Non mi ero mai accorto del fascino della natura, fin quando non vidi il film "
Into the wild - nelle terre selvagge". Narra la storia di Christopher McCandless, un ragazzo che dopo la laurea ha venduto tutto ciò che aveva per vivere nella natura, in compagnia di alberi, uccelli, cespugli, aria incontaminata. Lontano dal conformismo e dal bigottismo della società umana.
Incuriosito dal film, commosso dalla storia di Alexander Supertramp (così si faceva chiamare, dalle persone che incontrava lungo il suo cammino), mi misi a leggere il libro di Jon Krakauer, che raccoglie tutte le informazioni su McCandless ne "
Nelle terre estreme".
Da quel momento ho scoperto il valore della natura. Ho scoperto cosa significa veramente.
L'uomo, nel pieno della sua arroganza, si crede padrone di un pianeta che non gli appartiene. Dominatore assoluto della realtà, perciò cerca di plasmare ogni cosa a suo piacimento.
Il nostro mondo appartiene alla natura. E' grazie ad essa se l'uomo respira e vive, è grazie ad essa se ogni cosa ci sembra perfetta e organizzata. Come le api che impollinano i fiori, come le rose che da piccoli boccioli sbocciano e rivelano tutta la loro raffinatezza, racchiusa in pochi petali. Come le tartarughe marine e la loro odissea che inizia da quando nascono a quando muoiono, un viaggio continuo senza sosta. Come gli alberi, che comunicano tra di loro, che provano emozioni e che, soprattutto, reagiscono agli stimoli umani.
E noi continuiamo ad ucciderli, a sterminarli. Noi che respiriamo e sopravviviamo grazie a loro, li uccidiamo. Nonostante loro ci capiscano, perchè riescono a captare il ritmo delle parole pronunciate dalla bocca di un essere umano e intuiscono, dalla loro gravità, se si tratta di una minaccia o meno.
Ogni sabato mattina vado a correre, un sentiero che conduce alla campagna. E non esistono parole per descrivere il paesaggio: un quadro variopinto di colori e forme, difficile da dimenticare. E ogni soffio del vento sembra infondere in ogni cosa il respiro, sembra davvero che gli alberi, le piante, i fiori... respirino quando il vento li accarezza.
Mi accorgo di quanto io sia piccolo, dinnanzi alla grandezza di alberi che hanno visto più albe e tramonti, lune e cieli stellati di quante io ne vedrò mai nella mia vita. Mi accorgo di quanto siano ridicoli ed insignificanti i miei problemi, quando ogni cosa, nella natura, ha un suo corso.
Quando poi torno a casa, seguendo la strada che riporta in paese, torno nello sconforto. Riaffiorano i ricordi di quando ero poco più di un bambino, di quando quella strada era ancora preda di brecciolino ed erbacce, costellata ai lati da alberi che mi spaventavano per la loro altezza impressionante. Oggi c'è solo una strada asfaltata, lampioni, cemento. Il cinguettio degli uccelli è stato sostituito dalle automobili che passano in continuazione, senza sapere che, dove oggi sfrecciano, un tempo era territorio della natura, un posto che spaventava per la sua immensità un bambino qualunque, un bambino che oggi sogna di rivedere alberi ed erbacce al posto di asfalto e marciapiedi.
La natura è un rifugio, ormai. Un posto dove i miei pensieri più brutti, più assillanti, si annullano. Un posto dove non penso a nulla, mi limito solo a contemplare qualcosa di più grande di me, più grande di qualsiasi uomo esistito sulla Terra. La natura mi capisce, non mi chiede come sto, semplicemente mi culla col suo fascino, la sua perfezione, la sua perfetta armonia in tutte le cose. Mi comprende e mi parla con il silenzio e io non posso far altro che ascoltarla.
Vi lascio con queste immagini. I giardini di Ninfa, vicino Roma.