Credo sia la prima cosa che ho detto al terapeuta: "penso di aver qualche problema con la rabbia".
Visto da fuori non si direbbe, sempre pacato e paziente, nulla mi può turbare, mai una parola fuori posto... o meglio, il più delle volte mai una parola. Mai mi permetto di sbottare di fronte ad altri, nemmeno se ho qualcosa da far notare; al contrario cerco sempre di nascondermi e di frenarmi, come mio solito, soprattutto quando si tratta di emozioni. Dentro di me però questa rabbia la sento crescere, come un fuoco mai spento: a volte sono fiamme, altre è solo brace, altre ancora son vampate.
Ricordo episodi di forti incacchiature attorno ai sei anni ma anche prima, tanta rabbia contenuta in un piccolo bambino.
Rabbia per tanti motivi: alcune volte bastava il contesto, il semplice sentirsi a disagio, o una persona in particolare, altre volte per futili questioni che nemmeno ricordo. Ciò che rimane ancora invece è il mio sentire, il bruciare di quel fuoco. All'epoca facevo "l'isterico", sfuriavo battendo i piedi o mettendo il broncio, poi mi nascondevo a piangere, perchè avevo vergogna a mostrarmi. Non erano semplici capricci, questo è certo.
In seguito, ad accompagnare questi momenti, non sono mancate parolacce, imprecazioni di ogni tipo e qualche tazza in frantumi, ma il tutto esclusivamente nel contesto famigliare.
L'ambiente, la famiglia, senz'altro hanno influito, ma io ai tempi come potevo rendermene conto? Non ho avuto vita facile in casa, anzi è proprio lì che ho imparato a nascondermi, ad avere paura e a passare inosservato il più possibile. Mi sono adeguato perchè non potevo fare altro. Dopotutto era normale così.
Anni fa, vivevo ancora coi miei, mi è capitato di dare libero sfogo a questa rabbia. Ero in cortile, in una stanza secondaria, piena di ciarpame e cose vecchie quando, incavolato come non mai ho scagliato tutto in aria. Non l'avevo mai fatto prima, e nemmeno è più successo dopo, ma oltre a sentirmi sfiancato non ho risolto nulla. E' una forza che va al di là del corpo, garantisco, il quale potrebbe anche venire distrutto dalla foga stessa senza comunque placarla.
Insomma, non ho avuto sollievo e ho dovuto raccogliere i cocci
Era un brutto periodo, forse il più brutto. Oltre a non avere amicizie e vita sociale, vivevo quotidianamente una situazione famigliare da cui volevo solo fuggire, ma per farlo avevo bisogno di un lavoro che non riuscivo in nessun modo a trovare. Mi vedevo quindi senza via di scampo, qualsiasi cosa facessi.
In seguito il lavoro l'ho trovato e ad oggi ce l'ho, ma anch'esso è divenuto fonte di rabbia che cova dentro di me. Non c'è giorno che io non provi questo sentimento. Laddove leggo un'ingiustizia (un comportamento, la frase di un collega, un saluto non ricambiato, uno sguardo) ecco che la mia mente inizia a svalvolare e le braci divampano.
E continuo a pensarci e a ripensarci, anche a casa, anche il giorno dopo: un falò che diventa un vulcano.
Ad oggi, il mio stesso frigorifero mi genera rabbia, così come il cane dei vicini quando abbaia, o i tarli che rosicchiano il trave sopra al letto. Ne sono succube e temo per la mia salute, per il veleno e le tensioni che mi crea.