Ho loggato per controllare eventuali messaggi e non resisto a rispondere a questo topic. Più che altro perché si aggancia all'altro in cui il terapeuta ha sconsigliato la facoltà. E' stato detto anche, stavolta qui in questo topic, che solo degli imbecilli pensano che la filosofia non serva a niente. E' vero: la filosofia serve, salvo eccezioni, a rovinare il cervello. Mi spiego.
Ho sempre frequentato gruppi tematici di vario genere e quanto vado a dire vale in generale. Il fenomeno si vede meglio con i gruppi di scienza, argomento gettonatissimo dai filosofi. La scienza ha una sua filosofia che è essenzialmente operativa, sta nel fare e nel lavorare secondo il metodo sperimentale che in un certo senso è esso stesso la filosofia della scienza e si capisce che è passata direttamente nel sangue nel momento in cui si scrive un articolo per illustrare un proprio lavoro e i referee lo accettano. Dato che argomenti come la meccanica quantistica sollevano questioni epistemologiche, molti di quelli appassionati di filosofia ma digiuni di scienza ingigantiscono e deformano il limitato aspetto epistemologico (quello più rognoso ma nemmeno troppo sta altrove: nei principi della dinamica, come sa chi ha letto Mach e Truesdell) affermando stupidaggini e cose che non stanno né in cielo né in terra. Ne ho lette a tonnellate e il trend pare inarrestabile. Trovo incredibile che si possa pontificare di scienza senza aver fatto scienza.
Di fatto una mica piccola fetta di filosofi pensano che senza le loro analisi sul "corretto pensare" la scienza non possa avere una fondazione solida. E' falso. E non è farina del mio sacco, Feynman che la fisica la sapeva, ci ha scritto pagine illuminanti, e ci è andato un po' più pesante di quanto mi senta di fare io che non sono un Nobel della fisica
La cosa non è limitata alla scienza.
Il motivo è che un certo approccio alla filosofia induce a credere di avere la "ratio" generale del mondo e che quest'ultimo aspetti il contributo della filosofia, per cosa lo sanno solo quei filosofi di cui sopra, dato che tutto funziona benissimo anche senza di loro.
Ha ragione il terapeuta: il rischio è un distacco dalla realtà che secondo me non è irragionevole paragonare ad aspetti del narcisismo patologico. Se l'interessato è "vaccinato", ha i piedi per terra e si limita ai campi dove la filosofia può realmente contribuire alla conoscenza, come l'etica ad esempio, bene. Perché scoraggiare qualcuno dal realizzare le proprie aspirazioni intellettuali? Ma questo ambito è molto limitato e la tentazione di credere di avere gli strumenti generali per normare tutto il pensiero è sempre forte.
Detto questo, un 80% dei "filosofi" da me incontrati su gruppi tematici per quanto mi riguarda ha seri problemi di approccio alla realtà. Molto probabilmente la materia ha agito come una pressione selettiva favorendo soggetti predisposti a tutto questo. E credo che il terapeuta lo abbia capito molto bene.
Trovo lodevole approfondire Aristotele, Plotino, e molte altre figure, ma soprattutto con i grandi sistemi di tempi a loro successivi (penso a Hegel ma non solo a lui) il rischio concreto di sbroccare a mio parere esiste. E' chiaro che ci sono eccezioni in entrambi i sensi; l'ho detto, ho solo descritto tendenze generali e poi quello che per me è uno sbroccato per qualcun altro può essere un genio. Ma dato che il forum per sua natura permette le più varie opinioni non ho saputo resistere.
Tralasciamo il fatto che più che mai
carmina non dant panem, e che l'unico motivo teorico e pratico per prendere una laurea in filosofia al di là dei pochissimi sbocchi professionali è... sorpresa: praticamente nessuno. Se non ci si lavora a che serve laurearsi in una materia che si occupa di figure che sarebbero le prime a dire che la comprensione della loro opera prescinde dal pezzo di carta?
(non sono riuscito a evitare una quantità di "che" orrenda, ma pazienza).
OK, /polemic_mode_off