Da una burrasca ignobile’ approdato
a questa casa ospitale, m’affaccio
— liberamente alfine’ — alla finestra.
Guardo nel cielo nuvole passare,
biancheggiare lo spicchio della luna,
Palazzo Pitti di fronte. E mi volgo
vane antiche domande: Perché, madre,
m’hai messo al mondo? Che ci faccio adesso
che sono vecchio, che tutto s’innova’,
che il passato è macerie, che alla prova
impari’ mi trovai di spaventose
vicende? Viene meno anche la fede
nella morte, che tutto essa risolva.
Avevo il mondo per me; avevo luoghi
del mondo dove mi salvavo. Tanta
luce:,in quelli ho veduto che, a momenti,
ero una luce io stesso. Ricordi,
tu dei miei giovani amici il piú caro,
tu quasi un figlio per me, che non pure
so dove sei, né se piú sei, che a volte
prigioniero ti penso nella terra
squallida’, in mano al nemico? Vergogna
mi prende allora di quel poco cibo’,
dell’ospitale provvisorio tetto.
Tutto mi portò via il fascista abbietto
ed il tedesco lurco’.
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