Appena ho letto il titolo del tuo post, ho capito dove saresti andato a parare. Perchè il tuo è uno spunto interessante, su una domanda che mi faccio spesso anche io. Personalmente, mi ritengo un individuo dallo stile evitante. Questo non vuol dire che a volte non senta il bisogno di avvicinarmi alla gente, magari anche molto diversa da me. Va sistematicamente a finire che io, quello introverso che sta tanto bene per cavoli suoi, sono quello che, dentro un gruppo di perfetti sconosciuti, si trova ad avere molte più cose da dire degli altri, che magari si fanno un'immagine di me da persona estroversa e spigliata. Puntualmente, non essendo quella la mia natura, lascio il gruppo subito dopo. Questo mi fa spesso chiedere cosa voglia dire, in fin dei conti, essere introverso o estroverso. Che tutto si risolva in una scelta, in relazione alla necessità che uno avverte di rivolgersi agli altri? Perchè spesso i cosidetti "estroversi" non fanno altro che aprire bocca e dar fiato, mentre l'introverso è quello che sceglie bene le parole. A conti fatti, direi che la nostra solitudine è innanzitutto una scelta. Quando se ne sente troppo il peso, si arriva a mettere in dubbio quel che si è. Penso che sia questo l'aspetto più triste: il bisogno di socializzare che, privato di un oggetto che possa soddisfarlo, ti si ritorce contro sotto forma di dubbi, malinconia e rimuginazioni.
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