolo virtuoso di cui parli.
Il nostro cervello non è una cosa che guidiamo è la cosa che produce tutto quel che pensiamo, vogliamo e desideriamo, non c'è alcun omino nel cervello che lo guida, noi non siamo materialmente l'omino che è alla guida dell'auto-cervello, materiamente siamo il cervello stesso, non siamo noi a controllare il cervello, il cervello e noi stessi coincidiamo, in termini causali non c'è alcuna relazione del genere. Se il tuo cervello venisse distrutto non esisteresti nemmeno più tu che supponi di controllarlo.
|
Ultima modifica di XL; 27-08-2016 a 10:28.
|
27-08-2016, 22:53
|
#28
|
Esperto
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: in un tunnel arredato in stile minimal
Messaggi: 1,485
|
Quote:
Originariamente inviata da bhoo
Leggi Nardone?
Recentemente ho letto un suo articolo, che parlava più o meno della stessa cosa.
Però li non diceva di prendere un altra persona come "modello" da seguire, per dare l'input al cambiamento, ma di
crearcelo noi stessi, immaginando come saremmo se non fossimo nella nostra condizione attuale. Ad esempio immaginando come saremmo domani, se durante la notte fosse accaduto un "miracolo" che ci ha liberati dalle paure. E di cercare di orientare il nostro comportamento e i nostri pensieri in quel senso: cercare di comportarci "come se" ad es. fossimo guariti.
Io ci provo alla fine non ho niente da perdere......
|
San Giorgio Nardone da Arezzo... Di autori ne ho letti tanti, mi interessa molto il suo approccio, il suo modo asciutto e azzimato, efficace, senza creare sensazionalismi attorno alla sua figura.
Si, è corretta la tua interpretazione del suo pensiero.
Il prendere come riferimento eventuali modelli è un concetto più legato alla PNL, la pratica del modeling, volta a "modellare" le persone di maggior successo, in relazione ai propri obiettivi. Che, in ogni caso, se fatto bene, non è da intendersi come uno "scimmiottare" l'altro.
Penso che chi è cresciuto fondamentalmente solo, e magari non ha avuto modelli genitoriali efficaci (o, in casi estremi, non ce li ha avuti proprio) si ritrova senza modelli di riferimento da cui prendere ispirazione, con cui confrontarsi e con cui sviluppare compiutamente le proprie skills sociali.
Idem se ci si è dovuti rapportare con persone mediocri, e magari invece si coltivano ambizioni. Come fare? A un certo punto, dei modelli servono. Può essere un libro di un imprenditore, delle interviste, certi film, ecc. ecc.
Sicuramente se sei bloccato da problematiche più svariate, magari esprimi solo il 10% delle tue risorse, e il 90% rimanente c'è.
Ma sulla qualità del rimanente 90% si può cavilare all'infinito.
Magari ti può permettere di vivere una vita "normale", relazionarti, crescere nel lavoro, trovare un/a partner per fare famiglia.
E' questo che vuoi?
Bingo!
Se l'asticella degli obiettivi è posta molto in alto, allora prendere ispirazione è un buon investimento, integrando ciò che si apprende nella propria personalità.
Se l'obiettivo è fuori dalla propria portata, anche liberando il 90% celato, o ci si arrende od occorre lavorare molto a fondo sulla propria identità.
Moooolto difficile. Ma pur sempre fattibile.
Su questo tema sono molto interessanti i libri di Joe Dispenza
|
|
27-08-2016, 22:59
|
#29
|
Esperto
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: in un tunnel arredato in stile minimal
Messaggi: 1,485
|
Quote:
Originariamente inviata da argeo.94
Ho vissuto nell'inganno per anni e anni, poi ho avuto un periodo di ***** e mi sono guardato finalmente allo specchio (metaforicamente, altrimenti lo specchio si sarebbe rotto). Non è stato piacevole!
E da anni che provo a costruire la realtà a noi favorevole, come dici tu, e in parte ci sono riuscito, ma penso che da soli sia complicato, e forse troppo lungo come processo. Ho sempre pensato che sia più utile lavorarci su in terapia, ma non ho mai avuto il coraggio di andare da uno psicoterapeuta, quindi boh...fammi sapere se ci riesci xd
P.S. Si il nome non aiuta
|
Anni e anni nell'inganno di che tipo?
|
|
27-08-2016, 23:16
|
#30
|
Esperto
Qui dal: Mar 2006
Ubicazione: in un tunnel arredato in stile minimal
Messaggi: 1,485
|
XL, ho letto tutto con attenzione, e non ho difficoltà a capire e immedesimarmi.
Ti chiedo però una cosa. Quando hai fallito hai provato a modificare il tuo approccio?
Questo è un tema delicato... Quando è "insistenza" (improduttiva) e quando è "perseveranza"? (produttiva)?
Spesso lo si comprende solo a posteriori.
|
|
28-08-2016, 02:34
|
#31
|
Esperto
Qui dal: Dec 2013
Messaggi: 819
|
Quote:
Originariamente inviata da XL
Posso sapere cosa hai imparato nei tre casì? Magari ci torna utile.
Utile per il caso concreto o in generale per analizzare il caso e confrontarlo con le nostre idee? In ogni caso sono cose personali
Ma per abituarsi come si fa?
Io anche se mi espongo in qualsiasi contesto possibile ed immaginabile non mi abituo a certe cose. In certi contesti specifici invece mi sono abituato ed è per questo che adesso qualche amico ce l'ho, se no non avrei neanche questo. Per questo non mi convince quello che dici.
Ovvio, ti abitui a ciò che ti va giù. Se qualcosa non ti piace non ti ci abituerai, perché non lo accetti.
In base alla mia personale esperienza in generale non è vero che ci si abitua a tutto come qualsiasi altro tipo di persona. Anche i sistemi per imparare a far qualcosa possono risultare scorretti per qualcuno. Piazza una persona in un ambiente e si adatta, piazzane un'altra e il processo non si avvia, la spiegazione "la seconda non voleva adattarsi" secondo me non dà alcuna informazione su come si potrebbe intervenire.
Anche qui siamo d'accordo. Ogni persona non si abituerà in maniera uguale. Ognuno hai i suoi modi, i suoi tempi, etc. C'è chi non lo farà, ma perché non vuole farlo, perché la cosa non gli piace, e così via.
Comunque se non voglio veramente certe cose e da questo dipende la mia sensazione di fatica, qua c'è un problema di motivazione e non più di credenze, il problema non consiste allora nel convincermi che ero capace di giocare come maradona, è ben diverso. Che poi se non vuoi fare qualcosa... Che dovresti fare? Decidere di volerlo? E questa decisione quale cavolo di volontà dovrebbe prenderla visto che la mia pare si opponga? (in base a quel che dici)
Sapere ciò che vuoi è fondamentale. Qui stiamo presupponendo che ci sia la volontà di farlo ma che purtroppo non ci si riesce a causa di limiti psicologici che ci poniamo. La motivazione ci deve essere, da questa poi si passa alle azioni, ai convincimenti, etc.
Ma se sei asociale e non vuoi cambiare, allora dove sta il problema? Hai già raggiunto il tuo obiettivo.
Io penso comunque che non c'entri nulla questa cosa e in quel settore i miei margini di miglioramento erano comunque esigui, bisogna scegliere anche come e dove investire per riuscire secondo me e certe persone non lo afferrano o lo afferrano tardi.
Anche qui, stiamo parlando dei casi in cui noi abbiamo le potenzialità ma non riusciamo ad agire a cause delle nostre fobie e quant'altro. E' chiaro che se sono zoppo non potrò diventare maradona.
Il fatto che non lo afferiamo o lo afferiamo tardi beh dipende da molte circostanze spesso esterne.
Mi ricordo che quando andavo a scuola c'erano due ragazze che erano le più brave, poi continuarono così anche dopo e via dicendo, un successo nel loro campo. Il fenomeno però non erano (solo?) loro, quanto i loro genitori. Loro padre sapeva il fatto suo, e questo secondo me è stato determinante.
Molti, e mi ci metto anche io in mezzo, non abbiamo avuto la stessa fortuna.
Mi piace citare la solita frase(forse banale) di Victor Hugo: Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori.
Magari ero un talento musicale al pianoforte, ma se nessuno ti ha insegnato da ragazzino a suonare uno strumento del genere la disparità che si viene a creare con gli altri in seguito non la riesci più a colmare. Ora io a 40 anni secondo te posso riuscire ad imparare a suonare il pianoforte e risultare competitivo con le persone impiegate in questo settore?
Basta che mi barcameno e si risolve tutto?
Non mi convince l'idea che ci si abitua a tutto o si impara tutto. Chi dice queste cose magari non si accorge di essere più intelligente di altri in certi settori. Spesso bisogna capire come e dove investire risorse, e io non l'ho capito in tempo, non penso che oggi giocherei come un Maradona e mi ha bloccato la psiche (che poi come doveva cambiare? Prima hai detto che bisogna insistere anche se si soffre, e io ti ho fatto un esempio in cui l'ho fatto per anni), poi se non riesci ad abituarti lo stesso ti viene riscaricato addosso tutto e ti vien detta sempre la stessa e identica cosa da manuale di psicologia di quart'ordine "eri tu che non lo volevi" (scusami se sono così franco) che non dà alcuna informazione su che cosa si dovrebbe fare o pensare in pratica.
In quel settore magari avevo davvero margini di miglioramento esigui, forse mi avrebbe aiutato qualcuno che avesse compreso dove farmi investire risorse, visto che io non riuscivo a capirlo bene allora.
Se si riuscivano ad individuare i settori in cui potevo riuscire (se ben indirizzato in tempo) magari i feedback positivi ci sarebbero stati e si sarebbe andato a creare il circolo virtuoso di cui parli.
Si ok lo sappiamo che sapere dove investire le tue risorse è fondamentale, è che da piccoli serve una guida(i genitori in teoria). Ma ciò non sempre accade. E' colpa nostra? No, ma ormai non è tanto importante di chi è la colpa. Possiamo tornare indietro nel tempo? Neanche. L'unica cosa che possiamo fare è prendere coscienza e intervenire, cambiare, ora, a 30, 40, 50 anni. Sempre che lo vogliamo. La vita è nostra, nessuno avrà pietà di noi se noi stessi non ci vogliamo bene. Nessuno.
Come avrà già detto non so quante volte è l'atteggiamento che conta. Conosco un amico che potrei dire che vive alla giornata. E' l'opposto di me, pensa poco e vive d'istinto, pensa a divertirsi, quindi ad uscire, giocare, donne, etc. E se non ha i soldi allora lavora. Ha i suoi pro, i suoi contro, i suoi amici, chi parla male di lui, chi ne parla bene. Ma se ne frega altamente di tutti. E di cazzate ne ha fatte tante, altro che rimanere deluso dei suoi insuccessi e ne fa tutt'ora non poco. Se gli facessi questi discorsi mi prenderebbe per matto, oltre a farsi quattro risate.
In verità lo stimo abbastanza.
Il nostro cervello non è una cosa che guidiamo è la cosa che produce tutto quel che pensiamo, vogliamo e desideriamo, non c'è alcun omino nel cervello che lo guida, noi non siamo materialmente l'omino che è alla guida dell'auto-cervello, materiamente siamo il cervello stesso, non siamo noi a controllare il cervello, il cervello e noi stessi coincidiamo, in termini causali non c'è alcuna relazione del genere. Se il tuo cervello venisse distrutto non esisteresti nemmeno più tu che supponi di controllarlo.
Ok, ma io o attraverso il mio cervello, vedi tu, posso scegliere cosa fare e cosa non fare, e posso cambiare le cose, se voglio.
|
Risposto.
|
Ultima modifica di Black_; 28-08-2016 a 02:38.
|
28-08-2016, 07:28
|
#32
|
Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
|
Quote:
Originariamente inviata da filosofo
XL, ho letto tutto con attenzione, e non ho difficoltà a capire e immedesimarmi.
Ti chiedo però una cosa. Quando hai fallito hai provato a modificare il tuo approccio?
Questo è un tema delicato... Quando è "insistenza" (improduttiva) e quando è "perseveranza"? (produttiva)?
Spesso lo si comprende solo a posteriori.
|
E' che in certe situazioni capisco anche cosa dovrei cambiare, ma o non so cambiarlo o non voglio cambiarlo per altri motivi.
Per esempio ho capito che con l'altro sesso bisogna mostrare che si è persone intraprendenti in ambito professionale e lavorativo e che se alla domanda "che fai nella vita?" si risponde "nulla" o magari si inventa una risposta ironica, già elimina molte possibilità, ma per modificare quest'altra cosa dovrei andare a smuoverne un mucchio di altre.
Dovrei individuare cose abbastanza abbordabili da modificare e che sono abbastanza motivato a modificare, ma spesso non riesco ad individuarli questi elementi, vengo bloccato o dalla fatica di cambiare (che magari c'è per una mancanza di motivazione) o dal fatto che non ci riesco proprio per imperizia.
Usando una metafora è come se ti trapiantassero un organo e poi c'è un rigetto.
Per questo dico che non è un problema legato al "pensarmi come", qua si tratta di esser fatti proprio così, ma per esser fatti così devi modificare comportamento e stile di vita davvero. Se degli elementi specifici che devi andare a modificare o non li vuoi modificare o non sai modificarli (l'esempio del calcio verteva in effetti esclusivamente sul fatto che non riuscivo), questo personaggio alternativo da proporre agli altri non lo riesci a costruire comunque.
Lasciando da parte per un attimo l'imperizia, secondo me può venire a mancare anche la forza motivazionale perché gli scopi che abbiamo adesso non coincidono direttamente con i personaggi alternativi che possono conseguirli.
Supponi che una persona vuol diventare ricca (e questa cosa ha per sottoscopi ancora magari altro, poter fare una vita agiata, avere una bella casa in cui vivere e così via), uno dei suoi scopi è questo, ora però nella realtà per diventar ricchi magari bisogna diventare dei pescecani, persone molto attive ed avere una serie di altre caratteristiche, e se queste caratteristiche si è contromotivati ad acquisirle? Lo scopo non è direttamente esser questo tipo di personaggi ma fare una vita agiata, per questo poi possono venire a crearsi conflitti che poi non si risolvono. Magari ci sono motivazioni che spingono ad esser ricchi ma contromotivazioni a divenire questo tipo di personaggi: si desidera sì esser ricchi e se qualcuno ci regalasse milioni di euro non li rifiuteremmo, ma c'è anche una forma di avversione verso una vita iper attiva da manager perché si è pigri.
Ho impostato l'esempio in un certo modo, un altro tipo di persona che ugualmente desidererebbe fare una vita agiata come la prima, potrebbe rifiutare anche il regalo da milioni di euro perché tra i suoi altri scopi c'è anche quello di "riuscire da sola" ed anche questa possibilità qua, qualora si presentasse, produrrebbe conflitti e non rappresenterebbe una buona soluzione.
Bisogna essere anche motivati oltre che capaci, metti che viene a mancare uno dei due elementi, questo tipo di trasformazione qua risulta inaccessibile. Immaginarsi di essere altro senza fare i conti con tutto questo, non credo che riesca a produrre perizia (qualora si sia davvero negati) o eliminare le contromotivazioni (nel caso in cui siano presenti).
Individuare il personaggio accessibile alternativo (quello capace di soddisfare meglio il malloppo di scopi) già è un problema che in diverse situazioni una persona non riesce a risolvere.
Io vorrei risultare simpatico agli altri, ad esempio. Ma un personaggio simpatico agli altri che fa? Racconta barzellette? E se questa cosa proprio non mi riesce così com'è successo col calcio? Come faccio a proporre questa versione di me simpatica aggirando ostacoli del genere? (blocco per imperizia)
Vorrei fare una vita molto agiata, ma i personaggi esistenti che fanno questo tipo di vita che altre caratteristiche hanno? Sono aggressivi? Prepotenti? E se io avessi un'avversione morale verso questo tipo di persone e non vorrei affatto diventare così? (blocco motivazionale)
Quando sono riuscito ad individuare gli elementi da cambiare abbordabili per me per raggiungere certi scopi la situazione è migliorata, ma non ci sono riuscito così spesso. Per fare amicizia ho dovuto frequentare un posto molto particolare, in altre situazioni penso che con buone probabilità avrei fallito. Non è difficile capire cosa cambiare in generale immaginando accessibile in egual modo qualsiasi realtà alternativa, ma cosa posso e voglio cambiare io per migliorare la mia situazione per me risulta abbastanza complicato.
Ho provato a fare svariate cose, anche lavorare in certi modi, ma alla lunga l'adattamento era parziale (in certe cose non riuscivo) e mi sembrava poi che erano cose che a monte non volevo fare direttamente, mi interessavano per ottenere altro, uno stipendio, stima sociale. Invidio talvolta le capacità, ma poi non riesco ad invidiare per intero la vita di altre persone, l'invidiassi per intero significherebbe che vorrei starci io al posto loro, e invece non è mai proprio così. Sarò io una testa di cavolo totale probabilmente, ma questo tipo di resistenze alla lunga devo ammettere che ci sono davvero. Tu dici, immagina un personaggio e cerca di diventarlo, ma devo immaginare personaggi simili a quelli esistenti o posso immaginare anche situazioni pressappoco assurde?
Io ad interpretare certe parti poi avverto una forma di costrizione (perché probabilmente risultano sfasate con altre cose), anche essendo consapevole che risulterebbero più funzionali per certi scopi specifici. Quando non riesco mi deprimo e un po' mi arrabbio, quando mi sento incastrato mi arrabbio e un po' mi deprimo. A vivere così comunque non ci riesco, dovrei trovare cose che farei volentieri e mi soddisfano abbastanza, ma davvero non è facile per me a monte immaginare il personaggio alternativo.
|
Ultima modifica di XL; 28-08-2016 a 10:18.
|
|
|
|