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12-09-2012, 18:35
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#1
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
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Salve a tutti,
ricompaio qui sul forum dopo un periodo di latitanza a causa di motivi personali e di studio. Ritorno - nonostante i mille impegni e le mille scadenze - perché ho bisogno di un confronto onesto e sincero, di un conforto umano e probabilmente di un consiglio. Ma forse mi basta avere semplicemente altri punti di vista sulla questione che andrò ora ad esporvi.
Chi mi conosce già, sa che lavoro nel "fantastico mondo" della scuola. Ammetto di non amare molto questo mestiere, così distante dalla mia indole riflessiva, pacata e introversa (nonché molto ansiosa), però 2 anni persi stupidamente dietro alla specializzazione nell'insegnamento mi hanno spinta comunque ad insistere (incoraggiata dai miei) in questo ambito, nonostante i dubbi, le incertezze e soprattutto l'angoscia che mi porto dentro.
Negli ultimi tempi (dopo i primi anni di esperienze non sempre felici) sono riuscita a trovare - nonostante tutto - un mio equilibrio e una mia serenità nell'ambito del sostegno, lavorando a diretto contatto con ragazzi con disturbi di apprendimento o con disabilità intellettiva, coi quali ho instaurato un buon rapporto, avendo avuto anche l'opportunità di lavorare in scuole semi-centrali della mia città (e quindi non in contesti socio-culturali particolarmente difficili).
Quest'anno sono entrata di ruolo ma, a differenza delle mie colleghe, non sprizzavo affatto gioia da tutti i pori, forse perché non sono mai stata pienamente convinta di questo mestiere; nonostante l'esposizione a questo nel corso del tempo, non sento che gli anni mi hanno veramente forgiata e resa adatta a un contesto che richiede qualità come forza di carattere, polso, estroversione e capacità relazionale. Il mio lavoro lo faccio bene, i riconoscimenti agli sforzi li ho sempre avuti alla fin fine, ma a costo di un enorme fatica e violenza su me stessa...
Allora, stavo dicendo: sono entrata di ruolo proprio una quindicina di giorni fa, ma per le scuole di ruolo, purtroppo, ho avuto la possibilità di scegliere solo tra gli istituti della zona più malfamata della mia città, frequentata da figli di spacciatori, detenuti e ragazzini affetti da disagio socio-culturale, e spesso da evidenti disturbi del comportamento!
In più c'è stato prospettato dalla preside un caso d'autismo gravissimo e violento, che sarebbe dovuto capitare a due dei tre insegnanti entrati di ruolo quest'anno (tra cui io).
Il mio problema, andando al sodo, è questo: non solo vivo con una costante ansia e paura dentro di me ma, nonostante io mi impegni per non far trasparire all'esterno il mio stato d'animo afflitto e costernato, questo arriva comunque all'altro e appare quasi magicamente materializzarsi sotto i loro occhi: oggi ben due persone mi hanno detto che si vedeva quanto fossi spaventata all'idea di prendermi questo caso grave, e la preside stessa è stata insensibile e sgarbatissima, perché mi ha fatto una frecciatina a proposito del mio volto "terrorizzato" quando alla fin fine questo caso è stato assegnato (per puro caso e per pure questioni di orario!) al collega uomo...
Insomma, da una parte sono dilaniata da uno stato d'animo di inadeguatezza nell'affrontare una realtà scolastica nella quale, per andare avanti, sono necessari tanto coraggio e tanta forza d'animo, dall'altro sento che dentro di me si riapre costantemente una ferita, quella che mi infliggono costantemente gli altri nel giudicarmi in maniera così spiccia e fredda solo perché, alla prima impressione, do subito l'idea di una ragazza delicata e fragile e di conseguenza "inadatta".
A me non sembra di far nulla di particolare per trasmettere queste impressioni, ma evidentemente il tono della mia voce, unito al linguaggio non verbale, trasmettono involontariamente all'altro il mio senso di insicurezza e disagio costante. Ciò che mi fa soffrire è quando gli altri mi fanno notare questa mia inadeguatezza, il timore che mostro nell'affrontare situazioni nuove e difficili; forse sottolineare le insicurezze altrui aiuta le persone a sentirsi forti e migliori, a riconfermare la stima che esse hanno di se stesse.
E io rimprovero me stessa, perché mi tengo tutto dentro, non riesco a rispondere a tono sul momento, visto che lo sforzo che sono costretta a compiere in quel momento in cui vengo attaccata è principalmente quello di ricacciare indietro le lacrime, che a un minimo battito di ciglia rischiano di sgorgare giù dalle guance in un fiume in piena che, una volta rotti gli argini, non vuole più smettere di inondare tutto ciò che incontra nel suo percorso.
Mi sento così giù di tono e priva di forze che sarei quasi tentata di mollare tutto (è il mio lato evitante), ma rifiutare il ruolo e l'anno di prova sarebbe come perdere del tutto la possibilità di lavorare a scuola con un contratto a tempo indeterminato. In realtà, nella mia prospettiva mentale, l'idea sarebbe quella di cambiare mestiere, però non posso farlo se prima non trovo qualcosa di altrettanto certo e sicuro, anche perché ho una laurea poco spendibile. Il mio curriculum poi che ha da offrire? Soltanto inutili esperienze scolastiche...
Ma io sarò pronta per affrontare tutti i giorni, da domani fino a giugno, questa realtà scolastica fatta di disagio sociale e situazioni al limite? Riuscirò a indossare quella fatidica maschera di finta forza che tutti indossano quotidianamente con tanta naturalezza? Riuscirò a difendermi dagli attacchi esterni, se già ora mi sento tanto stanca e demotivata?
In più il pomeriggio avrei desiderato ritagliarmi del tempo per studiare e tentare un concorso (nella cui preparazione sto indietrissimo), perché se non cerco di darmi altre chance lavorative, temo che questo mestiere mi si appiccicherà addosso senza che io sia in grado di scrollarmelo di dosso...
Mi guardo attorno e vedo vicino a me solo persone sicure di sé e aggressive; in una società come la nostra mi sembra che si riesca a sopravvivere solo con una buona dose di faccia tosta e pelo sullo stomaco, ma quando l'emotività ti tiene in scacco e si è irrigiditi dall'affannoso respiro dell'ansia, come, cosa fare?
Il bello è che al di fuori di questo contesto mi sento una ragazza, nonostante tutto "normale", con i suoi interessi, le sue passioni, la sua vitalità (anche se bassa!) e vivacità intellettuale; entro a scuola e mi pare quasi che tutte le mie qualità svaniscano per lasciare spazio solo a un'immagine di me che non corrisponde alla totalità della sua essenza e cioè quella parziale e mutilata di una ragazza delicata e spaurita, quando in realtà so benissimo di non essere solo questo, anzi credi di essere molto di più, eppure...che fare?
Che strategia utilizzare nell'immediato per parare i colpi della sorte che quest'anno, con me, è stata assai poco clemente?
Grazie a tutti per l'ascolto...
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12-09-2012, 18:59
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#2
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Esperto
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 897
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Capisco il tuo disagio, dato che anch'io vivo costantemente sotto il giogo dell'ansia....che poi è ansia da prestazione....un domani che sarò avvocato...dovrò trattare con clienti, colleghi....e giudici!!! Continuo a ripetermi che per allora sarò pronto, che ora la mia insicurezza deriva dalla mancanza di esperienza. Invece so che è genetica: anche se conoscessi tutto lo scibile del diritto, sarei cmq terrorizzato. Da cosa? Da me stesso fondamentalmente, dall'immagine che ho di me...di una persona che per quanto si impegni sarà sempre condannato a restare indietro rispetto agli estroversi, a quelli col pelo sullo stomaco...che magari hanno minore preparazione, ma più carattere.
Questi tratti della personalità sono quelli che ci fregano, ma non possiamo farci nulla. Siamo fatti così. Si può cercare di aggiustare il tiro, di gestire l'ansia...ma lei ci sarà sempre....quindi io non so cosa consigliarti.
Sicuramente insegnando in scuole con alunni così disagiati faresti la tua parte per cercare di dare loro un minimo di educazione e istruzione..molti insegnanti se ne fregano, mirano solo allo stipendio a fine mese. Tu non mi sembri il tipo, sembri molto scrupolosa...ma alla fine è una dcisione che spetta solo a te, quello che si ti si prospetta NON è un lavoro facile, e NON tutti possono farlo bene...o farlo senza subirlo. Quindi anche se decidessi di non tentare, sarebbe comprensibile...ma io fossi in te non mi negherei la possibilità di tentare...non fare gli stessi errori che ho fatto io.
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Ultima modifica di wonderlust76_return; 12-09-2012 a 19:02.
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12-09-2012, 19:16
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#3
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,185
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Quote:
Originariamente inviata da wonderlust76_return
Capisco il tuo disagio, dato che anch'io vivo costantemente sotto il giogo dell'ansia....che poi è ansia da prestazione....un domani che sarò avvocato...dovrò trattare con clienti, colleghi....e giudici!!! Continuo a ripetermi che per allora sarò pronto, che ora la mia insicurezza deriva dalla mancanza di esperienza. Invece so che è genetica: anche se conoscessi tutto lo scibile del diritto, sarei cmq terrorizzato. Da cosa? Da me stesso fondamentalmente, dall'immagine che ho di me...di una persona che per quanto si impegni sarà sempre condannato a restare indietro rispetto agli estroversi, a quelli col pelo sullo stomaco...che magari hanno minore preparazione, ma più carattere.
Questi tratti della personalità sono quelli che ci fregano, ma non possiamo farci nulla. Siamo fatti così. Si può cercare di aggiustare il tiro, di gestire l'ansia...ma lei ci sarà sempre....quindi io non so cosa consigliarti.
Sicuramente insegnando in scuole con alunni così disagiati faresti la tua parte per cercare di dare loro un minimo di educazione e istruzione..molti insegnanti se ne fregano, mirano solo allo stipendio a fine mese. Tu non mi sembri il tipo, sembri molto scrupolosa...ma alla fine è una dcisione che spetta solo a te, quello che si ti si prospetta NON è un lavoro facile, e NON tutti possono farlo bene...o farlo senza subirlo. Quindi anche se decidessi di non tentare, sarebbe comprensibile...ma io fossi in te non mi negherei la possibilità di tentare...non fare gli stessi errori che ho fatto io.
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Grazie mille per la risposta, caro Wonder!
Hai colto perfettamente il problema: nonostante la nostra preparazione e serietà nel lavoro, agli occhi altrui risultiamo comunque insignificanti solo perché caratterialmente appariamo più remissivi e "delicati".
Oggi, dall'atteggiamento della preside, mi sono sentita sminuita e criticata solo perché lei nei miei occhi vi ha letto la verità e cioè l'ansia che alberga in me, così l'ha subito stigmatizzata puntandomi il dito contro. Però non è giusto essere maltrattati o poco considerati solo per questo, visto che dietro questa mia manifestazione esteriore si nascondono qualità come impegno, solerzia, buona volontà ecc.
Mi chiedo se questi aspetti, come pelo sullo stomaco e freddezza, si possano acquisire nel tempo. Cinque anni di lavoro mi hanno aiutato a gestire meglio l'ansia e ad acquisire un po' più di sicurezza, ma di fronte a situazioni più estreme come quella di quest'anno mi sembra proprio di fare passi indietro e di ritrovarmi al punto di partenza: spaurita e spaventata come cinque anni fa.
Sì, io non ho mollato, però mi chiedevo se cinque anni (cioè, questo sarebbe il quinto anno di lavoro) bastino come periodo prova. E se uno si accorge che la paura continua ad esserci? E' "normale"? E' giusto continuare a tentare o è meglio voltare pagina? Però con la crisi non sarebbe facile...
Certo, caro Wonder, anche per te è difficile; infatti penso che non farei mai un lavoro "aggressivo" come l'avvocato, però con la tua laurea in fondo potresti fare tante altre cose, giusto?
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12-09-2012, 19:40
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#4
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Lombardia
Messaggi: 2,097
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beh direi di si, almeno in parte
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12-09-2012, 20:19
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#5
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Banned
Qui dal: Oct 2010
Messaggi: 8,236
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ti ammiro!
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13-09-2012, 00:00
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#6
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 2,726
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è una situazione molto delicata, sarà certamente un grande banco di prova in cui certamente dovrai armarti di tanta forza interiore e sopratutto son sicuro che alla fine di quella esperienza qualcosa avrai imparato
comunque posso capire perfettamente quanto faccia male il giudizio dei colleghi e dei superiori, sopratutto se viene proprio palesato in maniera chiara proprio per fartelo pesare, ti sono solidale
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13-09-2012, 04:06
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#7
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 2,896
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Ciao Clizia, voglio darti il mio parere, scusandomi se potrà non essere molto pratico.
Se non sei soddisfatta dentro secondo me non dovresti perdere la speranza di trovare un mestiere che ti realizzi, o che almeno senti adatto a te. Queste per me sono le due alternative, il bene maggiore e il male minore: un lavoro che mi realizza o un lavoro comunque adatto a me.
Ci sono due modi in cui un mestiere può non essere adatto a me: o se quel mestiere non mi piace, o se mi piace ma le condizioni in cui devo fare quel mestiere non sono accettabili.
In questo caso però c'è una motivazione morale che potrebbe darti una vera motivazione a svolgere questo ruolo con passione: la necessità di educare i giovani con insegnanti che trasmettano buone qualità, come le tue, che portano a guardare l'interiore, non le maschere: c'è bisogno di insegnanti umani, se questi scappano la scuola cosa diventa?
A questo però ci avrai probabilmente pensato, eppure non è stato sufficiente a motivarti, perchè ho letto spesso ripetere che forse non è un mestiere adatto a te, che la tua immagine viene mutilata, che hai perso due anni della tua vita in questa specializzazione, etc...
ti capisco, io ho lavorato per un anno come insegnante di pianoforte in una scuola di musica, e nel loro sito non avevano messo il mio nome con il mio curriculum (come invece facevano con tutti i loro insegnanti), perchè il mio carattere insicuro rovinava l'immagine professionale della scuola, per cui mi presentavano come aiutante del maestro più anziano con i bambini piccoli, anche se avevo un contratto equivalente a quello degli altri insegnanti.
Quindi anch'io ho capito che la via dell'insegnamento non è per me, e non mi voglio forzare a fare qualcosa in modo mediocre o violentando me stesso.
Io però non servo come insegnante, perchè ci sono tanti insegnanti bravi dello strumento, mentre le tue qualità possono essere più rare tra gli insegnanti, quindi io non mi sento moralmente stimolato a fare quel servizio, tu invece puoi trovare, come dicevo prima, una motivazione morale.
Se però hai la possibilità di investire su qualcosa che senti più appropriato per te, secondo me valgono la pena i sacrifici, più dell'opportunità di un lavoro sicuro a tempo indeterminato.
Infine, la mia risposta alla domanda generale che è il titolo del topic ("Un lavoro fisso vale la propria serenità?") è decisamente NO.
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13-09-2012, 10:02
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#8
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Intermedio
Qui dal: Jan 2009
Ubicazione: Milano
Messaggi: 145
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In casi come questo si cresce e si diventa più forti, il sacrificio è immenso, ti logora, ti sfianca ma tutto si aggiusta, bisogna non mollare. Anche io ho passato momenti lavorativi estremamente difficili, stavo per lasciare il lavoro. La situazione era talmente complessa che ero entrato in depressione, ma le cose si sono pian piano aggiustate ed ora sono contento di aver tenuto duro a costo di farmi violenza mentale da solo.
Poi sta a te fare le tue personalisime valutazioni.
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13-09-2012, 10:48
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#9
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,757
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Clizia, come sai il tuo post d'apertura l'avrei potuto scrivere io. Non sono d'accordo con chi santifica il posto fisso, perché se quel posto fisso è causa di disagio, non abbiamo assolutamente la certezza che le cose si aggiusteranno.
Quando sono a lezione mi chiedo sempre in continuazione se chi me l'ha fatto fare di stare lì; ho visto che molti altri hanno lo stesso pensiero, ma dopo un po' si ricaricano, è come se dimenticassero, invece io non dimentico nulla e mi porto dietro la frustrazione anche quando esco, fino al giorno successivo.
Quando io penso alla scuola sogno di tornare a fare lezione e di mettere a soqquadro l'istituto denunciando a destra e manca, mandando lettere ai giornali, al ministero e al sindacato, rimproverare di continuo il preside e i colleghi più autorevoli, vorrei parlare al Collegio dei Docenti e dire cose mai sentite fino a quel momento. Odio quell'ambiente e vorrei che cacciassero tanto per smentire quelli che dicono che quel posto è inamovibile. Non è affatto inamovibile, perché basta che gli alunni si mettono d'accordo e ti fanno fuori.
Ovviamente, se l'alternativa è vivere sotto i ponti (voi non sapete tutte le vicissitudini che mi sono capitate per guadagnare qualcosa, senza riuscirci), allora uno pensa di fare il bravo, che nel nostro linguaggio corrisponde abbastanza con "essere passivi" per arrivare a fine anno.
Ma il problema purtroppo non è solo arrivare a fine anno, è arrivare a 67 anni; che vita è una vita così?
Ho sentito molte testimonianze di persone del network marketing che sono riuscite a lasciare il loro primo lavoro. Il mio odio per l'ambiente scuola mi obbliga a cambiare, ma per cambiare ci deve essere un periodo di simultaneità. Io credo che l'unica modo di uscirne fuori sia questo, però non ho ancora trovato la soluzione perché anche nel network marketing vendere e persuadere sono capacità estroverse che spesso mancano agli introversi. Occorre trovare il metodo giusto e io non l'ho ancora trovato.
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13-09-2012, 10:50
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#10
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,757
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Quote:
Originariamente inviata da Gianluca1981
La situazione era talmente complessa che ero entrato in depressione, ma le cose si sono pian piano aggiustate ed ora sono contento di aver tenuto duro a costo di farmi violenza mentale da solo.
Poi sta a te fare le tue personalisime valutazioni.
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Io invece, se fossi stato più arrendevole e meno orgoglioso, avrei fatto meno errori nella mia vita. Sono andato sempre avanti, senza ascoltare me stesso e con la paura di prendere decisioni importanti.
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13-09-2012, 18:15
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#11
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,185
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Quote:
Originariamente inviata da n01
Ciao, io non sto ancora lavorando, per ora studio... lettere. Mi sto accorgendo che la mia laurea in verità non mi porterà da nessuna parte, ma credo che oggi nessuna laurea ti porti da nessuna parte, in verità: ci son troppi laureati.
Venendo "a noi" io direi che tu, invece, mi sembri forte: prendersi la responsabilità di bambini con problemi non è cosa da poco (a me, ad esempio, terrorizzano, mi sento a disagio, li evito anche per strada e so che non è giusto) , quindi magari poco a poco superi anche questo scoglio.
Se però non dovesse risolversi il problema, io ti dico di andare a far qualcosa d'altro, ovviamente se il lavoro riesce più o meno a mantenerti, questo perché io ho visto mio padre: una persona totalmente nevrotica e aggressiva, tanto che io non vedo l'ora di andarmene di casa perché quando c'è lui la situazione è insostenibile. Io gli sono grata perché ha sacrificato molto per mantenere un lavoro che permettesse a tutta la famiglia di vivere senza dover contare i centesimi per arrivare alla fine del mese (almeno fin'ora), ma a prezzo di quasi sfaldare la famiglia... quindi alla fine io direi che la serenità vale più di qualsiasi maglietta di marca, più del libro o del cd, più delle vacanze al mare... se si è sereni si sta bene ed è questo che bisogna perseguire, per me, non il denaro, non il lavoro, soltanto il proprio benessere...
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Ciao, allora da collega di lettere un po' più anziana di te voglio darti un consiglio: scegli per bene e con cognizione di causa il tuo futuro; fallo già da ora, se puoi! Io, una volta terminati gli studi, mi sono iscritta con leggerezza alla ssis (la scuola che c'era prima per diventare insegnante), ma questa mi ha succhiato ben 2 anni della mia vita; solo dopo mi sono resa conto di quanto fosse difficile e stressante il lavoro di insegnante, spesso sottovalutato e che, nel suo essere incentrato sulla relazione umana, comporta un coinvolgimento emotivo personale di non poco conto.
Grazie per avermi detto che sono forte; in realtà non lo sono molto, mi sembra anzi di non essere in grado di stare al passo dei miei stessi desideri, che corrono veloci come saette e sfuggono dalle mie mani proprio a causa di quelle paure e di quei timori che mi paralizzano nel raggiungimento dei miei obiettivi...
Quando parli di tuo padre sembra quasi che tu stia parlando del mio; ora che vivo per conto mio (senza la sua presenza stressante al mio fianco) mi rendo conto di stare molto più tranquilla e rilassata, anche se alla fine il suo stress e nervosismo l'ho un po' assimilato, avendolo io subìto per troppi anni; alla fine questo si è trasformato in ansia generalizzata e il problema ora è diventato solo mio...
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Originariamente inviata da bunker
ti ammiro!
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Grazie, sei gentile!
In realtà faccio con difficoltà quelle cose che molte persone fanno con tutta naturalezza e senza stress! Il mio sogno sarebbe riuscire a fare le stesse cose senza tutta quest'ansia che mi divora!
Quote:
Scusa il qualunquismo, ma tieni ben salde nella mente le cose importanti. Anche se la scuola... beh mi censuro , hai il posto fisso praticamente inamovibile. Non mi sembra il caso di lasciarlo.
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Sono curiosa di conoscere la parte censurata: dici che la scuola fa schifo?
Sì, infatti, come soluzione alternativa non penserei mai di lasciare su due piedi questo lavoro; potrei a questo punto solo giocarmi la carta dei concorsi pubblici, anche se è un immane stress prepararne uno, soprattutto se nel frattempo si lavora! Te lo dico perchè proprio in questo periodo sto studiando per un concorso, ma la concentrazione è troppo scarsa, soprattutto ora che la mattina ho la sveglia alle 5,50 di mattina, ahimè!
E poi non parliamo delle rinunce di tutto ciò che mi piace fare.....
Quote:
Originariamente inviata da Belacqua
è una situazione molto delicata, sarà certamente un grande banco di prova in cui certamente dovrai armarti di tanta forza interiore e sopratutto son sicuro che alla fine di quella esperienza qualcosa avrai imparato
comunque posso capire perfettamente quanto faccia male il giudizio dei colleghi e dei superiori, sopratutto se viene proprio palesato in maniera chiara proprio per fartelo pesare, ti sono solidale
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Grazie mille, Belaqua, per la solidarietà (ma questo nick non è di dantesca memoria? ^^)
Sai, ne serve molta, anche se ammetto oggi di aver avuto uno scambio con colleghi ben più simpatici, affabili, sensibili e disponibili di quelli di ieri (soprattutto rispetto alla preside e alla vicepreside); forse è proprio un mio problema specifico quello di relazionarmi con le figure autoritarie che incarnano il potere; mio sento sempre schiacciata e giudicata da loro, forse perché ho avuto un rapporto con figure genitoriali opprimenti e giudicanti, non così distanti dal padre di Kafka, sempre pronto a condannare e a puntare l'indice sulle mancanze del figlio!
Quote:
Originariamente inviata da rainy
Bentornata, Clizia
Beh, che dire, mi unisco al coro di coloro che ti hanno fatto i complimenti. E hai il posto fisso, è questo che conta.
E poi, finalmente, avrai il coltello dalla parte del manico... sei passata dietro alla cattedra. Ora hai il potere!
Secondo me è solo questione di tempo e di abitudine, poi ti ambienterai benissimo. Perché le qualità per diventare un'ottima insegnante, secondo me, le hai tutte.
....
- sii giusta con i tuoi alunni, ricorda cosa si prova ad essere "dall'altra parte". Hanno già i loro problemi, le loro ansie, le loro paure e tra loro, magari, ci sarà pure qualche fobichetto. Quindi procedi con giudizio e mostrati sorridente e disponibile, è il massimo
- non farti mettere i piedi in testa dalla preside
Buona fortuna, Clizia
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Grazie mille Rainy del bentornata, dei complimenti (che ti assicuro non merito!) e di tutti i tuoi consigli! Per me è difficile farmi rispettare come si deve perché ho qualche problemino con l'assertività, ma cerco di lavorarci su, anche se sono ancora molto indietro riguardo alla capacità di difendermi; penso che sia prima necessario incrementare l'autostima, che è la spia vitale che ci fa rispondere in maniera sana agli attacchi del mondo esterno; se non si crede in se stessi spesso si è quasi inconsciamente convinti che sia "giusto" che gli altri ci maltrattino!
Sai, hai toccato un tasto per me dolente: quello relativo al potere. Ci riflettevo sia questa estate, sia pochi giorni fa con il mio psicologo.
Sarà che ho avuto sempre problemi da piccola con le figure autoritarie, ne sono stata oppressa e quindi, ora che dovrei essere io nella posizione di chi detiene questo potere, mi trovo a disagio nel gestirlo proprio perché non amo dare regole su regole agli altri, quando io stessa sono stata schiacciata da queste stesse, forse ribellandomi anche troppo poco! Quindi, è come se mi mancasse l'attraversamento della fase di mezzo, quella della rottura delle regole, per arrivare poi da adulta a una loro sana riconquista. Odio e mi sento quindi poco idonea a imporne agli altri e, quando sono costretta a farlo, mi pesa.
Poi, come oggi stesso che è stato il primo giorno di scuola, mi viene spontaneo avere un atteggiamento tranquillo ed amichevole, perchè non ce la farei proprio a recitare la parte della virago!
Sì, ho da sempre un occhio di riguardo per i ragazzi timidi e sensibili; ho avuto anche per molto tempo una corrispondenza con una ragazzina molto sensibile che mi scriveva lettere d'amore chilometriche!
@Bourèe: carissima, grazie anche a te della risposta! Hai proprio ragione, c'è il brutto vizio da parte di chi ricopre una carica gerarchica superiore di giudicare subito su due piedi la persona di grado inferiore, credendo che basti ricoprire una posizione giuridica di superiorità per possedere tutti gli strumenti utili a comprendere e interpretare individui e le situazioni, quando invece non è così semplice e immediato.
Hai proprio ragione, c'è un atteggiamento di finzione che non fa bene a nessuno: quello di volersi mostrare a tutti i costi forte perché così deve essere, altrimenti si rischierebbe di perdere la "faccia", quando invece, se si mostrassero un po' più i propri sentimenti, si getterebbe solo un po' di più quella maschera fasulla che la gente tende ad indossare allo scopo di non essere colpita nelle sue umane debolezze, a prezzo però di vivere nell'alienazione di sé e nella tensione continua di mantenere alta la guardia.
C'è un tabù nella nostra società e cioè quello di mostrarsi per quello che si è, paure e fragilità comprese..
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13-09-2012, 18:41
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#12
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
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Quote:
Originariamente inviata da HurryUp
Ciao Clizia, voglio darti il mio parere, scusandomi se potrà non essere molto pratico.
Se non sei soddisfatta dentro secondo me non dovresti perdere la speranza di trovare un mestiere che ti realizzi, o che almeno senti adatto a te. Queste per me sono le due alternative, il bene maggiore e il male minore: un lavoro che mi realizza o un lavoro comunque adatto a me.
Ci sono due modi in cui un mestiere può non essere adatto a me: o se quel mestiere non mi piace, o se mi piace ma le condizioni in cui devo fare quel mestiere non sono accettabili.
In questo caso però c'è una motivazione morale che potrebbe darti una vera motivazione a svolgere questo ruolo con passione: la necessità di educare i giovani con insegnanti che trasmettano buone qualità, come le tue, che portano a guardare l'interiore, non le maschere: c'è bisogno di insegnanti umani, se questi scappano la scuola cosa diventa?
A questo però ci avrai probabilmente pensato, eppure non è stato sufficiente a motivarti, perchè ho letto spesso ripetere che forse non è un mestiere adatto a te, che la tua immagine viene mutilata, che hai perso due anni della tua vita in questa specializzazione, etc...
ti capisco, io ho lavorato per un anno come insegnante di pianoforte in una scuola di musica, e nel loro sito non avevano messo il mio nome con il mio curriculum (come invece facevano con tutti i loro insegnanti), perchè il mio carattere insicuro rovinava l'immagine professionale della scuola, per cui mi presentavano come aiutante del maestro più anziano con i bambini piccoli, anche se avevo un contratto equivalente a quello degli altri insegnanti.
Quindi anch'io ho capito che la via dell'insegnamento non è per me, e non mi voglio forzare a fare qualcosa in modo mediocre o violentando me stesso.
Io però non servo come insegnante, perchè ci sono tanti insegnanti bravi dello strumento, mentre le tue qualità possono essere più rare tra gli insegnanti, quindi io non mi sento moralmente stimolato a fare quel servizio, tu invece puoi trovare, come dicevo prima, una motivazione morale.
Se però hai la possibilità di investire su qualcosa che senti più appropriato per te, secondo me valgono la pena i sacrifici, più dell'opportunità di un lavoro sicuro a tempo indeterminato.
Infine, la mia risposta alla domanda generale che è il titolo del topic ("Un lavoro fisso vale la propria serenità?") è decisamente NO.
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Guarda Hurryup, la tua esperienza come insegnante di pianoforte la trovo molto avvilente: ma come si sono permessi alla scuola di mancarti di rispetto senza nemmeno citarti come maestro e senza prendere in considerazione il tuo curriculum? Una domanda: in questi casi tu sai dirgliene quattro (come si suol dire) o ti tieni tutto dentro, soffrendo? Io, nella tua situazione, ci sarei rimasta molto male e per me sarebbe stato un colpo basso inferto alla mia fragile autostima! Ma al di là del trattamento dei padroni della scuola di musica, è stato per te gratificante insegnare la musica ai bambini? Magari, prima di dire di non essere tagliato per fare l'insegnante, considera se l'atto di insegnare in sé ti è piaciuto, nonostante la brutta esperienza che hai avuto!
Io cerco di non apparire timida perché nel corso degli anni ho affinato l'arma della chiacchiera , visto che per anni mi hanno fatto pesare di non parlare mai, ora, per tutta risposta stordisco "il mio nemico" di chiacchiere, cercando di dare spazio al mio desiderio di comunicare nonostante la timidezza, che però mi tradisce moltissimo nel linguaggio non verbale e nelle reazioni emotive!
Capisco quando parli di motivazione morale: hai ragione, io penso che la mia sensibilità possa servire molto nella scuola, perché oltre alla famigerata dote del gendarme-poliziotto per me un docente dovrebbe prima di tutto essere sensibile. Il mio problema, però, spesso è capire come comunicare con questi ragazzi; a volte mi sembra proprio difficile entrare in contatto profondo con loro, forse perché non parlo la loro stessa lingua. Mi viene più facile comunicare a piccoli gruppi e con i singoli casi ed è per questo che il sostegno mi piace, perché mi fa lavorare con i singoli individui, anzichè con il gruppo, che spesso pone in atto dinamiche perverse!
Comunque ho deciso di darmi altre chance grazie ai concorsi pubblici, che però sono mnemonici e faticosi!
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Originariamente inviata da Gianluca1981
In casi come questo si cresce e si diventa più forti, il sacrificio è immenso, ti logora, ti sfianca ma tutto si aggiusta, bisogna non mollare. Anche io ho passato momenti lavorativi estremamente difficili, stavo per lasciare il lavoro. La situazione era talmente complessa che ero entrato in depressione, ma le cose si sono pian piano aggiustate ed ora sono contento di aver tenuto duro a costo di farmi violenza mentale da solo.
Poi sta a te fare le tue personalisime valutazioni.
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Tu hai ragionissima: si cresce e si diventa più forti. Se così non fosse stato avrei già mollato tutto, visto che sono già 5 anni che faccio questo lavoro e difatti sono migliorata molto attraverso mille pene. Mi rendo però conto che debellare del tutto le proprie paure per vivere in piena serenità un mestiere è ancora lungi da me!
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Originariamente inviata da Warlordmaniac
Clizia, come sai il tuo post d'apertura l'avrei potuto scrivere io. Non sono d'accordo con chi santifica il posto fisso, perché se quel posto fisso è causa di disagio, non abbiamo assolutamente la certezza che le cose si aggiusteranno.
Quando sono a lezione mi chiedo sempre in continuazione se chi me l'ha fatto fare di stare lì; ho visto che molti altri hanno lo stesso pensiero, ma dopo un po' si ricaricano, è come se dimenticassero, invece io non dimentico nulla e mi porto dietro la frustrazione anche quando esco, fino al giorno successivo.
Quando io penso alla scuola sogno di tornare a fare lezione e di mettere a soqquadro l'istituto denunciando a destra e manca, mandando lettere ai giornali, al ministero e al sindacato, rimproverare di continuo il preside e i colleghi più autorevoli, vorrei parlare al Collegio dei Docenti e dire cose mai sentite fino a quel momento. Odio quell'ambiente e vorrei che cacciassero tanto per smentire quelli che dicono che quel posto è inamovibile. Non è affatto inamovibile, perché basta che gli alunni si mettono d'accordo e ti fanno fuori.
Ovviamente, se l'alternativa è vivere sotto i ponti (voi non sapete tutte le vicissitudini che mi sono capitate per guadagnare qualcosa, senza riuscirci), allora uno pensa di fare il bravo, che nel nostro linguaggio corrisponde abbastanza con "essere passivi" per arrivare a fine anno.
Ma il problema purtroppo non è solo arrivare a fine anno, è arrivare a 67 anni; che vita è una vita così?
Ho sentito molte testimonianze di persone del network marketing che sono riuscite a lasciare il loro primo lavoro. Il mio odio per l'ambiente scuola mi obbliga a cambiare, ma per cambiare ci deve essere un periodo di simultaneità. Io credo che l'unica modo di uscirne fuori sia questo, però non ho ancora trovato la soluzione perché anche nel network marketing vendere e persuadere sono capacità estroverse che spesso mancano agli introversi. Occorre trovare il metodo giusto e io non l'ho ancora trovato.
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Sento in te un'insofferenza profonda verso il mondo della scuola. Il mio malessere è sicuramente minore, anche se anch'io nutro sentimenti ambivalenti verso questa realtà contraddittoria.
In genere, però, per spezzare una lancia a favore dei prof., trovi nell'ambito scolastico colleghi più alla mano, abbastanza semplici e non arrivisti o senza scrupoli come in altri contesti lavorativi, che ti assicuro sono peggio, umanamente parlando. Non ci sono donne "in tiro", uomini che si creano l'immagine del "macho" e la competizione è un difetto che appartiene solo ad alcuni, ma non a tutti. Ci sono molti prof. che non sanno solidarizzare con le difficoltà dell'altro (a tal proposito posso affermare che il mio primo anno di scuola fu orribile e il meno costruttivo), ma ti assicuro che ho incontrato anche persone in grado di vedere al di là delle apparenze e di valorizzare il tuo lavoro e la tua individualità. Le professoresse di classe con cui lavoravo lo scorso anno, ti assicuro che mi adoravano e sono riuscite a scorgere in me molte qualità, nonostante i miei silenzi e la mia timidezza...come già ho scritto sopra, ho più problemi con le figure autoritarie, perché invece di tentare di conoscerti ti etichettano e basta per fare prima, così come gli alunni, allo stesso modo, sanno essere crudeli...spero solo di non essere finita quest'anno nella fossa dei leoni!
Dalla prima impressione ricevuta solo oggi, primo giorno di scuola, i ragazzi mi sono apparsi scavezzacollo e turbolenti, ma anche genuini....poi vedremo, un giorno è troppo poco per cantare vittoria o alzare bandiera bianca...
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13-09-2012, 22:00
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#13
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Banned
Qui dal: Mar 2012
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Originariamente inviata da clizia
Sì, ho da sempre un occhio di riguardo per i ragazzi timidi e sensibili
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Così mi fai rimpiangere di non essere in primo liceo
Sono convinto che i tuoi alunni siano molto fortunati: per loro è un esordio, per te è il primo anno da insegnante. Sarà un'ottima esperienza per tutti, un quinquennio di formazione che ricorderete per tutta la vita
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