Mi capitava alle superiori, quando avevo risultati alti senza impegnarmi particolarmente e chi invece lo faceva ne otteneva di più modesti.
Oppure quando mi capitava di ricevere complimenti - per me - gratuiti da parte dei professori e cose simili.
Ora più che altro mi capita quando qualcuno mi riconosce delle qualità senza conoscermi a fondo o in presenza di altre persone che io ritengo ugualmente (o più) valide del sottoscritto in quell'ambito.
Ho una certa tendenza a sentire una sensazione di "ingiustizia" in queste situazioni e mi sento istintivamente in colpa per aver contribuito a determinarla.
Poi, a prescindere, sono molto avverso alle valutazioni a risultati perché le trovo estremamente fallaci nel definire una persona - me stesso in primis : dai risultati pre-università sembrava dovessi spaccare il mondo e fare un ottimo percorso, invece è il mondo che ha spaccato me e sono nella merda.
Un altro punto fondamentale è quello riguardante l'avere un brutto rapporto coi complimenti, elogi etc che ricevo da chi non mi conosce bene e/o non ritengo oggettivi.
Sono portato ad associarli ad aspettative che si nutrono nei miei confronti e che sento come irrealistiche, mi pare di esser destinato prima o poi a tradirle perché non corrispondenti alle mie capacità effettive. Inoltre, finché si mantengono, mi danno la sensazione si sfalsare i rapporti mettendomi in una posizione diversa da quella dell'interlocutore,più alta. E non mi piace starci, non mi piace la sensazione di essere in una situazione non paritaria, dove ho io una qualche forma di "potere" nel rapportarsi.
Questo credo sia in larga parte derivante dalle aspettative che i miei nutrivano (in ambo i sensi) su di me per quanto riguarda lo studio e la carriera, che ho sempre vissuto come opprimenti e frutto di una visione miope della mia persona.
Infatti le ho sputtanate per bene
Comunque, ansia non mi pare di avvertirne particolarmente. Non mi rendono nervoso, emotivo o causano ripercussioni fisiche rilevanti tali situazioni.
È più un provare la sensazione di ricadere in uno schema che sento destinato al fallimento, alla delusione mia e di altri.
Una specie di "ecco, ci risiamo" misto ad una sensazione di parziale impotenza.