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Vecchio 24-09-2025, 19:33   #1
Esperto
L'avatar di Hassell
 

Stavo riflettendo sul fatto che, per gran parte della mia adolescenza, ho considerato l'amore un po' come veniva descritto nei romanzi medievali, o alla Romeo e Giulietta di Shakespeare, cioè l'amore idealizzato, potente, totale.
Il solo pensiero di potermi innamorare mi faceva stare bene, se poi avevo in mente una ragazza, anche senza dichiararmi io ero già felice. Toccare le cose che toccava lei, sentirne il profumo passandole vicino, conversare, sfiorarsi era come il paradiso. Le classiche farfalle nello stomaco, cosa darei per sentirle ancora.
Quello che provavo era amore, o amore per l'amore, ma era amore vero per davvero, infinito, strabiliante, smisurato.
Era quello che ti faceva fare e pensare cose disumane, se avevi estro per un'arte, l'amore ti forniva ispirazione senza fine, mai provata prima.
Poi arrivava la delusione, e allora ecco uno strascico di dolore che spingeva da dentro per uscire, quanta musica celestiale! Quanto soffrire però quanto mi sono sentito vivo.
Cosa darei per tornare a quei tempi lì.

Mi crederete matto! Deh

Ultima modifica di Hassell; 24-09-2025 a 19:37.
Ringraziamenti da
Darby Crash (24-09-2025), SugarPhobic (24-09-2025)
Vecchio 24-09-2025, 20:10   #2
Esperto
 

L'ultimo dei romantici!
Ringraziamenti da
nothingbutnoise (25-09-2025)
Vecchio 24-09-2025, 20:18   #3
Esperto
L'avatar di SugarPhobic
 

Credo fosse l'unico tipo di amore che ci veniva proposto dai film e dai libri quindi... perchè non crederci.
Se sei piccolo credi che sia quella cosa li' totalizzante, l'amore. E che sia semplice.
E magari lo fosse, ma prendi atto di determinate dinamiche via via che cresci e, spalancate le porte della realtà con la tua prima, e magari seconda o addirittura terza (etc) relazione, ti rendi conto che è un sentimento complesso, sperimentato da due menti diverse.

Non mi dilungo.

Detto ciò, io credo negli amori esclusivi e stabili, occorre avere pero' molta pazienza, consapevolezza dell'altro, di sè, e... fortuna?
Vecchio 24-09-2025, 20:29   #4
Esperto
L'avatar di Sheev Palpatine
 

Sì, capisco quello di cui parli.
Per me tuttavia, la realtà è sempre stata un limite per i sentimenti profondi. In fondo, sentimenti profondi, solenni, assoluti, esistono dentro di me. La realtà li banalizza, li rende patetici.
Ecco quindi che per me questa sorta di idealizzazione è potuta sbocciare solo nella oneitis, in quella ragazza che ho conosciuto online senza mai incontrare. E in parte si può dire che la persona reale, quella ragazza c'entra poco con l'idea che ho nella testa.
Forse, alla fine amiamo le idee create da noi stessi più che le altre persone. Le altre persone sono un mezzo, uno strumento per guardare quelle idee.
E fa soffrire quando queste altre persone non corrispondono a quelle idee che avevamo in testa. In fondo, è paradossale, creiamo un ideale, una sorta di divinità che però non è un'altra persona, siamo noi stessi. Ecco quindi che questo amore cavalleresco è la realizzazione di un paradosso, della sottomissione a se stessi, di cui la donna amata è solo un simbolo, un simulacro, un idolo
Vecchio 24-09-2025, 20:31   #5
Esperto
L'avatar di Mollusco
 

Quote:
Originariamente inviata da claire Visualizza il messaggio
L'ultimo dei romantici!
I romantici idealizzano la donna, lui tende a idealizzare l'amore da quello che scrive.

Quindi direi piuttosto "l'ultimo degli stilnovisti".
Vecchio Oggi, 20:52   #6
Esperto
L'avatar di Miky
 

Quote:
Originariamente inviata da Hassell Visualizza il messaggio
Stavo riflettendo sul fatto che, per gran parte della mia adolescenza, ho considerato l'amore un po' come veniva descritto nei romanzi medievali,
Nel medioevo non esistevano i romanzi. Il primo romanzo come lo itnediamo noi è stato il Don chishotte, scritto quando il medioevo era già finito da un pezzo e, guarda caso, un romanzo che perculava proprio quell'amore romantico e cavalleresco tanto decantato nei poemi medioevali. Ecco forse intendevi diere i poemi, non i romanzi medioevali.
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