.... dell'effetto che può avere sugli altri la mia incapacità di esprimere le mie emozioni.
Fin da piccolo mi si rimproverava la mia eccessiva mitezza esteriore. Tutti la definivano come semplice timidezza e siccome questa parola evoca un disagio innocuo e temporaneo, il fatto che in me persistesse, le osservazioni si traducevano prima o poi in vere e prorprie prediche da parte di genitori, parenti e insegnanti.
Me ne rendevo conto ma poiché già allora non accettavo il fatto che questo dovesse essere un problema da nulla per tutti tranne che per me, reagivo convincendomi del fatto che fossi x natura un tipo serio e che pertanto gli adulti sbagliassero a considerare che un bambino o un ragazzino dovessero essere in ogni caso degli esseri gioviali e spensierati.
Solo negli ultimi anni le mie tare sociali hanno iniziato a pesarmi e addirittura a trascinarmi in uno stato di depressione.
E' triste constatare che arrivati solo a questo punto molti adulti (benché ancora giovani) capiscono di avere un problema serio, che non possono + affrontare da soli.
In realtà anche così ho continuato a dovermi scontrare con lo scetticismo delle persone che mi conoscono da sempre e che non possono fare a meno di sminuire queste "prove" di un problema psicologico. Fino a quando (l'anno scorso) lo psichiatra non mi ha prescritto farmaci, quasi tutti non facevano che ripetermi che tutte le mie sofferenze erano semplicemente la conseguenza dei miei difetti caratteriali e così ricominciavano daccapo con prediche che in alcuni casi conoscevo quasi a memoria e che ormai mi facevano solo bollire il sangue nelle vene.
Fin'ora quindi il maggior numero di risposte me le sono dovute dare da solo, col risultato che ancora adesso mi conviene tenermele per me, dal momento che non hanno il supporto di nessun'altro.
Una di queste è forse quella di cui devo evitare di parlare il più possibile, poiché appare talmente strana che chi mi conosce la bollerebbe come la mia ennesima soluzione fantasiosa per evadere dalla realtà.
Qui ne ho già parlato, ma ultimamente ho trovato ulteriori indizi del fatto che non mi sto sbagliando (sto leggendo un libro che ne parla).
Si tratta della già mezionata sindrome di Asperger. A riguardo sono riuscito a contattare degli esperti di Roma che mi hanno fissato un appuntamento per il mese prossimo. Ancora adesso, se provo a parlarne, molti m'interrompono sostenendo che si tratta di una preoccupazione prematura e quindi esagerata. Ma per me non si tratta affatto di una preoccupazione. Se trovassi conferma ai miei sospetti tutta le mie problematiche sociali troverebbero un'omogeneità, un senso.
Infatti leggendo con sempre + attenzione la sintomatologia mi riconosco con una certezza sempre + solida. Soprattutto quando si dice che gli Asperger hanno grossi handicap nella counicazione gestuale e facciale. Mi rendo conto di quanto io rimanga impassibile davanti agli altri, mentre costoro riescono ad assumere una vasta gamma di espressioni mentre comunicano. Ho capito quanto sia importante ad esempio saper sorridere e guardare negli occhi le persone con le quali si comunica (cose che x me restano di una difficoltà immane). Non posso fare a meno di pensare che sia questa una delle ragioni fondamentali che mi hanno estraniato dagli altri, poiché se una persona è patologicamente inespressiva non può suscitare una simpatia istintiva (fondamentale sia per fare amicizia, che per piacere all'altro sesso).
Per un certo tempo mi sono barcamenanto fra 1000 possibili ragioni differenti dietro il mio isolamento da amicizie e relazioni con le ragazze. Ora sto imparando a semplificare questo quadro. Certo devo ammettere che se le mie supposizioni si rivelassero infondate tornerei a farmi un'infinità di seghe mentali, per capire come mai io debba sentirmi così inadeguato rispetto a quello che riesco a ottenere nelle nella vita rispetto a quello di cui ho tanto bisogno e di cui mi sembra che gli altri riescano a beneficiare senza alcuno sforzo apparente.
Io sono fatto così, ho sempre cercato di dare un senso a tutto per sentirmi in pace con me stesso; ci sono riuscito solo in merito alla mia visione filosofica del mondo. Riguardo a me stesso mi sento ancora in alto mare ed anche per questo continuo a meditare il suicidio nei momenti bui. Cerco di sperare che un senso per tutto quello che ho vissuto e che continuo a vivere possa aiutarmi quanto basterebbe per uscirne da questo incubo.