Originariamente inviata da Martello
Una volta mi piaceva, poi ho riflettuto su un aspetto:la storia si sofferma sulle azioni delle grandi personalità del passato. Ma se andiamo a guardare all'indietro chi sono veramente le grandi personalità del passato? Sono davvero quelli che ci dicono essere o dietro questa considerazione di ''grandezza'' vi è una unità di misura alquanto bizzarra? Se voi traslate al presente, sarebbe come dire che tra 500 anni si dovesse parlare, per la storia italiana, di quelli che attualmente detengono il potere politico, industriale, massonico, clericale. Vi sembrano grandi personalità, o non sarà che la storia perpetua attraverso il ricordo delle ''gesta'' di queste persone, il potere che essi hanno sempre deternuto, e lo tramanda presso il popolo come una forma di venerazione e di ammirazione e di emulazione verso le classi dominanti? Cioè , a chi parrebbe congruo se fra 500 anni insegnando storia si dicesse che noi fobici e in genere la massa, il popolo, la ''ggente'' come volete chiamarli insomma, si viveva come le elìtes del nostro tempo? Non sarebbe assolutamente vero.
Allora, se la storia viene passata a un vaglio critico, e si fa una sorta di sociologia storica, antropologia storica, eccetera, in cui si studia come viveva il cittadino medio di ogni epoca, come ragionava, quali erano i suoi sentimenti, le sue credenze, le sue tradizioni, dico che la storia può piacermi tantissimo come mi è sempre piaciuta.
Se invece per storia si intende solo la sterile versione dei fatti dei potenti di ogni tempo, la storia è un inutile esercizio acrobatico mentale su una visione distorta dei fatti, o quantomeno parziale e comunque oligarchica, elitaria, di sistema, raccontata da questi potenti di ogni tempo.
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