Caro Erre*,
sei per me un amico, il mio unico amico.
E il fatto che sei immaginario, così come io lo sono per te, ha poca importanza. E' strano, in effetti, visto che in realtà siamo le due facce della stessa medaglia. Ci apparteniamo senza sapere nulla dell'altro, senza mai esserci visti o incontrati.
Ti ho mentito, ti ho detto che non importa che tu mi capisci. Addirittura ti ho detto che non voglio che tu mi capisca perchè so che non mi apprezzeresti come invece hai imparato a fare.
In realtà, voglio che mi capisci, che mi conosci. O almeno, che conosci questa parte di me.
E che impari ad apprezzare anche lei. O meglio, che impari ad aiutarmi a combatterla, limarla.
Non ti ho mai scritto. Perchè proprio ora?
Perchè oggi sono sotto l'effetto di una droga particolare. Si chiama voglia di autolesionismo.
Sono iscritta al forum dal 2013, fine 2013. Ho conosciuto qualcuno, sporadicamente e per lo più virtualmente.
A parte una presentazione abbastanza particolareggiata, non ho mai partecipato così attivamente, però nel mio piccolo ho dato un contributo e soprattutto ho avuto modo di leggere gli altri e rileggere me stessa.
Poco più di un anno fa, vedevo il forum come una possibilità, un'opportunità di risalita. Vedevo persone con problemi simili. Vedevo per la prima volta delle definizioni alle mie difficoltà. Prima di qui, chi aveva mai sentito parlare di fobia sociale, evitamento, asperger,...? Finalmente il tutto aveva un senso.
Il fatto di essere diversa, di non riuscire a integrarsi, di non riuscire a lavorare al di fuori di casa, delle mille paure, delle rinunce, del non sopportare la solitudine.... tutto ora aveva un nome, un indirizzo, un perchè. E soprattutto, cosa ancora più sorprendente: non ero la sola!
Ci sono persone come me. Esistono e sono sparse qua e là per l'Italia. Chi l'avrebbe mai detto? La mia diversità non è poi così unica!
Non puoi immaginare la felicità. Sì, certo, era un po' amara, in fin dei conti voleva dire che c'erano, ci sono altre persone che soffrono. Perchè, sai, di fatto, che sia colpa di una storia cattiva, di genitori ignoranti, di un gene o di chi per esso, di fatto si soffre.
Ho cercato di spiegare. Di raccontarmi. Di capire.
Ho cercato di conoscere. Ho incontrato. Ho chiesto aiuto. E pian piano è passato un anno. Un anno dove leggevo, m'incavolavo (sono sempre stata l'opposto tuo), m'intenerivo, piangevo, ridevo. Insomma, è passato di tutto da qui a qui. E per qui e qui intendo dallo schermo agli occhi al cuore.
Ho pensato di appartenere ad un gruppo. Molto eterogeneo ma di base con la stessa caratteristica particolare e unica: la sofferenza dell'essere diversa.
Conoscendo, scrivendo, è nata un'altra consapevolezza. Sì, sono diversa. Nono sono estroversa, o come si dice chi "normalona". Non appartengo al gruppo dei fobici. Cioè, lo sono.
Ultimamente sono stata addirittura definita
" praticamente sei molto simile a una creatura innocente che di fronte al male non ha armi ne esperienza "
E se la modifichi in "praticamente sei molto simile a una creatura che di fronte al male e al bene non ha armi nè esperienza" è perfetta. Ecco chi sono. Volevi una mia descrizione? Eccola! E' questa.
Non so distinguere il male dal bene, non so distinguere chi mi è amico dal nemico, non so distinguere chi sta cercando di essere davvero un amico e si interessa veramente a me da chi invece mi sta solo prendendo in giro o passando il tempo. Non riesco a capire il modo di ragionare delle persone. Non riesco a comprendere perchè dicono una cosa e nello stesso tempo si contraddicono. Non capisco....
E' frustrante. Non solo perchè presuppone che io viva continuamente in uno stato d'ansia, d'allerta, di continua tensione ma anche perchè sono sempre in attesa. In attesa di scoprire la verità perchè riesco a capire solo i fatti. E così ricevere un messaggio o una mail non mi tranquillizzano e anzi, mi rendono ancora più nervosa perchè non riesco a capire con che tono vanno letti e perchè sono stati scritti. Perchè certe cose vengono prese in considerazione e altre semplicemente lasciate cadere nell'oblio. E io come faccio a comprendere quali sono le cose importanti che mi vengono dette e quali quelle no?
Troppe domande? Ma... E' ovvio! Se penso a come mi sento io quando scrivo, invio, aspetto la risposta e poi vedo che le mie cose importanti sono state ignorate, quando mi accorgo che non sono stata capita e poi vado a rileggermi e vedo che ho scritto l'esatto contrario di ciò che volevo dire...
Perchè non riesco a scrivere solo: ho bisogno di un amico vero, reale, che abbia voglia di condividere con me la sua quotidianità, e poi vorrei anche sì, l'amore e scoprire l'intimità che per 34 anni mi è stata sconosciuta.
Perchè non riesco a scrivere: eh no, se tu la intendi così, non fa per me questa amicizia perchè mi sta facendo soffrire e sono arrivata al punto di volermi tagliare di nuovo?
Ecco, veniamo al punto, infatti. Oggi 10 marzo 2015 (è il 10 marzo?!) ho voglia di tagliarmi perchè la sofferenza e l'incomprensione è troppo alta. Quando non capisco vado in tilt. E se ciò che non capisco è il rapporto che ho con le persone, vado ancora più in tilt.
Quello che più mi fa star male è che io sono così. Così come quelle persone si comportano con me. Io sono una fobica tra i fobici e ho comportamenti che fanno male così come i loro fanno male.
E mi viene in mente che pochi giorni fa mi è stato risposto: non è colpa tua, tu sei fatta così.
Mi vengono i brividi. Io oggi ho pensato a tagliarmi perchè soffro a non riuscire a creare un'amicizia a non vedere uno spiraglio. E il motivo principale per il quale non riesco (qui, non parlo in generale) è che la fobia la fa da padrone. Che sia involontariamente o per furbizia (in alcune occasioni uso consapevolmente la fobia come scudo) la fobia sociale (includendo quindi ogni sorta di problema) regna sovrana e gestisce la vita mia e degli altri. E così la diffidenza che di solito metti in atto, qui la subisci. La chiusura che di solito hai, qui la vivi dall'altra parte. E così ogni 'difetto'.
E ti rendi conto che in effetti.... mi rendo conto che in effetti dovrei morire di vergogna e di sensi di colpa. Dovrei essere sommersa dai sensi di colpa perchè sono una persona di emme. La fobia fa male. Non sapersi integrare, soprattutto ad una certa fa male. Si sta male. Sto morendo (e mi chiedo cosa succederà quando non avrò più la forza di scrivere papiri per dire solo "sto morendo, aiutami"). Mi sento sola e non riesco a fare niente. Mi sento inadeguata, incapace, stupida. Lo sono.
Ma la cosa peggiore è la mia fobia vista da fuori. Non è questione di accettare una persona o no. Non è questione di voler essere estroversa. E' che vista da fuori io non sono davvero una persona. Davvero, vista da fuori, io non voglio amicizia. Davvero io giudico. Mi ergo nel mio grado di giudice perfetto e giusto e giudico gli altri non meritevoli delle mie parole, del mio affetto, del mio amore, del mio tempo, di ogni cosa provenga da me.
E mi viene male a ripensare a quel "tu sei così, non ci puoi fare niente, è come avere gli occhi azzurri o marroni, li hai e basta".
No, non può essere.
Ci deve pur essere un modo di far comprendere che io voglio davvero quell'amicizia, quel rapporto, quella condivisione. Che sono disposta a non rispettare i limiti, a oltrepassarli e lasciare che un qualcuno oltrepassi i miei. Che voglio che i confini siano talmente mescolati che restino indefiniti.
Che voglio scoprire il potere di una carezza. Cacchio, a 34 anni non conosco il potere di una carezza???!!!!!!!!
Non è questione di noi siamo meglio di voi, o di Ippo è meglio o peggio di Erre. No, è che sono così, è vero. Ma non è vero che non ci posso fare niente.
Devo fare qualcosa.
Devo fare qualcosa per non finire ogni giorno a volermi tagliare in attesa di una risposta, di un messaggio o di una carezza.
Devo sì tagliare. Ma con la solitudine, non me stessa.
*sono convinta di non aver mai conosciuto che si chiamasse così o il cui nome iniziasse con questa lettera.