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Originariamente inviata da Teal
Ho notato come molto spesso gli psicologi parlino di crescita e maturazione. Ma cosa vuol dire? Acquisire maggiore autonomia? Rendersi conto delle nostre responsabilità nei confronti degli altri? Essere a contatto con i propri bisogni profondi? Avere un approccio realista alla vita e abbandonare i sogni velleitari? Saper controllare meglio i propri istinti e i propri pensieri? Smettere di lamentarsi a vuoto? É un processo che porta sempre dei benefici?
Bisogna accettare le cose come sono per coltivare una speranza di cambiamento? Quand’é che smettere di lottare contro i mulini a vento é sintomo di crescita e quando invece diventa rassegnazione? Domande difficili, lo so.
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Credo il problema sia il dare al verbo maturare un'accezione positiva, poiché non è vero che uno che sta maturando stia anche migliorando.
Maturare ha un significato molto relativo. Crescendo non si migliora o peggiora, ma ci si adatta e ci si irrigidisce.
La rigidità e la speculare diminuzione della flessibilità sono spesso ben viste, per i motivi che si trattano quando si analizza la fantomatica "sicurezza di sé". Il concetto di "maturare" è simile ma altrettanto vago. Il tempo e/o le esperienze positive irrigidiscono la persona, dando quelle conferme che causano la "maturazione" o il "diventare sicuri di sé", percezioni gradite da chi per assurdo, sicuro di sé non è, e cioè da chi vuole meglio metterti a fuoco per inquadrarti meglio e valutare la tua sfruttabilità.