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27-10-2012, 17:48
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#1
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,495
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Quote:
Originariamente inviata da Medicinaitalia.it
La forma depressiva più insidiosa, anche se non la più grave come intensità dei sintomi, è la distimia, cioè la depressione minore protratta.
Le persone con questa malattia si abituano a vivere da depressi, un po’ perché riescono comunque a portare avanti una parte della loro vita, anche se a fatica, in parte perché attribuiscono la loro condizione a fattori esterni che non cambiano e quindi li tengono demoralizzati.
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Se uno soffrisse di distimia, se ne potrebbe accorgere? Potrebbe ammetterlo?
Se uno riesce ad andare avanti e magari sorride poco ma sorride... ed ha pochi momenti di felicità ma li ha... si può ancora definire depresso? E sulla base di cosa? Non si è depressi solo quando tutto va a gonfie vele?
La normalità è "essere felici come delle pasque"?
Non vi pare piuttosto arbitrario come discorso quello del "si abituano a vivere da depressi"? Non è forse quello che ,in fondo, dobbiamo fare tutti?
(Cercare quel poco di felicità che c'è soprassedendo i molti motivi per essere infelici?Vedere insomma il bicchiere mezzo pieno?)
Oppure esiste davvero la possibilità che il bicchiere sia sempre pieno? E' realisticamente pensabile che uno possa essere sempre felice nella nostra realtà se non si tratta di uno scemo?
Non essere felici per la gran parte del tempo è un problema? E sulla base di cosa?
E l'ultima frase: "il motivo della loro infelicità prolungata lo attribuiscono a fattori esterni" : Chi può dire che non derivi davvero da fattori esterni?
L'infelicità è una patologìa? Quando lo è e quando no? Chi lo stabilisce e sulla base di cosa?
A voi la parola.
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Ultima modifica di Halastor; 27-10-2012 a 17:51.
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27-10-2012, 17:54
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#2
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Banned
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Circolo dei matti
Messaggi: 1,734
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Sii allegro, vivi al massimo e sorridi sempre...ma vaffanc..o.
E tanto le tasche piene ce l'hanno sempre loro.
Io non mi adeguerò mai a questo stile di pensiero. Piuttosto rimango musone, almeno sono in pace con me stesso.
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27-10-2012, 17:59
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#3
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Halastor
Se uno soffrisse di distimia, se ne potrebbe accorgere? Potrebbe ammetterlo?
Se uno riesce ad andare avanti e magari sorride poco ma sorride... ed ha pochi momenti di felicità ma li ha... si può ancora definire depresso? E sulla base di cosa? Non si è depressi solo quando tutto va a gonfie vele?
La normalità è "essere felici come delle pasque"?
Non vi pare piuttosto arbitrario come discorso quello del "si abituano a vivere da depressi"? Non è forse quello che ,in fondo, dobbiamo fare tutti?
(Cercare quel poco di felicità che c'è soprassedendo i molti motivi per essere infelici?Vedere insomma il bicchiere mezzo pieno?)
Oppure esiste davvero la possibilità che il bicchiere sia sempre pieno? E' realisticamente pensabile che uno possa essere sempre felice nella nostra realtà se non si tratta di uno scemo?
Non essere felici per la gran parte del tempo è un problema? E sulla base di cosa?
E l'ultima frase: "il motivo della loro infelicità prolungata lo attribuiscono a fattori esterni" : Chi può dire che non derivi davvero da fattori esterni?
L'infelicità è una patologìa? Quando lo è e quando no? Chi lo stabilisce e sulla base di cosa?
A voi la parola.
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Penso che si siano espressi male, ma il senso penso che sia questo.
Ci sono persone che non mettono in discussione il loro modo di pensare e continuano a essere infelici dandosi motivazioni esclusivamente oggettive.
Sono quelli che non pensano mai che un aiuto psicologico, o un cambiamento di alcuni schemi di pensiero o di comportamento potrebbero giovargli.
La loro sfortuna, paradossalmente, è non soffrire abbastanza per correre ai ripari. Comunque non penso si possa essere completamente felici, ma si deve ricercare una qualità della vita che noi stessi riteniamo accettabile.
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27-10-2012, 18:02
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#4
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Presente.
Certo che se ne accorge. Il fatto che si abitui a quella condizione non preclude la consapevolezza.
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Beh molti non se ne accorgono, è un fatto. C'è chi non collega le sue sensazioni al proprio modo di vedere la realtà.
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27-10-2012, 18:04
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#5
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Avanzato
Qui dal: Nov 2011
Messaggi: 298
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Depressione protratta, abitudine a vivere da depressi, fattori esterni che rendono demoralizzati... Forse più che dis-timia è dis-perazione.
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27-10-2012, 18:10
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#6
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,495
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Quote:
Originariamente inviata da akirafudo
Penso che si siano espressi male, ma il senso penso che sia questo.
Ci sono persone che non mettono in discussione il loro modo di pensare e continuano a essere infelici dandosi motivazioni esclusivamente oggettive.
Sono quelli che non pensano mai che un aiuto psicologico, o un cambiamento di alcuni schemi di pensiero o di comportamento potrebbero giovargli.
La loro sfortuna, paradossalmente, è non soffrire abbastanza per correre ai ripari. Comunque non penso si possa essere completamente felici, ma si deve ricercare una qualità della vita che noi stessi riteniamo accettabile.
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Ah ok... così è molto più chiaro. Perchè leggendola espressa così... sembrava quasi che ,chi passa molto del suo tempo senza essere proprio felice come una pasqua, allora poteva avere la distimia.
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27-10-2012, 18:25
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#7
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Banned
Qui dal: Aug 2008
Messaggi: 1,827
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presente, distimico da sempre... l'assenza di distimia è la serenità, negli ultimi tempi grazie ad un antidepressivo sto andando alla grande, nel senso che magari non sono proprio una pasqua ma sono sereno, tranquillo, a tratti soddisfatto. riesco bene a distinguere i due stati e immagino sia così per chiunque li abbia attraversati
Quote:
Originariamente inviata da Halastor
Non vi pare piuttosto arbitrario come discorso quello del "si abituano a vivere da depressi"? Non è forse quello che ,in fondo, dobbiamo fare tutti?
(Cercare quel poco di felicità che c'è soprassedendo i molti motivi per essere infelici?Vedere insomma il bicchiere mezzo pieno?)
Non essere felici per la gran parte del tempo è un problema? E sulla base di cosa?
E l'ultima frase: "il motivo della loro infelicità prolungata lo attribuiscono a fattori esterni" : Chi può dire che non derivi davvero da fattori esterni?
L'infelicità è una patologìa? Quando lo è e quando no? Chi lo stabilisce e sulla base di cosa?
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no, mi pare che non ci siamo proprio, la distimia è un triste ronzio di fondo che ti corrode dentro ed è costellata da preoccupazioni, ansietà e profondo senso di inadeguatezza. così non si campa, credimi. ciò che hai descritto come vedere il bicchiere mezzo pieno, non ha niente a che fare con la distimia.
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Ultima modifica di pirata; 27-10-2012 a 18:28.
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27-10-2012, 18:27
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#8
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Halastor
Ah ok... così è molto più chiaro. Perchè leggendola espressa così... sembrava quasi che ,chi passa molto del suo tempo senza essere proprio felice come una pasqua, allora poteva avere la distimia.
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Anche secondo me dovevano spiegarsi meglio, specie perché è medicitalia!
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27-10-2012, 18:35
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#9
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Esperto
Qui dal: Oct 2012
Ubicazione: Nel tempo
Messaggi: 1,186
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Quote:
Originariamente inviata da Halastor
Se uno soffrisse di distimia, se ne potrebbe accorgere? Potrebbe ammetterlo?
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Dipende. Non sempre se ne accorge perché, essendo qualcosa che si radica progressivamente negli anni e si sviluppa spesso nella prima giovinezza, chi ne soffre è convinto che questo pessimismo e questa tendenza alla sofferenza faccia parte del suo carattere.
Inoltre, a differenza della depressione maggiore, la distimia non presentando "stati di disperazione e forte malessere" (magari contrapposti ad un periodo precedente di benessere) è più difficile da individuare.
Di solito (come nel mio caso) chi ne soffre non si accorge di nulla perché cresciuto con questi tipo di sensazioni che vengono imputate al proprio carattere e che si sono radicate nel pensiero.
Quote:
Originariamente inviata da Halastor
E l'ultima frase: "il motivo della loro infelicità prolungata lo attribuiscono a fattori esterni" : Chi può dire che non derivi davvero da fattori esterni?
L'infelicità è una patologìa? Quando lo è e quando no? Chi lo stabilisce e sulla base di cosa?
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La caratteristica principale della distimia è un umore nero di fondo e onnipresente quindi l'infelicità, in questo caso, diventa cronica a causa della malattia. I fattori esterni penso che contribuiscano a rafforzare questo stato d'animo (che però è già presente).
Inoltre credo che chi ne soffra sia in grado di ridere e scherzare, anche di essere a volte sereno, ma rimane comunque una specie di amarezza di fondo in tutto ciò che si fa e una lieve disperazione esistenziale che lo accompagna ovunque indipendentemente da tutto.
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27-10-2012, 20:20
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#10
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,495
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Il fatto che tu ti faccia così tante domande a riguardo è significativo...
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E............ cosa significa?
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27-10-2012, 20:44
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#11
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Esperto
Qui dal: Jun 2012
Messaggi: 1,418
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L'infelicità diventa una patologia quando diventa un limite per la persona, per la propria vita e della propria esistenza.
La depressione maggiore crea uno stato di intensa mancanza di interesse, anedonia, che porta la persona a non riuscire più a provare piacere per le cose. Per questo motivo, diventa un limite, diventa difficile vedere il bicchiere mezzo pieno (come dici tu), diventa difficile vivere.
Nel caso della distmia, il disturbo è più lieve, ma molto più complesso, in quanto viene trattenuto con il tempo, rendendolo con l'andare avanti una parte di sé.
A me la distmia ricorda molto un disturbo della personalità, solo che non supporta criteri sufficienti per definirlo tale.
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27-10-2012, 21:09
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#12
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Come cresce un bambino con un genitore non sereno? Non è che il genitore il disagio lo può riporre in un cassetto e poi andare a giocare con il figlio allegramente...
Dopo che uno ha risolto i propri problemi esistenziali (almeno un minimo) può pensare di fare figli, ma una persona non serena che pensa di poter fare un figlio sereno stà a stra-raccontarsela.
La felicità non la si impone (molti pensano di poter imporre alcuni comportamenti ai figli e attraverso questi imporgli la felicità), la si trasmette... come il disagio psicologico lo si trasmette facilissimamente e inevitabilmente (dubito che chi ha avuto genitori timidi si sia sorbito lezioni sui benefici della timidezza, anzi, dall'altra parte magari c'erano le "buone intenzioni" di fare figli sicuri di sè, ma dall'altra parte probabilmente c'era anche molta follia se si pensava di poter fare una cosa del genere)...
Naturalmente capire questo significa aver già fatto passi avanti verso la serenità... una persona che si rende conto degli enormi danni che farebbe a un figlio è una persona che danni enormi non ne fà...
E quindi, come al solito, ogni comunicazione è inutile, chi sà sà e chi non sà non saprà.
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Quindi solo chi è sereno dovrebbe fare figli? Really??
Sai bene che ti direbbero... Il fatto che tu pensi questo è significativo...
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Ultima modifica di akirafudo; 27-10-2012 a 21:13.
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27-10-2012, 21:21
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#13
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Intermedio
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 155
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Quoto totalmente Joseph,non c'è nulla da aggiungere.
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27-10-2012, 21:24
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#14
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Banned
Qui dal: Jul 2010
Ubicazione: Puglia
Messaggi: 3,106
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La distimia è veramente un male subdolo, ne avrò sofferto sicuramente nell'adolescenza senza esserne mai conscio e forse non ne sono uscito del tutto.
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27-10-2012, 21:24
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#15
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Boh... buonisticamente parlando sì, se poi vogliamo essere un po' cattivi e egoisti facciamo pure tanti pupattoli che sono pure bellini e poi se hanno problemi si arrangeranno.
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Il fatto è che estremizzando il concetto: chi ha problemi mentali non deve fare figli, i down no, chi ha malattie ereditarie no, chi è timido no. Non si finisce più e a meno di non andare verso un'eugenetica stile Gattaca (il film).
Spesso in realtà chi pensa "non voglio figli perchè io sono piena/pieno di seghe mentali" quando li ha poi è un ottimo padre o madre. Poi oh... se alcune cose sono ereditarie pace, uno fa il possibile. Non può certo porsi al di sopra della natura e sterilizzarsi perché è timido. O meglio può ma secondo me sbaglia.
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27-10-2012, 21:32
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#16
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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L'ideale del nazismo comunque è esattamente questo. Persone equilibrate, senza tare psico-fisiche ereditarie che si riproducono in quantità; gli altri no.
Non è una provocazione, vorrei saper cosa ne pensate...
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Ultima modifica di akirafudo; 27-10-2012 a 21:34.
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27-10-2012, 21:41
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#17
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Insomma, venendo adottati alla nascita da genitori sereni secondo me il 99% degli utenti non starebbe su questo sito... mi sembra intuitivo...
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Dubito moltissimo, penso che il sostrato genetico conti molto anche se si rivela di più sotto determinate condizioni ambientali e in modo diverso a seconda dell'educazione...
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27-10-2012, 21:55
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#18
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Un conto però è voler far fuori i timidi, un conto è cercare di non farne altri per carità umana.
Che poi qui non stiamo parlando di "timidi", abbiamo tutti letto un po' il forum e sappiamo tutti i gravi livelli di disagio che alcune persone giungono a sopportare.
Questo non significa che augureremmo a loro di non essere nate, nè che (nel caso ci trovassimo anche noi nello stesso disagio) ci augureremmo di non essere nati... tuttavia umanamente parlando mettere al mondo qualcuno perchè soffra in maniera intensa dovrebbe far venire qualche problema di coscienza... o no?
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Sì, senza dubbio... ma io penso che siamo nati anche per riprodurci, o comunque per crescere nuovi esseri umani. L' istinto a riprodursi è dentro di noi. Dal momento che una società in cui vive l'eugenetica non mi piacerebbe, anche se all'apparenza sarebbe perfetta, vorrei una società dove la gente possa fare figli senza essere giudicata come irresponsabile. Educazione alla diversità, aiuti alle famiglie, famiglie allargate nel caso... questa la strada secondo me. In più pensa se ci fosse anche questa pressione sociale: chi soffre di ansia inizierebbe a essere visto e soprattutto a vedersi solo come una palla al piede da eliminare.
Sono discorsi complessi comunque.
So che quando la pensavo come zucchina o come te ero in un momento di merdissima (e forse c'è un collegamento), ora sto molto meglio e penso diversamente, e sono molto meno severo verso gli altri e soprattutto verso me stesso- anche riguardo all'avere dei figli...
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27-10-2012, 22:06
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#19
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Si potrebbe ipotizzare dunque che in condizioni decenti di ambiente e educazione (che con ottimismo riguardano oggi il 5% degli italiani) nessuno sarebbe depresso, al massimo solo moderatamente felice o molto felice.
Magari la genetica conta molto, ma se si migliora l'ambiente in cui si cresce i bambini comunque i conti poi tornano...
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Sono d'accordo, anche se non penso che si possano garantire risultati così buoni... Comunque ciò che hai scritto è anche il motivo per cui sarei tranquillo nell' avere figli e penso che sarei un buon padre. Non tanto per la genetica (ho avuto problemi di ossessioni e pensieri fissi, soffro ancora di depressione, ho sofferto di ansia e come mia mamma e i miei fratelli somatizzo tantissimo gli stati d'animo). LO penso perché sono molto empatico, so ascoltare, ho capito molte cose dell'educazione ricevuta che anche involontariamente(da parte dei miei intendo) mi hanno creato dei problemi e cercherei di non replicarle coi figli, gli vorrei bene... insomma la base genetica sarà tribolosa ma penserei che non è l'unica variabile che conta e sarei a posto con me stesso e spererei il meglio per i figli.
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27-10-2012, 22:19
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#20
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Avanzato
Qui dal: Jun 2008
Messaggi: 349
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Quote:
Originariamente inviata da Joseph
Il fatto che sia un istinto già presente dovrebbe farti sorgere qualche dubbio... è qualcosa che si gode a fare (in ogni sua fase) e anche questo è qualcosa che dovrebbe farti venire dei dubbi... è qualcosa che fanno quasi tutti, è qualcosa che fanno sopratutto gli strati più poveri e meno colti... è qualcosa che quasi tutti danno per scontato (e ricordiamoci quali altre cose quasi tutti danno per scontato, quali altre cose i poveri e gli ignoranti fanno, quali altri cose si gode a fare, quali altri istinti sono già presenti... e viceversa quali cose bisogna conquistare e non sono date "di base" in dono all'uomo, quali cose sono dolorose, quali cose fanno le persone acculturate, ecc...)...
Una cosa del genere è naturalmente inapplicabile e inconcepibile nella società attuale.
Già riconoscere chi è avanti e chi è indietro và oltre le capacità di quasi tutti, figuriamoci poi riuscire a andare avanti nella giusta misura con i giusti modi... qui ormai non si sa nemmeno più dov'è l'avanti e dove è il dietro...
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Lo so, ma porci di fronte alla società, come se fossimo gli unici che vivono una vita veramente degna, nel dolore o nella felicità, perchè pensiamo di avere una maggior consapevolezza non mi convince più come modo di pensare.
Alla fine sono più per la seconda parte del tuo msg. Alcune cose (solo alcune eh!) vanno secondo me oltre la capacità si comprensione di chiunque, non di quasi tutti. Tra queste secondo me il dire se è giusto o no che si facciano dei figli.
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