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Vecchio 30-05-2005, 02:58   #1
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L'avatar di Sebastian
 

questa e' la storia di una persona che ha scritto un messaggio nel forum inglese: http://www.socialphobiaworld.com/postt2574.html

Una storia particolare. Se volete che la traducessi, ditemelo.
Vecchio 30-05-2005, 10:41   #2
Guest
 

se la traduci saresti molto gentile... io conosco poco l'inglese...
grazie!
Vecchio 31-05-2005, 22:10   #3
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L'avatar di Sebastian
 

ecco la traduzione:



"Quanto in basso potete arrivave?


Salve a tutti, mi chiamo Ian. Non soffro più di fobia sociale, quindi non participerò molto. Voglio solo condividere con voi tutti la mia storia incredibile di come le cose possano andare male quando si soffre di fobia sociale accute senza avere il minimo della sicurezza sociale. Vi avviso, questo messaggio non e' inteso per la gente debole di cuore.

Non conobbi i miei veri genitori. Fui, di fatto, addottato dalla nascita e crebbi a Calgary, in Canada. Durante la mia infanzia, soffrì di una forma grave di fobia sociale. Tutti sapete com'è, quindi non vi annoierò coi dettagli. Da adolescente, iniziai a fare uso delle droghe ed entrai nei gruppi sbagliati solo per avere dei "amici". Il mio padre addottivo morì quando io ero giovane e mia madre cercò di fare del suo meglio per crescermi. Fui bocciato a scuola ed a quel punto lasciai la mia casa per trovare del lavoro a Toronto. Feci dei lavori semplici per qualche anno and quando scoprì che mia madre era morta, la mia vita iniziò ad andare ancora peggio. La mia vita era già un inferno per colpa della fobia sociale. Dovevo, infatti, accettare dei lavori che non includuevano molta interrazione con la gente, quindi non pagavano molto.



Dunque, eccomi lì a lavorare per qualche soldo in una grande città, senza nessuna perspettiva per colpa della mia condizione. Avevo 22 anni, nessun amico, nessuna ragazza, senza soldi e questa constante opinione peggiorativa di me che non voleva allontanarsi. Sei mesi dopo dissi al mio superiore di andare a farsi fottere e non uscì dalla mia stanza per 3 settimane. La mia fobia sociale era così seria che non parlavo a nessuno, oltre a non andare a fare nessun colloquio di lavoro. Rimasi con la mia ultima centinaia di dollari, l'affitto era scaduto e non avevo affatto del cibo. Era a maggio, quindi la temperatura era OK per dormire fuori. Fui introdotto molto velocemente alla vita sulla strada dalle altre persone senza tetto e cominciai a chiedere l'elemosina ad un angolo occupato del distretto finanziario. Ero lì, sporgendo il mio cappello per spiccioli mentre gli uomini d'affari indaffarati camminavano davanti a me. La più parte m'ignoravano, altri mi guardavano male ed infine altri potevano essere ascoltati dicendo che dovrei essere tolto via oppure quant'ero patetico. Avendo la fobia sociale, non potevo chiedere l'elemosina, oppure guardare la gente negli occhi. Stavo lì seduto col mio capello guardando il suolo mentre cercavo di bloccare mentalmente l'abuso verbale. Dentro ero sempre io, ma da fuori ero l'immondizia con la quale nessuno voleva avere a che fare.


Non voglio scrivere un libro quà (anche se potrei farlo), ma basta dire che non facevo abbastanza soldi per mangiare. Il mondo può essere molto duro ed io lo stavo apprendendo personalmente. Dovetti iniziare a mangiare dalla spazzatura dietro ai ristoranti. La cosa peggiore nel diventare un barbone è il fatto che sei privato dalle necessità di base come bagnarsi, lavarsi i denti, i vestiti puliti. Ci vuole davvero qualcosa per abituarsi a questo. L'estate venne e se ne andò ed io mi trovai presto a dormire sulla griglia del metrò con una coperta sporca su di me, e c'erano -25 gradi. Le pattuglie della strada cercavano di portarci nei rifugi (ospizi), ma quelli erano sovraffollati e pieno di piattole. Per non parlare del fatto che ti potevano rubare le scarpe mentre dormivi. Ho fatto questa vita per due anni!!! Non sò come ho sopravissuto.


Il punto di rottura per me è stato trovarmi un mattino di febbraio e scoprire che qualcuno mi aveva scansato e rubato la mia griglia del metrò. Ero gelato al marciapiede e potevo appena muovermi. Mi alzai appena sui miei piedi e la prossima cosa che feci fu quella d'iniziare a gridare a sguarciagola a tutti quelli che camminavano. Ero li', coi capelli lunghi e grassi, con la barba lunga, un vero lunatico, dovevo essere stato un vero spettacolo. Continuai ad urlare alla gente come un forsennato fino a quando gli sbirri vennero per arrestarmi. Avevo perso il controllo. Guardando indietro, quello era il punto più basso della mia vita.


Andando alla stazione di polizia, udii commenti tipo "da sotto che sasso è strisciato" e "Oh Dio, puzza" (non mi ero lavato per due anni). Mi processarono ed invece di accusarmi mi trasferirono in un ospedale psichiatrico. Avevo perso il mio portafoglio anni prima, quindi non poterono affatto identificarmi. Non parlai per almeno un mese. Ero considerato violento e dovetti essere ristretto dal contatto con gli altri per la maggior parte del tempo. Durante quel mese, penso davvero essere stato pazzo. Non ero io, ma qualche povera anima che aveva semplicemente perso la testa.


Riuscì ad uscirne fuori lentamente e feci amicizia con una delle persone che lavoravano lì. Infine, iniziai a parlare e dopo un pò mi lasciarono mischiarmi con gli altri. Nonostante la situazione precaria, mi sentì meglio di quanto mi ero mai sentito nella mia vita. Mi promisi anche che non mi lascerei mai più abbassare a questo livello e connessi tutto alla mia fobia sociale. A quel punto, connessi troppo dolore alla fobia sociale per poter accettare una cosa del genere nella mia vita un'altra volta. Cominciai una vita nuova senza fobia sociale perchè non m'importava semplicemente più quello che gli altri pensassero di me (e questa è la chiave) perchè qualsiasi cosa era veramente insignificante rispetto a quello che avevo subito.

Stessi al ospedale per tre mesi e lavorai per mettere la mia vita sulla via giusta. Lessi "Il milionario di accanto" ("The millionaire next door" di Thomas J. Stanley e William D. Danko) ed altri libri ispirazionali mentre ero lì. Finalmente, fui rilasciato ad una una casa di riabilitazione e l'assistenza sociale mi dette un lavoro. Presto dopo, andai a vivere da solo. A quel punto potevo parlare alla gente senza dover guardare altrove e non mi sentivo più inferiore. Potevo conversare e parlare liberamente dappertutto ed in qualsiasi momento. Non ero più nervoso in pubblico e non mi considerai mai più un sociofobico.


Vissi in una "rooming house" (casa dove ci sono più inquilini, ognuno abitando in una stanza) per un pò e risparmiai qualsiasi denaro facendo due lavori. In tre anni, riuscì a mettre da parte quasi 35.000 dollari e, l'anno dopo, aprì una compagna di pulizie, concentrandomi nel ingrandirla. Oggi, ho 24 impiegati ed ho accumulato più di un milione di dollari. Non ho mai più riscontrato la fobia sociale nella mia vita. Mi rifiuto. Ho dei amici e participo sempre in attività sociali. Ho dei appuntamenti coi clienti, con le banche e con i fornitori senza neanche la minima presenza della fobia sociale. Non avrei mai pensato di essere capace di fare una cosa del genere.



La maggior parte di voi non si abbasseranno mai al livello che io raggiunsi, fortunatamente. Se potrei riasumere tutto, dovrei dire che l'unica via di superare la fobia sociale è di eradicare tutto ed iniziare dal inizio. Quando sei veramente al fondo, l'unica direzione è in sù."
Vecchio 31-05-2005, 22:53   #4
Intermedio
L'avatar di aperonzolo
 

più che una storia vera sembra la trama di un film.... :?:
Vecchio 31-05-2005, 23:31   #5
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L'avatar di margherita76
 

Parola più, parola meno:

"Ciao a tutti, mi chiamo Ian. Ormai non soffro più di fobia sociale, perciò non pubblicherò altri messaggi. Voglio solo condividere con voi la mia incredibile storia, che testimonia quante cose negative possono derivare dalla fobia sociale e dalla mancanza di una rete di rapporti. Vi avviso che questo racconto non è per i deboli di cuore.

Non ho mai conosciuto i miei veri genitori. Sono stato adottato alla nascita e sono cresciuto a Calgary, in Canada. Durante la crescita ho avuto gravi problemi di fobia sociale. Sapete tutti di cosa parlo, quindi non vi annoierò con i dettagli. Durante l’adolescenza ho cominciato a far uso di droghe e a frequentare le persone sbagliate solo per avere degli “amici”. Il mio padre adottivo è morto quand’ero piccolo e mia madre ha fatto del mio meglio per tirarmi su. Sono stato (bocciato?) al liceo. A questo punto sono andato via di casa e ho cercato un lavoro a Toronto. Per diversi anni ho fatto di tutto. Con la morte di mia madre, la mia vita, che era già un inferno a causa della fobia sociale, è peggiorata ulteriormente. Ho cominciato a fare lavori che non implicavano nessun tipo di interazione con la gente e che erano generalmente sottopagati.

Lavoravo per pochi spiccioli in una grande città, senza prospettive a causa della mia condizione. Avevo 22 anni ed ero senza amici, senza una ragazza, senza soldi, con questa pessima considerazione di me stesso che non mi lasciava mai solo. Sei mesi dopo ho lasciato il lavoro e mi sono chiuso in casa per tre settimane. La mia fobia sociale era così grave che non riuscivo a parlare con nessuno, nè tantomeno a fissare dei colloqui di lavoro. Mi restavano 100 dollari e l’affitto da pagare, e non avevo cibo. Poco dopo mi sono ritrovato per strada con i miei vestiti chiusi nei sacchi della spazzatura. Era maggio e la temperatura era abbastanza mite da consentirmi di dormire all’aperto. Sono stato velocemente introdotto alla vita sulla strada da altri barboni, e ho cominciato a chiedere l’elemosina nel quartiere finanziario. Guardavo passarmi accanto professionisti impegnati, mendicando monetine nel cappello. La maggior parte di loro mi ignorava, altri mi guardavano disgustati, altri ancora certamente si chiedevano perchè non mi cacciavano o se mi rendessi conto di quanto apparissi patetico.

Dato che avevo gravi problemi ad esprimermi, non riuscivo a chiedere soldi o a guardare la gente negli occhi. Semplicemente stavo seduto sul marciapiede con il mio cappello davanti e cercavo di estraniarmi dal troppo rumore intorno. Dentro ero ancora me stesso, ma fuori ero un parassita con cui nessuno voleva avere a che fare.

Non voglio scrivere un romanzo (sebbene potrei): è sufficiente dire che non riuscivo ad avere abbastanza soldi per comprarmi da mangiare. Mi arrangiavo con gli avanzi buttati nei bidoni dai ristoranti. La cosa peggiore quando sei un barbone è che si è privi delle cose basilari, come una doccia, lo spazzolino da denti, vestiti puliti. Arrivò e passò l’estate, e mi sono ritrovato seduto sulla grata della metropolitana avvolto da una coperta sporca a 25° sotto zero. I volontari provavano a convincerci a raggiungere un ricovero, ma questi posti erano sempre sovraffollati e pieni di pidocchi. Ho fatto questa vita per due anni. Non so come sono sopravvissuto.

Il punto di rottura per me è avvenuto quando una mattina di febbraio mi sono svegliato e ho scoperto che qualcuno mi aveva messo da parte e rubato la grata della metropolitana. Congelavo al freddo sul marciapiede, riuscivo appena a muovermi. Ho cercato di tirarmi su e ho cominciato a urlare. Ero un barbone sporco, coi capelli lunghi e la barba incolta che urlava contro i passanti e ho continuato a urlare finchè la polizia non è venuta ad arrestarmi. Ero scoppiato. Guardando indietro, posso dire che quello è stato il punto più basso della mia vita.

Mentre raggiungevamo la stazione di polizia, sentivo dagli agenti commenti come “da sotto quale masso è venuto fuori questo qui” e “oddio come puzza” (non facevo una doccia da due mesi). Mi hanno processato ma invece di sbattermi in galera mi hanno trasferito in un ospedale psichiatrico. Avevo perso i documenti anni fa, per cui non c’era modo di identificarmi. Non ho parlato per circa 1 mese. Sono stato giudicato violento e messo in isolamento. Durante quel primo mese, ho realmente pensato di essere pazzo.

Dopo un po’ sono stato avvicinato da qualcuno che lavorava lì. Lentamente ho ricominciato a parlare e poco dopo mi hanno permesso di interagire con gli altri. Nonostante la situazione, mi sono sentito bene come mai prima. Ho promesso a me stesso che non avrei mai più permesso che la fobia sociale mi riducesse ancora in quello stato. Sono stato in grado di cominciare una nuova vita senza fobia sociale perchè non mi importava più ciò che gli altri pensavano di me (il nocciolo della questione è tutto qui), perchè niente poteva essere peggio di quello che avevo appena passato.

Sono rimasto in ospedale per tre mesi e ho lavorato per rimettermi in pista. Mentre ero lì ho letto “Il milionario della porta accanto” e altri libri illuminanti. Finalmente sono stato rilasciato e l’assistenza sociale mi ha trovato un lavoro. Presto sono stato capace di muovermi con le mie gambe. Riuscivo a parlare con la gente senza sembrare assente e senza sentirmi inferiore. Riuscivo a sostenere una conversazione e parlare liberamente ovunque e con chiunque. Non ero più nervoso in pubblico e non mi sono mai più considerato sociofobico.

Per anni ho risparmiato ogni centesimo dei miei due lavori. Poi ho smesso un lavoro e ho cominciato a frequentare un business course presso il college locale. Nel giro di tre anni ho messo da parte quasi 35,000 dollari. L’anno successivo ho fondato un’impresa di pulizie e mi sono concentrato sugli affari. Oggi dò lavoro a 24 persone e ho accumulato un patrimonio di 1 milione di dollari. Non ho mai più permesso alla fobia sociale di tornare nella mia vita. Mi sono rifiutato. Ora ho amici e partecipo a tutte le occasioni sociali. Incontro clienti, banche e fornitori senza la minima traccia di fobia sociale. Non avrei mai sperato di poterci riuscire.

Molti di voi, per fortuna, non cadranno mai così in basso come sono caduto io. Ma ricordate che quando si tocca il fondo, l’unica cosa che si può fare è risalire".
Vecchio 31-05-2005, 23:36   #6
Principiante
L'avatar di margherita76
 

Sebastian! Potevi dirmelo che anche tu avresti passato la serata a tradurre la storia di Ian, GRR!!! La prossima volta mettiamoci d'accordo :wink:
Vecchio 31-05-2005, 23:48   #7
Principiante
L'avatar di Sebastian
 

Quote:
Originariamente inviata da margherita76
Sebastian! Potevi dirmelo che anche tu avresti passato la serata a tradurre la storia di Ian, GRR!!! La prossima volta mettiamoci d'accordo :wink:

cool, no problem
Vecchio 01-06-2005, 09:07   #8
Guest
 

grazie ragazzi per la traduzione.... conoscete molto bene l'inglese!!!!

una storia davvero unica... !!!!! quasi è un racconto magico...

bisognerebbe prendere spunto per capire che la forza di volontà esiste davvero!
Vecchio 05-06-2005, 00:07   #9
Intermedio
L'avatar di alberto
 

anche io ho trovato un po' d storie interessanti

Processo agli psicofarmaci

di Rob Waters
[da Adbusters, tradotto da Loredana Stefanelli per Nuovi Mondi Media]

I produttori di antidepressivi cooperano con i procuratori distrettuali affinchè venga smentito il coinvolgimento di questi farmaci in atti criminali compiuti da coloro che ne fanno uso. In gioco ci sono la reputazione dell’antidepressivo più venduto negli Stati Uniti, i suoi 3 milioni di dollari di vendita – e il futuro di molte persone.

Durante i suoi 12 anni, le uniche figure constanti e affidabili nella turbolenta vita di Christopher Pittman erano state i nonni paterni. “Amava i suoi nonni con tutto il cuore”, ha dichiarato Joe Pittman, il padre del ragazzo. “Erano la sua vita”. Tuttavia, la notte del 28 dicembre del 2001 Christopher si alzò dal letto e prese il fucile da caccia calibro 410 con meccanismo a pompa, che era stato tramandato da suo nonno a suo padre e da suo padre a lui. Quindi sparò ai corpi addormentati di Joe Frank Pittman (66 anni) e di sua moglie Joy (62), poi incendiò la casa e scappò via.
Quest’anno, in data tuttora ignota, Christopher, che oggi ha 15 anni, verrà processato – probabilmente come adulto – per omicidio di primo grado in un’aula giudiziaria del South Carolina. Ha ammesso di aver commesso i delitti ma ha anche affermato di aver agito in preda a un attacco di agitazione e di psicosi causato dallo Zoloft, un antidepressivo che aveva assunto per tre settimane.
Questa difesa che chiama in causa l’utilizzo di antidepressivi è già stata utilizzata da almeno 100 persone accusate di violenza o di omicidio ma la Pfizer, la casa produttrice dello Zoloft, non vuole che tale linea abbia successo – specialmente in un momento come questo, in cui i produttori e l’FDA sono finiti sotto tiro per aver nascosto delle informazioni riguardo i pericolosi effetti collaterali degli antidepressivi. Perciò gli avvocati della compagnia stanno facendo quello che hanno già fatto molte altre volte, ossia assistere i procuratori di stato fornendo informazioni mediche e consigli legali.
Agli inizi degli anni ’90 Eli Lilly, produttore del Prozac, diede avvio alla prassi di aiutare i procuratori distrettuali che perseguivano quegli imputati che incolpavano il farmaco per i loro atti di violenza. In seguito gli avvocati della Pfizer, la casa farmaceutica più grande del mondo, crearono un “manuale del procuratore” per lo stesso scopo.
Il manuale della Zofolt è già in sé un segreto custodito con grande attenzione – e la Pfizer ha pensato di continuare a mantenerlo tale. Ma nel 2001 una vedova fece causa alla Pfizer poiché il marito si era suicidato dopo sei giorni di assunzione dello Zoloft. I suoi avvocati scoprirono nei documenti della Pfizer un riferimento a un documento chiamato “manuale del procuratore” e ne chiesero una copia.
La Pfizer si oppose alla richiesta, affermando che si trattava di informazioni riservate tra la compagnia e i suoi avvocati. Il giudice accolse la richiesta di rendere pubblico il manuale – osservando che era stato ideato per prevenire qualsiasi “danno alla reputazione della Pfizer” nel caso in cui un imputato avesse presentato con successo una “difesa che citasse in causa lo Zoloft” - ma in seguito convenne che il manuale venisse sigillato ed escluso dalla documentazione pubblica.
James Hooper, uno degli avvocati della Pfizer, ha dichiarato che talvolta gli avvocati della compagnia hanno fornito ai querelanti il manuale, nei “rari casi” in cui l’imputato “tenta di accusare il farmaco per un suo atteggiamento in qualche modo criminale. Per il procuratore è importante avere delle informazioni accurate. Cerchiamo di assicurarci che sia scoperta la verità”. Hooper rifiutò di fornire una copia del manuale a Mother Jones.
Anche la GlaxoSmithKline, la casa produttrice dell’antidepressivo Paxil – altro farmaco usato per brevi periodi da Christopher – ha fornito delle informazioni per il processo Pittman. A giugno, durante un’udienza, il pubblico ministero John Justice ha affermato di aver ricevuto un manuale dalla GlaxoSmithKline e che i rappresentanti della Pfizer gli hanno fornito documenti e informazioni su Peter Breggin, un esperto di difesa psichiatrica. “Mi hanno consigliato il modo per esaminare Breggin … e mi hanno istruito su come dovrebbero funzionare queste medicine”, ha dichiarato Justice alla Corte.
Fino a poco tempo fa gli imputati che hanno chiamato in causa gli antidepressivi per spiegare episodi di violenza hanno raramente vinto la causa. Tuttavia, mano a mano vengono alla luce delle informazioni riguardo al fatto che i produttori sappiano già da tempo che queste medicine possono spingere alcune persone verso impulsi suicidi e violenti, la controversia legale sta macinando terreno
.• Nel 2001, una giuria del Wyoming emise un verdetto secondo il quale il Paxil aveva indotto il sessantenne Donald Schell a uccidere la moglie, la figlia, la nipote e infine se stesso e ordinò alla GlaxoSmithKline di pagare 6.4 milioni di dollari ai membri restanti della famiglia. Tre ore prima dell’omicidio, Schell aveva assunto le sue prime due compresse di prova del Paxil.
• Nell’aprile di quest’anno, una giuria di Santa Cruz, California, ha assolto Andrew Meyers dall’accusa di tentato omicidio. Meyers aveva colpito un amico con un’arma appuntita, simile a un tirapugni, sfregiandogli la testa. Un neuropsichiatria ha testimoniato che lo Zoloft aveva eliminato le inibizioni di Meyers e il controllo dell’impulso, in modo da fargli esprimere un’emozione passeggera – la rabbia – con improvvisa violenza.
• In Florida il processo di Lesile Demeniuk , accusata di aver ucciso i suoi figli di quattro anni nel 2001, è in attesa mentre i querelanti si sono appellati alla decisione del giudice secondo la quale due esperti della difesa potevano testimoniare che la Demeniuk al momento dell’omicidio era “involontariamente intossicata” e “psicotica” a causa dell’assunzione dello Zoloft e del Paxil.
Uno dei querelanti nel caso Demeniuk, l’assistente del pubblico ministero Norma Wendt, ha dichiarato a Mother Jones che gli avvocati della Pfizer le avevano offerto consigli e documenti riguardanti altre battaglie giudiziarie. “Posso prendere il telefono e chiamare Jim Hooper o un altro avvocato della Pfizer”, ha dichiarato la Wendt. “Sperano come il diavolo che vinceremo”.
Tornando nel South Carolina, Christopher Pittman potrebbe dover affrontare la prigione. Sarà, fin dall’inizio, un ulteriore travaglio in una vita già agitata. La madre, Hazel, lo abbandonò quando aveva sei settimane. Negli anni seguenti, visse con la nonna, da solo col padre oppure con le altri mogli di quest’ultimo. Ma per la maggior parte del tempo visse con i genitori di Joe.
“Mia madre e mio padre – i suoi Pop-pop e Nanna – sono stati dei genitori per lui”, ha dichiarato Joe. “Lui adorava il suolo su cui camminava Pop-pop”.
I problemi sono iniziati quando i nonni di Christopher andarono in pensione e si trasferirono nel South Carolina lasciando Christopher e sua sorella in Florida con Joe. Subito dopo la madre di Christopher riprese per un breve periodo i contatti con i suoi figli a lungo allontanati, per poi scomparire di nuovo. Christopher minacciò il suicidio e fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico, dove gli somministrarono il Paxil.
I nonni di Christopher convinsero Joe a portare Christopher con loro nel South Carolina, dove lo iscrissero a scuola, lo portarono in chiesa e dal dottore, che gli prescrisse lo Zoloft. Christopher ha affermato che il dottore gli disse di prenderne 100 milligrammi al giorno, ma una settimana dopo aveva incrementato la dose a 200 grammi.
Quando Christopher andò a visitare il padre il giorno del ringraziamento, sembrava inizialmente un po’ più su di morale”, ricorda Joe. “Ma, ripensandoci, era quasi come un’ondata di adrenalina. Agitava le mani e i piedi come se fosse nervoso”.
Ritornando nel South Carolina, Christopher, durante una lite sull’autobus scolastico, ferì un ragazzo più giovane. I nonni assicurarono ai funzionari scolastici che lo avrebbero punito. Nel pomeriggio lo portarono a esercitarsi col coro della chiesa e poi andarono a casa. Quella notte stessa avvenne la tragedia.
“Mentre giacevo sul letto non riuscivo a dormire perché nella mia testa, la mia voce continuava a ripetermi di ucciderli”, ha scritto il ragazzo in una lettera che il padre ha letto all’inizio di quest’anno a un comitato dell’ FDA. “Mi alzai, presi il fucile, salii le scale e premetti il grilletto. Per tutto il tempo, sembrava come guardare il tuo programma televisivo preferito. Sai cosa sta per succedere ma non puoi fare nulla per impedirlo”.
Gli avvocati civili che si sono uniti al team di difesa di Pittman vogliono che la Pfizer consegni i documenti confidenziali e sigillati che ha lasciato analizzare in altri casi civili in cui si dimostrava come lo Zoloft possa stimolare atti di suicidio e violenza.
La Pfizer non vuole rilasciare questi documenti e le due parti continuano a polemizzare. In gioco ci sono la reputazione dell’antidepressivo più venduto negli Stati Uniti, i suoi 3 milioni di dollari di vendita – e il futuro di un ragazzo di 15 anni.
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