E' passato parecchio da quando ho scritto qui l'ultima volta.
Da allora sono cambiate una montagna di cose.
Ma sento di voler condividere con voi un pensiero sull'ispirazione
In questi mesi ho messo fine a una relazione che non andava già da un po' e la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'ormai innegabile evidenza di essermi presa una cotta davvero forte per una persona che non mi vedrà mai in quel modo.
Ecco, erano più di quattro anni che non provavo la sensazione di impotenza che prende chi sa di amare senza speranza. Sento i giorni scivolarmi via, la notte non dormo, in testa ho un chioso fisso. Eppure, da quando ho realizzato questo amore impossibile ho anche realizzato che erano quattro anni che non facevo le cose sentendole così tanto. E' una sensazione difficile da spiegare... sentire della buona musica e sentirla davvero o guardare un quadro e interiorizzarlo davvero o andare al cinema da sola a vedere un film che ti piace e uscirne davvero piena. Sensazioni quasi fisiche, non so se mi spiego.
Sensazioni che finché vivevo un rapporto sereno, felice - come era, fino a qualche tempo fa - avevo accantonato.
Sono sempre stata una scrittrice fin da bambina: lettere, storie, diari, poesie. Non scrivevo più da anni e ora non riesco a trattenermi.
Mi sembra di essermi svegliata da un anestesia totale. Di aver riconnesso dei cavi scollegati. Di aver indossato di nuovo gli occhiali perfetti per me. Scegliete pure la metafora che preferite.
Quello che mi chiedo è se per sentire davvero bisogna per forza stare male. Se per avere l'ispirazione bisogna in qualche modo vivere tormentati. Voi cosa ne pensate?
Vi lascio una poesia di Montale che non riesco a smettere di leggere:
L'angosciante questione
se sia a freddo o a caldo l'ispirazione
non appartiene alla scienza termica.
Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
non c'è poesia al sorbetto o al girarrosto.
Si tratterà piuttosto di parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
dal forno o dal surgelante.
Il fatto non è importante. Appena fuori
si guardano d'attorno e hanno l'aria di dirsi:
che sto a farci?
Perdonatemi l'essere stata sconclusionata forse, sono pur sempre le due di notte.