Mi chiamo Chuck, ho 31 anni e vivo a Manatthan. Due settimane fa io e la mia ragazza abbiamo deciso di andare a trovare due nostri amici nell'Illinois, a Chicago. Lui lavora come consulente finanziario, lei invece è una farmacista presso una delle più grandi farmacie del centro.
Era da tempo che non andavo a Chicago. Nell'arco di pochi anni la città si era riempita di tantissime nuove attività commerciali gestite da coreani o cinesi.
Non era così male ma il tasso di crimine organizzato era piuttosto elevato. Molto spesso si sentivano sirene di volanti della polizia per sedare sparatorie fra le gangs afroamericane. Anche piuttosto frequenti erano le rosse fra italiani e irlandesi. Che roba.
Ma pazienza, non che a Manatthan queste cose fossero così rare.
Abbiamo incontrato il venerdì pomeriggio i nostri amici e abbiamo organizzato una bella uscita in quattro. Siamo andati a casa loro, abbiamo pernottato nella loro camera degli ospiti.
Davanti ad un delizioso calice di Chianti rosso, parlando del più e del meno, abbiamo discusso su cosa fare quella sera. Volevamo andare a cena fuori, dovevamo solo trovare un ristorante.
La fidanzata del mio amico aveva proposto un nuovo ristorante francese che avevano aperto in una zona molto alla moda di Chicago. Non erano ancora mai andati e ritenevano che questa potesse essere l'occasione giusta per provarlo. Ne parlavano tutti molto bene. Non sono molto amante della cucina francese ma ho comunque ritenuto la proposta degna di considerazione. Siamo stati anche molto fortunati a trovare un tavolo disponibile per le sette di quella sera.
Da quello che si diceva in giro, pare che fosse un posto molto elegante e che era importante presentarsi vestiti in maniera elegante.
Non indugiammo oltre. Ci vestimmo da sera e verso le sei ci mettemmo in macchina. Il mio amico era alla guida con la sua ragazza al suo fianco. Io e la mia fidanzata ci sedemmo sul retro. Non c'era molto traffico quella sera quindi non abbiamo avuto problemi a raggiungere il ristorante in perfetto orario.
Il parcheggiatore del ristorante, un giovane afroamericano, non ci fece attendere affatto. Il mio amico gli ha subito consegnato le chiavi della macchina e gli ha messo in mano una banconota da venti dollari.
Siamo entrati nel ristorante. La sala d'attesa era decorata in maniera classica ma sobria allo stesso tempo. Tutti i membri dello staff erano vestiti come se dovessero partecipare ad una cena di gala. Giacca e camicia bianca, cravatta e pantaloni neri. Questo era il loro abbigliamento.
Il maitre della sala era un uomo sulla cinquantina, piccolo e magrolino. Indossava un elegante smoking nero e, dal suo leggio, riceveva i clienti con estrema cordialità. Ci accompagnò sorridente al nostro tavolo. Ci fece accomodare in una zona laterale della grandissima sala. La disposizione era caratteristica. Era decorata in maniera piuttosto sobria, pareti bianche con qualche quadro appeso, tavoli coperti da centrini bianchi. I tavoli erano disposti maggiormente lungo il perimetro della sala ma Ve ne era uno solo al centro della stessa.
Diversi clienti erano già seduti ai loro tavoli e consumavano soddisfatti la loro cena. I prezzi del menù erano abbastanza alti ma non ci importava granché. Una volta ogni tanto si poteva anche fare.
Dopo di noi entrarono altri clienti e l'intera sala, fatta eccezione del tavolo centrale era occupata.
Dovetti ricredermi. Il cibo servito era eccellente. Di tanto in tanto il maitre veniva in sala chiedendoci se fossimo soddisfatti del servizio e usciva contento alle nostre risposte positive.
Procedeva tutto bene.
Dopo mezz'ora dall'inizio della cena diedi un'occhiata all'atrio del ristorante. Il maitre stava discutendo animosamente con delle persone. Mentre lui cercava di rimanere composto, i due tipi con cui parlava erano invece piuttosto rumorosi. Senza ricevere nessuna autorizzazione quegli strambi soggetti entrarono in sala. Sembravano messi insieme per scherzo. Uno era alto e magro, l'altro invece era piuttosto basso e robusto. Non sembravano cattive persone e infatti pare che il loro unico interesse fosse creare scompiglio in sala. I loro abiti erano perfettamente adatti al luogo. La cosa che però stonava con il contesto erano gli occhiali da sole che indossavano, nonostante fosse sera, e i cappelli Borsalino che non si erano degnati di togliere. Nonostante il loro abbigliamento elegante non sembravano molto facoltosi, direi che potessero essere parecchio indigenti.
Si accomodarono in maniera piuttosto rumorosa al tavolo centrale catturando l'attenzione di tutti i presenti. Espressioni perplesse erano ormai dipinte sui volti dei nostri clienti, anche delle nostre ragazze. Io e il mio amico, invece, ridacchiammo alla vista di quei due uomini che avevano cominciato ad ordinare tutto quello che era presente sul menù. Pare che abbiano ordinato dodici bottiglie di Chardonnay.
Il maitre, dopo quell'ordine, entrò subito in sala. Dal modo in cui si parlavano pare che fossero amici di vecchia data. Non ascoltai bene la loro conversazione ma credo che parlassero di trombe e band musicali.
I clienti, intanto, avevano cominciato a chiamare il maitre. Non c'erano problemi con il cibo ma la presenza di quei due stava creando disagio in molti dei presenti. Il poveretto non sapeva che pesci pigliare perché molti clienti chiedevano di cambiare tavolo per stare lontani da quei due.
La situazione precipitò quando uno dei due, il più robusto, si girò con la sedia verso il tavolo dietro il loro. Vi era seduta un intera famiglia: un uomo sulla cinquantina piuttosto distinto con sua moglie e entrambe le figlie. La maggiore sembrava scambiare occhiatine complici con il tizio più magro.
Il signore si ritrovò con la mano del tizio sulla spalla e si sentì chiedere, con un accento arabo piuttosto posticcio, quanti milioni di dollari volesse per le donne che cenavano con lui.
A quella scena il maitre rientrò e li redarguì. Si scambiarono diverse frasi. Da quello che avevo capito i due minacciarono di tornare a mangiare nel ristorante tutti i giorni se la loro proposta non venisse accettata. Non si sa per quale miracolo i due uscirono soddisfatti dalla sala.
Disperato il maitre si sedette al tavolo dei due lanciando per aria un tovagliolo bianco. Tutto il tavolo era piuttosto sporco e disordinato. Oramai il maitre era troppo sconvolto per lavorare e ignorava la voce dell'uomo dietro di lui che lo chiamava a gran voce, quello a cui il tizio più robusto aveva chiesto di comprare le donne sedute con lui.
Non avevo seguito benissimo la conversazione che i due tipi avevano avuto con il loro amico maitre ma una cosa in particolare mi aveva colpito..."Siamo in missione per conto di Dio"...che vorrà mai dire?