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Originariamente inviata da Blur
eh infatti alla fine è tutta una questione di statistiche e di numeri
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Non è detto che si distribuiscano così delle "misure", si possono definire relazioni di equivalenza e forme di ordinamento dei dati che producono altri risultati. Spesso non si ragiona sul come si è arrivati al "disegno".
Secondo me la prima cosa da cui si parte è una relazione di equivalenza tra gli oggetti o enti di partenza del tipo "x ha la stessa altezza di y", "x ha lo stesso colore di capelli di y", "x è intelligente quanto y" e così via...
Presa in considerazione una relazione specifica poi si ordinano in certi modi le classi di equivalenza così prodotte lungo l'asse x mentre sull'asse y si riporta il numero di elementi di queste classi e in certi casi per certi ordinamenti viene fuori la curva a campana (ma oggettivamente è discreta, gli elementi sono finiti, al centro c'è la classe col maggior numero di persone, parametro che viene riportato sull'asse y).
In generale non è detto nemmeno che debba venire fuori una curva che sale e scende, le classi di equivalenza potrebbero avere tutte lo stesso numero di elementi. Ad esempio se si usa la relazione di equivalenza "x è identico ad y" (ossia "x = y") le classi che vengono a formarsi sono tutte singoletti ed hanno tutte lo stesso numero di elementi e perciò come le si dispone li dispone le classi lungo l'asse x, viene fuori sempre una retta.
In ogni caso si potrebbe definire la normalità (in corrispondenza di una certa relazione di equivalenza) in modo indipendente dall'ordinamento delle classi (relativo poi ad una "misura"). Per esempio per vedere chi è normale (o se volete "più normale") rispetto alla relazione di equivalenza "x ha la stessa altezza di y" basta prendere una qualsiasi classe più grande (numericamente = quella col maggior numero di elementi) della partizione che produce questa relazione qua, e tutti gli elementi che cadono in questa classe si potrebbe dire che sono quelli "più normali". Gli elementi che cadono in questa classe di equivalenza insomma li si potrebbe dire normali perché fanno parte di una delle classi più grandi di individui relati dalla caratteristica che fa parte del gruppo di caratteristiche che si vogliono prendere in considerazione (qualora ci fosse un unico massimo e si riuscisse ad ordinare le classi grosso modo a campana il massimo cadrebbe al centro... Dico "una" perché potrebbero essercene anche diverse con lo stesso numero di elementi che risulta essere il massimo, il fatto che ce ne sia una sola è un'eccezione non la regola).
La normalità di un oggetto perciò si predica sempre in relazione ad una certa relazione di equivalenza ("x ha la stessa altezza di y", "x ha lo stesso colore di capelli di y", e così via). Se si prendessero tutte le relazioni di equivalenza possibili e non solo alcune (come fanno di solito), chi risulta normale rispetto ad una relazione potrebbe non esserlo rispetto ad altre e viceversa, ci si concentra su certe caratteristiche e si omettono abilmente miriadi di altre caratteristiche che potrebbero essere prese in considerazione.
In relazione a tutte le partizioni possibili del gruppo di individui di partenza (perché è noto che ad ogni relazione di equivalenza corrisponde una partizione dell'insieme di partenza e viceversa) la normalità cumulata, ossia il numero di casi in cui io risulto normale in corrispondenza della relazione presa in considerazione è lo stesso di qualsiasi altro individuo.
Solo se si costruisce una preselezione (e poi si fa sparire abilmente questo fatto) prendendo in esame soltanto alcune relazioni di equivalenza ritenendole più rilevanti io poi magari non risulto normale rispetto a molte di queste relazioni. Ma viene nascosto abilmente il fatto che ne esisteranno sicuramente altre (che nessuno ha mai preso in considerazione) rispetto alle quali poi la persona normale risulto io e anormali risultano certi altri.
Facciamo un esempio pratico con un insieme di "individui"
piccolo
{1, 2, 3}.
Elenchiamo tutte le partizioni possibili dell'insieme (ossia tutte le "estensioni" che potrebbero generare delle relazioni di equivalenza sull'insieme) e riportiamo a fianco gli individui più normali in relazione alla caratteristica che si vuol considerare.
1) {{1},{2},{3}} normali tutti e tre 1, 2, 3
2) {{1},{2, 3}} normali 2, 3
3) {{1, 2},{3}} normali 1, 2
4) {{1, 3},{2}} normali 1, 3
5) {{1, 2, 3}} normali tutti e tre 1, 2, 3
è facile notare che ogni individuo risulta normale (cioé appartenente all'insieme più grande - in senso numerico - della partizione considerata) lo stesso numero di volte di qualsiasi altro se si prendono in esame davvero
tutte le relazioni di equivalenza (le cinque partizioni che ho elencato in modo estensivo) e non solo alcune. Possiamo rendere l'insieme di individui più grande a piacere ma il risultato è lo stesso. 1 risulta normale in quattro casi, 2 risulta normale in 4 casi e 3 risulta normale in quattro casi, anche se non gli stessi cumulativamente il numero non è diverso. Solo se ci limitiamo a poche relazioni poi potremmo avere risultati diversi, se escludessimo il caso 4 per esempio, 2 finirebbe con l'essere considerato più normale cumulativamente perché avrebbe più caratteristiche nella norma (relativamente al gruppo monco però, in cui si omette ad arte la caratteristica che normalizzerebbe cumulativamente anche 1 e 3).
Ma perché limitarsi?
Se si prendono in esame solo alcune relazioni di equivalenza come "x ha la stessa altezza di y", "x ha lo stesso colore di capelli di y" e così via qualcuno va fuori norma relativamente a queste relazioni di equivalenza qua, ma se le si prendessero tutte le relazioni di equivalenza si potrebbe notare che esistono relazioni di equivalenza in cui anche certi individui "spinti ai margini" relativamente a queste poche relazioni prese in esame si trovano poi viceversa nella norma (cioé fanno parte del gruppo più grande di individui che condividono una certa caratteristica).
Per me perciò è problematica proprio la definizione a monte (se si vuole usare "normale" come se fosse un predicato che si applica agli individui senza alcuna altra specificazione). Se si prendono in esame tutte le relazioni di equivalenza nessuno risulta più normale di altri, è qualcosa di relativo a relazioni specifiche, quando le si considera veramente tutte, le caratteristiche possibili da prendere in considerazione, l'asimmetria che si era andata a creare tra gli individui sparisce.
Perciò secondo me non è semplicemente una questione numerica. La questione è numerica ed evidente solo rispetto ad un certo raggruppamento di caratteristiche (una specifica relazione di equivalenza), chi è normale e chi no rispetto ad una relazione specifica ("stessa altezza" per esempio) è ben definito, però se "normale" poi lo si vuol predicare in generale senza menzionare la relazione di equivalenza da prendere in considerazione, supponendo che cumulativamente tizio sia più normale di caio (perché si sono prese in considerazione solo certe relazioni assumendo implicitamente che fossero tutte, omettendo abilmente miriadi di altre relazioni che potevano essere considerate) viene effettuata una generalizzazione scorretta ed indebita per me, e numericamente poi non si capisce nemmeno più di che si sta parlando, in generale (se si prendono tutte le relazioni) la posizione di tizio e caio è simmetrica, come ho mostrato prima. Più normale e meno normale spariscono in generale (quando non ci si riferisce a relazioni specifiche o gruppi di relazioni specifiche) perché l'anormalità di tizio rispetto alla relazione A viene compensata poi dalla sua normalità rispetto ad un'altra relazione B.
Ha senso per me parlare di normalità in corrispondenza di una relazione di equivalenza specifica, e solo qua vale, se si vuole usare il termine in generale dicendo a tizio "tu sei normale" e a caio "tu non sei normale" senza far riferimento alla relazione o al set di relazioni che sono state prese in considerazione in modo arbitrario, si imbroglia.
Riconosco che abbiamo a che fare con una questione numerica e di conteggio quando si prende in considerazione una relazione di equivalenza specifica R, che tizio è normale e caio no è evidente e ben definito rispetto ad R, ma non riconosco in che senso si possa usare "normale" in generale senza far riferimento a qualche relazione specifica.
Se lo si intende cumulativamente come ho supposto sopra, allora poi nessuno risulta normale o anormale, tutti gli individui sono sullo stesso piano, chi risulta in minoranza relativamente a certi raggruppamenti di caratteristiche risulta poi forte quando se ne considerano altri.
Nell'insieme se si conteggiano tutti i casi nessuno in generale
è più forte degli altri. Se si è in minoranza rispetto alla caratteristica peso, si potrebbe essere (e lo si è effettivamente come ho mostrato prima) in maggioranza quando si considera qualcos'altro. Ed esiste sempre poi una caratteristica in cui si è più forti.