Come si può capire del titolo, sto parlando di una cosa che non so nemmeno se abbia un nome preciso, magari in psicologia esiste, ma io lo ignoro.
Si tratta di un fenomeno abbastanza particolare che all'interno della famiglia in cui sono cresciuto veniva attuato di frequente: quando un membro della famiglia faceva qualcosa un altro membro lo accusava di far quel qualcosa con intenti maligni, anche se questo non era assolutamente vero.
Alcuni esempî: io ascolto musica in camera mia per il mio piacere, e mi viene detto di smettere non perché può disturbare (questo sarebbe comprensibile), ma dicendomi esplicitamente che io sto usando apposta la musica solo per dar fastidio agli altri; oppure ho dei problemi di salute fisica e sto male, lo faccio presente ai genitori e questi dicono che sto mentendo e lo faccio solo per far fastidio, disturbare, attirare l'attenzione, ecc. Quando faccio presente che le mie intenzioni non sono cattive anche questo viene negato, come se stessi ancora mentendo con intenzione maligna.
Si tratta di un atteggiamento o una tattica presente un po' in tutti i membri della mia famiglia, ma che nei miei confronti veniva usata soprattutto da una delle mie sorelle.
Io ho sempre vissuto questa tattica come profondamente destabilizzante, perché mi sembrava minare alla base ogni possibilità di comunicazione tra la persone, mi sembrava che creasse e si nutrisse di un'atmosfera di sfiducia che rendeva impossibile la costruzione di rapporti sereni.
Anche per questo credo di poter dire che i rapporti interni alla mia famiglia fossero disfunzionali, e di subirne ancora le conseguenze, visto che ancora oggi, pur avendo sperimentato dei rapporti umani positivi e non disfunzionali, tendo a fidarmi molto poco delle altre persone, vivo la comunicazione umana come qualcosa di fragile e sempre passibile di essere ritorta contro di me.