Lettera anonima a casa di due gemelli autistici: «Disturbate, andate via»
"Adesso ho paura di quello che c'è oltre la mia porta". La madre dei ragazzi è Lilia Manganaro, vicepresidente dell'Anffas. Pesano le "scorie velenose dell'intolleranza sdoganata e dell'arroganza senza ritegno...".
Da Il Mattino di Padova
PADOVA - Che il micro clima sociale, quello della città, del quartiere, del condominio, della scala, quello che dà il ritmo al cuore della collettività, sia così intossicato dalle scorie velenose dell'intolleranza sdoganata e dell'arroganza senza ritegno, è faccenda dolorosa per tutti. O quasi.
Ma è spaventosa come un incubo per i genitori di due gemelli autistici trentenni che a fine settembre si sono trovati sotto lo stuoino dell'appartamento dove vivono da 28 anni una lettera anonima evidentemente lì messa da uno dei condòmini: «siamo in una casa civile e non un cottolengo. Andatevene, è da anni che vi dobbiamo sopportare. Quanto avete intenzione di rompere ancora! Avete creato danni incalcolabili alla tranquillità del condominio. Andatevene», e via con insulti peggiori. Questo ha scritto in stampatello, su un foglietto di block notes, qualcuno. A mostrarlo, tenendolo per un angolo con le punte di due dita, ché quelle parole sporcano come liquame, non è una mamma che vive dentro quattro mura, sconfitta da ciò che ha dovuto e deve affrontare. Al contrario, è un personaggio emblema dell'impegno personale e politico, Lilia Manganaro, una donna forte per se stessa e per i diritti degli altri ma che non ha mai rinunciato alla leggerezza: una vita ad insegnare ai ragazzini delle medie, percorso politico Pci, Pds ora Ds, 9 anni consigliere comunale (dal 1995 al 2004), adesso è consigliere nazionale dell'Anffas per i problemi della scuola e vice presidente dell'Anffas padovana. Non è stata zitta, quel biglietto trovato all'ingresso di casa è faccenda sua e di tutti: ha fatto un esposto in procura e denunciato pubblicamente l'accaduto. Il condominio, che si trova all'Arcella, ospita 16 famiglie, coppie dai 30 ai 60 anni, per lo più con una laurea in tasca, dirigenti di banche, professionisti, insegnanti, con figli chi piccoli chi sposati. Quasi tutti abitano lì da anni, si conoscono bene. «Famiglie normali - racconta Lilia Manganaro - Appena ho trovato il biglietto anonimo, ho scritto una lettera (che pubblichiamo qui sotto) e ho messo in ogni cassetta dei condòmini il messaggio e la mia lettera. Poi tramite un avvocato ho voluto denunciare l'accaduto». Parla tranquillamente, spiega che non ha la più pallida idea di chi possa essere stato, che alcuni vicini di casa l'hanno chiamata per darle solidarietà, non tutti. E che ora si sente addosso una paura che mai aveva avuto: «Quando accompagno i ragazzi giù, la mattina, lasciavo sempre la porta di casa aperta: ora non riesco più a farlo. Penso che potrebbe succedere qualcosa, sono inquieta. Col clima politico che c'è è saltato fuori anche questo. L'intolleranza che c'è in giro, le classi separate per gli stranieri, figuriamoci i disabili come sono visti».
I due figli di Lilia non parlano, capiscono. A volte piangono. Capita che di notte non dormano, e allora il padre (che è direttore didattico) si stende vicino a loro, lui guarda un po' di tivù, e loro si addormentano. Hanno stereotipie, come tutti gli autistici, capita che si percuotano la testa con il pugno chiuso («e questa - racconta la madre - è una cosa che ancora non riesco ad accettare, mi fa troppo male quando accade») od emettano lamenti, grida. La famiglia abita all'ultimo piano, i due ragazzi passano le giornate al centro specializzato all'ex psichiatrico («un fiore all'occhiello, dopo tante battaglie ora funziona benissimo», e c'era lei, Lilia, in prima fila in quelle battaglie), rientrano alla sera. Sono a casa solo le domeniche. Certo che qualcuno li sentirà, «ma mai nessuno finora aveva protestato - racconta Giuseppe Parisi, amministratore del condominio - nessuno mi ha neanche mai preso in disparte, chiedendomi di intervenire o affrontare il problema. Mi sembra aberrante quello che è successo, sono tutte famiglie normali, perbene. Eppure qualcuno di loro ha scritto quel messaggio. Se si arriverà in tribunale, io e il resto del condominio vorremo costituirci parte civile».