Bisogna innanzitutto distinguere due tipi di menzogne. Quelle tattiche e quelle a sé stessi.
Le menzogne tattiche possono essere anche buone, in certi contesti. La possibilità di modificare dinamiche sociali con una menzogna ben costruita è uno strumento utile e può fare anche del bene in certe circostanze. La menzogna tattica è costruita quindi sulla base della presunta capacità di ottenere degli effetti sulla base del proprio dichiarato: quindi presume anche l'incapacità del destinatario del messaggio di sapersi rapportare positivamente alla verità.
Questo è triste e qualcuno potrebbe obiettare che le valutazioni non spettano a noi, ma invece è proprio il contrario: siamo direttamente coinvolti dalle azioni altrui, e quindi abbiamo il diritto di usare i nostri strumenti per fare in modo che queste vadano a nostro vantaggio e/o non ci arrechino danni.
Ad esempio potrei dire ad un collega fastidioso, portato ad autoinvitarsi in eventi sociali nel quale potrebbe crearmi disagi e imbarazzi, che il giorno tal dei tali non faccio niente di interessante, anche se poi mi vedo con altre persone. Questo non significa che lo disprezzi, ma che in quel contesto non valuto positivamente la strategia di parlare direttamente alla persona dicendogli "guarda, l'ultima volta che siamo usciti mi hai fatto fare una figura di merda, in altri contesti potremmo anche uscire assieme, ma questa volta preferisco uscire senza di te".
Oppure potrei dire ad un amico, interessato da una ragazza che ricambia, ma entrambi molto timidi per sbilanciarsi: "lo sai che ragazza_carina ha chiesto di te?".
(mi viene in mente la scena in cui Amelie fa accoppiare l'ipocondriaca con l'ossessivo-compulsivo
)
Sono entrambe bugie a fin di bene, a volte il nostro bene. E ci stanno.
Le menzogne a sé stessi sono più infide, e sono il frutto di mancanza di assertività.
Leggo spesso ad esempio qui dentro consigli su come mentire a compagni e colleghi in risposta a domande su cosa si è fatto il sabato sera piuttosto che nel giorno speciale taldeitali. In quel caso non si mente tatticamente, ma si mente per la vergogna di dimostrarsi assertivi dinnanzi alle proprie istanze. "Non esco il sabato sera, non mi diverto." oppure "Non ho nessuno con cui uscire il sabato sera.". Questa è la verità. Ed esprimerla assertivamente porta a delle conseguenze, esattamente come esprimere delle menzogne porta ad altre conseguenze.
Talvolta il confine tra i due tipi di menzogna è labile. Si veda per esempio il caso del tradimento. La confessione potrebbe essere un modo per scaricarsi la coscienza, e quindi paradossalmente la menzogna potrebbe essere più assertiva. Oppure il contrario.
Nella mia esperienza di vita ho fatto spesso uso della menzogna, specialmente nella mia fase "riabilitativa" dai 20 ai 24 anni, dove cercavo una mia dimensione sociale e facevo esperimenti, spesso inconsapevole. All'epoca pensavo che tutto fosse lecito, ma più tardi mi sono reso conto che le menzogne a sé stessi ti si ritorcono contro. Più si mente a sé stessi e più diventa difficile essere sinceri con sé stessi. Si finisce coinvolti nelle proprie bugie, addirittura finendo per credervi.
Ecco perché decisi di dare un taglio tout court alle menzogne. Il desiderio era quello di riprendere confidenza con me stesso, e credo di esserci riuscito. Attualmente quindi posso affermare di possedere l'equilibrio necessario per distinguere tra "bugie bianche" e bugie gravi, tra bugie tattiche e bugie interne, e fare la giusta scelta.
Non pretendo di essere perfetto in questo, sicuramente ho fatto e farò i miei errori, ma secondo me la sincerità totale ha qualcosa di patologico, oppure può far parte di un percorso di crescita interiore in cui migliorare il proprio rapporto con sé stessi, con il tipo, la quantità e la qualità delle informazioni rilasciate, in un ottica di miglioramento delle relazioni interpersonali.
Essere troppo sinceri in effetti può essere una scusa, una scusa per negare la propria incapacità di prendere decisioni.