Ciao,
Sono nuovo di questo forum e mi presento.
Sono un uomo di 48 anni e soffro di FS (che ho imparato a riconoscere come tale solo da pochi anni) da quasi trent'anni, con alti e bassi.
Purtroppo per vari motivi, scarsa consapevolezza, incapacità di confessare totalmente le proprie debolezze, scelte terapeutiche sbagliate o non del tutto adeguate, mi ritrovo ancora a combattere questo velo pesante che si frappone fra me e le infinite possibilità della vita.
Progressivamente, come nella più classica delle casistiche della FS, mi sono estraniato da varie occasioni di vita sociale e persino di attività in solitario all'esterno di casa. La cosa mi pesava solo in parte, dato che per natura sono piuttosto riservato e non amo le compagnie allargate, ma da alcuni anni l'evitamento è andato a comprendere anche situazioni che prima mi davano estremo piacere, come i viaggi o altre esperienze personali fuori casa.
Così è subentrata la depressione o meglio un senso di inutilità e di perdita di stimoli, che però sento come non connaturata, in quanto sono di indole piuttosto positivo e curioso, pieno di interessi.
Ciò che mi deprime è questa incapacità di superare la FS e la sua persistenza nel tempo: la consapevolezza di avere davanti un velo che a volte sembrerebbe fatto di niente eppure ha la stessa forza di fermarti di un muro.
Agli inizi, spaventato dall'intensità dei sintomi di ansia che la FS mi creava, mi rivolsi alla psicoterapia (trovai una terapeutica bioenergetica), pensando che il problema naturalmente fosse il sintomo in sé. La terapia era del tutto non fattuale, non mirata e dopo una dozzina di sessioni la abbandonai.
Solo dopo vari anni, per la necessità di relazionarmi senza l'imbarazzo del sintomo ansioso in un nuovo ambiente di lavoro, mi rivolsi a un neuropsichiatra, che mi avviò a una terapia farmacologica (abbinamento di ansiolitici e antidepressivi) che all'inizio si rivelò straordinariamente efficace.
Tanto che per alcuni anni pensai di avere praticamente superato il problema. Perché lo pensavo? Perché, semplicemente, non ci pensavo più e le situazioni che mi davano ansia non mi portavano automaticamente a temere la comparsa del sintomo.
Dopo qualche anno, sono passato a una forma di telelavoro e probabilmente l'assenza costante di interazione diretta con altri ha contribuito a riacutizzare il fenomeno.
Da ultimo, cioè da pochi anni, ho scoperto la FS e mi sono completamente rinonosciuto nel quadro.
Purtroppo, come capita spesso a molti o almeno a me, il riconoscermi in un profilo di "patologia" mi ha anche depresso, facendomi in qualche modo sentire un "condannato" a una patologia, legandomi a un destino scritto.
Oggi ho tanta voglia di vivere, sono ancora pieno di passioni e ancora ho davanti a me questo assurdo velo che vedo solo io e nel quale rimbalzo e vengo ricacciato indietro.
Sembra di poterlo tirare giù con un soffio, sai che c'è come una mossa o un atteggiamento che può significare tutto, o l'inizio di tutto. Ma ti sfugge e ancora soffri.
Arrivato a questo punto vorrei probabilmente provare un centro specializzato per le FS. So che ce ne sono vari e spesso parlano di terapie brevi e mirate, con buona probabilità di successo.
Dopotutto, se mi sono dato nome Archimede non è un caso. Dopo aver toccato il fondo, sarebbe il momento di prendere lo slancio e risalire in superficie.
In bocca al lupo a tutti.
A.