FobiaSociale.com  
     

Home Messaggi odierni Registrazione FAQ
 
Vai indietro   FobiaSociale.com > Psico Forum > Timidezza Forum
Chiudi la discussione
 
Vecchio 20-04-2009, 16:32   #1
Banned
 

Ho sempre pensato che uno dei meccanismi che più rendono difficile il cambiamento è l'idea che abbiamo, e che quindi implicitamente o esplicitamente trasmettiamo agli altri, di noi stessi. Questo meccanismo in un libro che sto leggendo viene descritto come autoconnotazione. Esistono due tipi di autoconnotazioni: le etichette che ci appiccichiamo da soli e quelle che ci appiccicano gli altri. Anche quelle che ci appiccicano gli altri di solito finiamo presto o tardi col farle nostre, arrivando così in ultima analisi al risultato pernicioso di pensare che "siamo fatti così" e che "non c'è niente da fare". Per lo più queste etichette ci tornano comode, pur essendo negative (mi riferisco infatti qui solo alle autoconnotazioni negative), perché ci evitano di fare cose che non vogliamo. Esempi di autoconnotazione: "sono timido", "sono aggressivo", "sono impaziente", "non sono bravo in matematica", "non sono portato per gli sport"... Inutile dire che le autoconnotazioni più pesanti che mi porto dietro da sempre siano: "sono timido", "sono silenzioso", e che siano un pesante fardello, una spessa catena da cui mi è arduo liberarmi. Voi cosa ne pensate?
Vecchio 20-04-2009, 16:50   #2
Esperto
L'avatar di animaSola
 

Quote:
Originariamente inviata da moon-watcher
Voi cosa ne pensate?
Direi che sono d'accordo e non cè molto d'aggiungere...come si chiama questo libro?
Vecchio 20-04-2009, 18:21   #3
Intermedio
L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
Originariamente inviata da moon-watcher
Ho sempre pensato che uno dei meccanismi che più rendono difficile il cambiamento è l'idea che abbiamo, e che quindi implicitamente o esplicitamente trasmettiamo agli altri, di noi stessi. Questo meccanismo in un libro che sto leggendo viene descritto come autoconnotazione.
Un ricordo impressionante della terapia. Nelle prime fasi esponevo con vigore e convinzione le mie idee su me stesso, difendendole accanitamente come verità oggettive, spesso usando tutta la mia abilità argomentativa per persuadere la mia terapista che stavamo parlando di verità auto-evidenti, ma soprattutto descrivendole come una realtà immutabile, quindi tanto forti e vere da essere assolutamente incontestabili. La sola ipotesi che non fosse così era un assurdo.

Poi, man mano che si andava avanti, restavo a bocca aperta per lo stupore. Anche le idee più forti e inattaccabili, le barriere che avevo sempre pensato come eterne (“sono fatto così”, “ormai non si cambia più”, “sono fuori tempo massimo”) erano in realtà tutte connotazioni o addirittura autoconnotazioni.
Quello che ritenevo essere mio, erano messaggi ed idee imposte dall’esterno, o appiccicate da altri e poi fatte mie. Ovviamente tutto avevo uno scopo, sebbene aberrante e perverso, e la mia mente era diventata bravissima ad usare etichette di comodo per “non fare”, "non provare", "non uscire dalle cose note" arrivando addirittura a non farmi vedere le cose che avrebbero potuto mettere in discussione le mie idee.

Ancora adesso non riesco a restare freddo e distaccato mentre penso alla conclusione a cui arrivammo dopo qualche settimana: “mi sono costruito la mia prigione da solo, e messo in gabbia con le mie stessi mani”.

E quindi, pertanto:

“Tutti gli ostacoli per la realizzazione dei miei sogni esistono solo nella mia testa, perché sono stato io metterceli”.

Questo è stato uno dei punti più intensi di tutta la terapia, il momento di svolta fra la fase iniziale in cui si demoliscono costruzioni mentali aberranti e si incomincia a ricostruire. Per fortuna la seconda conclusione è stata più serena:

“Se io sono stato capace di metterli, sono altrettanto capace di toglierli” (!)

Poi il gioco è diventato interessante. Tolta di mezzo le resistenze e le paure, si è ormai imparato come funziona il meccanismo. Quindi si può farlo funzionare a rovescio ad esempio imparando ad utilizzare le connotazioni positive più utili ed a farle lavorare per scopi vantaggiosi.

Il resto è stato applicazione, prove, errori, tentativi, esperimenti, pasticci,figuracce e piccoli casini. Ma è finito bene.
Vecchio 20-04-2009, 18:27   #4
Intermedio
L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
Originariamente inviata da LilyRush
Non voglio apparire arrogante..io sono solo all'inizio di un percorso..mi permetto però di dire ai diversi utenti che ritengono l'avere consapevolezza dei propri problemi la chiave per uscire dagli stessi..DA SOLI..che, per quella che è la mia esperienza..non funziona così.
Non credo si possa generalizzare, ma è stato così anche per la mia storia. Spesso non volevo ammettere che le conclusioni a cui ero arrivato da solo fossero false, ma accanto a qualche buona intuizione c'erano tante idee distorte, messe li proprio come difese e resistenze.

Se fossi rimasto a qual punto, mi sarei intrappolato in qualcosa di autorferenziale.
Vecchio 20-04-2009, 18:39   #5
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da animaSola
come si chiama questo libro?
:wink:
Vecchio 02-05-2009, 14:37   #6
Avanzato
L'avatar di Joker
 

Il pensiero per cui le autoconnotazioni possono diventare un comodo rifugio per la nostra zucca l'ho sempre ritenuto un pò sopravvalutato. Se fosse davvero così, forse non il nostro malessere non sarebbe il chiodo fisso che è invece nella maggior parte dei casi.

Penso siano altre le cose contro cui potremmo avere, bene o male, comodi rifugi. L'idea della morte, ad esempio, o la prospettiva che un giorno spariremo e di non resterà nulla, o ancora il pensare che la vita non ci potrà mai dare più di tanto e che in un modo o l'altro, prima o poi, ce la dovremo far piacere. La consapevolezza che i nostri obiettivi sono inevitabilmente la cosa che conterà per noi di più, in mancanza, dopotutto, di un senso più grande all'esistenza nostra e del tutto in generale.

Penso spesso a quanto nella vita sono stato e sono oggettivamente fortunato, e a quanto forse le cose potrebbero andare "meglio" se venissi patti con me stesso invece di continuare a sbattere contro muri che non ho il coraggio o l'energia o chissà che altro per scalare.
Vecchio 21-07-2009, 17:54   #7
Esperto
 

E' esattamente ciò che mi succede, però c'è da capire se queste autoconnotazioni sono frutto di una comprensione di sé e di alcune proprie caratteristiche (e quindi anche limiti), o se sono invece pure convinzioni che trovano sì fondamento, ma solo nella misura in cui ci convinciamo che sono vere e cominciamo ad agire di conseguenza, rafforzandole.

Un altro aspetto interessante secondo me è la connotazione (o giudizio) positivo o negativo che diamo alle nostre caratteristiche (nel caso delle autoconnotazioni forse il giudizio è quasi sempre negativo, proprio perché altrimenti non funzionerebbero come pretesto per evitare), cioè l'abitudine di vedere solo i lati negativi delle peculiarità.
Vecchio 21-07-2009, 21:21   #8
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da moon-watcher Visualizza il messaggio
Ho sempre pensato che uno dei meccanismi che più rendono difficile il cambiamento è l'idea che abbiamo, e che quindi implicitamente o esplicitamente trasmettiamo agli altri, di noi stessi. Questo meccanismo in un libro che sto leggendo viene descritto come autoconnotazione. Esistono due tipi di autoconnotazioni: le etichette che ci appiccichiamo da soli e quelle che ci appiccicano gli altri. Anche quelle che ci appiccicano gli altri di solito finiamo presto o tardi col farle nostre, arrivando così in ultima analisi al risultato pernicioso di pensare che "siamo fatti così" e che "non c'è niente da fare". Per lo più queste etichette ci tornano comode, pur essendo negative (mi riferisco infatti qui solo alle autoconnotazioni negative), perché ci evitano di fare cose che non vogliamo. Esempi di autoconnotazione: "sono timido", "sono aggressivo", "sono impaziente", "non sono bravo in matematica", "non sono portato per gli sport"... Inutile dire che le autoconnotazioni più pesanti che mi porto dietro da sempre siano: "sono timido", "sono silenzioso", e che siano un pesante fardello, una spessa catena da cui mi è arduo liberarmi. Voi cosa ne pensate?
Sono d'accordo sul fatto che ci siano delle etichette che ci vengono imposte dagli alri o che ci auto-imponiamo per assecondarli o per convenienza (Pirandello avrebbe parlato di maschere), ma "sono timido" non è necessariamente una di queste; si può agire per ridurre la timidezza o per renderla meno invalidante, ma credo che essa generalmente sia un tratto del carattere (come l'introversione, ad esempio) e che non possa essere eliminata del tutto.
Vecchio 21-07-2009, 21:43   #9
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith Visualizza il messaggio
Sono d'accordo sul fatto che ci siano delle etichette che ci vengono imposte dagli alri o che ci auto-imponiamo per assecondarli o per convenienza (Pirandello avrebbe parlato di maschere), ma "sono timido" non è necessariamente una di queste; si può agire per ridurre la timidezza o per renderla meno invalidante, ma credo che essa generalmente sia un tratto del carattere (come l'introversione, ad esempio) e che non possa essere eliminata del tutto.
Forse è vero che non può essere eliminata del tutto, soprattutto se è diventata davvero rigogliosa. Sul fatto che sia un tratto del carattere però, non lo so, onestamente quando si parla di aspetti caratteriali trovo sempre difficile dire cosa sia un tratto distintivo e cosa no. Sono cose che non si percepiscono con i sensi, per cui non si possono misurare ed esprimere quantitativamente. Se hai gli occhi azzurri ce li hai azzurri. La timidezza è incapacità di esprimersi con certe persone, quindi a rigor di logica dovrei dire che non è un tratto del carattere, ma una sottrazione al carattere.
Vecchio 21-07-2009, 21:54   #10
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da moon-watcher Visualizza il messaggio
Forse è vero che non può essere eliminata del tutto, soprattutto se è diventata davvero rigogliosa. Sul fatto che sia un tratto del carattere però, non lo so, onestamente quando si parla di aspetti caratteriali trovo sempre difficile dire cosa sia un tratto distintivo e cosa no. Sono cose che non si percepiscono con i sensi, per cui non si possono misurare ed esprimere quantitativamente. Se hai gli occhi azzurri ce li hai azzurri. La timidezza è incapacità di esprimersi con certe persone, quindi a rigor di logica dovrei dire che non è un tratto del carattere, ma una sottrazione al carattere.
Comunque, se non può essere eliminata del tutto, innata o no, non è una semplice (auto)connotazione.
Vecchio 31-08-2009, 16:59   #11
Banned
 

Thankyou to My Space! wow gold google checkout wow gold no paypal wow gold without paypal
Chiudi la discussione




Tutti gli orari sono GMT +2. Attualmente sono le 02:11.
Powered by vBulletin versione 3.8.8
Copyright ©: 2000 - 2024, Jelsoft Enterprises Ltd.
Powered by vBadvanced CMPS v3.2.2