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Originariamente inviata da Dr.Scotti
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Penso che è una buona tabella e ti ringrazio.
Credo che la psichiatria necessiti di una forte revisione critica sul piano epistemologico, specialmente per quei disturbi meno palesi.
Mi sono accorto che, salvo situazioni indiscutibilmente evidenti, il consenso psichiatrico sul disturbo frequentemente non viene raggiunto, come riscontrato da XL. Da questo derivano terapie errate e se lo psichiatra non tiene conto dei propri limiti conoscitivi (e utilizzando correttamente la comunicazione col paziente verifica l'efficacia della terapia), rischia di creare più danni di quanto non ne risolva.
Sono stato in terapia per 5 mesi con un farmaco che aveva un effetto pesantemente negativo su di me (depakin chrono 250mg), nonostante fin dalla prima settimana ne avevo accusato gli effetti negativi.
Presumo di aver ricevuto una diagnosi di ciclotimia errata. Superata la depressione post-adolescenziale, il primo psichiatra che mi vide a 27 anni circa, interrogato sulla possibilità di un disturbo di tipo bipolare, escluse quest'ipotesi e fece dipendere gli sbalzi d'umore da un disturbo narcisistico.
Il secondo invece validò un disturbo ciclotimico; il terzo finora non si è ancora esposto, ma finora credo abbia tenuto per buone entrambe le diagnosi, in senso possibilistico. Tuttavia dopo 11 mesi dalla prima visita mi ha prescritto (sotto mia insistenza) un farmaco che avrebbe dovuto crearmi grossi problemi se fossi stato davvero ciclotimico. Invece ha comportato un miglioramento netto nella qualità della mia vita.
Com'è che cambiando psichiatri cambiano diagnosi? Se ho una bronchite, non è che cambiando dottore diventa raucedine; o almeno, non dovrebbe accadere.
Autodiagnosi? Hai voglia. Ne ho fatte tante; ma sempre in termini di ipotesi, senza la presunzione di saperne più di un medico specialistico. Ci ho preso? A volte sì, a volte no. Ma ho avuto spesso l'impressione di riuscire a muovermi meglio, rispetto agli psichiatri, in un percorso di prove ed errori, a ricavare una diagnosi differenziale sulla base dell'esclusione di ipotesi precedenti. Probabilmente è la mia formazione tecnica che mi facilita e mi conduce a questo modo di lavorare (in mancanza di sistemi più accurati, come ad esempio esami, scansioni cerebrali o altro).
L'ultimo farmaco che sto prendendo, il Bupropione, finora mi sta aiutando tantissimo a riprendere ad avere una vita. Mi sento molto più energico e ottimista di prima. E' un farmaco che proposi allo psichiatra 11 mesi fa, ma con una motivazione o l'altra, evitò di prescrivermelo, fino a quando divenne evidente che la sua strategia non stava funzionando.
Comprendo il suo punto di vista prudenziale, ma io ci sto lottando da 35 anni con il mio problema, e ancora non so neanche cosa sia davvero. So solo che riesco ormai a stabilire con facilità quando sto bene, quando funziono.
Basta vedere se riesco ad essere ordinato, puntuale e ad aver cura della mia igiene.
Mentre se sono disfunzionale, anche in eccesso (euforia, ipomania, ecc.), sono il primo ad allarmarmi.
Quindi, perché continuiamo a girarci attorno, anziché provare i farmaci andando un po' a intuito e un po' a esclusione?