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10-05-2011, 13:34
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#1
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Esperto
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http://www.giuseppecirigliano.it/spessoilmale.html
Spesso il male di vivere ho incontrato
di
Eugenio Montale
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
[da Ossi di seppia, 1925]
METRO: Due quartine di endecasillabi, tranne l'ultimo verso che è un settenario doppio, con sinalefe in "... nuvola, e ...".
Questo testo può essere additato come esemplare della poetica montaliana del correlativo oggettivo, cioè del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati.
Il primo verso introduce, con un'espressione divenuta proverbiale ("male di vivere"), il male connaturato alla vita, secondo una concezione d'ascendenza leopardiana. Il movimento va dal soggetto alla realtà, dall'astratto al concreto: il poeta usa infatti un verbo ("ho incontrato") che materializza il concetto, personificandolo, cioè presentandolo quasi come una presenza reale e fisicamente tangibile.
Negli altri tre versi della prima quartina, infatti, il "male di vivere" non viene evocato attraverso similitudini, in un senso metaforico o analogico, ma si identifica direttamente ("era", con ripresa anaforica) con gli oggetti che lo rappresentano, tratti rispettivamente dal regno inorganico, vegetale e animale: "il rivo", "la foglia", "il cavallo", colti in un momento di precarietà e dolore, come sottolineano gli aggettivi ad essi collegati: "strozzato", "riarsa", "stramazzato". Il malessere esistenziale del poeta prende dunque corpo nella realtà naturale. Ma dedichiamo un po' di attenzione a queste tre immagini.
Riferito a "rivo", "strozzato" significa impedito nel suo corso da qualche strettoia. Ma strozzato è evidentemente più violento che impedito per l'implicazione semantica antropomorfica. E allo stesso modo in "gorgoglia" traspare il lamento di una creatura viva.
La foglia è "riarsa" (e perciò si accartoccia) dalla calura, dall'arsura, che rimanda al consueto tema montaliano dell'aridità esistenziale che si rispecchia, oggettivandosi, nella natura.
Il cavallo è "stramazzato", cioè stroncato dalla fatica, un'esperienza tipicamente umana.
La struttura semantica dei correlativi oggettivi è sottolineata, sul piano del significante, dall'iterazione di suoni aspri (la /r/ e la /s/ in particolare) in parole di intensa espressività: "strozzato", "gorgoglia", "incartocciarsi", "riarsa", "stramazzato".
Nella seconda quartina, in opposizione al "male di vivere" che si manifesta negli aspetti più comuni della natura, Montale afferma (ma senza condividere tale soluzione) che l'unico "bene" per l'uomo consiste nell'atteggiamento di "indifferenza" per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore. E tale "indifferenza" è detta "divina" perché è propria della divinità nella concezione stoica. l'apatheia, l'apatia, è propriamente l'indifferenza e addirittura il disprezzo delle emozioni, il distacco dal mondo. Perciò essa "schiude" (cioè permette, procura) il "prodigio" (il miracolo) dell'unico "bene" concesso all'uomo.
Ai tre emblemi del "male" si contrappongono simmetricamente, nella seconda quartina, tre correlativi oggettivi di questa specie di "bene": "la statua", "la nuvola" e il "falco". La tripartizione, però, non è qui scandita dalla triplice anafora di "era" (il verbo compare solo una volta, al v. 7), ma viene nettamente scandita dalle virgole e dal polisindeto ("e... e..."). A segnalare la contrapposizione tra le due terne di immagini, la rima "levato" del v. 8, che indica un movimento dal basso verso l'alto, è antitetica rispetto a quella del v. 5, "stramazzato", che indica un movimento dall'alto verso il basso.
Diverse, nelle tre immagini, sono le modalità dell'"indifferenza", in cui parrebbe (ma senz'altro no per Montale) consistere l'unico scampo al "male di vivere": la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo.
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Ultima modifica di EdgarAllanPoe; 10-05-2011 a 13:37.
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11-05-2011, 11:26
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#2
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Esperto
Qui dal: Aug 2010
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Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza
Il nirvana è riuscire a liberarsi dei tre difetti fondamentali: la brama, l’odio e l’illusione. nirvana non è il "nulla", esso non viene mai descritto e chi lo ha realizzato lo indica come un’immensa, inimmaginabile e imperturbabile consapevolezza ed è raggiunto solo dagli arhat.
Il buddismo è l'unica religione che si avvicina alla scienza, non ci sono libri sacri, santi, divinità e si esclude pure il creazionismo. Il buddha è un uomo comune che sperimenta la realtà del dolore e indica le vie per uno sdoppiamento schizofrenico dal corpo. Non c'è niente di straordinario in questa pratica religiosa che può essere sostituita con uno sdoppiamento psicotico consapevole, senza ricorrere ad alcuna religione.
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Ultima modifica di EdgarAllanPoe; 11-05-2011 a 13:16.
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