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06-08-2012, 13:36
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#1
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Esperto
Qui dal: Apr 2012
Ubicazione: Mulholland dr.(Roma)
Messaggi: 16,085
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titolo un pò criptico, ma l'altro giorno vedevo un episodio della prima stagione di medium ( adoro quel telefilm ) e in una puntata si parlava di suicidio.
Durante i sogni della protagonista, appariva questa voce esterna che dicava più o meno così:"da un recente sondaggio fatto su una serie di aspiranti suicidi ( che si sono salvati dopo essersi lanciati dal golden bridge - ponte di san francisco dove è molto usuale gettarsi di sotto ) è venuto fuori che praticamente tutti, dopo essersi lanciati, a circa due terzi del volo hanno pensato improvvisamente che tutto quello per cui si stavano togliendo la vita, poteva essere risolto. Tutto, senza nessuna eccezione".
Ho fatto qualche ricerca in rete ma non ho trovato nulla quindi immagino non ci siano realmente queste interviste, però la cosa mi ha dato comunque da pensare.
In punto di morte, quando non si ha più modo di tornare indietro, si può arrivare a pensare ciò?
ho letto spesso di persone in punto di morte, che avevano pensato al suicidio, che ricominciano ad amare la vita proprio dopo un episodio simile.
C'è anche un albo di dyland dog che ne parla, dove il protagonista è una donna depressa che dopo essere stata sul punto di morire, grazie alla fortissima paura, riabbraccia la vita, e decide di portare in punto di morte tutta una serie di vittime in cura per depressione dal suo datore di lavoro, uno psicologo.
Non so, ma quella frase di Medium continua a ronzarmi in testa.
Tutto è risolvibile, senza eccezione.
Che ne pensate?
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06-08-2012, 13:48
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#2
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 3,952
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Quote:
Originariamente inviata da zoe666
titolo un pò criptico, ma l'altro giorno vedevo un episodio della prima stagione di medium ( adoro quel telefilm ) e in una puntata si parlava di suicidio.
Durante i sogni della protagonista, appariva questa voce esterna che dicava più o meno così:"da un recente sondaggio fatto su una serie di aspiranti suicidi ( che si sono salvati dopo essersi lanciati dal golden bridge - ponte di san francisco dove è molto usuale gettarsi di sotto ) è venuto fuori che praticamente tutti, dopo essersi lanciati, a circa due terzi del volo hanno pensato improvvisamente che tutto quello per cui si stavano togliendo la vita, poteva essere risolto. Tutto, senza nessuna eccezione".
Ho fatto qualche ricerca in rete ma non ho trovato nulla quindi immagino non ci siano realmente queste interviste, però la cosa mi ha dato comunque da pensare.
In punto di morte, quando non si ha più modo di tornare indietro, si può arrivare a pensare ciò?
ho letto spesso di persone in punto di morte, che avevano pensato al suicidio, che ricominciano ad amare la vita proprio dopo un episodio simile.
C'è anche un albo di dyland dog che ne parla, dove il protagonista è una donna depressa che dopo essere stata sul punto di morire, grazie alla fortissima paura, riabbraccia la vita, e decide di portare in punto di morte tutta una serie di vittime in cura per depressione dal suo datore di lavoro, uno psicologo.
Non so, ma quella frase di Medium continua a ronzarmi in testa.
Tutto è risolvibile, senza eccezione.
Che ne pensate?
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Che penso io ?
Che "tutto" non è risolvibile, innanzitutto.
E che poi nell'arte/letteratura/musica tutto ha sempre e comunque un senso, un significato (anche quando il significato è l'assenza di un significato) mentre nella vita le cose sono, spesso, assai più nebulose, indefinite.. indeterminate.
Insomma, tradotto vorrei dire che secondo me non ci può essere una risposta assoluta alla tua domanda.
[Comunque mi sa che l'ho visto pure io (buttato morto davanti al televisore) quell'episodio.. quello che l'aveva spinta a suicidarsi alla fine era il fidanzato, figlio dell'avvocato ?]
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06-08-2012, 13:59
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#3
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Esperto
Qui dal: Apr 2012
Ubicazione: Mulholland dr.(Roma)
Messaggi: 16,085
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Quote:
Originariamente inviata da chrissolo
[Comunque mi sa che l'ho visto pure io (buttato morto davanti al televisore) quell'episodio.. quello che l'aveva spinta a suicidarsi alla fine era il fidanzato, figlio dell'avvocato ?]
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esatto
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06-08-2012, 14:06
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#4
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Principiante
Qui dal: May 2012
Ubicazione: Bari
Messaggi: 92
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Secondo me è proprio cosi, e a volte ci penso anche io. Quando vivi ti sembra tutto brutto, nero. Non hai voglia di far niente, di vivere, ti fa schifo la tua vita, ti fanno schifo gli altri, e pensi che questo mondo non è fatto per te e che vivere non ha senso. Non serve soffrire. Poi però nel momento reale, nell'attimo di suicidio che diventa realtà, tocchi per mano la morte, la senti, sei quasi vicino e li allora pensi che forse è meglio vivere, che tutto non è perso, e che forse forse è meglio vivere da tristi che rinunciare alla vita. Noi non siamo abituati a questo, siamo abituati a pensare che non serve vivere e che morire ti risolve un sacco di problemi, ma i nostri sono solo sogni. Se veramente volevamo morire, l'avremmo fatto da un pezzo, ma il gesto concreto dove sta?, non c'è perchè alla fine tutti abbiamo paura della morte sia chi ha gioia di vivere sia il depresso che non ha niente da perdere. D'avanti alla morte siamo tutti uguali. Almeno, questo è il mio pensiero.
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06-08-2012, 14:14
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#5
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Ovest Alpi
Messaggi: 2,109
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questo si chiama "istinto di sopravvivenza", anche se un suicida cerca la morte in realtà la teme, e si rende conto soprattutto quando questa sta per portarlo via..
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06-08-2012, 14:18
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#6
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 3,952
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Quote:
Originariamente inviata da mauerr92
Secondo me è proprio cosi, e a volte ci penso anche io. Quando vivi ti sembra tutto brutto, nero. Non hai voglia di far niente, di vivere, ti fa schifo la tua vita, ti fanno schifo gli altri, e pensi che questo mondo non è fatto per te e che vivere non ha senso. Non serve soffrire. Poi però nel momento reale, nell'attimo di suicidio che diventa realtà, tocchi per mano la morte, la senti, sei quasi vicino e li allora pensi che forse è meglio vivere, che tutto non è perso, e che forse forse è meglio vivere da tristi che rinunciare alla vita. Noi non siamo abituati a questo, siamo abituati a pensare che non serve vivere e che morire ti risolve un sacco di problemi, ma i nostri sono solo sogni. Se veramente volevamo morire, l'avremmo fatto da un pezzo, ma il gesto concreto dove sta?, non c'è perchè alla fine tutti abbiamo paura della morte sia chi ha gioia di vivere sia il depresso che non ha niente da perdere. D'avanti alla morte siamo tutti uguali. Almeno, questo è il mio pensiero.
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Non è questione di voler vivere o voler morire.. nessuno "vuole" morire, è che quando la tua esistenza è solo buio e sofferenza (soprattutto sul lungo periodo) arrivi spesso a non poterne più e inizia una lotta tra il tuo naturale istinto animale di sopravvivenza (che hanno tutte le creature viventi, che non controlli ma c'è) e questa sensazione malsana di sofferenza.
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06-08-2012, 16:32
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#7
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Esperto
Qui dal: Jan 2012
Messaggi: 2,561
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Ho rischiato seriamente di morire, però non per tentato suicidio ma per cause indipendenti dalla mia volontà. E sì, per quello che mi riguarda è vero, mi ha portato a vedere la vita in maniera diversa.
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06-08-2012, 17:08
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#8
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Esperto
Qui dal: Oct 2011
Messaggi: 2,673
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Quoto Ravanello..
Credo che ciò abbia molto a che vedere con la chimica del corpo umano.
Da ignorante in materia, me lo spiego più o meno in questo modo:
In situazioni di particolare pericolo l'intero corpo, cervello compreso, può entrare in uno stato
"d'emergenza", che "spegne" il pensiero razionale e affina le percezioni, le sensazioni e gli istinti.
Se questo fosse il caso, sarebbe semplice spiegare perché dopo una morte scampata ci si senta più attaccati
alla vita: si è sperimentato un istinto di sopravvivenza non filtrato da lobi frontali, "supereghi" e ammenicoli simili..
Sono abbastanza sicuro che esistano studi seri al riguardo ma boh... mo un c'ho manco voglia di cercarli non me ne abbiate
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06-08-2012, 17:36
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#9
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Esperto
Qui dal: Apr 2012
Ubicazione: Mulholland dr.(Roma)
Messaggi: 16,085
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Quote:
Originariamente inviata da mauerr92
Secondo me è proprio cosi, e a volte ci penso anche io. Quando vivi ti sembra tutto brutto, nero. Non hai voglia di far niente, di vivere, ti fa schifo la tua vita, ti fanno schifo gli altri, e pensi che questo mondo non è fatto per te e che vivere non ha senso. Non serve soffrire. Poi però nel momento reale, nell'attimo di suicidio che diventa realtà, tocchi per mano la morte, la senti, sei quasi vicino e li allora pensi che forse è meglio vivere, che tutto non è perso, e che forse forse è meglio vivere da tristi che rinunciare alla vita. Noi non siamo abituati a questo, siamo abituati a pensare che non serve vivere e che morire ti risolve un sacco di problemi, ma i nostri sono solo sogni. Se veramente volevamo morire, l'avremmo fatto da un pezzo, ma il gesto concreto dove sta?, non c'è perchè alla fine tutti abbiamo paura della morte sia chi ha gioia di vivere sia il depresso che non ha niente da perdere. D'avanti alla morte siamo tutti uguali. Almeno, questo è il mio pensiero.
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la penso come te. Ci ho pensato spesso, e ci sono stati momenti che sono andata molto vicina al farla finita. Passati quei momenti, ho rivalutato spesso tanti problemi, e anche se per brevi periodi, ho apprezzato maggiormente le cose semplice della vita, anche solo vedere una cosa bella, mangiareuna cosa saporita, tutto era meglio, improvvisamente.
Bisognerebbe capire come stimolare questo modo di vedere le cose senza andar necessariamente vicino alla morte.
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06-08-2012, 18:01
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#10
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Ubicazione: Kamakura
Messaggi: 444
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Leggendo questa discussione mi è venuto in mente un libro di Coelho, "Veronika decide di morire".
Coelho non mi piace particolarmente, anzi a volte lo trovo sgradevole..
Ma questo libro a tratti mi è piaciuto.
La trama, from wikipedia:
Quote:
Veronika, ragazza slovena di 24 anni, non è felice della sua vita, anche se non ha problemi finanziari e non soffre d’amore, vuole semplicemente lasciare questa vita a causa della monotonia di tutti i giorni. Così, mandato giù un pugno intero di pillole per dormire, si abbandona al suo destino. Si risveglia nella clinica privata per malati di mente “Villete”, in Slovenia, dove viene a sapere dai medici che in seguito al suo tentativo di suicidio il suo cuore è stato gravemente danneggiato e resisterà ancora solo pochi giorni. Veronika inizialmente spera che tutto finisca velocemente, ma in quella clinica sembra che il tempo non passi mai. Lì conoscerà molte persone, Zedka, Mari, Eduard, persone che non hanno paura di dire ciò che pensano, perché in fin dei conti sanno di essere considerati “pazzi”. Con loro instaurerà un particolare rapporto di sincerità, provando sensazioni che non aveva mai conosciuto prima e scoprendo i lati più segreti e nascosti del suo Io.
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